Piena indipendenza del singolo attivista e decisa negazione di ogni forma di autorappresentazione come partito gerarchicamente organizzato: sono due degli ingredienti fondamentali del movimento anarchico. Ma come si sviluppa il movimento oggi? Tra manie di purismo e nuovi ambiti di rivendicazione.


 

Filosofia politica e metodo di lotta senza etichetta

Anarchismo oggi. Piena indipendenza del singolo attivista e decisa negazione di ogni forma di autorappresentazione come partito gerarchicamente organizzato: sono due degli ingredienti fondamentali del movimento anarchico che lo distinguono dalla lotta per il potere interna ed esterna dei partiti mainstream.
Nulla a che fare neppure con le correnti di ispirazione socialista o comunista, alle quali impropriamente viene paragonato, perché il tratto distintivo dell’anarchismo è proprio l’assenza di organizzazione, intesa come esistenza di una catena fluida e impalpabile, non avvertendo alcuna necessità di costituire una sovrastruttura burocratica che amministri il partito.

La critica anarchica nei confronti della partitocrazia attuale è aspra e non lascia spazio ad interpretazioni. I partiti, sinistra inclusa, sono marionette che partecipano alle competizioni elettorali democratiche in Stati dove i rapporti di forza sono definiti ante tempore poiché direttamente dipendenti dalla copertura mediatica e finanziaria delle stesse organizzazioni politiche. Ciò preposto, il risultato finale non è una partecipazione dal basso ma il frutto di partite e contropartite, affari e compromessi definiti dalle élites.

Partnerships strategiche e modus operandi

In alcuni casi gli anarchici hanno cercato di raggiungere gli obiettivi politici attraverso la preventiva comunicazione delle azioni di protesta, per coinvolgere il più possibile la società civile, oppure cercando alleati con componenti di sinistra non anarchiche. Molto importante è la cooperazione con i sindacati di sinistra non confederali, per affiancare la lotta contro guerra e globalizzazione alla trasformazione dei rapporti di lavoro. Certamente più numerosi sono i casi in cui si è perseguita la via intermedia tra violenza sulle cose e cortei organizzati, come i sit-in, la resistenza passiva, lo sciopero selvaggio.
Tanto è vero che dopo i noti fatti di Genova, molti anarchici appoggiarono il modus operandi dei Black bloc, solo come tattica metodologica, affermando che la violenza sulle cose non è comparabile con la violenza di chi bombarda civili, decreta la morte di popolazioni o tortura perché la prima è un aspetto comune di ogni movimento di emancipazione e liberazione. Tuttavia l’impiego di metodi radicali e illeciti da parte dei Black bloc è spesso finalizzato alla spettacolarizzazione della lotta, alla ricerca della copertura mediatica, obiettivo generalmente respinto dagli anarchici.

Per riassumere, gli obiettivi che intendono perseguire sono l’eliminazione di ogni forma partitica, il rifiuto del principio di rappresentanza politica, delle istituzioni burocratiche, del sistema finanziario e bancario internazionale e della proprietà che esclude la partecipazione di tutti ad un bene che è originariamente collettivo, contrapponendovi il mero possesso personale. I mezzi per ottenere tali risultati sono il boicottaggio, il sabotaggio, l’occupazione di case e forme spontanee di rivolta, come il non pagamento delle tasse, il blocco delle strade ed altri. Inoltre, per via della struttura tradizionalmente flessibile e decentrata, l’anarchismo oggi si presta facilmente alla comunicazione politica in rete. L’identità hacker – anarchico non è più un taboo e quale spazio migliore del web per un’informazione orizzontale, piccoli gruppi e brevi scadenze? Come Martine che arrivò a Genova da Liegi: oggi ha 42 anni e fa parte di Anonymous o Johann, tecnico informatico di Amburgo, vive in una città dei Paesi Bassi, ha messo su famiglia e ha abbracciato la causa ambientalista. Dice che «la violenza non è più la via per cambiare le cose» .

Che fine hanno fatto i black bloc?

Neri, incappucciati, autori di violenza senza freni. La loro firma su numerose scene di guerriglia urbana, saccheggi, danneggiamenti e assalti condotti con tecniche paramilitari come quelli messi a segno al G8 di Genova. I fatti della città della Lanterna hanno sancito la prima italiana dei Black bloc, nome con il quale a inizio anni 80 la polizia tedesca chiamava gli Autonomen, estremisti di sinistra che in corteo indossavano maschere, caschi e abiti neri.
Lo scopo? Doppio. Rendersi riconoscibili, e dunque attrattivi, agli occhi degli altri manifestanti e non essere di facile identificazione nelle indagini della Polizia Giudiziaria .

Darne una definizione esatta oggi risulta difficile ma procedendo in negativo è pacifico ritenere che non si tratti né di una organizzazione né di un movimento ma piuttosto di un contenitore di istanze occasionali, spesso difformi, accumunate dalla manifestazione violenta che si insinua, subdolamente, in assetti pacifici usati come cavallo di troia. Basti pensare ai fatti di Milano nel 2015 il giorno dell’inaugurazione di Expo; oppure nel 2016 al Brennero, quando il governo austriaco minacciò di costruire un muro anti-migranti. Così fu pure nel 2011 a Roma quando i Black Bloc, il giorno del corteo degli Indignati, presero piazza San Giovanni trasformandola in un campo di battaglia o più recentemente gli incidenti a Torino e Firenze contro il lockdown anti-Covid e le misure del governo Conte.

Oggi molti Black bloc si sono trasferiti, con non poco ritardo, dalle piazze fisiche a quelle virtuali abbracciando Anonymous, Shadow Brokers, Lizard Squad, Tarh Andishan. Ed è in questa dimensione digitale che il contrasto dello Stato si rinnova con una maggiore e più concreta sensibilità verso la protezione cybernetica delle infrastrutture sensibili del sistema Paese. I nuovi target sono i sistemi informatici, le banche dati di governi, multinazionali e organizzazioni internazionali. Il lugubre folklore delle bandiere nere, i tamburi, le vetrine spaccate, le testuggini contro le Forze di Polizia sta cedendo il passo a donne e uomini, giovani e meno giovani dietro un laptop potentissimo.

Le rivendicazioni attuali

Tali premesse sono necessarie per inquadrare il fenomeno anarchico quantomeno sotto il profilo teorico-ideologico alla base delle attuali rivendicazioni applicate alla realtà politica e sociale contemporanea. L’attivismo anarchico in questo momento storico spazia dalla lotta all’imperialismo americano, la critica contro la gestione delle frontiere, i tagli dei servizi pubblici, il sostegno alle popolazioni vittime delle guerre o di genocidi. Altrettanto forte la critica verso le organizzazioni internazionali e regionali come la World Trade Organization, l’Unione Europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite, tutte alla mercé del Paese più forte. L’effettiva creazione di un esercito europeo comune è motivo di forte critica perché paragonabile allo sforzo militare a stelle e strisce ed è considerato il tentativo del vecchio continente di contrapporsi o emanciparsi, sotto questo aspetto, dall’America imperialista.


Potrebbe interessarti:

Di stretta attualità è l’opportunità offerta dalla crisi pandemica che se, da un lato, ha ridotto le capacità di mobilità, dall’altro ha costituito un ottimo tema da strumentalizzare per rilanciare progetti conflittuali antistatali e ogni possibile istanza antisistema. Le due leve azionate a tal scopo sono state l’impatto emotivo, economico e sociale del Covid-19 e l’abuso degli strumenti informatici, telematici e televisivi che hanno fatto da cassa di risonanza. Queste considerazioni hanno carattere trasversale poiché non limitate ai gruppi anarco-insurrezionalisti ma anche marxisti-leninisti e destra radicale.

Il nostro Paese è testimone, nel mese di ottobre 2020, di manifestazioni che hanno avuto, in fieri, una deriva violenta e hanno visto la partecipazione eterogena di frange oltranziste, soggetti legati alla criminalità comune e anarco-insurrezionalisti che sebbene non siano la regia degli scontri, costituiscono la forza maggiormente vitale. L’attività informativa di questi ultimi era ed è tesa a criticare la militarizzazione del territorio (controlli anticovid nelle stazioni ferroviarie, areoporti, strade) e la presunta volontà dello Stato di enfatizzare la pericolosità del virus per acquisire maggiore controllo sociale. La metafora orwelliana di un nuovo sistema di sorveglianza è assai facile ed è stata associata all’uso di tecnologie, antenne 5G in primis, reti in fibra ottica a seguire. È utile ricordare il paradosso della critica nei confronti di quegli stessi strumenti tecnologici che costituiscono il motore dell’attuale attività di proselitismo, propaganda e attivismo politico dei soggetti criticanti, ossia gli anarco-insurrezionalisti .

Come recita il Comunicato diffuso dalla Commissione Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana dal titolo “Solidarietà internazionalista contro la stretta autoritaria globale!”: “La pandemia globale e le sue conseguenze gravano sulla classe lavoratrice. È quella sfruttata e oppressa la parte della popolazione mondiale più colpita dalla pandemia… Il sistema statale e capitalista sta ora mostrando più chiaramente le proprie falle e contraddizioni. L’accelerazione dei processi autoritari in atto a livello globale punta a difendere il potere, il privilegio e il profitto delle classi dominanti….Poche grandi compagnie di diversi settori come e-commerce, tecnologia, media, industria farmaceutica, grande distribuzione e industria dell’auto hanno prosperato durante la pandemia, guadagnando centinaia di miliardi di dollari…Spesso le misure per prevenire la diffusione del coronavirus vengono utilizzate dai governi per colpire i movimenti di lotta. Ma in ogni angolo del mondo ci sono forme di resistenza, movimenti di lotta che in alcuni casi non solo resistono ai processi autoritari in atto, ma provano a far nascere un’alternativa…”

Pensare all’anarchismo come una forma di estremismo politico desueto, carente di istanze nel mondo contemporaneo o peggio ancora associarlo alla rivoluzione culturale sessantottina sarebbe un errore grave. La componente anarco-insurrezionalista ha evidenziato più volte la necessità di rafforzare la dimensione internazionalista per fronteggiare i processi autoritari in atto e rilanciare cosi l’iniziativa rivoluzionaria. Anche dall’altra parte, l’affermazione dei principi democratici richiede una vitalità uguale e contraria per continuare a godere di quelle libertà che secoli di lotta e voto ci hanno permesso.


Foto copertina: Immagine web