Come la guerra di Putin contro l’Ucraina sta cambiando e cambierà le relazioni fra Unione europea e la Repubblica Popolare Cinese. Su cosa si baserà il dialogo Bruxelles-Pechino? Il modello europeo di sviluppo si rinvigorirà dopo la guerra o verrà schiacciato dal modello cinese?


A cura di Maria Nicola Buonocore

Il fascino cinese

Da secoli la Cina esercita il suo fascino sulla curiosità occidentale ed europea. Se si vuole, in termini geopolitici, ciò potrebbe essere determinato dalla posizione spaziale su cui insiste e si è alimentata la sua civiltà, confinante con quella specifica parte del mondo che Mackinder definisce “pivot area” o “heartland[1]. Nozioni che, oggi, anche alla luce dell’invasione russa in Ucraina, non possono essere bollate come obsolete. La strategia Brzezinski, ad esempio, pur avendo alcuni limiti, si è dimostrata in qualche modo vincente nel lungo periodo – anche oggi, in certa misura: coniugando le osservazioni di Mackinder e Spykman, Zbigniew Brezezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale sotto l’amministrazione Carter, puntò al miglioramento dei rapporti fra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese al fine di isolare l’Unione Sovietica e contenerne così l’espansione. Più tardi, Brzezinski considererà elemento di contenimento e persuasione della Russia l’allargamento ad Est dell’Unione Europea[2] (Ue).
Non è un caso, dunque, che il dialogo diplomatico fra Washington e Pechino sia ripreso a seguito della guerra contro l’Ucraina e che i due colossi si stiano esercitando in una difficile convivenza.
Il ruolo dell’Ue non è di certo marginale in tale contesto e non solo per gli appunti che Brzezinski ha più volte delineato nel corso della sua vita[3]. L’Ue è consapevole di non essere un player alla pari di Pechino, per volumi (economici) ed ambizioni (imperialiste) ed entrambe sono consapevoli di condividere molto poco politicamente e strategicamente, poggiando le proprie economie e società su assunti ideologici e teorici molto differenti. Tuttavia, esse condividono interessi importanti per lo sviluppo delle proprie società e dei mercati, e ci riferiamo essenzialmente alla tecnologia (dalla Cina verso l’Ue) e ai consumi (dall’Ue verso la Cina), oltre che potenziali investimenti strategici. La Cina resta il più grande partner commerciale della Ue e il principale investitore. Solo nel 2021, i rapporti commerciali hanno registrato valori da 828,1 miliardi di dollari, con un aumento del 27,5% su base annua. Nei primi due mesi del 2022, poi, l’Ue ha superato l’ASEAN come principale partner commerciale della Cina.
Ciononostante, gli interessi economico-commerciali potrebbero passare in secondo piano o, quanto meno, non favorire pienamente un dialogo profittevole, anche per le conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina, che ha aperto un nuovo orizzonte diplomatico e geopolitico, segnando ulteriormente la frattura fra regimi democratico-liberali ed autoritari.

Valori e dialogo di una storia recente.

Nel 2019, la Commissione Europea aveva definito Pechino un partner di cooperazione, senza però cedere nel considerare la Repubblica Popolare un “rivale sistemico”[4]. In più riprese, l’Alto Commissario agli Affari Europei, Josep Borrell, si è espresso al riguardo, specificando che la rivalità fra Bruxelles e Pechino riguarda i rispettivi sistemi politici, economici e di valori, che si fronteggiano globalmente quali modelli di sviluppo.
Per tutto il corso del 2019 e dell’anno successivo, anche con l’avvento della pandemia da Covid-19, il dialogo fra Ue e Cina è stato sì lento ed accidentato, ma ha dato seguito a sette anni di negoziazioni con l’accordo bilaterale “Comprehensive Agreement on Investment” (CAI), che garantirebbe agli investitori europei l’accesso a diversi settori del mercato cinese. L’accordo è stato seguito da numerose critiche e suscitato qualche – seppur scarsa – preoccupazione dal fronte atlantico per il crescente peso geopolitico cinese, che, ad ogni modo, vede nel dialogo con l’Occidente la possibilità di rafforzarsi sotto ogni punto di vista.

Ciononostante, il CAI non è ancora stato ratificato e nel settembre 2021, il Parlamento Europeo ha pubblicato una risoluzione per una Nuova Strategia Ue-Cina[5], spiegando che non potrà esserci seguito all’Accordo fino al progressivo rientro delle sanzioni cinesi contro le istituzioni e alcuni membri del Parlamento. Alla base dei suggerimenti del Parlamento, espressione politico-istituzionale per eccellenza nel sistema europeo, v’è la profonda convinzione che qualsiasi cooperazione con Pechino non possa prescindere da determinati prerequisiti, non solo di natura giuridica. Fra i sei pilastri identificati all’interno della risoluzione, e base di un rinnovato impegno di dialogo e cooperazione con Pechino, troviamo riferimenti ad una competitività maggiormente leale, base di qualsiasi cooperazione economica. Il punto 42, in particolare, cita: “[il Parlamento europeo] ritiene che il volume degli scambi tra la Cina e l’UE richiederà un quadro basato su regole e valori che deve essere incentrato sulle norme internazionali”[6], riprendendo ciò che già era stato specificato poche pagine prima, nella raccomandazione indirizzata all’Alto Rappresentante dell’Unione e al Consiglio di formulare una nuova strategia maggiormente assertiva e fondata sulla protezione dei valori europei e dell’ordine multilaterale, ancorato alle regole del diritto internazionale.

La guerra russa all’Ucraina, le sue conseguenze sulle relazioni Ue-Cina e nuove opportunità per l’Ue.

L’invasione russa dell’Ucraina ha certamente modificato in maniera sostanziale il modo europeo di pensare le relazioni con la Cina. Ciò non è solo dipeso dalla neutralità di Pechino e dalla sistematica – ed opportunista – vicinanza del Dragone alla Russia di Putin, ma, in misura maggiore secondo il parere di chi scrive, dalla consapevolezza che non sia auspicabile ripetere gli stessi errori commessi con il regime di Mosca. Successivamente l’aggressione russa a Kyiv è andata rafforzandosi negli ambienti europei la stretta consapevolezza che legarsi ulteriormente ed indiscriminatamente – senza cioè una strategia, appunto, assertiva nel diritto – a regimi autoritari, il cui rispetto delle regole internazionali è altalenante, sia un errore strategico.

Da un lato perché la base di qualsiasi tipo di dialogo, per l’UE, dipende dal livello di promozione dei valori europei e dalla garanzia che determinati sistemi politici non costituiscano una minaccia agli equilibri internazionali; dall’altro, perché l’eccessiva dipendenza economica e la scarsa differenziazione dei rapporti potrebbe portare a crisi sistemiche.

A titolo esemplificativo, l’UE vuole evitare di replicare quella che era l’eccessiva dipendenza dal gas russo su materie prime, prodotti e dispositivi tecnologici chiave provenienti dalla Cina. Recentemente, Borrell ha ribadito l’esigenza per il blocco europeo di evitare di concentrare i rifornimenti da un unico supplier e di optare per un approccio bilanciato, allargando i propri orizzonti a cooperazioni più serrate con i paesi dell’Asia Centrale e Meridionale[7].

L’Ue è tuttavia divisa.

Vi sono Stati Membri che intrattengono copiose e strategiche relazioni strutturali e commerciali con Pechino, nonostante le riserve della Commissione. Ultimo è il caso della Croazia[8], seppur maggiormente discusse nelle ultime settimane siano state la visita del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz[9], in Cina e la questione del porto di Amburgo – questi ultimi sono casi che necessiterebbero di lucida analisi sé stante, per comprendere gli equilibri interni all’Ue. Dall’altro lato vi sono, però, numerosi esponenti europei – ed Istituzioni come il Parlamento europeo – che preferirebbero una stretta maggiore alla cooperazione con Pechino, anche alla luce di una mancata decisa presa di posizione contro le manovre del Cremlino. 

Conclusioni

Tragicamente, la guerra in Ucraina sta mostrando quanto potente sia la forza attrattiva del modello europeo di sviluppo. È innegabile che la volontà di una maggiore indipendenza e la torsione di Kyiv verso ovest abbia costituto e costituisce un duro colpo ai paradigmi politici ed economici di Mosca[10]. L’aggressione russa porta in sé delle radici profondamente imperialiste ed identitarie – e geopolitiche -, completamente estranee al modello di sviluppo e cooperazione europeo.
Ciò ci porta ad ulteriori riflessioni, che tendenzialmente spostano il nostro sguardo ancora più ad est, per la precisa ragione che il modello europeo è in aperta contrapposizione e competizione non solo con quello russo, ma, in linea diretta, anche con Pechino.
Pertanto, l’Ue è chiamata ad una maggiore maturità strategica, consapevole che la forza attrattiva della sua politica sono i valori che porta in seno, in termini di libertà personali e mercato aperto. Una formula che ha progressivamente avvicinato tutti i Paesi del vecchio blocco sovietico e che potrebbe, ancora, proporsi quale centro di gravità e polo attrattivo, modello di progresso e sviluppo economico e sociale, sistema ed architettura che sole garantiscono una pace duratura. Tutto ciò anche e soprattutto a seguito della guerra all’Ucraina.
Se è vero che il sistema dei valori europei è stato faticosamente costruito dalle macerie lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale, sarà indispensabile per Bruxelles rilanciare – e rinnovare positivamente – il proprio modello di sviluppo a garanzia dell’equilibrio mondiale, come sistema di cooperazione basato sulle regole del diritto internazionale, per il quale ad imporsi è la forza del diritto e non più il diritto della forza. Ciò costituisce una nuova opportunità strategica e di relazioni, e una sfida aperta e competitiva al modello di Pechino, che non significa minimizzare la cooperazione, ma condurla, globalmente, ad interessi di più lunga prospettiva.


Note

[1] cfr. MACKINDER H.J., The geographical pivot of history, 1a edizione 1904, consultabile in The Geographical Journal, Vol. 170, dicembre 2004, pp. 298-321 
[2] cfr. BRZEZINSKI Z., A Plan for Europe, Council on Foreign Relations, 1995, Vol. 74, No. 1 (Jan. – Feb., 1995), pp. 26-42; Idem, Grand Chessboard: American Primacy And Its Geostrategic Imperatives, Basic Books, 1997; Idem, Strategic Vision: America and the Crisis of Global Power, Basic Books, 2012
[3] Ulteriori spunti di riflessioni possono ritrovarsi nella presente intervista del Center for Strategic and International Studies a Brzezinski, Brzezinski: On Europe & Russia, https://www.youtube.com/watch?v=72HrccCDPhc
[4] cfr. HIGH REPRESENTATIVE OF THE UNION FOR FOREIGN AFFAIRS AND SECURITY POLICY, Joint Communication To The European Parliament, The European Council And The Council EU-China – A Strategic Outlook, 12 marzo 2019, https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/communication-eu-china-a-strategic-outlook.pdf
[5] cfr. PARLAMENTO EUROPEO, Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 su una nuova strategia UE-Cina P9_TA(2021)0382, 16 settembre 2021, https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0382_IT.html

[6] cfr Ibidem
[7] cfr. BRZOZOWSKI A., EU must offer alternative to Russia and China, Borrell says, EURACTV, 21 novembre 2022 https://www.euractiv.com/section/global-europe/interview/eu-must-offer-alternative-to-russia-and-china-borrell-says/
[8]cfr. CARRAGHER A., Hard Cash and Soft Power: When Chinese Firms Win EU Contracts, Carnegie Europe, 21 novembre 2021, https://carnegieeurope.eu/2022/11/21/hard-cash-and-soft-power-when-chinese-firms-win-eu-contracts-pub-88343?utm_source=carnegieemail&utm_medium=email&utm_campaign=announcement&mkt_tok=ODEzLVhZVS00MjIAAAGIOGSAaTFshUILKjyiIoO_TCes8BvF3btcIhS_4ac1jf9eHoOQBYOx8qSOryxk5gI3BWWMYJI1RtZg4o5s-xiVpjuAz7SPPqCH_2XuGA5x 
[9]cfr. SCHOLZ O., We don’t want to decouple from China, but can’t be overreliant, Politico.eu, 3 novembre 2022, https://www.politico.eu/article/olaf-scholz-we-dont-want-to-decouple-from-china-but-cant-be-overreliant/?utm_source=POLITICO.EU&utm_campaign=419a9c6864-EMAIL_CAMPAIGN_2022_11_03_05_21&utm_medium=email&utm_term=0_10959edeb5-419a9c6864-191021133 [Ultimo accesso 21 novembre 2022]
[10]cfr BRZEZINSKI Z., Living With a New Europe, The National Interest, No. 60, estate 2000, pp. 17-32


Foto copertina: Flags of UE and Ciina are pictured during the China-EU summit at the Great Hall of the People in Beijing, China, July 12, 2016. REUTERS/Jason Lee