Le relazioni tra Italia e Armenia affondano le radici nell’antichità, rafforzate da legami anche di natura religiosa. Per comprendere lo stato dei rapporti tra Roma e Yerevan ne parliamo con l’Ambasciatore d’Italia in Armenia Alfonso Di Riso.


Il legame tra i popoli che nei secolo hanno abitato le terre italiane con quelli delle terre armene affonda le proprie radici nelle storia antica. Un legame, quello tra Roma e Yerevan, accresciuto anche da rapporti di tipo religioso. L’Armenia è un Paese dove la religione cristiana è religione di Stato fin dal 301 grazie al lavoro svolto da Gregorio l’Illuminatore, noto come in Italia come San Gregorio Armeno, che diventerà Katholikos e Patriarca d’Armenia, diventando così la figura primaria della nuova comunità religiosa cristiana.
Nel corso dei secoli tantissimi armeni sono arrivati in Italia andando costituire e poi a rinfoltire la varie comunità della diaspora presenti nella penisola. 
In tutta Italia sono tantissimi gli edifici e luoghi che testimoniano la presenza degli Armeni. In alcune città gli armeni sono stati parte integrante della civiltà italiana. Pensiamo a Venezia, dove i mercanti armeni furono lodati dalla Repubblica come un pilastro economico, specie in tempo di crisi, e dove nel 1512 venne stampato il primo libro in armeno. A Venezia, del resto, è attestata fin dal Duecento la presenza di una domus Arminorum, una casa degli armeni, e la loro piccola chiesa intitolata alla Santa Croce, vicino a Piazza San Marco, è tuttora officiata in rito armeno. Oppure a Napoli è celebre la chiesa di San Gregorio Armeno, nella via nota per i presepi. Secondo la tradizione, alcune monache portarono alcune reliquie di San Gregorio in Italia, come il cranio, tuttora custodito nella chiesa napoletana, e l’avambraccio donato alla cattedrale di Nardò. Ma gli esempi sono tanti in tutto il Paese. 
Il numero di armeni in Italia, così come in altri Paesi dell’Europa occidentale (in particolare la Francia), crebbe vertiginosamente negli anni immediatamente successivi al “Genocidio” perpetrato dall’Impero Ottomano proprio ai danni della comunità armena. L’Italia è stato tra i primi Paesi a riconoscere l’Armenia come Stato indipendente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e tra i primi paesi a riconoscere il Genocidio armeno come tale. Il riconoscimento è stato ulteriormente rafforzato nel 2019, quando la Camera dei Deputati ha adottato un’iniziativa che invitava il governo italiano a riconoscere il genocidio armeno e dare alla questione una dimensione internazionale. L’iter legislativo non è stato completato dal Senato della Repubblica. L’Italia è stata poi in prima linea nel Gruppo di Minsk per cercare una soluzione pacifica all’annoso conflitto nel Nagorno-Karabakh, e Roma svolge ancora un ruolo di mediatore nelle tensioni tra Armenia e Azerbaijan. Per fare il punto della situazione sulle relazioni diplomatiche tra Italia e Armenia, abbiamo incontrato l’Ambasciatore d’Italia in Armenia Alfonso Di Riso.

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Gentile Ambasciatore, ci può fare il punto della situazione dei rapporti diplomatici tra l’Italia e l’Armenia?
«E’ per me un piacere constatare l’eccellenza dello stato delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e l’Armenia. Lo scorso anno è stato un anniversario importante, in cui ricorreva il trentennale dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra i nostri Paesi, celebrato anche attraverso una serie di visite ad alto livello: penso in particolare alla visita dell’allora Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ad aprile scorso, a quella di una delegazione del Gruppo d’Amicizia Parlamentare Italia Armenia a maggior, a quella del Primo Presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio ad ottobre ed (1-3 ottobre).

A queste poi si è aggiunta lo scorso 21 novembre una prima conversazione telefonica tra il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale On. Antonio Tajani e il Ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan. In altre parole, un arco istituzionale completo. E ciò ha dato ulteriore impulso al rilancio già avvenuto a seguito delle Visite di Stato dei due Presidenti: quella del Presidente Sergio Mattarella nel luglio del 2018 e quella dell’allora Presidente armeno, Armen Sarkissian, nell’ottobre 2021. Una tale intensità di dialogo credo parli da sé.»

Quali sono i principali campi di cooperazione tra i due Paesi?
«La cooperazione, sia in ambito bilaterale sia in ambito multilaterale, abbraccia svariati settori. Ho già accennato al dialogo politico, a cui si affiancano solide relazioni economiche, una ricchissima cooperazione culturale (che tocca tra l’altro anche il settore dell’archeologia) e un programma di cooperazione allo sviluppo (l’unico dell’Italia in tutto il Caucaso) che ha portato alla creazione di un Centro Regionale per la Conservazione, la Gestione e la Valorizzazione del Patrimonio Culturale (ROCHEMP). Questo senza contare la cooperazione in ambito multilaterale: non solo nell’ambito delle relazioni UE-Armenia, ma anche OSCE e ONU. Quanto a quest’ultimo, mi preme ricordare che da anni l’Armenia invia un suo contingente per le operazioni della missione UNIFIL, nella quale l’Italia ha da sempre un ruolo rilevante.»

Per quanto riguarda le relazioni economiche, qual è lo stato attuale degli scambi commerciali e quali sono i possibili sviluppi futuri?
«L’Italia è già da anni, assieme alla Germania, il principale partner economico UE per l’Armenia, con un valore di interscambio annuo di circa 200 mln di EUR. Ovviamente parliamo ancora di valori ben lontani da quelli che pensiamo di poter raggiungere. A tal riguardo, alcuni dei prossimi appuntamenti bilaterali, come il previsto svolgimento della Commissione Economica Mista, permetteranno di identificare in maggiore dettaglio gli strumenti più idonei per un ulteriore rilancio delle relazioni economiche.»

In quali settori dell’economia armena è maggiore la presenza italiana? Quali sono i settori che offrono maggiori opportunità per il Made in Italy?
«Il mondo delle imprese italiano ha cominciato a guardare all’Armenia già all’indomani dell’indipendenza al momento del crollo dell’URSS. Alcune nostre realtà economiche sono qui presenti quindi da decenni, e hanno contribuito a generare un’immagine molto positiva delle nostre capacità imprenditoriali e commerciali, in particolare nei settori delle costruzioni, delle infrastrutture e del settore alberghiero. Oltre a questi, riteniamo che in ambito agro-alimentare, tessile e dell’IT ci siano ampi margini da poter sfruttare a reciproco vantaggio. L’Armenia dispone di una forza lavoro giovane, bene istruita e motivata, interessata a “realizzare” anche grazie al sostegno delle nostre esperienze. Tra l’altro, adesso vi sono frequenti collegamenti aerei diretti tra Italia e Armenia (da Roma, Milano e Venezia). Senza dubbio questa facilità di collegamenti si tradurrà anche in un maggiore interesse verso questo paese da parte delle nostre aziende.»

L’Armenia, inizialmente interessata a firmare un accordo di associazione con l’Unione europea, ha improvvisamente interrotto il cammino di avvicinamento all’UE il 4 settembre 2013, con la decisione di far parte dell’Unione doganale eurasiatica guidata dalla Russia. Crede che un progressivo avvicinamento di Erevan e Bruxelles possa essere utile per una maggiore stabilità nell’area?
«Quella mancata ratifica cui lei fa riferimento è già stata ampiamente superata. Lo dimostra l’entrata in vigore, nel marzo 2021, del CEPA (Comprehensive and Enhanced Partnership Agreement) tra UE e Armenia. Già da anni l’UE costituisce per l’Armenia un fondamentale partner per il suo sviluppo, in particolare economico-sociale, e le relazioni si stanno rafforzando sempre di più. Lo dimostra pure l’elevatissimo numero di visite di alto livello di esponenti delle Istituzioni dell’Unione qui effettuate, a partire da quella del Presidente Charles Michel nel luglio 2021. L’UE sta poi facendo moltissimo per facilitare il dialogo, e la soluzione delle questioni pendenti, tra l’Armenia e l’Azerbaijan. Si tratta di contribuire a ridurre l’instabilità di una regione che è per noi fondamentale, e che guarda a sua volta all’Europa come ad un’amica sinceramente ben disposta.»

All’interno dell’Unione Europea si guarda con preoccupazione alla crisi nel Caucaso. Che ruolo ha giocato e può ancora giocare Bruxelles in questa partita?
«
Come dicevo, l’UE ha già messo in campo notevoli energie e risorse per facilitare il dialogo tra le parti. Credo che l’esempio migliore sia stato il Vertice di Praga del 6 ottobre 2022, grazie al quale è stato possibile lo svolgimento di una missione di osservatori UE in territori armeno al confine con l’Azerbaijan, conclusasi a fine dello scorso anno. Ciò non esaurisce affatto il ruolo dell’UE a riguardo, tanto che è pure stata avviata una riflessione sulla possibilità della creazione di una missione più duratura. Tuttavia, è opportuno ricordare che l’UE agisce in questa crisi come mediatore imparziale tra le parti, e solo nella misura in cui ciò sia utile ad esse. La pace vera dovrà infatti essere raggiunta tra Jerevan e Baku.»

Che ruolo invece può svolgere l’Italia nel trovare una soluzione pacifica alla crisi nel Caucaso?
«Per tradizione e natura, l’Italia intrattiene relazioni estremamente positive sia con l’Armenia sia con l’Azerbaijan, senza contare la qualità del nostro dialogo con la Turchia, un altro attore regionale che non può’ essere trascurato. Del resto, l’Italia è stato il primo Paese a presiedere il Gruppo di Minsk alla sua creazione ad inizio anni ’90, a testimonianza dell’interesse concreto, assolutamente ancora presente, per il mantenimento della sicurezza e della stabilità nel Caucaso.»

A suo parere, la riconosciuta capacità italiana di dialogare con le parti in conflitto, potrebbe consentire al nostro Paese di ritagliarsi un ruolo come mediatore affidabile nella questione?
«L’Italia, come gli altri paesi UE, desidera semplicemente che il Caucaso possa finalmente svilupparsi secondo una logica pienamente ‘regionale’ e che tra i vari attori regionali si possa instaurare un dialogo che permetta la pace, la sicurezza e la prosperità per le popolazioni che ci vivono. Il punto non è quello di ritagliarsi dei ruoli da protagonista a tutti i costi, ma quello di essere utili per un fine superiore – la pace e la stabilità regionale – e innescare una dinamica positiva che possa portare ad affrontare senza pregiudizi le varie problematiche presenti sul terreno. In questo senso, l’Italia sostiene il ruolo di mediazione svolto dall’Unione Europea ed è pronta a dare il proprio contributo affinché esso favorisca effettivamente una soluzione sostenibile per entrambe le Parti.»

Crede che il nuovo governo Meloni segnerà un cambio di paradigma nella storica postura Italiana nei confronti dell’Armenia? A suo avviso, è possibile che gli sviluppi geopolitici nel dossier Caucaso possano aprire ad una maggiore sensibilità verso la posizione di Erevan nella questione del Nagorno-Karabakh, determinando dunque un distaccamento dallo storico supporto italiano alle rivendicazioni dell’Azerbaijan?
«L’Italia, da democrazia occidentale matura, esprime una politica estera costante e basata sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo. Guardandola dal lato dell’Armenia, credo si possa dire che essa, dal momento della sua indipendenza, ha visto succedersi numerosi Governi italiani, la politica estera dei quali tuttavia non è mutata nel tempo. Apertura al dialogo ed al confronto, capacità di ascolto, equilibrio, equivicinanza: questi i tratti principali della nostra azione nel tempo. Si tratta di una postura diplomatica verso la quale Jerevan ha più volte espresso il proprio apprezzamento, riconoscendone la natura costantemente bilanciata e senza doppi fini né agende nascoste. E ciò avviene perché’ alla base del nostro orientamento verso la regione vi è un’impostazione che guarda al lungo periodo, circostanza questa derivante dalla presenza di radici storiche e culturali dalle quali non si può’ prescindere.»

Armenia e Italia sono unite da forti legami storici e religiosi tra i due popoli. Numerose le testimonianze della presenza della comunità armena in Italia, pensiamo a San Lazzaro degli Armeni a Venezia o a San Gregorio armeno a Napoli. Che ruolo ha la diaspora armena nel nostro Paese?
«E’ una questione interessante, e oggetto di numerosi studi. L’insediamento degli armeni in Italia è talmente antico da rendere difficile l’identificazione di chi oggi in Italia abbia origini armene. Questo tuttavia dimostra quanto sia sempre stata facile l’integrazione per gli armeni nel nostro Paese. Certo, vale anche il viceversa. Per me che sono qui da quasi due anni ci è voluto molto poco per accorgermi che “un po’ armeno” lo ero sempre stato. Quanto “agli armeni italiani”, mi sento di dire che si tratta di una comunità molto attiva nel promuovere un sempre maggiore avvicinamento sia tra i Governi sia tra i popoli…d’altronde chi meglio di noi italiani, con importanti storiche presenze all’estero di connazionali, può capire tale tipo di realtà?»

Su questa linea, qual è l’entità della diaspora armena in Europa? E qual è la portata della sua influenza sul continente?
«Si sente spesso dire dagli armeni che il loro potrà pure essere uno Stato piccolo, ma che la loro è una “Nazione globale”. Le diaspore armene si trovano dovunque nel mondo, spesso si parla di comunità che sono antecedenti all’inizio del Novecento. Sono, oltre che in Italia, in Olanda, in Francia – certo – ma anche in Argentina, Brasile, Uruguay, Canada, Stati Uniti, senza contare quelle presenti nei vari paesi formatisi al momento della dissoluzione dell’URSS, e il numero di eccellenze di origine armena in tali paesi lo conferma. Ebbene, anche in questo si notano le somiglianze tra Italia e Armenia. Importante, a mio avviso, in conclusione, è riuscire a trarre vantaggio da tale situazione: lo sviluppo economico nel XXI secolo si fonda infatti non trascurabilmente sul fattore umano e l’Armenia, come l’Italia, è una “Nazione globale” ricca di talenti pronti a fare del proprio meglio.»


Foto copertina: Ambasciata d’Italia in Armenia @opiniojuris