Dalla Primary Season all’Inauguration Day

 

Dal prossimo 20 gennaio 2017 gli Stati Uniti d’America avranno un nuovo Presidente, il quarantacinquesimo. Uno tra Donald Trump1, Hillary Clinton2, Jill Stein3 e Gary Johnson4 succederà a Barack Obama, non più eleggibile, in ragione del limite dei due mandati previsto dal XXII emendamento alla Costituzione americana.

Ma quale è l’iter che conduce all’elezione del Presidente degli Stati Uniti?

Il procedimento elettorale che porta alla designazione del Presidente si distingue dai sistemi elettorali predisposti allo scopo dalle democrazie occidentali per durata e modalità di svolgimento. Esso copre un arco di tempo di due anni e si articola in due fasi successive: a) una fase preliminare, durante la quale viene selezionato il leader politico che i due maggiori partiti – il Democratic Party e il Grand Old Party – propongono alle rispettive Convention nazionali quale candidato ufficiale alla Casa Bianca; b) la fase conclusiva, costituita dalle elezioni generali vere e proprie che culminano con l’elezione del nuovo Presidente.

I. La fasepreliminare: le primarie ed i causus

Il procedimento di nomination presidenziale prende avvio con la scelta degli esponenti di partito che, per ciascuna parte politica, si presentano quali aspiranti candidati per la competizione elettorale generale. Le modalità di selezione sono essenzialmente due: le cosiddette primarie, vere e proprie elezioni disciplinate direttamente dalla legislazione degli Stati in cui hanno luogo, ed i caucus, ossia assemblee locali di un partito, regolate da norme interne, durante le quali si raccolgono le preferenze per ciascuno dei candidati.

Le primarie rappresentano lo strumento di selezione nella maggior parte degli Stati. In gran parte di essi il meccanismo prevede che i simpatizzanti di un partito – iscritti alle liste elettorali – esprimano tramite il voto la propria preferenza per uno dei leader in competizione (le primarie c.d. “chiuse”). In altri, oltreché agli iscritti alle liste elettorali, la partecipazione è consentita anche agli indipendenti, ossia a coloro che non sono iscritti in alcuna lista elettorale (le c.d. primarie “chiuse modificate”). In altri ancora, ai fini della partecipazione ad una delle due primarie, non è prevista la preventiva iscrizione nelle relative liste elettorali (le c.d. primarie “aperte”).

Sia nelle primarie che nei caucus le preferenze espresse dagli elettori vengono trasformate in delegati da inviare alle Convenzioni nazionali. Il loro numero è preliminarmente deciso, per ognuno degli Stati, dai partiti, secondo regole interne. Il meccanismo di attribuzione dei delegati ai candidati non è uniforme: i repubblicani adottano il criterio “the winner takes all”, attribuendo tutti i delegati spettanti ad uno Stato al candidato che ha ricevuto il maggior numero di preferenze. I democratici invece li distribuiscono proporzionalmente in ragione del risultato ottenuto da ciascuno dei candidati nel relativo Stato.

Il processo di nomination si conclude con due grandi Convention nazionali5, durante le quali, mediante il voto dei delegati dei singoli Stati, si procede alla proclamazione del candidato ufficiale del partito per l’elezione presidenziale, alla nomina del candidato alla vice presidenza e alla approvazione della piattaforma politica, vero e proprio programma elettorale.

All’introduzione delle primarie è conseguita una dilatazione dei tempi della campagna elettorale presidenziale, che ha influito notevolmente sui costi. L’aggiornamento dei dati relativi al fundraising, indicatore molto importante dell’andamento delle elezioni, consente all’elettore di capire quale, tra i candidati in lotta per la nomination presidenziale, sia in posizione di vantaggio rispetto agli altri.  Per tale motivo, a garanzia della trasparenza sui meccanismi di reperibilità dei fondi e sul loro utilizzo è stata varata nel 2002 una legge federale di riforma della legislazione vigente (Bipartisan Campaign Reform Act) sulla cui corretta applicazione vigila la Commissione federale elettorale6.

II. La fase conclusiva: la scelta dei Grandi Elettori e l’elezione del Presidente

Con le Convention si entra nella seconda fase del procedimento per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America.

Il sistema elettorale americano è indiretto: “ogni Stato” – recita l’art. 2, sezione I, comma 2, della Costituzione americana, così come modificata dal XII emendamento – “nomin[a], nel modo […] stabilito dal suo organo legislativo 7, un numero di Elettori, pari al numero complessivo dei senatori e dei rappresentanti che lo Stato ha diritto di mandare al Congresso”8

I 5389 Elettori, detti Grandi, nominati si riuniscono poi10nei rispettivi Stati e votano, a scrutinio segreto, il Presidente ed il Vice Presidente11, il cosiddetto ticket.

Ad insediarsi alla Casa Bianca sarà il candidato che avrà raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, 270 dunque12.

L’insediamento del Presidente degli Stati Uniti d’America (l’Inauguration Day) si tiene, dal 193313, il giorno 20 gennaio, a mezzogiorno, al Campidoglio. Nell’occasione egli presta giuramento14, secondo tradizione nelle mani del Presidente della Corte Suprema, e pronuncia il suo primo discorso.

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Immagine in copertina: Barack Obama, Pedro Santana/AFP/Getty – Fonte: The Atlantic

  1. Candidato scelto dalla Convention del Grand Old Party.
  2. Candidato scelto dalla Convention dei Democrats.
  3. Candidato scelto dalla Convention del Green Party, tenutasi lo scorso 6 agosto, a Houston.
  4. Candidato scelto dalla Convention del Libertarian Party, tenutasi lo scorso 26 maggio, a Orlando.
  5. Per il partito repubblicano si è tenuta quest’anno dal 18 al 21 luglio, a Cleveland; per il partito democratico dal 25 al 28 luglio 2016, a Philadelphia.
  6. Per legge è previsto il finanziamento pubblico per i candidati alle primarie, i cosiddetti matching  funds, contributi integrativi: tanti soldi pubblici per tanti soldi privati, fino ad un certo importo massimo. Ciò significa che se i candidati optano per questo sistema integrativo si vincolano ad un tetto di spesa.
  7. Sebbene ci sia discrezionalità nella scelta, la formula elettorale adottata in tutti gli Stati, tranne il Maine ed il Nebraska, è quella del “the winner takes all”. Il meccanismo non concede alcun voto elettorale a chi si è piazzato al secondo posto, anche se con un margine ridotto di voti popolari. L’elezione del Presidente è evidentemente legata dunque alle affermazioni nei singoli Stati e l’importanza degli Stati è in funzione del numero degli elettori presidenziali. In base a questo sistema è possibile che un candidato ottenga la maggioranza dei voti popolari, ma non riesca a vincere in un numero sufficiente di Stati tale da consentirgli la maggioranza dei voti elettorali. Tale eventualità si è verificata nelle elezioni del 2000: il candidato – sconfitto – del partito democratico, Albert Gore, ottenne circa 543.895 voti popolari in più nei confronti del candidato del partito repubblicano, George W. Bush, il quale risultò eletto grazie ai 271 voti elettorali. Furono in quell’occasione determinanti i 25 voti elettorali assegnati a Bush nello Stato della Florida, ottenuti grazie ad un margine ridottissimo di voti popolari (537).
  8. L’Election Day è il martedì successivo al primo lunedì di novembre: quest’anno sarà dunque l’8 novembre. La scelta di votare a novembre e di martedì ha sue ragioni storiche e pratiche. Fin dai tempi del Continental Congress, la prima assemblea dei nascenti Stati Uniti, il periodo di attività politica era l’inverno, per non costringere i rappresentanti a lasciare l’attività nei campi. Nel 1792, venne deciso che le elezioni presidenziali dovevano tenersi a novembre, così da avere abbastanza tempo per contare i voti prima dell’inaugurazione del nuovo Congresso a gennaio. Dal 1845, divenne legge il voto il primo martedì di novembre, con l’eccezione del 1° novembre per rispettare la festività cattolica di Ognissanti. Il motivo della scelta del martedì come ElectionDay è legato all’epoca pre-rivoluzione industriale, in cui ad una larga parte degli elettori occorreva un giorno di viaggio per recarsi al luogo del voto nei grandi spazi dell’America. Essendo la domenica destinata al riposo, si pensò di utilizzare il lunedì per gli spostamenti, così che tutti potessero raggiungere i seggi per il martedì.
  9. Il Congresso degli Stati Uniti ospiti complessivamente 535 tra deputati (435) e senatori (100), pertanto lo Lo United States Electoral College dovrebbe essere composto da 535 Grandi Elettori e non da 358. La differenza – costituita da 3 senatori in più – è data dal fatto che il District of Columbia, pur non avendo senatori visto che non è uno dei 50 Stati federali, ha diritto comunque a 3 Grandi Elettori in ragione del XXIII emendamento.
  10. I Grandi Elettori sono chiamati a votare il lunedì seguente il secondo martedì di dicembre: quest’anno dunque il 19 dicembre.
  11. I Grandi Elettori non hanno un vincolo di mandato. Accade tuttavia molto raramente che un Grande Elettore voti per un candidato Presidente diverso da quello che ha deciso di sostenere inizialmente. Tale circostanza rende di fatto il sistema elettorale sopra descritto solo formalmente indiretto.
  12. Nel caso nessuno dei candidati alla Presidenza dovesse ottenere la maggioranza assoluta, è previsto che il Presidente venga scelto dalla Camera dei Rappresentanti. Questa situazione si è verificata nel 1824 quando fu eletto Andrew Jackson.
  13. Sino alla ratifica del XX emendamento alla Costituzione, avvenuto per l’appunto nel 1933, l’Inauguration Day si teneva il 4 marzo.
  14. Il giuramento segue la formula di cui all’art. 2, sez. I, della Costituzione: “I, …,do solemnlyswear [or affirm] that I will support and defend the Constitution of the United States against all enemies, foreign and domestic; that I will bear true faith and allegiance to the same; that I take thisobligation freely, without any mental reservation or purpose of evasion; and that I will well and faithfully discharge the duties of the office on which I amabout to enter. So help me God”.