“Cancellazione informativa” di un dramma umanitario e di un evento geopolitico epocale.
Di Alessandro Fanetti*
La recrudescenza del conflitto israelopalestinese ha di fatto monopolizzato il dibattito informativo. Almeno a livello mainstream.
Dal conflitto in Ucraina agli eventi in Caucaso, passando per l’ “affaire Taiwan”, dunque, sembra che tutto si sia “congelato” e l’unico “fatto geopolitico” di rilievo sia proprio nel nostro Vicino Oriente.
In realtà, com’è facile immaginare, la realtà è molto più complessa e la “Guerra mondiale a pezzi” divampa in molte realtà.
Uno dei “pezzi” più significativi, sia per numero di persone coinvolte che per importanza geopolitica, è senza dubbio quello che vede coinvolti Armenia e Azerbaigian.
E che ha visto nel Nagorno Karabakh il punto più caldo di questa sfida, almeno negli ultimi anni.
Questi due Paesi compongono, insieme alla Georgia (con due Repubbliche autoproclamatesi indipendenti, Abkhazia e Ossezia del Sud) e a parti di Turchia, Russia e Iran, la regione denominata Caucaso.
Parte dell’URSS fino alla sua dissoluzione, avvenuta nel 1991, sono stati da sempre divisi in primo luogo dal punto di vista religioso: cristiani gli armeni e musulmani gli azeri.
Divisioni religiose accompagnate durante gli anni anche da quelle geopolitiche, in particolar modo dopo quello che a Yerevan chiamano “Medz Yeghern” (1,5 milioni di morti stimati, con il 1915 come anno “clou” del massacro) e dopo la rottura della “Repubblica Federale Democratica Transcaucasica” del 1918:
- Il primo è riconosciuto dall’Armenia (e non solo) come un genocidio perpetrato ai danni del suo popolo da parte dei Turchi (allora Impero Ottomano). Ankara però nega che esso sia mai avvenuto e l’Azerbaigian, primo e più stretto alleato della Turchia, riconosce la stessa narrativa.
- Il secondo è stato foriero di scontri territoriali irrisolti per decenni, in particolar modo sul territorio del Nagorno Karabakh e su quello chiamato Nakhchivan. Il primo era un’enclave armena in territorio azero mentre il secondo è un’exclave azera racchiusa fra Armenia, Turchia e Iran.
Questioni dunque mai risolte ma “tenute a bada” dal Cremlino fintanto che esisteva l’URSS.
Questioni però riscoppiate in tutta la loro brutalità già dall’inizio del crepuscolo sovietico e poi dopo il 1991.
In particolar modo per il Nagorno Karabakh, esso si dichiarò indipendente agli inizi degli anni ’90 del ‘900 con il nome di Repubblica dell’Artsakh (capitale Step’anakert). Indipendenza conquistata con degli scontri armati con gli azeri e “stabilizzata” con la firma di una tregua fra le parti nel 1994 a Bishkek, in Kirghizistan.
Tregua violata più volte dall’Azerbaigian, in particolar modo a partire dal 2016 e fino al settembre del 2023, quando l’offensiva ha portato la Repubblica autonoma ad arrendersi e a dichiarare il suo dissolvimento ufficiale a partire dal primo gennaio 2024.
Ma perché tanto impegno da parte dell’Azerbaigian per riprendersi questo territorio? E perché con offensive proprio in questo periodo?
Innanzitutto è utile ricordare che in geopolitica i vuoti vengono sempre rapidamente riempiti. E chiunque aspiri a giocare un ruolo geopolitico nello scacchiere chiamato mondo (e da qualche anno anche spazio) non può mai abbassare la guardia.
Su questa questione specifica, si sono intrecciati interessi strategici e visioni (e fatti) geopolitiche decisive, fra le quali le più importanti sono le seguenti:
- Come accennato in precedenza, la Turchia è il più forte e stretto alleato di Baku. Essa, con la visione neo – ottomana del Presidente Erdogan, punta ad avere un corridoio diretto e lineare con i Paesi – stan dell’Asia centrale. Questo perché il Presidente turco è convinto di poter giocare un ruolo sempre più importante nella regione, in primis incrementando il soft power turco grazie alla presenza di milioni di musulmani in tutta la fascia caucasica – Asia centrale. In quest’ottica l’Armenia è comunque un ostacolo, anche se indebolito e ridimensionato (in quanto Paese cristiano e vicino ad altre Potenze regionali e globali). E in questo contesto l’ambizione di creare un corridoio stabile e continuo in mano ad Ankara – Baku per collegare Turchia – Nakhchivan – Azerbaigian è l’altro tassello decisivo (il c.d. corridoio di Zangezur).
- La Russia è impegnata principalmente nel quadrante europeo già dal 2014 (e poi da febbraio 2022 molto più decisamente) e i rapporti sempre più tesi con l’élite politica armena (a partire dal Primo Ministro Pashinyan) non gli hanno permesso di operare come fatto in tutti questi anni. Inoltre, il mantenimento di buone relazioni e di un dialogo serrato con la Turchia (vedi Siria e Ucraina su tutti) e con Baku sono di primaria importanza per Mosca. Se da un lato, dunque, Ankara ha concesso molto al Cremlino (ad esempio sulla “questione Assad”) dall’altro qualcosa ha concesso anche Mosca.
- La CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, una specie di “Patto di Varsavia 2.0”) non è mai intervenuta nonostante le ripetute richieste di Yerevan e quest’ultima da sola può opporre ben poca resistenza all’offensiva nemica. È sempre mancata una visione omogenea della situazione e non è mai stato possibile prendere decisioni condivise su questa questione. Al contrario di ciò che successe in Kazakistan durante le proteste del 2022, con la posizione traballante del Presidente Tokayev rinsaldata dall’intervento armato della CSTO guidato dalla Russia.
- Lo stesso Primo Ministro armeno è sembrato fin da subito deciso a chiudere la questione Nagorno Karabakh il prima possibile, così da toglierla dal tavolo della discussione e aprire un dialogo serrato per trovare una soluzione duratura e di stabilità nella regione. Realpolitik pura. Non si spiegano altrimenti le dichiarazioni rilasciate a maggio 2023: “L’Armenia riconosce il territorio dell’Azerbaigian di 86.600 chilometri quadrati, supponendo che l’Azerbaigian sia disposto a riconoscere l’integrità territoriale dei 29.800 chilometri quadrati dell’Armenia. Il territorio dell’Azerbaigian di 86.600 chilometri quadrati comprende il Nagorno-Karabakh ma vorremmo sottolineare che la questione dei diritti e della sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh dovrebbe essere discussa tra Baku e Stepenakert.”[1]
- La Cina è impegnata ad estendere la sua “Belt and Road Initiative” e non ha nessuna intenzione di schierarsi apertamente per uno dei contendenti. Mantiene buone relazioni con gli attori in campo e cerca di sviluppare i suoi rapporti in primis a livello commerciale ed economico.
- Gli USA provano ad entrare nella contesa e a stringere relazioni più forti con l’Armenia. La visita di Nancy Pelosi a Yerevan di settembre 2022, così come la presenza di militari USA sul suolo armeno nel settembre 2023 ne sono una chiara dimostrazione. Tentativo in funzione certamente “anti – russa” ma non in grado di rovesciare le sorti della contesa Baku – Yerevan. Anche perché la Turchia è un membro NATO e gli USA non hanno nessuna intenzione di rompere le relazioni con essa.
- L’Iran ha tenuto un atteggiamento significativamente bilanciato sulla questione Nagorno Karabakh nel 2020[2], anche alla luce di un certo ritrovato dialogo sia con la Turchia che con l’Azerbaigian sviluppatosi decisamente nel 2021 – ’22.[3] Dialogo comunque sempre in bilico, in primis per la preoccupazione iraniana per le relazioni positive che intercorrono fra Baku e Tel Aviv.[4] Alti e bassi che vedono la seconda parte del 2023 come “basso”, come sottolineato anche dallo stesso Presidente azero Aliyev: “relations between Azerbaijan and Iran as “at the lowest level ever.” in Iran, “terror is organized on a governmental level.”[5]
È da notare che il diaologo Baku – Teheran stia dunque decisamente arrancando, anche se i motivi per tornare a svilupparlo sono sempre presenti e da tenere in considerazione. Fra di essi, uno dei più significativi è certamente il progetto denominato “International North – South Transport Corridor” (INSTC). Un progetto di trasporto faraonico che servirebbe a collegare la Russia all’India passando per 14 Paesi totali (fra i quali Azerbaigian e Iran), con grandi benefici (in primis economici) per essi.[6]
Dunque, siamo arrivati rapidamente all’ultima offensiva del settembre 2023, con la resa del territorio conteso (e per esteso dell’Armenia su questa questione).
Una resa che ha portato così alla riconquista del Nagorno Karabakh da parte di Baku, lasciando però aperta una ferita molto difficilmente rimarginabile nel popolo armeno sia nei confronti del duo Ankara – Baku che della propria élite politica (con Pashynian in particolare). E aprendo una crisi umanitaria di proporzioni bibliche per un Paese piccolo come l’Armenia, con la “creazione” di più di 100 mila sfollati[7] su una popolazione totale armena di circa 3 milioni di persone.
Per capirsi ancora meglio, come se in Italia arrivassero tutti insieme circa 3 milioni di rifugiati.
Una sfida tanto importante quanto da vincere assolutamente per le autorità di Yerevan (ma anche dalla Comunità Internazionale nel suo complesso) e da non dimenticare da parte dei media. Questi ultimi spesso troppo impegnati a trattare solamente le questioni più “impellenti” e di maggiore impatto del momento.
Note
[1] https://www.kulturjam.it/politica-e-attualita/svolta-accordo-tra-armenia-e-azerbaigian-per-il-nagorno-karabakh/#:~:text=Le%20dichiarazioni%20rilasciate%20luned%C3%AC%20dal%20primo%20ministro%20armeno,indipendenza%20unilaterale%20con%20il%20nome%20di%20Repubblica%20dell%E2%80%99Artsakh.
[2] Così come nel 2023, quando ha fatto presente che il conflitto Azerbaigian – Armenia avrebbe potuto far conflagrare una guerra regionale e dunque ha invitato al dialogo e al ristabilimento del cessate il fuoco: Nagorno-Karabakh: Iran warns of ‘regional war’ as fighting rages – BBC News.
[3] Dialogo riapertosi per allentare le tensioni regionali, provando sia a riportare una certa stabilità nella regione che per allargare le potenzialità economiche dell’area. Come riportato in vari articoli, ad esempio, di ALJAZZERA: Azerbaijan, Iran agree to mend ties ‘through dialogue’ | News | Al Jazeera; Russia, Syria, Turkey and Iran hold high-level talks in Moscow | News | Al Jazeera.
[4] Iran Leader Warns About ‘Military Presence’ Of Israel In Azerbaijan | Iran International (iranintl.com); Azerbaijan-Israel Relations Shifting The Geopolitics Of The Middle East – Analysis – Eurasia Review.
[5] President Aliyev: “Relations between Azerbaijan and Iran are at the Lowest Level Ever” (fdd.org). Per approfondire la questione: Azerbaijan and Iran: growing tensions and diplomatic crisis (specialeurasia.com).
[6] International North-South Transport Corridor Initiative (adb.org); The Expansion of the International North-South Transport Corridor: Geopolitical Updates – Silk Road Briefing.
[7] Cifra ribadita il 9 ottobre 2023 dall’Ambasciatore armeno presso l’UNESCO, Dott. Christian Ter – Stepanian e riportata sul sito del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica armena: https://www.mfa.am/en/press-releases/2023/10/09/Arm_UNESCO/12271. Cifra comunque indicativa, in quanto una valutazione perfettamente esatta non è stata possibile realizzarla.
Foto copertina: Nagorno Karabakh
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