Se il golfo di Aden è da molto tempo sotto la lente della comunità internazionale, è vero che negli ultimi anni anche il Golfo di Guinea ha visto affermarsi fenomeni di criminalità in mare. L’importanza del commercio e della cooperazione con i Paesi che vi si affacciano, ha portato l’Unione europea a sviluppare politiche e forme di collaborazione per la il contrasto al fenomeno.


 

 

Risorse naturali e malcontento

Golfo di Guinea

L’Organizzazione idrografica internazionale delimita il Golfo di Guinea da Capo del Palmas in Liberia fino a Capo Lopez in Gabon. Da un punto di vista geopolitico l’area è più vasta e comprende tutti quei Paesi che si affacciano sulla costa atlantica, dal Senegal all’Angola. Negli anni in quest’area è stata confermata la presenza di importanti giacimenti petroliferi offshore e riserve di gas naturali molto ambiti dal mercato globale.
Il commercio dei carbon-fossili ha spinto i governi nazionali a implementare politiche di sviluppo delle infrastrutture portuali, dando vita ad un’area nevralgica per i commerci internazionali. Contribuiscono ad aumentare gli scambi e i traffici anche i prodotti non petroliferi quali le risorse ittiche e altre provenienti dall’entroterra, fondamentali per la bilancia commerciale di questi Paesi.
Se da una parte gli stati rivieraschi hanno compiuto ingenti investimenti nelle infrastrutture portuali, non è stato altrettanto all’interno, dove parte della popolazione ha ancora scarso accesso ai servizi di base. Le tensioni scaturite da tra centro e periferia, tra la classe politica e la società civile hanno ha arricchito le fila della criminalità.

Il delta del fiume Niger può essere considerato la culla dal quale le attività di pirateria e criminalità in mare hanno cominciato a svilupparsi. Negli anni le rendite da petrolio hanno spinto ad una crescita del PIL nigeriano, a cui però non ha corrisposto un’equa distribuzione della ricchezza.[1]
Le attività di estrazione hanno inoltre degradato il suolo, costringendo allevatori ed agricoltori a cercare terre fertili per le loro attività. Il malcontento popolare ha generato conflitti interni e portato allo sviluppo di pratiche criminali quali furto di petrolio, raffinazione clandestina e sua rivendita.
I confini porosi e il difficile controllo del territorio da parte delle autorità ha permesso il diffondersi di queste pratiche oltre i confini. Un grande sviluppo ha poi avuto la criminalità in mare poiché i governi nazionali, concentrando i loro sforzi sul controllo della terraferma, hanno lasciato da parte le politiche di sicurezza marittima e di controllo delle attività economiche in mare. A poco a poco atti di pirateria sempre più complessi[2] si sono riscontrati nei Paesi limitrofi, fino a comprendere l’intero golfo, fondendosi anche con altri tipi di criminalità organizzata e con altri attori non statali.

La Dichiarazione di Yaoundé sulla sicurezza marittima

La diffusione endemica di pratiche predatorie ha inficiato il trasporto e lo sviluppo economico e i governi nazionali in risposta hanno cominciato a sviluppare attività di contrasto, soprattutto a livello regionale: nel 2001 viene inaugurata la Commissione per il Golfo di Guinea che nel 2013 assieme a ECOWAS[3] e ECCAS[4], firmerà e adotterà la Dichiarazione di Yaoundé per la sicurezza in mare, un codice di condotta per la repressione dei crimini in mare, dalla pirateria al terrorismo marittimo e pesca illegale, stabilendo dei centri per la cooperazione tra gli Stati a livello interregionale, con lo stabilimento dell’Interregional Coordination Centre, e regionale con il West Africa Regional Maritime Security Centre, gestito da ECOWAS. A queste si aggiungeranno forme di cooperazione militare provenienti da stati europei e nordamericani e il supporto dell’Unione europea.

Unione Europea e Africa

L’Unione europea è grande protagonista negli interscambi e nella cooperazione con questa regione da lunga data. Già nel 1957 i trattati di Roma delineavano il supporto nello sviluppo economico e sociale dei Paesi africani e strette relazioni commerciali.

Gli accordi di Cotonou[5] del 2000, eredi degli accordi di Lomé del 1975, gestiranno fino al 30 novembre 2021 la partnership con i Paesi africani. Il perno centrale di questa partenariato è definito dall’attenzione alla sfera politica con la promozione dei diritti umani, dei valori democratici, lo sviluppo di politiche di consolidamento della pace, di risoluzione e prevenzione di conflitti, confronto su migrazioni, sicurezza, lotta alla criminalità e al terrorismo. L’accordo inoltre comprende e approfondisce attività di cooperazione volta allo sviluppo economico, sociale, umano e l’integrazione dei Paesi nel mercato globale.

Negli anni gli interscambi tra Unione europea e i paesi del Golfo hanno assunto grandi dimensioni, con la Nigeria che si colloca nella lista dei 10 paesi extra-UE che più commerciano con i Paesi europei. Gli accordi di partenariato economico hanno garantito un accesso facilitato alle esportazioni dei paesi rivieraschi sui mercati europei, soprattutto per quanto riguarda i prodotti dell’agricoltura, cacao, prodotti alimentari lavorati, pesca.
L’Unione europea importa risorse energetiche significative dal Golfo, quali petrolio e gas naturali che assieme alla gran parte delle altre merci sono trasportate via mare. Nel 2019 il trasporto marittimo ha coperto circa la metà di tutti i beni commercializzati tra l’Unione e il resto del mondo,[6] risultando quindi decisivo per l’approvvigionamento dei mercato e la commercializzazione fuori dalle frontiere UE.

Strategia europea per la sicurezza marittima nel Golfo

Nello spirito degli accordi e con la forte dipendenza dell’Unione dai trasporti marittimi sono state avviate attività di coordinamento marittimo per il contrasto ai fenomeni criminali in mare anche in quest’area.
Nel giugno 2014 il Consiglio dell’Unione ha adottato la European Union Maritime Security Strategy, revisionata nel 2018 con una sezione dedicata alle azioni di promozione della sicurezza marittima nel Golfo di Aden e nel Golfo di Guinea.
Per quest’ultimo si fa riferimento alla promozione e allo sviluppo degli sforzi nell’ottica della dichiarazione di Yaoundé, sviluppata ulteriormente nella EU del 2014. Basata su una strategia di cooperazione a livello regionale con i firmatari della dichiarazione di Yaoundé, nel 2019 i primi fondi sono stati utilizzati per il rafforzamento della sicurezza nei porti più vulnerabili. A gennaio 2021 è stato lanciato il primo progetto pilota, il Coordinated Maritime Presence, impegno europeo che sancisce la permanente presenza marittima e promuove le politiche di cooperazione tra gli stati.

Come si è visto la definizione e l’intervento delle politiche di sicurezza marittima nel Golfo di Guinea sono relativamente recenti. I risultati ottenuti nel Golfo di Aden fanno ben sperare che l’applicazione di simili strategie nell’area possa impattare positivamente. I rapporti economici e commerciali, le azioni di sviluppo economico, politico e sociale, le attività di cooperazione regionale potrebbero dare un contributo significativo alla diminuzione del fenomeno, attivando un processo di buona governance, appianando anche i dissidi tra i Paesi.


Note

[1] Ne hanno beneficiato le compagnie petrolifere, alcuni membri del governo ed élite locali.
[2] Tra il 2008 e il 2009 gli attacchi provenienti dal mare giungevano fino alla terraferma dove erano prese di mira le banche.
[3] Economic Community of West African States, organismo che mira l’integrazione economica tra gli stati firmatari e una cooperazione per la sicurezza nell’area
[4] Economic Community of Central African States promuove la cooperazione economica tra gli Stati dell’Africa centrale.
[5] https://www.opiniojuris.it/la-convenzione-cotonou/
[6] Il 46% dei beni esportati e  il 56,2% di quelli importati viaggiava via mare. Si ha avuto un leggero decremento causa pandemia COVID-19.


Foto copertina: IRIN / Daniel Hayduk Un membro dell’equipaggio si prepara a salire a bordo di una nave cisterna dirottata dai pirati in Benin il 24 luglio 2011.