La Foresta Amazzonica sta subendo un vero e proprio ecocidio: il punto di non ritorno in cui la flora perderà la sua capacità di rigenerarsi è sempre più vicino. In Brasile la gestione della Foresta Amazzonica è una questione politica e i due candidati alle presidenziali si scontrano con visioni opposte.
A cura di Eleonora Scalabrin
Lula e Bolsonaro ai poli opposti
Mancano poche settimane al ballottaggio delle elezioni presidenziali in Brasile. Elezione storiche per i brasiliani, i quali per la prima volta vedono scontrarsi l’attuale presidente – Jair Bolsonaro – ed un ex inquilino del Palácio do Planalto – Luiz Inácio Lula da Silva.
I punti del programma politico dei due candidati sono molto diversi e quindi oggetto di scontro tra le due parti , ma uno dei principali aspetti su cui l’attuale presidente Bolsonaro sta basando la sua campagna elettorale è la monetizzazione della regione Amazzonica. Bolsonaro infatti sostiene fortemente la teoria secondo cui incentivando la fondazione di multinazionali nell’area, queste porterebbero più ricchezza nel Paese. Questa teoria, tuttavia, va a discapito della foresta e delle popolazioni indigene locali. Il cosiddetto “polmone verde” è un patrimonio unico, fondamentale e inestimabile, assorbe fino a duecento miliardi di tonnellate di carbonio e presenta una varietà immane di biodiversità animale e vegetale dal quale dipende l’intera esistenza della Terra[1].
La posizione di Bolsonaro
Negli ultimi anni, sotto il “Bolsonarismo” l’Amazzonia ha subito un record di deforestazione, tanto che nei primi mesi del 2022 sono stati disboscati più di settemila km2 di foresta e si sono verificati più di 39.000 incendi nella sola area brasiliana[2], provocando una forte catastrofe ecologica. Nonostante il partito di Bolsonaro, il Partido Liberal, sostenga nel suo manifesto la necessità di difendere, proteggere e salvaguardare il patrimonio naturale del Paese creando più sintonia tra uomo ed ecosistema, l’attuale Presidente ha da sempre adottato una politica pericolosa e nociva nei confronti della Foresta Amazzonica, che si estende per il 40% nel territorio brasiliano, tagliando il budget per le spese riguardanti l’ambiente e abbattendo e bruciando migliaia di km2 di boschi[3]. Un altro aspetto della catastrofe ecologica degli ultimi anni riguarda la promessa di Bolsonaro nella scorsa campagna elettorale: sfruttare le terre indigene in virtù della loro ricchezza[4]. Una delle prime azioni del neoeletto Presidente fu infatti la legalizzazione immediata delle imprese minerarie che stavano distruggendo la foresta, in modo tale che queste potessero scavare e di conseguenza portare ricchezza alla nazione nonostante i danni perpetrati nei confronti dell’ambiente e degli equilibri ecosistemici dell’area. Le aziende legalizzate da Bolsonaro sono in effetti altamente tossiche sia per il terreno che per l’acqua, in quanto utilizzano cianuro per trattare i minerali. Il cianuro è infatti velenoso tanto per l’uomo quanto per la natura, poiché intacca e blocca la produzione di ferro nelle cellule causandone la morte. Usato in grandi quantità, provoca inoltre un forte impatto, nonché un cambiamento nel ciclo riproduttivo di flora e fauna, contaminando e intossicando le risorse vitali di cui la foresta ha bisogno per poter compiere il suo ciclo vitale[5].
<blockquote class=”twitter-tweet”><p lang=”pt” dir=”ltr”>O programa que a <a href=”https://twitter.com/MarinaSilva?ref_src=twsrc%5Etfw”>@MarinaSilva</a> nos apresenta é ousado, em um momento que o Brasil precisa levar muito mais a sério a questão ambiental. Temos que virar protagonistas internacionais, a Amazônia tem que ser estudada por cientistas, com soberania do Brasil.</p>— Lula 13 (@LulaOficial) <a href=”https://twitter.com/LulaOficial/status/1569343196995485696?ref_src=twsrc%5Etfw”>September 12, 2022</a></blockquote> <script async src=”https://platform.twitter.com/widgets.js” charset=”utf-8″>
Secondo uno studio condotto dalla dottoressa Michelle Anagnostou presso l’università di Waterloo, negli ultimi anni si è intensificato il contrabbando illegale di legno, piante ed animali provenienti dalla foresta in quanto non sono mai stati intensificati i controlli, creando quindi un’opportunità per questo tipo di traffici[6]. La natura ne risente in termini di sfruttamento, e la caccia intensiva agli animali è sempre più frequente, portando dunque ad una sempre più costante riduzione della biodiversità del territorio. Similmente, sempre più animali della foresta vengono inseriti nella lista delle specie in via di estinzione. A risentire della politica bolsonariana contro la Foresta Amazzonica sono anche le più di 300 popolazioni indigene locali, spaventate dalle aggressioni politiche in corso: sono infatti sempre più frequenti le uccisioni e le espulsioni dei nativi dalle proprie abitazioni[7]. Così come lo svuotamento delle terre tanto a causa della deforestazione, quanto per la distruzione delle risorse naturali da cui traggono il proprio sostentamento ed il proprio tessuto economico. Di fatto, a causa della distruzione della foresta le loro risorse primarie sono sempre più difficili da reperire e le difficoltà sono molteplici.
La posizione di Lula
A rappresentare la sinistra, invece, è tornato a scendere in campo l’ex Presidente Lula, il candidato scelto dal Partido dos Trabalhadores. Lula è già stato presidente del Brasile fino al 2010 e in materia ambientale (con particolare riguardo alla Foresta Amazzonica) si è sempre schierato a favore della promozione di politiche volte ad affrontare la crisi ambientale, tanto che nel periodo in cui è stato Capo di Stato le aziende che usavano il cianuro per estrarre minerali nella foresta vennero abolite e la deforestazione subì un calo. Ora le imprese minerarie sono tornate nella foresta in quanto l’attuale Presidente le ha legalizzate, ma Lula promette che vuole combattere contro l’estrazione di minerali nelle terre popolate dagli indigeni, in modo da tutelare la vita degli abitanti della foresta. Anche per questa campagna elettorale l’ex presidente si pone in una posizione di vicinanza all’ambiente e alle popolazioni indigene, tanto che dal suo profilo Twitter non tardò ad affermare che, in caso di vittoria, si sarebbe impegnato per far diventare il Brasile un Paese leader nella lotta al cambiamento climatico, ponendosi in prima linea per cercare soluzioni per salvare l’Amazzonia[8]. Per questo motivo Lula ha proposto di collaborare con Repubblica Democratica del Congo e Indonesia durante la COP27 che si svolgerà a novembre e in un discorso ai parlamentari europei ha dichiarato la sua vicinanza alla problematica della foresta, sostenendo che l’Amazzonia debba essere nell’interesse collettivo, poiché la sopravvivenza dell’intera umanità dipende da essa. Di fatto, l’intera popolazione del globo ne ha responsabilità. Nel suo discorso, Lula ha sostenuto che l’Amazzonia non deve essere un “santuario dell’uomo”[9], l’uomo che vuole esplorare la foresta deve farlo in modo responsabile, al fine di salvaguardare la biodiversità che offre. La linea dell’ex presidente è quindi orientata a promuovere un’esplorazione sostenibile che possa salvaguardare il polmone verde. Lula intende inoltre promuovere l’adozione di strategie per lo sviluppo che siano solidali e sostenibili, in modo da difendere la zona amazzonica[10]. L’ex Presidente ha infatti sempre condannato lo sfruttamento della foresta per creare ricchezza economica, dichiarando che, nel caso di vittoria, avrebbe indetto una riunione con i governatori delle popolazioni della foresta per discutere le modalità attraverso cui garantire che le imprese possano lavorare in armonia con la popolazione locale, cercando di creare una nuova forma di industria più innovativa e sicura[11].
I risultati delle elezioni del 2 ottobre
Il 2 ottobre, data in cui si sono svolte le elezioni, i risultati non hanno portato a una maggioranza assoluta tra i candidati. È quindi necessario che i brasiliani tornino il 30 ottobre alle urne per il ballottaggio. Importante è il risultato del primo turno di elezioni in cui l’ex presidente Lula è stato il candidato più votato nella regione amazzonica con 507 città a suo favore. Al contrario, l’attuale presidente Bolsonaro ha ottenuto nella regione poco più di 200 città. Non sono poi mancate le accuse dell’attuale Presidente a Lula di aver vinto nella regione solo perché i cittadini della zona sono analfabeti, sostenendo infatti – in una diretta su Youtube in data 5 ottobre – che “dove entra la sinistra, porta analfabetismo, porta mancanza di cultura, disoccupazione, mancanza di speranza”.[12]
Il trenta ottobre ci sarà il ballottaggio tra i due candidati: il futuro della foresta Amazzonica e delle popolazioni indigene che la popolano dipenderà dal risultato delle votazioni e dai brasiliani.
Note
[1] WWF Brasil, Amazônia https://www.wwf.org.br/natureza_brasileira/questoes_ambientais/biomas/bioma_amazonia
[2] RAD: Relatório anual do desmatamento no Brasil, luglio 2022, edito da Mapbiomas Alertahttps://s3.amazonaws.com/alerta.mapbiomas.org/rad2021/RAD2021_Completo_FINAL_Rev1.pdf
[3] Manifesto Partido Liberal, 2022 https://partidoliberal.org.br/wp-content/uploads/2022/06/programa-do-partido-liberal.pdf
[4] Vilma Bokany per Fundaçao Perseu Abramo, 18 aprile 2019
[5] IWGIA, Indigenous peoples in Brazil https://www.iwgia.org/en/brazil/3616-iw-2020-brazil.html
[6] Aldem Bourscheit per Infoamazonia, 15 dicembre 2021
[7] “Paremos el genocidio de Brasil”, Survival international https://www.survival.es/genocidio-brasil
[8] @LulaOficial, Twitter, 5 settembre 2022
[9] Fabio Pontes, per (o)eco: “Todos têm responsabilidade para ajudar a cuidar da Amazônia- diz Lula para parlamentares europeus”, 31 agosto 2022
[10] Propostas Lula 13https://lula.com.br/propostaslula13/
[11] Rádio Mais Brasil, Intervista a Lula, 30 agosto 2022 https://lula.com.br/lula-sobre-amazonia-preservacao-com-progresso-e-dignidade-para-o-povo/
[12] Live PR Bolsonaro – eleições 2022, 05 ottobre 2022
Foto copertina: Lula e Bolsonaro