Un’analisi storico-politica di reciproche influenze.
A cura di Francesca Boscariol
La mafia russa e i gruppi etnici esistenti al suo interno
Seppure i governi comunisti dell’Europa orientale si sono sempre riconosciuti il merito di aver svolto una efficace azione di prevenzione e repressione del crimine organizzato, in realtà già all’epoca dell’Unione Sovietica si riscontravano gruppi criminali di modeste dimensioni che operavano principalmente nel mercato nero allora esistente.
Secondo alcuni studiosi, però, la mafia dell’Est sarebbe nata in realtà negli anni ’80, in particolare grazie all’economia sommersa sviluppatasi durante il periodo di riforme politico-sociali ed economiche avviate dalla dirigenza dell’Unione Sovietica che vanno sotto il nome di perestrojka in quanto, assicurandosi solide basi finanziarie, il crimine organizzato avrebbe iniziato a penetrare nelle strutture dell’economia ufficiale attraverso investimenti nell’ambito delle cooperative (cui aveva dato il via Michail Gorbačëv nel 1988) o in joint ventures.
Al rafforzamento delle organizzazioni criminali del territorio ha poi contribuito il progressivo passaggio ad una economia sempre più liberista, la quale – generando profondi squilibri sociali oltre a una netta divaricazione tra ricchi e poveri – ha consentito a gruppi mafiosi senza scrupoli ma con una grande disponibilità economica (prevalentemente di nazionalità russa, georgiana e ucraina) di consolidarsi al punto tale da arrivare a condizionare i settori dell’economia, della finanza e persino della politica.
Tra le attività principali di tali organizzazioni criminali: il traffico di stupefacenti e di armi, truffe, lo spaccio di denaro falso, la prostituzione e, ovviamente, il riciclaggio dei proventi illeciti conseguiti.
A ciò devono poi aggiungersi i fenomeni migratori che hanno interessato i territori del sud caucasico dai quali è disceso lo sviluppo di una serie di gruppi strutturati in clan a carattere etnico tra cui figurano i georgiani, gli azeri, daghestani, ceceni, ingusci e osseti, popolazioni di diverse etnie, per lo più di religione musulmana, stanziate nei territori compresi tra il Mar Nero, il Caspio e la catena del Caucaso. Tra questi il gruppo criminale più importante è quello dei ceceni. La mafia cecena, nota come Obščina, è una delle più grandi ed importanti forme di criminalità organizzata dell’ex-Unione Sovietica, fondata da Nikolay Suleimanov negli anni si è distinta nella specializzazione in truffe e furti di auto, estorsione, prostituzione e traffico di droghe.
L’Obšcina cecena e la sua posizione nei territori delle ex Repubbliche sovietiche
La Cecenia è una Repubblica autonoma della Federazione Russa situata nel Caucaso, sul confine con la Georgia e storicamente contesa fra le varie potenze che la circondavano.
Le pressioni belliche che hanno interessato il Paese hanno portato allo sviluppo, nella popolazione cecena, di una grande capacità di resistenza resa evidente, in particolare, durante lo sfaldamento dell’U.R.S.S.
Negli ultimi mesi del 1991 il generale russo Dzochar Dudaev, approfittando dei sentimenti anticomunisti ceceni e della confusione regnante a Mosca, rovesciò l’élite sovietica cecena e prese il potere a Grozny, la capitale della regione. Nacque così la Cecenia che nel 1993 dichiarò unilateralmente l’indipendenza con il nome di “Repubblica cecena di Ichkeriya”.
La scelta indipendentista e le problematiche economiche, politiche e sociali ad essa annesse favorirono, tuttavia, lo sviluppo di alcune attività illecite ulteriormente alimentate dalle due guerre che interessarono il territorio dalla seconda metà degli anni ’90.
È proprio in questo panorama di totale instabilità politica, di conflitti etnico-religiosi e di guerra perenne che nel territorio ceceno è riuscita a prosperare l’Obšcina[1] (che in russo significa “comunità”), una delle organizzazioni criminali tra le più feroci ed efficienti mondo, in grado di intrattenere stretti legami con i talebani afghani e altre organizzazioni jihadiste, e con l’Emirato del Caucaso, movimento islamista ceceno fondato nell’anno 2007.
Strutturata su un modello gerarchico, simile a quello di Cosa Nostra, l’Obšcina ha ottenuto negli anni una reputazione di livello internazionale, riuscendo a spingersi fino alla Siberia e, grazie alla sua solida e strutturata rete di contatti con le forze dell’ordine, a diventare un partner affidabile per molti altri gruppi criminali, come ad esempio quelli tagichi o uzbeki. Recenti studi investigativi hanno poi dimostrato come la sfera di influenza della mafia cecena si estenda, in realtà, in tutto il mondo, arrivando a far parte della c.d. “triplice frontiera” fra Argentina, Brasile e Paraguay, ove riesce a trarre appoggio dalla considerevole comunità mussulmana coinvolta nei traffici di sostanze stupefacenti e di armi dall’America all’Europa.
Tra le principali attività del gruppo criminale figurano la distribuzione di moneta falsa e l’appropriazione indebita, la ricettazione e il riciclaggio di denaro, il traffico illecito di clandestini, di sostanze stupefacenti e di sostanze radioattive come il plutonio.
Tuttavia, come ogni grande organizzazione criminale che si rispetti, la principale attività rimane comunque il traffico di droga. A nord e a sud del Caucaso, infatti, transitano le partite di oppio, morfina e hashish provenienti dalla “Mezzaluna d’oro” e, in particolare, dall’Afghanistan. Esse arrivano dall’Iran o dal Turkmenistan, attraversano il Mar Caspio e si dirigono, passando il Mar Nero, verso i Balcani e l’Europa. Questo percorso, noto come “Rotta caucasica”, si connette con la Rotta balcanica[2] o con quella baltica, portando la droga a San Pietroburgo e negli Stati dell’Europa centrale e nord orientale.
Ciò che rende possibile la proliferazione di tali traffici è ovviamente la sicurezza dei tragitti che attraversano il Caucaso in quanto la mancanza di infrastrutture necessarie a proteggere i confini, le continue guerre e la scarsa cooperazione internazionale dei vari Paesi della regione rendono quest’area una rotta interessante per la realizzazione di attività illecite[3].
L’influenza di guerre e disordini sociali sull’avanzata della criminalità organizzata
Ciò che negli ultimi decenni non si è faticato a capire è che la nascita e lo sviluppo della criminalità organizzata è strettamente connessa alla presenza di disordini sociali, economici e politici da sempre considerati dalle realtà criminali quali fonte di guadagno all’interno dei mercati illegali.
Questo è quello che si è verificato, ad esempio, negli anni del proibizionismo americano quando la messa al bando della produzione, della vendita e della consumazione di qualsiasi prodotto alcolico coincise con l’emergere di Cosa Nostra americana quale potenza criminale di livello nazionale e internazionale.
Una situazione simile si è poi recentemente riscontrata in Italia in quanto la Dia, nella relazione del primo semestre 2020, metteva in guardia dal pericolo che le mafie, sfruttando gli effetti drammatici che la pandemia di Covid-19 ha prodotto sull’economia del paese, possano proporsi come welfare alternativo sostituendosi alle Istituzioni attraverso forme di assistenzialismo a favore di singoli cittadini o imprese in dissesto salvo poi presentare il conto a coloro che, accettando il sostentamento mafioso, saranno inevitabilmente esposti al pericolo dell’usura[4].
Come ogni dissesto sociale, anche lo scoppio di una guerra contribuisce allo sviluppo di una nuova criminalità o alla evoluzione di un gruppo criminale già presente sul territorio interessato tanto che, in alcune circostanze, è persino accaduto che una criminalità legata a gruppi politici o terroristici riuscisse ad acquisire un peso politico ed economico rilevante.
Alla luce di tali evidenze appare dunque del tutto logica la posizione di neutralità abbracciata dalle mafie russe all’interno degli sconvolgimenti bellici che hanno interessato i territori limitrofi negli ultimi decenni, avendo tale scelta il solo fine di giovare al massimo della situazione di instabilità che ne deriva[5].
Queste premesse fanno da cappello alla situazione attuale in Ucraina, dove la guerra scatenata da Putin rischia di generare opportunità simili a quelle che hanno dato vita alle più potenti organizzazioni criminali del passato.
Con lo scoppio della guerra, infatti, in Russia scarseggiano beni di prima necessità con l’inevitabile conseguenza di un ritorno al mercato nero. Evidente dunque che, come accaduto in Italia, anche negli ex territori sovietici appare concreto il rischio che l’inevitabile crisi economica ingenerata dal conflitto manderà sul lastrico milioni di cittadini i quali diventeranno possibili vittime della criminalità oppure, in alcuni casi, manovalanza mafiosa.
Note
[1] https://www.isiciliani.it/dalleroina-al-plutonio-le-vie-dellobscina/
[2] https://www.opiniojuris.it/the-game-la-rotta-balcanica-la-violenza-alle-frontiere/
[3] https://antidroga.interno.gov.it/temi/informazioni-narcotraffico/traffico-della-eroina/
[4] Direzione investigativa Antimafia, Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo semestre, Roma, 2020, p. 16 ss;
[5]https://www.repubblica.it/esteri/2022/06/26/news/ucraina_guerra_mafia_russa_neutrale-355565474/
Foto copertina: Mafia caucasica e disordini sociali: dalla Obšcina cecena alla guerra in Ucraina