Dopo le elezioni tenutesi ad ottobre 2021, l’Iraq è ancora privo di un esecutivo. Il prolungato stallo politico è causato, principalmente, da rivalità intra-settarie, che impediscono la formazione di un governo.
Sono passati sei mesi dalle ultime elezioni e le principali fazioni politiche in Iraq faticano a trovare un accordo nella creazione di un governo di maggioranza.
La ragione principale dello stallo politico è da ricercarsi nella riluttanza di Muqtada al-Sadr di formare un governo di coalizione, finora la prassi, e di cercare un governo di maggioranza.
Muqtada al-Sadr è il leader del movimento sadrista e vincitore delle elezioni di ottobre 2021, con cui si è aggiudicato 73 seggi su 329.
Incapace, da solo, di avere la maggioranza per governare, ha formato un’alleanza tripartita, trans-settaria, l’alleanza Enqadh Watan, Salvare la Patria, con il Partito Democratico del Kurdistan (PDK) e l’Alleanza per la sovranità sunnita.
Annunciata il 25 marzo, costituisce uno dei primi tentativi di superare le divisioni etniche e settarie che hanno caratterizzato la scena politica irachena dal 2003 in poi ed è questo aspetto che rende l’attuale stallo politico rilevante.
Dopo l’invasione anglo-statunitense, l’identità etnica e settaria diventò un principio di organizzazione politica, istituzionalizzata con la muhassasa ta’ifiya, un sistema di ripartizione delle cariche politiche su basi settarie. In sostanza, questo modello di consociativismo prevede che il presidente della Repubblica sia curdo, il primo ministro sciita e lo speaker del parlamento sunnita.
L’adozione di un modello pluralistico fu una naturale reazione all’omogeneità della dittatura (e una strategia per impedire il ritorno di una dittatura ba’athista) e la pluralità venne interpretata attraverso componenti etnico-religiose.
Il sistema di quote, però, non ha portato alla tanto agognata democrazia né è stata garanzia di una maggiore inclusione, ma, al contrario, è stata la causa di corruzione e di settarismo, dal momento che le élite hanno strumentalizzato le identità per il proprio potere e per la propria ricchezza. La distribuzione delle cariche diventa, di conseguenza, anche una distribuzione di risorse.
Il sistema politico istituito dopo il 2003 funziona, di fatto, come un patto tra élite, in cui i partiti politici vengono ricompensati per la loro partecipazione alle elezioni diventando membri di un governo di unità nazionale, al cui interno vengono favoriti gli interessi del partito a scapito di quelli statali o della popolazione irachena. [1]
L’elemento di novità di questa tornata elettorale è costituito dall’entrata sulla scena politica di candidati indipendenti, provenienti dal movimento di protesta e ai quali lo stesso Muqtada al-Sadr si è rivolto per la formazione del governo.
Per la prima volta, nuovi partiti, come l’Emtidad, e leader indipendenti hanno conquistato alcuni seggi in parlamento e aspirano a porre fine al sistema di quote settarie, una delle richieste principali delle proteste.
L’evoluzione politica di Muqtada al-Sadr
Quest’ultimo, da minaccia esistenziale per il futuro dell’Iraq e nemico giurato contro le forze di occupazione statunitensi, negli anni immediatamente successivi alla caduta del regime di Saddam Hussein, è passato ad essere “l’unica speranza”[2] per gli Stati Uniti e l’opzione migliore per garantire gli interessi di Washington. Attraverso l’alleanza trans-settaria, al-Sadr sta cercando di indebolire le fazioni sciite filo-iraniane, Fatah e i suoi alleati (riuniti nella coalizione Aqd al-Watani), per allearsi con attori politici alleati con l’Occidente, come il Partito Democratico del Kurdistan, guidato da Barzani.
Tuttavia, è difficile credere che al-Sadr rappresenti un autentico tentativo di riformare l’instabile scena politica irachena.
Fin dalla comparsa del movimento sadrista, subito dopo il regime change del 2003, al-Sadr è noto per le sue posizioni cangianti, per l’assenza di un’ideologia definita, che gli ha permesso, nel corso del tempo, di mutare strategia in base alle condizioni esterne, per trarre da esse il massimo vantaggio.
Un chiaro esempio è dato dalla posizione assunta dai sadristi in merito alla Thawra Tishreen, la Rivoluzione di Ottobre del 2019, il movimento di protesta più significativo della storia moderna irachena. Inizialmente, il “rivoluzionario”[3] Muqtada al-Sadr si scagliò a favore dei manifestanti, inviò uomini armati, collegati alla sua milizia Saraya al-Salam, per proteggere i manifestanti dalle violenze delle forze di sicurezza e cercò di imporsi come leader del movimento.
Dal momento che il movimento rimase apolitico e respinse interferenze da parte dei partiti tradizionali, al-Sadr cambiò strategia e, soprattutto, in seguito alla morte di al-Muhandis e Soleimani nel gennaio 2020, si trasformò in un attore controrivoluzionario: impedì ai suoi sostenitori di unirsi alle proteste ed usò violenza contro i manifestanti. Gli stessi membri della milizia sadrista passarono dal proteggere i manifestanti ad attaccarli. Questo perché al-Sadr ha cercato di sfruttare il temporaneo vuoto di potere creatosi per esercitare una maggiore influenza ed allinearsi maggiormente agli interessi iraniani.
Ma, come dimostra il recente tentativo di isolare i partiti sciiti filo-iraniani, la posizione sadrista verso l’Iran è, anche questa, ambigua e di breve respiro, estremamente pragmatica e strumentale.
Al-Sadr, pertanto, ha perso credibilità nel ruolo di riformatore. È difficile credere che il leader sadrista possa rappresentare un’opportunità per la stabilità del paese e della regione[4], così come è difficile credere che possa costituire una sfida per l’attuale sistema politico, di cui è parte integrante.
Si scaglia contro i precedenti governi deboli, fallimentari perché costruiti sul sistema di quote[5], ma gli stessi sadristi hanno preso parte a questi governi.
I ministeri sadristi controllavano circa un terzo dell’intero budget dello stato[6] e hanno fallito nell’erogazione dei servizi essenziali che ha portato, tra le altre cose, allo scoppio delle proteste nel 2019. A dimostrazione del ruolo centrale ricoperto dai sadristi, basti pensare che era sadrista il ministro della salute la scorsa estate, durante la quale un incendiò nell’ospedale di Baghdad causò la morte di 80 persone.
Avrà pur vinto le elezioni, ma, in realtà, ha ricevuto meno voti rispetto alle precedenti elezioni, dato che il reale vincitore è stato l’astensionismo. [7]
L’unica reale speranza è rappresentata dai candidati indipendenti, i quali, però, non sono numerosi e non dispongono ancora di una strategia comune e coerente.
Note
[1] T. Dodge & R. Mansour, Politically Sanctioned Corruption and Barriers to Reform Iraq, Research Paper, Chatam House, 2021
[2] https://foreignpolicy.com/2021/10/27/muqtada-al-sadr-is-the-united-states-best-hope-in-iraq/
[3] Muqtada stesso, in un tweet pubblicato il 29 ottobre 2019, si firma il “rivoluzionario”. https://twitter.com/Mu_AlSadr/status/1189222513320058880
[4] https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2022/05/17/muqtada-al-sadrs-alliance-an-opportunity-for-iraq-the-us-and-the-region/
[5] https://www.alarabiya.net/arab-and-world/iraq/2021/12/04/%D8%A7%D9%84%D8%AA%D9%8A%D8%A7%D8%B1-%D8%A7%D9%84%D8%B5%D8%AF%D8%B1%D9%8A-%D9%84%D9%86-%D9%86%D9%83%D9%88%D9%86-%D8%AC%D8%B2%D8%A1%D8%A7%D9%8B-%D9%85%D9%86-%D8%A3%D9%8A-%D8%AD%D9%83%D9%88%D9%85%D8%A9-%D8%AA%D9%88%D8%A7%D9%81%D9%82%D9%8A%D8%A9-%D9%81%D9%8A-%D8%A7%D9%84%D8%B9%D8%B1%D8%A7%D9%82
[6] https://blogs.lse.ac.uk/mec/2022/04/29/muqtada-al-sadrs-evolving-post-election-strategy-and-the-battle-for-iraqs-political-system/
[7] Il tasso di affluenza delle elezioni del 2021 è stato solo del 41%, uno dei più bassi registrati nella storia irachena.
Foto copertina: Il religioso sciita iracheno Muqtada al-Sadr parla dopo che i risultati preliminari delle elezioni parlamentari irachene sono stati annunciati a Najaf, in Iraq, l’11 ottobre 2021. (Reuters)