Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Il riconoscimento della circostanza attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p. in capo all’imputato quando a risarcire il danno cagionato dal reato è la compagnia di assicurazione.


A cura di Alessia Novelli

I. L’interpretazione dell’art. 62 n. 6 c.p. prima dell’intervento della Corte costituzionale del 1998

L’art. 62 n. 6 c.p. prevede come circostanza attenuante “l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato”.

Il problema interpretativo che si pone per l’art. 62 n. 6 c.p. riguarda la rilevanza o meno del risarcimento del danno da parte di un terzo ai fini della diminuzione della pena.

Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo che la Corte di appello di Lecce aveva confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Taranto nei confronti di un motociclista che aveva investito un uomo sulla strada pedonale, ritenendo non sussistente la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., in quanto al risarcimento del danno aveva provveduto l’assicuratore, senza alcuna iniziativa da parte del colpevole. In seguito alla presentazione del ricorso per Cassazione da parte dell’imputato, il Primo Presidente ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite per i contrasti relativi alla rilevanza del risarcimento in caso di assicurazione assunta per obbligo legale e non per libera scelta. Infatti, in alcune decisioni si è affermata l’inapplicabilità dell’attenuante per la mancanza di un atto volontario dell’imputato, mentre in numerose altre si è riconosciuta la circostanza attenuante anche in tal caso1.

Le Sezioni Unite indagano in primis il significato della disposizione per comprendere se il risarcimento da parte dell’assicuratore abbia o meno le caratteristiche richieste dall’art. 62 n. 6 c.p. Il risarcimento del danno viene inteso come una circostanza soggettiva in cui fondamentale è la volontà dell’imputato di riparare il danno prodotto con la sua condotta criminosa. La ratio della disposizione è il ravvedimento del reo dopo la commissione del reato, per questo motivo nessun comportamento anteriore può avere valore positivo. Inoltre, la Corte fa notare che il pagamento dell’indennizzo generalmente non corrisponde all’integrale risarcimento del danno, di conseguenza la circostanza attenuante non può ritenersi applicabile in ragione del solo pagamento. Questo vale ancor di più per l’assicurazione obbligatoria, come quella sulla responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, in cui viene a mancare una condotta volontaria che giustifichi la diminuzione della pena. La Cassazione, quindi, rigetta il ricorso proposto, negando l’applicazione dell’art. 62 n. 6 c.p.2

La Corte esprime il seguente principio di diritto: “l’attenuante della riparazione del danno non è applicabile qualora il risarcimento sia stato effettuato da un ente assicuratore, anche se il contratto di assicurazione sia stato stipulato dall’imputato per la propria responsabilità civile, perché, essendo detto contratto stipulato prima della commissione del reato e dovendosi individuare la ragione ispiratrice della circostanza nella resipiscenza che si esprime con l’atto di riparazione, il comportamento risarcitorio deve essere posto in essere dall’imputato dopo l’esaurimento del reato e non può essere sostituito da una condotta antecedente al reato stesso, concepita solo in previsione ed a titolo di garanzia per le conseguenze dannose che esso potrebbe produrre, ciò per sfuggire all’adempimento dell’obbligo di integrale risarcimento”.

Il sillogismo della Corte ha come premessa maggiore la natura soggettiva dell’art. 62 n. 6 c.p., che implica la volontà dell’imputato di riparare il danno prodotto e mostrare il suo ravvedimento e come premessa minore il fatto che il contratto di assicurazione è stipulato prima del reato come garanzia per le conseguenze dannose che potrebbero derivarne. La conclusione è che l’attenuante non può sussistere quando alla riparazione del danno proceda l’assicuratore, indipendentemente dall’eventuale richiesta di adempimento da parte dell’imputato o dal pagamento del premio. Quanto sostenuto dai Giudici, però, sembra non convincere per due motivi. In primo luogo, la premessa maggiore pare errata, perché affermare che la circostanza di cui all’art. 62 n. 6 c.p. è soggettiva, implica che essa concerne esclusivamente i rapporti tra colpevole e offeso, ma, invero, nulla esclude che essa possa presentare un contenuto oggettivo in merito all’identificazione dei suoi elementi costitutivi. L’affermazione, poi, secondo la quale la necessità del ravvedimento del reo ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante sia deducibile dalla relazione al codice, appare frutto di una semplice, seppur autorevole, opinione dottrinale, e non di un’interpretazione autentica3.

L’art. 62 n. 6 c.p. si limita a chiedere che il danno sia integralmente riparato mediante il risarcimento e, ove possibile, mediante le restituzioni. Si esclude che sia indispensabile l’effettivo ravvedimento del reo per due ragioni. La prima è che il risarcimento integrale non necessariamente è indice del pentimento del reo, infatti, potrebbe accadere che il reo si ravveda, ma non disponga delle somme necessarie per risarcire integralmente la persona offesa. La seconda ragione consiste nel raffronto tra prima e seconda parte dell’art. 62 n. 6 c.p. da cui si ricava che solo in quest’ultima il legislatore chiede che il colpevole agisca spontaneamente. Poco rilevante è anche il riferimento al limite temporale – “prima del giudizio” – a sostegno dell’interpretazione soggettivistica, perché il ravvedimento del reo non muta a seconda del momento in cui avviene il risarcimento. L’art. 62 n. 6 c.p. utilizza una formula impersonale: “l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso […]”. Il riferimento, come nelle altre ipotesi elencate nella disposizione, è al colpevole, che dev’essere l’autore della circostanza attenuante contemplata. Bisogna però tenere in considerazione anche l’art. 185 c.p., secondo cui sono obbligati al risarcimento “il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”. Sulla base di tale disposizione si può affermare che la formula impersonale dell’art. 62 n. 6 c.p. comprende anche l’intervento di terze persone al risarcimento del danno e che questo basta a giustificare la riduzione di pena, se le conseguenze pregiudizievoli sopportate dalla vittima sono obiettivamente diminuite o eliminate. Altro aspetto da non sottovalutare è il profilo di incostituzionalità che si contesta all’art. 62 n. 6 c.p. rispetto al principio di uguaglianza (art. 3, 1° co., Cost.). La disparità di trattamento è tra chi dispone di risorse economiche tali da poter risarcire integralmente la persona offesa e chi, per farlo, deve ricorrere all’intervento dell’assicuratore. Solo al primo, infatti, viene riconosciuta la circostanza attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p.4

È concorde con tali critiche la stessa Corte di Cassazione in una pronuncia di appena tre anni dopo. Il caso riguarda un omicidio colposo per infortunio sul lavoro dovuto alla mancata adozione delle adeguate misure di sicurezza. La sentenza di condanna è pronunciata nel 1985 dal Tribunale di Livorno e confermata nello stesso anno dalla Corte di appello di Firenze. La Cassazione annulla la sentenza per difetto di motivazione. Nel 1989, però, la Corte di appello di Firenze, in sede di rinvio, conferma nuovamente la decisione di primo grado. Gli imputati propongono ricorso e la Cassazione ritiene fondato il motivo attinente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p. I giudici affermano di non doversi adeguare al principio espresso dalle Sezioni Unite e fondano la loro decisione su tre aspetti principali: il ravvedimento, l’interpretazione letterale e il momento del risarcimento5.

È utile analizzare brevemente questi argomenti, per riassumere quanto già evidenziato nelle critiche mosse dalla dottrina alla sentenza delle Sezioni Unite.

Il ravvedimento non può essere posto a fondamento della circostanza attenuante, perché il testo della norma si limita a chiedere l’integralità, l’effettività e la tempestività della riparazione del danno e non anche il pentimento del reo. La necessità del ravvedimento del reo per l’applicazione della circostanza in esame emerge dai lavori preparatori al codice penale, ma la Corte sottolinea che questi non hanno alcuna importanza ai fini della ricostruzione del significato della norma. In merito all’interpretazione letterale, l’utilizzo del verbo “avere” indica che il risarcimento dev’essere riferibile al colpevole, ma non è sintomatico del suo sincero pentimento. La prestazione dovuta, infatti, è legata all’art. 185 c.p., che pone l’obbligo risarcitorio a carico tanto del colpevole quanto delle persone che devono rispondere per il fatto di lui. Infine, il limite temporale previsto per il risarcimento non va a sostenere la tesi della natura soggettiva della circostanza, ma è finalizzato a mere esigenze processuali. La Cassazione conclude che l’unica indagine da compiere in caso di risarcimento da parte del terzo è se la riparazione sia riferibile al colpevole, quindi l’attenuante è applicabile ogniqualvolta il reo mostri la volontà di far proprio il risarcimento effettuato da altri6 .

La confusione in materia di risarcimento integrale del danno prima del giudizio dipende da due fattori. Il primo è dovuto all’erroneo accostamento tra circostanze del reato e commisurazione della pena ai sensi dell’art. 133 c.p., perché mentre quest’ultima disposizione si basa sulla discrezionalità del giudice, che deve valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo secondo i parametri indicati, le circostanze non richiedono una valutazione discrezionale per la loro applicazione. Il secondo riguarda il tentativo di estendere l’illecito penale, con le sue leggi di funzionamento, ad elementi estranei ad esso e caratterizzati da un diverso modello strutturale, come sono le circostanze. In questo modo si confonde il livello della tipicità con quello della concretizzazione della norma, che avviene nel momento della sua attuazione e in cui possono rilevare elementi che non hanno nulla a che vedere con l’illecito in senso stretto. In merito alla natura dell’art. 62 n. 6 c.p. si può concludere che attribuire la soggettività a un elemento accidentale non significa che la sua efficacia sia subordinata alla presenza di fattori soggettivi con la conseguenza che la circostanza attenuante del risarcimento del danno può essere applicata anche in mancanza di indici personalistici7.

II. La sentenza della Corte costituzionale 23 aprile 1998 n. 138

La Corte di appello di Trieste ha sollevato, con ordinanza del 18 marzo 1997, questione di legittimità costituzionale dell’art. 62 n. 6 c.p. per contrasto con l’art. 3 Cost.

La questione è rilevante nel giudizio a quo, perché all’imputato non è stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. per il risarcimento del danno avvenuto ad opera della compagnia assicuratrice. Il giudice remittente evidenzia come il prevalente orientamento interpretativo della Corte di Cassazione sulla rilevanza del risarcimento effettuato dall’assicuratore in tema di r.c. auto comporta una disparità di trattamento tra chi fa valere la polizza stipulata e chi, pur in violazione della legge che impone l’assicurazione obbligatoria dei veicoli, proceda autonomamente al risarcimento del danno. La Corte costituzionale rileva la presenza di interpretazioni contrastanti con la pronuncia delle Sezioni Unite del 1988 e afferma il principio secondo il quale tra più soluzioni possibili l’interprete deve sempre preferire quella che non comporti vizi di legittimità costituzionale. Si ritiene costituzionalmente legittimo l’indirizzo minoritario che ammette l’efficacia dell’attenuante anche nell’ipotesi in cui il risarcimento provenga da un terzo, in questo caso la compagnia assicuratrice8.

L’interpretazione dell’attenuante in chiave soggettiva come espressione del ravvedimento del reo contrasta con l’art. 3 Cost. sia per quanto evidenziato dal giudice remittente sia per quanto affermato dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. L’interpretazione soggettiva comporta un’arbitraria svalutazione dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli (L. 24 dicembre 1969, n. 990), che svolge un’importante funzione riequilibratrice in attuazione dell’art. 3 Cost. La lettura in chiave oggettiva dell’art. 62 n. 6 c.p., invece, fa sì che l’intervento tempestivo della compagnia assicuratrice interessi tanto il colpevole che vede riconoscersi l’attenuante, indipendentemente dalla sua disponibilità economica, quanto la persona offesa per il ristoro del proprio danno9.

La Corte aderisce pienamente alla tesi c.d. “oggettivista”. Si deve ricordare, però, che tra i sostenitori di tale tesi non vi è pieno accordo. Alcuni sostengono l’efficacia indifferenziata e incondizionata del risarcimento – a titolo di ristoro dell’illecito – da parte di qualsiasi persona, anche all’insaputa del reo; altri ritengono che sia efficace soltanto il risarcimento effettuato dai soggetti tenuti a tale adempimento sulla base dell’art. 185 c.p. e delle norme del codice civile. I giudici costituzionali condividendo la correlazione sistematica tra l’art. 62 n. 6 e l’art. 185 c.p., rilevano come entrambe le norme siano finalizzate al soddisfacimento dell’interesse del danneggiato e ammettono che l’adempimento possa provenire tanto dal reo quanto dal responsabile civile, a condizione che il risarcimento sia riferibile all’imputato e sia pagato dall’assicuratore in nome e per conto di questi10

La Corte costituzionale, quindi, dichiara non fondata la questione di legittimità sollevata dal giudice della Corte d’appello di Trieste in riferimento all’art. 3 Cost.

III. Le più recenti pronunce giurisprudenziali sull’art. 62 n. 6 c.p.

È interessante analizzare le interpretazioni più recenti della Corte di Cassazione in merito all’efficacia della circostanza attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p., quando a risarcire il danno sia la compagnia assicuratrice.

In un caso di infortunio mortale sul lavoro aggravato dalla violazione della normativa infortunistica l’imputato ricorre per Cassazione e chiede il riconoscimento dell’attenuante per il risarcimento del danno effettuato, prima del giudizio, dall’assicurazione stipulata dal datore di lavoro. La Corte ritiene che il risarcimento non sia riferibile all’imputato, ma all’ente con cui era assicurato il datore di lavoro. Non si può accogliere neppure l’interpretazione adeguatrice della Corte costituzionale (sentenza 23 aprile 1998 n. 138), secondo cui l’intervento risarcitorio da parte del terzo dev’essere comunque riconducibile all’imputato. Secondo i giudici, questa condizione manca nel caso di specie, infatti la stipula del contratto assicurativo non è avvenuta in nome e per iniziativa dell’imputato, ma del datore di lavoro. La Corte, pertanto, con sentenza n. 39065/2004, rigetta il ricorso11.

In un caso simile, la Cassazione ha confermato che “ai fini della sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, il risarcimento, ancorché eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio (Sez. 4^, n. 13870 del 06/02/2009, Cappelletti, Rv. 243202), ma ciò presuppone che si tratti di polizza assicurativa contratta, come nel caso esaminato dalla sentenza appena citata, dal medesimo imputato, giacché la riparazione del danno, tanto in forma specifica che per equivalente deve essere non solo effettiva e integrale, ma anche volontaria (Sez. 6^, n. 46329 del 09/11/2005, Caputo, Rv. 232837). Per questa ragione si è escluso che il risarcimento del danno effettuato dall’ente assicuratore, prima del giudizio per il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica, contestato al dipendente di una azienda, valga ad integrare la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, laddove l’intervento risarcitorio non sia riferibile né, comunque, riconducibile all’imputato, ma alla iniziativa del datore di lavoro che ha stipulato il contratto assicurativo12.

In un diverso caso riguardante una condanna a due anni di reclusione per peculato, la Cassazione nega il riconoscimento dell’attenuante in esame per l’assenza della volontà da parte dell’imputata di risarcire il danno. In particolare, la ricorrente chiede il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., poiché il danno è stato risarcito in parte dalla stessa imputata e per la restante quota dall’ente assicuratore con intervento surrogatorio. La ricorrente a sostegno della sua pretesa richiama la giurisprudenza che riconosce l’efficacia dell’attenuante anche nel caso in cui il risarcimento del danno provenga da un terzo. La Corte non condivide tale tesi e sostiene che per la concessione della circostanza attenuante in esame è necessario che la riparazione del danno sia effettiva, integrale e volontaria. In particolare, si richiede la dimostrazione di una manifestazione di ravvedimento da parte del reo come indice di una prognosi di minore pericolosità sociale. La stessa giurisprudenza riportata dall’imputata chiede che il colpevole prenda coscienza e abbia la volontà di far proprio il risarcimento effettuato dall’assicuratore, infatti solo in questo caso sarà possibile riconoscere al reo la relativa circostanza attenuante. Secondo i giudici, dal comportamento dell’imputata non emerge nessuna volontà di saldare il debito e di riparare il danno. Per questi motivi la Corte, con sentenza 46329/2005, rigetta il ricorso13.

In un’altra pronuncia del 2009 la Cassazione, nel decidere sull’applicazione dell’art. 62 n. 6 c.p., richiama espressamente quanto affermato dalla Corte costituzionale nel 1998. Il caso riguarda un delitto di omicidio colposo, in seguito a un incidente stradale. La Corte di appello di Bologna conferma la sentenza di condanna di primo grado e l’imputato propone ricorso per Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. I giudici riportano quanto sostenuto dalla Corte costituzionale, in particolare la tesi del carattere oggettivo, secondo cui l’interpretazione dell’attenuante in chiave soggettiva con finalità rieducativa contrasta con l’art. 3 Cost. nella misura in cui svaluta l’istituto dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile. Anche le Sezioni Unite con sentenza 22 gennaio 2009 n. 5941 hanno condiviso l’indirizzo della Corte costituzionale, per cui il risarcimento, anche se eseguito dalla società assicurativa, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato ogniqualvolta questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio. Per questi motivi la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata per il diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. con rinvio a un’altra sezione della Corte di appello di Bologna14.

Ancora più recentemente, in un caso di omicidio colposo plurimo e guida in stato di ebbrezza, la Cassazione con sentenza n. 14672 del 17 febbraio 2011, ha ritenuto che “ai fini della configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso e la valutazione in ordine alla corrispondenza tra transazione e danno spetta al giudice, che potrebbe anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa (Sezione 4, 22 maggio 2009, Usai, non massimata). Qui, il giudicante, con argomentazioni in fatto non rinnovabili, ha finanche apprezzato che il massimale assicurativo aveva lasciato non risarcite alcune voci di danno e tale valutazione non ammette censure in questa sede”. Secondo la Corte di appello, infatti, “il risarcimento effettuato dalla compagnia di assicurazione, sia pure in misura corrispondente al massimale assicurato, si riferiva al solo danno morale e aveva lasciato scoperte altre voci di danno, per le quali le parti civili avevano fatto riserva di azione diretta15.

In questo caso non si nega la possibilità di riconoscere la circostanza attenuante in esame quando sia la compagnia assicuratrice a risarcire il danno, ma viene valutata la non integralità di detto risarcimento, che pertanto non consente di riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. in capo all’imputato.

Un altro aspetto rilevante ai fini del riconoscimento dell’attenuante in esame è che il risarcimento sia avvenuto prima del giudizio, come affermato dalla stessa Corte di Cassazione in un caso in cui la mancata applicazione dell’art. 62 n. 6 c.p. è stata giustificata per il fatto che il risarcimento del danno ad opera della compagnia assicuratrice è avvenuto nel corso del grado di appello16.

Dall’esame delle diverse interpretazioni giurisprudenziali in materia deriva il pieno riconoscimento della natura oggettiva dell’art. 62 n. 6 c.p. e la sua conseguente applicazione anche quando il risarcimento avvenga ad opera di una compagnia assicuratrice, purché sussistano le altre condizioni previste dalla norma e il colpevole abbia la coscienza e la volontà di far propria la riparazione del danno.


note

1 cfr. Cass. pen. ss. uu., sentenza 23 novembre 1988-17 aprile 1989 n. 5909, in Cassazione penale, fasc. 7, 1989, pp.1181-1183.

2 cfr. Cass. pen., ss. uu., sentenza 23 novembre 1988-17 aprile 1989 n. 5909, in Cassazione penale, cit., pp.1181-1183.

3 cfr. PADOVANI T., L’attenuante del risarcimento del danno e l’indennizzo assicurativo nota a Cass. pen. sez. un. 23 novembre 1988-17 aprile 1989 n. 5909, in Cassazione penale, fasc. 7, 1989, pp. 1181-1186.

4 cfr. PADOVANI T., L’attenuante del risarcimento del danno e l’indennizzo assicurativo nota a Cass. pen. sez. un. 23 novembre 1988-17 aprile 1989 n. 5909, in Cassazione penale, cit., pp. 1181-1186.

5 cfr. Cass. pen., sentenza 18 ottobre 1991-18 dicembre 1991 n. 12760, in Cassazione penale, cit., pp. 1408-1411.

6 cfr. Cass. pen., sentenza 18 ottobre 1991-18 dicembre 1991 n. 12760, in Cassazione penale, cit., pp. 1408-1411.

7 cfr. Preziosi S., L’attenuante del risarcimento del danno prevista dall’art. 62 n. 6 c.p. e la nuova disciplina delle circostanze del reato nota a sentenza Cass. pen. 18 ottobre 1991-18 dicembre 1991 n. 12760, in Cassazione penale, fasc. 6, 1993, pp. 1411-1417.

8 cfr. Bisori L., Appunti per un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’attenuante del risarcimento del danno nota a Corte cost. 23 aprile 1998 n. 138, in Cassazione penale, cit., pp. 395-403.

9 cfr. Corte Cost. 23 aprile 1998 n. 138, in DeJure.

10 cfr. Bisori L., Appunti per un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’attenuante del risarcimento del danno nota a Corte cost. 23 aprile 1998 n. 138, in Cassazione penale, cit., pp. 395-403.

11cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza 03 giugno 2004 n. 39065, in DeJure.

12 Sez. 4^, n. 39065 del 03/06/2004, Turla, Rv. 229957){cfr. Cass. pen., sez. V, sentenza 13 ottobre 2014, n. 47983, in DeJure.

13 cfr. Cass. pen., sez. VI, sentenza 09 novembre 2005 n. 46329, in DeJure.

14 cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza 30 marzo 2009 n. 13870, in DeJure.

15 cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza 17 febbraio 2011, n. 14672, in DeJure.

16 cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza 7 febbraio 2013, n. 41374, in DeJure.

Immagine in copertina: Corte di Cassazione – da http://www.gazzettaforense.com.