In India, il 52,9% di bambini, e il 47% bambine che hanno partecipato ad uno studio governativo (Child Abuse Report), ha dichiarato di avere subito una forma di violenza sessuale. I casi denunciati di stupro su minori è salito da 8.541 nel 2012, a 10.854 nel 2015, fino a 19.765 nel 2016. Il 44% di questi ha riguardato ragazze sotto i 18 anni. 46 casi al giorno. Il 22% delle vittime, aveva meno di 16 anni.


In India, il 52,9% di bambini, e il 47% bambine che hanno partecipato ad uno studio governativo (Child Abuse Report), ha dichiarato di avere subito una forma di violenza sessuale1. I casi denunciati di stupro su minori è salito da 8.541 nel 2012, a 10.854 nel 2015, fino a 19.765 nel 20162. Il 44% di questi ha riguardato ragazze sotto i 18 anni. 46 casi al giorno. Il 22% delle vittime, aveva meno di 16 anni3.

L’India: ieri e oggi

Il 17 Dicembre 2018 la BBC ha reso noto il caso di presunto stupro commesso ai danni di una bambina di tre anni, da parte di un vicino di casa, quarantenne guardia di sicurezza, a Delhi. La violenza è caduta il giorno del sesto anniversario dallo stupro di gruppo, avvenuto su un autobus in movimento, nella stessa Delhi, che portò alla morte Jyoti Singh, ventitreenne studentessa di fisioterapia.

Da quel giorno, più che mai, un’onda di indignazione travolse il Paese.

Sulla scia delle proteste, il Governo introdusse nel 2012 il Protection of Children from Sexual Offences Act (POCSO). Le prime denunce arrivarono dopo due anni, il tasso di condanne sotto tale Atto si arrestò al 2.4%. Rajeev Chandrasekhar, Parlamentare, sponsor nel 2015 di una Roadmap per la fine degli abusi sessuali sui minori, e promotore della National Coalition to Protect our Children (NCPOC), definì tre anni fa il Governo indiano come lontano dall’essere child – friendly. Si denunciava scarsa sensibilità della polizia, l’assenza di magistrati specializzati, un settore giudiziario ingolfato, ed un generale sistema ostile ed intimidatorio per i minori.

L’iniziativa legislativa volta a prevenire e sanzionare la violenza sessuale sui bambini è tornata pochi mesi fa, ancora una volta sotto lo stimolo dell’opinione pubblica4. Nuovo casus offensionis: stupro di gruppo e omicidio di una bambina di otto anni, nel distretto del Kashmir.

Nell’Aprile 2018, infatti, Modi ha convocato una riunione di emergenza al fine di approvare una ordinanza di emendamento della sezione 376 (Rape section) del Codice Penale Indiano (IPC). Il cambiamento, che ha ricevuto approvazione parlamentare nell’Agosto 2018, non è di poco conto. Si prevede un aumento della pena minima per il reato di stupro da sette, a dieci anni. Se la vittima è di sesso femminile, e minore di sedici anni, la pena va dai sedici anni di reclusione all’ergastolo, con una multa. Se la violenza è stata il risultato di uno stupro di gruppo, la sentenza sarà di ergastolo, accompagnato da una multa. Chi, invece, risulterà responsabile di violenza sessuale nei confronti di bambina minore di dodici anni, sarà condannato alla reclusione dai venti anni all’ergastolo, con una multa. O alla pena di morte. Se gli autori della violenza avranno agito in gruppo, la sentenza sarà di ergastolo con una multa. O morte.


Il problema è: la pena di morte sarà una efficace misura preventiva?

Molte sono le voci che ritengono di no. Karuna Nundy, avvocato presso la Corte Suprema Indiana, ha definito i primi passi nei confronti della pena di morte come risposta a reati di violenza sessuale: “a easy political candy”. Una caramella a basso tasso di zuccheri che addolcisce le bocche inasprite di un elettorato stremato dal leggere di stupri nei confronti dei minori sui giornali, ma che non agisce effettivamente sulla diabetica gestione del sistema Giustizia in relazione a tali reati. L’avvocato e attivista Vrinda Grover, ha parlato di “Legal Populism”. Voci contrarie arrivano anche da Swagatha Rala, ricercatrice presso il Center for Child and the Law alla National Law School of India University di Bangalore5, e da AP Shah, ex chief justice all’Alta Corte di Delhi. Ciò che più fa riflettere i critici, è l’identità degli autori dei reati oggetto di dibattito. Secondo il report “Crimes in India” del 2016, elaborato dal National Crimes Records Bureau, il 94,6% degli autori di reati sessuali sono conosciuti dalle proprie vittime. Spesso, sono padri, nonni, fratelli, parenti stretti, e vicini6. I minori che denunciano le violenze si trovano di frequente ad essere isolati, accusati a loro volta, non creduti. Di certo, sapere che la reazione alla propria denuncia potrebbe essere la morte del soggetto ritenuto colpevole, sarebbe secondo molti di disincentivo all’azione penale. Inoltre, nella cultura indiana, la pena di morte è sempre stata legata ai cosiddetti “rarest of rare cases”. Tale qualifica certamente non si addice alla percentualmente elevatissima frequenza dei casi di violenza sessuale. Di conseguenza, si scontrerebbe con una tradizionale concezione culturale di ciò che deve essere pagato con il prezzo della vita. Infine, ciò che viene considerato come conseguenza negativa di tale inasprimento di sanzioni, è che l’autore di violenza sessuale potrebbe essere più spinto a non volere lasciare alcun testimone dietro di sé, per non correre il rischio di perdere la propria vita.

La funzione della pena:

Dal Paese del Gange e del Taj Mahal ci torna dunque oggi la dimostrazione della bruciante attualità che pongono gli interrogativi relativi all’inasprimento delle sanzioni penali, e della loro auspicata, benché talvolta insperata, abilità, di codicisticamente schiaffeggiare i consociati nelle loro deplorevoli abitudini. Certo, il dilemma non è nuovo: la funzione della pena è una delle più discusse, analizzate, scandagliate, questioni attorno alle quali si sono avviluppate le menti dei più illustri giuristi di ieri e di oggi. Un tema che dal tempo delle esecuzioni pubbliche ha annodato le viscere e fatto urlare i popoli nelle piazze. Da sempre dottrina e non si domandano con quale fine, a che pro, possano essere – lecitamente – violati dallo Stato, due tra i più importanti abiti che siano stati cuciti addosso all’uomo: la libertà personale, e, in alcuni casi più estremi, il diritto alla vita. E’ evidente che il diritto è uno strano strumento. Hans Kelsen lo definisce scienza sociale – normativa. A suo parere, questo, accostandosi concettualmente al principio di causalità, Signore delle leggi della natura, connette la sanzione all’illecito, con un umano, storicamente condizionato, non sempre moralmente accettabile, law making act7. Creato dall’uomo per sanzionare, per dare un giudizio di valore alle azioni dell’uomo8. Pare a tutti che, pur controversamente, il ruolo della sanzione penale debba allontanarsi a gambe levate dal primitivo principio retributivo origine di tutte le regole (Occhio per occhio, dente per dente), nonché da una teoria assoluta della pena, totalmente svincolata da qualsivoglia tipo di finalità sociale. Esso, invece, deve ancorarsi alla generale prevenzione degli atti ritenuti non conformi alla pubblica approvazione. Per fare questo, come si insegna in ogni corso base di Diritto Penale, utilizzerà la bipede figura dell’intimidazione della generalità dei consociati, da un lato, e del tentativo di un loro orientamento verso la legalità, dall’altro.

Tornando all’India. Paese particolare, con una storia giuridica fitta di intrecci e di particolarismi, ove il diritto statuale cerca di contenere, come una grande e ambiziosa cisterna, litri di liquide tradizioni, che si fanno largo negli involontari fori lasciati dalla sua imponente, benché fragile, edificazione. Ad oggi, soltanto il 28% dei casi di violenza su minori si è concluso con una condanna. I procedimenti pendenti nel 2016 erano intorno al 36%. Certo, qualcosa si muove anche in tal senso. La sezione 166° del Codice Penale Indiano prevede due anni di reclusione per il poliziotto che non registra le denunce a lui date. Inoltre, la nuova ordinanza vede giudizi più brevi: 2 mesi per ogni investigazione di polizia e completamento del processo per tutti i casi di stupro. Un buon inizio, ma non è abbastanza. Forse, come sostengono i più critici delle nuove misure legislative, spingere sull’intimidazione, assicurando certezza ed effettività all’azione penale, sarebbe ben più efficace, piuttosto che introdurre la pena di morte. E non dimentichiamo il caso con cui si è esordito. Anche chi, come l’Avvocato Abha Singh, è favorevole all’introduzione della pena d morte, sostenendone una sua qualche funzione preventiva, invoca la necessità di accelerare i tempi per assicurare alla giustizia i colpevoli, ponendo un limite agli impressionanti ritardi della giustizia indiana, che oggi vedono più di 30 milioni di casi pendenti.

Conclusione:

L’India è il quattordicesimo Stato al mondo a prevedere la pena di morte per gli abusi nei confronti di minori, dopo Qatar, Bahrain, Giordania, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Cina, Cuba, Mauritania, Sudan, Tajikistan, Thailandia, Tunisia e Vietnam. Soltanto il tempo saprà dare ragione a chi supporta un inasprimento delle pene, o a chi invece sostiene che rendere più certi i rimedi già esistenti potrebbe avere una maggiore efficacia dissuasiva.

Sembra, in questa sempre verde diatriba, risuonare Beccaria, “Non è l’intenzione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni, che da un forte ma passeggero movimento”9.


Bibliografia:

H. Kelsen, Che cos’è la giustizia?, Quodlibet, Milano, 2015.

National Commission for Protection of Child Rights, ChildFund India, Handbook for Ending Violence Against Children, Settembre 2018.

Ministry of Women and Child Development, Government of India, Study on Child Abuse: India 2007, Nuova Delhi, 2007.

National Crime Records Bureau, NCRB Journal, Nuova Delhi, Ottobre 2018.

https://indianexpress.com/article/explained/why-death-penalty-for-child-rape-or-why-not-kathua-minor-murder-rape-5156458/

https://www.dailyo.in/voices/child-rapes-child-sexual-abuse-death-penalty-capital-punishment-rape-laws/story/1/25833.html

https://www.indiatoday.in/education-today/gk-current-affairs/story/centre-approves-death-penalty-for-rape-of-children-below-12-years-under-pocso-amendment-1217116-2018-04-21

https://economictimes.indiatimes.com/news/politics-and-nation/former-delhi-chief-minister-and-bjp-leader-madan-lal-khurana-passes-away/articleshow/66396353.cms

https://www.hindustantimes.com/analysis/why-i-don-t-support-death-penalty-for-child-rapists/story-VD7F4PmDbRZdxtTijzEuuJ.html

https://deathpenaltyinfo.org/study-88-criminologists-do-not-believe-death-penalty-effective-deterrent

https://www.bbc.com/news/world-asia-india-42193533

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https://www.bbc.com/news/world-asia-india-21950197

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https://thediplomat.com/2018/04/will-the-death-penalty-protect-indias-daughters-from-rape/

https://thediplomat.com/2017/02/indian-lawmakers-take-key-steps-toward-recognizing-the-importance-of-consent/

https://thediplomat.com/2017/01/time-for-india-to-get-serious-about-sexual-assault/

https://www.theguardian.com/world/2017/nov/08/indian-women-still-unprotected-five-years-after-gang-rape-that-rocked-nation

https://www.theguardian.com/world/2017/nov/22/delhi-police-female-motorbike-squad-crime-against-women

https://www.mprnews.org/story/2018/04/21/india-approves-death-penalty-for-rape-of-young-children

https://www.smh.com.au/world/asia/india-introduces-death-penalty-for-rape-of-young-children-20180422-p4zb0i.html

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https://www.independent.co.uk/news/world/asia/india-death-penalty-child-rape-sentencing-rapists-a8315716.html

https://indianexpress.com/article/india/activists-parents-of-minor-rape-victims-say-against-death-penalty-urge-government-to-strengthen-judiciary-5148777/

https://www.thehindu.com/news/national/death-penalty-will-deter-reporting/article23631087.ece

https://edition.cnn.com/2018/04/19/asia/modi-rape-politicized-india-intl/index.html

https://edition.cnn.com/2018/04/18/asia/india-bjp-rape-law-hunger-strike-intl/index.html

https://timesofindia.indiatimes.com/india/was-there-scientific-assessment-that-death-penalty-is-deterrent-to-rape-delhi-hc-asks-centre/articleshow/63883570.cms

http://ohrh.law.ox.ac.uk/the-union-government-of-india-introduces-the-death-penalty-for-child-rape/

https://economictimes.indiatimes.com/news/politics-and-nation/is-death-penalty-for-child-rape-deterrent-enough/articleshow/63920251.cms


Note

1 Ministry of Women and Child Development, Government of India, Study on Child Abuse: India 2007, Nuova Delhi, 2007.

2 L’incremento dei casi registrati è anche dovuto all’introduzione nel 2012 del Protection of Children from Sexual Offences Act nel 2012.

3 National Commission for Protection of Child Rights, ChildFund India, Handbook for Ending Violence Against Children, Settembre 2018.

4 Rilevante esempio è lo sciopero della fame portato avanti da Swati Maliwal, capo della Delhi’s Commission for Women, autrice di una lettera indirizzata a Modi, in cui si richiede l’introduzione della pena di morte per lo stupro.

5 https://www.washingtonpost.com/world/asia_pacific/india-institutes-death-penalty-for-child-rape-in-wake-of-8-year-olds-brutal-death/2018/04/21/0d5c0ba2-4578-11e8-b2dc-b0a403e4720a_story.html?noredirect=on&utm_term=.e1736f593ca3

6 Dati del 2016 su autori di violenza sessuale su minori: Conoscenti: 34650; Nonno/fratello/figlio/padre: 572; Altri familiari: 950; Parenti lontani: 1976; Vicini di casa: 10081.

7 H. Kelsen, Che cos’è la giustizia?

8 . “La pena giusta è la pena capitale o la reclusione? Per rispondere a questa domanda il legislatore deve conoscere l’effetto che la minaccia di ciascuna di queste due pene esercita sulla mente delle persone che hanno l’inclinazione a commettere i reati che il legislatore intende prevenire. Sfortunatamente, però, noi non abbiamo una conoscenza esatta di questo effetto, e non siamo nella condizione di poter acquisire questa conoscenza, dato che l’acquisizione di questa […] sarebbe possibile soltanto per via sperimentale, e l’esperimento, nel campo della vita sociale, è possibile soltanto in misura molto limitata. Pertanto, anche quando si restringa il problema della giustizia alla domanda relativa a quali siano i mezzi appropriati per un fine presupposto, non sempre si può rispondere in modo razionale. Ed anche se fosse possibile rispondere in modo razionale a questa domanda, la risposta non potrebbe costituire quella piena giustificazione del nostro comportamento che è richiesta dalla nostra conoscenza”.

9 C. Beccaria, Dei delitti e delle pene.


Copertina: The Guardian


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