Secondo appuntamento della raccolta Polonaise dedicata alla storia contemporanea della Polonia.
Sebbene, formalmente, l’indipendenza sia stata raggiunta nel 1990, con l’elezione di Wałęsa alla carica di Presidente di una “rinata” Repubblica di Polonia, il periodo di transizione era iniziato già nel 1989, con l’elezione di Tadeusz Mazowiecki, Primo Ministro


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Mazowiecki fu il primo Premier cattolico non comunista sin dalla caduta dell’ultimo governo nazionale nel 1939. Da quel momento, infatti, il paese fu soggetto al dominio nazista, prima, e successivamente inglobato nell’URSS, con la nascita della Repubblica Popolare di Polonia nel 1952.
Al momento della sua elezione e della composizione del nuovo governo, comunque, lo scenario politico internazionale restava pressoché invariato.
Il Generale Jaruzelski era ancora Presidente, il Patto di Varsavia restava formalmente in vigore, la Polizia Segreta, il KGB, era ancora all’opera in tutti i paesi dell’Est. Tuttavia, fu proprio il governo Mazowiecki a dare il via ad una serie di riforme economiche, di politica interna ed estera, che avrebbero guidato la nascente Polonia ad abbracciare il modello liberista occidentale e divenire uno stato democratico orientato verso l’Alleanza Atlantica.

Il collasso dell’URSS parte da Varsavia

I membri del Solidarność influenzarono fortemente il futuro della nazione e dell’area centro-orientale dell’Europa, diffondendo gli ideali anti-comunisti e liberali. La spinta rivoluzionaria del Solidarność, dunque, non si fermò alla sola Polonia, bensì dilagò in tutto il Blocco Sovietico; fu la scintilla che infiammò i cuori dei popoli e diede il via ad una serie di moti rivoluzionari che avrebbero condotto l’Unione Sovietica al collasso.
L’esempio di Varsavia spinse gli altri stati satelliti verso l’indipendenza, ed ispirò la Rivoluzione di Velluto, che iniziò come manifestazione studentesca nel novembre 1989, la quale portò alla transizione pacifica verso un governo non comunista e alla elezione di Václav Havel alla carica di Presidente della Cecoslovacchia nel dicembre 1989. I moti rivoluzionari del 1989 continuarono in Ungheria; in Germania Est, con la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, e la successiva riunificazione delle due Germanie; in Bulgaria e in Romania, dove, a differenza di altri paesi, la reazione di Ceausescu portò ad un bagno di sangue.[1]
Il 31 marzo 1991, iniziò il processo che portò allo smantellamento della macchina militare del Patto di Varsavia, che avvenne ufficialmente a Praga il 1° luglio del 1991 e che rappresentò il preludio per la dissoluzione dell’Unione Sovietica, avvenuta il 26 dicembre ’91, portando all’indipendenza delle repubbliche sovietiche, delle repubbliche baltiche ed alla comparsa degli Stati post-sovietici.[2]
La transizione della Polonia riguardò tre aspetti fondamentali: l’economia, con una rapida trasformazione dal modello comunista ad una economia di mercato basata sul libero scambio; la politica estera, con una trasformazione meno rapida, dapprima incentrata su una politica di “buon vicinato”, e successivamente diretta verso “atlantismo” ed “europeismo”; terzo aspetto, le relazioni diplomatiche (condite di prudenza e rancore ancora vive nella società polacca) con la nascente Federazione Russa.

La spinta economica verso l’occidentalizzazione della Polonia

Salito al potere, Mazowiecki, cercò di proporre un passaggio graduale ad una economia di tipo occidentale, supportando l’idea di una “economia di mercato socialista”, scelta che risultò essere frutto di un compromesso politico con le opposizioni e le minoranze di governo.[3]
Tuttavia, la situazione rischiava di sfuggire di mano. L’economia polacca era sull’orlo del collasso e una iperinflazione dilagante convinse il Premier polacco a spingere la sua azione verso una politica più incisiva, seguendo la linea suggerita dai suoi consiglieri economici. Il governo, dunque, decise che era giunto il momento di dare una scossa forte e definitiva alla transizione economica del paese, imprimendo un cambio di rotta radicale.
La responsabilità di attuare questa “terapia dello shock” ricadde su un giovane economista di stampo liberale del Partito Solidarność, Leszek Balcerowicz, premio Nobel insieme al suo collega Jeffrey Sachs, entrambi proponenti di tale politica economica.[4]
Il Governo varò la nuova politica economica nel gennaio 1990, con l’introduzione di una economia capitalista, l’adozione di una valuta convertibile, smantellando il sistema monopolistico dell’economia comunista, annullando il controllo governativo su tutti i settori dell’economia, avviando una radicale riforma del sistema bancario, fiscale e del settore delle assicurazioni. Le privatizzazioni, previste dal cosiddetto “piano di Balcerowicz”, riguardarono specialmente il settore finanziario ed industriale, aprendo il mercato polacco al mercato finanziario internazionale, teso a stimolare ed attrarre investimenti stranieri diretti.
Malgrado un livello di produzione industriale molto basso ed una elevata disoccupazione, la relativa cautela dei mercati di fronte all’incertezza politica del paese, rispetto al proprio posto nella comunità internazionale, la “terapia dello shock” comportò dei benefici rilevanti per la Polonia. L’iperinflazione fu contenuta e riportata sotto controllo, la produzione interna crebbe senza sosta, a partire dalla seconda metà del 1991, ad un tasso del 4, 5 e 6 %.
Il Fondo Monetario Internazionale fu notevolmente impressionato dal successo del piano economico polacco, aprendo alla possibilità di fornire al governo polacco assistenza finanziaria e tecnica per lo sviluppo economico del paese.
La Polonia rappresentò il capofila degli stati post-comunisti, presentando una crescita economica senza eguali nell’Est Europa. [5]
Nei decenni successivi, Balcerowicz avrebbe svelato la ragione per cui l’economia polacca avesse conosciuto una performance così positiva rispetto ad altri paesi ex sovietici, affermando che “Non è possibile uscire dal Comunismo a piccoli passi, bensì bisognava essere rapidi”.[6]

Primi passi per il multilateralismo polacco

Gli ottimi risultati delle politiche economiche polacche, ottenute in così breve tempo dalla caduta dell’URSS, rappresentarono un ottimo biglietto da visita, che il governo di Varsavia spese nella costruzione dei rapporti diplomatici, sia a livello regionale che internazionale.
Sembrerebbe un miracolo, eppure la Polonia assunse un ruolo molto interessante all’interno di un circolo di regioni europee, le cosiddette Euro-regioni, che avviarono una serie di accordi economici e di politiche del lavoro comuni.
Dal 1991, la Polonia fu compresa nella Euroregione della “Pomerania” insieme con Germania, Svezia e Danimarca; altre Euroregioni che coinvolgono Polonia e Germania sono: “Pro Europa Wiadrina” [7] (1992), “Spree-Neise-Bubr” (1993), “Neise-Nysa” (1991); “Glazensis” (Polonia-Repubblica Ceca) dal 1992; “Pradziad” (Polonia-Rep.Ceca) dal 1997; “Slesia” (Polonia-Rep.Ceca) dal 1991; “Slansk Teszinski” (Polonia-Rep.Ceca) dal 1998; “Tatry” (Polonia-Slovacchia) dal 1994; “Karpacki” (Polonia-Ungheria-Slovacchia-Ucraina) dal 1993; “Bug” (Polonia-Ucraina-Bielorussia) dal 1995; “Nieman” (Polonia-Russia-Lituania-Bielorussia) dal 1995; “Baltico” (Polonia-Danimarca-Lituania-Lettonia-Russia-Svezia) dal 1998.[8]
La Polonia, sin dal 1967 membro del GATT, è divenuta anche membro del WTO (World Trade Organization) il 1° luglio 1995, il passo definitivo della Polonia all’interno del sistema economico globale, dimostrazione dell’incessante impegno della diplomazia polacca di avviare una cooperazione regionale e internazionale, sostanzialmente volto a creare un approccio multilaterale in campo economico.
La spinta propulsiva della crescita economica guidava l’agenda politica della Terza Repubblica negli anni immediatamente successivi alla riaffermazione della sua indipendenza, risultando il veicolo attraverso il quale ricostituire i rapporti diplomatici che il periodo comunista aveva minato, ovvero per ricostituire una propria area di influenza in Europa.
Dunque, la transizione del paese in una economia di mercato fu repentina e i risultati brillanti spazzarono via tutti i dubbi e le critiche mosse dai sostenitori di un approccio più “morbido”.
In poco meno di un decennio la Polonia avrebbe giocato il ruolo di capofila per quei paesi post-comunisti che avrebbero scelto la “via europea”.


Note

[1] F. Q., 22 dicembre 2019, Romania, 30 anni dalla fine di Ceausescu: cronologia di una dittatura e della Rivoluzione, Il Fatto Quotidiano.https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/12/22/romania-30-anni-dalla-fine-di-ceausescu-cronologia-di-una-dittatura-e-della-rivoluzione/5628350/ 
[2] Ryszard Ziba, 2004, Transformation of Polish Foreign Policy, The Polish Foreign Affairs Digest, No.4, ss. 13–45.
[3] The first non-Communist government of Tadeusz Mazowiecki, established in September 1989, declared the extension of political, economic, cultural and civilisational ties with the states of Western Europe and the USA to be one of the priorities of Polish foreign policy. This aspiration was expressed by the slogan “return to Europe”.Ryszard Ziba, 2004, Transformation of Polish Foreign Policy, The Polish Foreign Affairs Digest, No.4, ss. 13–45.
[4] Piotr Maciej Kaczyński, Poland in the EU: Tiger Turned Eagle, Ministry of Foreign Affairs Republic of Poland. https://www.msz.gov.pl/en/foreign_policy/europe/european_union/poland_ineu/tiger_turned_eagle/tiger_turned_eagle
[5] Attilio Geroni, 7 novembre 2019, Polonia e Ucraina, separate alla nascita in economia, IlSole24Ore, https://www.ilsole24ore.com/art/polonia-e-ucraina-separate-nascita-economia-ACbLeVx
[6] Cit. N. Davies, 2005, God’s Playground A History of Poland: Volume II: 1795 to the Present. Revised Edition. OUP Oxford.
[7] Vedi sito Euroregion Pro Europa Viadrina https://www.euroregion-viadrina.de/
[8] Vedi: A.Malghin, 2011, Russia e Polonia nella “Ostpolitik” dell’Unione europea. Rivista Di Studi Politici Internazionali, 78(4 (312)), 529-540. http://www.jstor.org/stable/42741077


Foto copertina: Tadeusz Mazowiecki foto di Damazy Kwiatkowski, Pap

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Nato a Napoli il 24 luglio 1992. Ho conseguito una laurea magistrale in relazioni internazionali ed analisi di scenario all'Università di Napoli "Federico II" nel 2019. Laureato con 110 e lode, con una tesi in storia delle organizzazioni internazionali dal titolo " I tre pilastri della politica estera polacca: Atlantismo, integrazione europea, Eastern policy." Ho partecipato al programma Erasmus a Wrocław, Polonia, dove ho frequentato un semestre alla Uniwersytet Wrocławski. Sono stato attachée alle Universiadi di Napoli 2019. Mi interesso di politica internazionale, geopolitica, con una attenzione particolare alle vicende riguardanti Unione Europea, NATO ed Europa orientale. Mosso dal sogno di una carriera diplomatica, ovvero nelle organizzazioni internazionali. Lingue straniere, storia, cultura ed ambiente rientrano tra gli altri miei interessi.