La Polonia, sin dal 1955, è stata parte integrante della alleanza militare del Patto di Varsavia (Варша́вский догово́р), voluta da Nikita Chruščëv. Il movimento sindacale cattolico Solidarność, fondato dallex Presidente Lech Wałęsa negli anni 80, ha traghettato il paese fuori dal Blocco Sovietico, gettando le basi per la sua futura occidentalizzazione.


La Repubblica Popolare di Polonia (Polska Rzeczpospolita Ludowa) era, a differenza di altri stati del Blocco, uno stato sovrano e indipendente, guidato dal suo unico partito, il Partito Operaio Unificato Polacco (Polska Zjednoczona Partia Robotnicza, o PZPR).
I leader politici polacchi erano nominati direttamente da Mosca, tra i membri della nomenclatura. Non si tennero libere elezioni fino al 1990, con la Costituzione del 1952, la carica di Presidente della Repubblica fu abolita e sostituita, fino al 1989, da un organo collegiale, ovvero il Consiglio di Stato.
La direzione politica era affidata ad organismi intermedi, i Politburo, organi collegiali eletti dal Comitato centrale, presenti in molti partiti comunisti e socialisti.
Il controllo da parte del Politburo PZPR, dipendente a sua volta dal Politburo del PCUS (Comitato centrale del Partito Comunista) si esauriva non soltanto nella direzione politica, attraverso l’indicazione dei futuri membri del Direttorio – eletti dal Sejm[1]e con l’indicazione del Presidente della Repubblica; ma anche nella revoca di ministri e membri del governo e nell’allontanamento dei dissidenti politici.[2]
La società polacca non era, tuttavia, del tutto assoggettata alla direzione del partito comunista. Non mancavano certo oppositori politici, minoranze interne non allineate, o tentativi di destabilizzazione da parte del blocco occidentale. Vi erano componenti liberiste, nazionaliste e la Chiesa Cattolica esercitava una notevole influenza.
Durante gli anni ’70, si moltiplicarono movimenti segreti e comitati di solidarietà che in clandestinità miravano ad indebolire la presa del PZPR.
Il 17 settembre 1980, venne fondato il primo sindacato indipendente di Solidarietà, meglio conosciuto come Solidarność, sotto la leadership di Lech Wałęsa.

Solidarność

Nel Cantiere Lenin di Danzica (Stocznia Gdańska), quasi 20.000 scioperanti si barricarono all’interno, chiedendo di aprire un negoziato con il governo e che le proprie richieste fossero soddisfatte. Le richieste avanzate da Wałęsa riguardavano il riconoscimento del sindacato “indipendente” e “autonomo”, e che fossero garantiti il diritto di sciopero, la libertà di parola, l’accesso ai media.

Il Solidarność di Wałęsa si prefigurava, dunque, come un movimento sociale che raccogliesse, non solo i valori cattolici di cui lo stesso leader era portatore, ma anche intellettuali dissidenti contrari al regime sovietico, votato alla solidarietà e all’opposizione politica attraverso il principio della non violenza.[3]
In breve tempo il movimento attirò milioni di sostenitori da ogni parte del paese, costituendo una rete coordinata di sindacati provenienti da più di venti stabilimenti, dando vita ad un Comitato nazionale e il 10 novembre 1980 arrivò la registrazione legale alla corte.
Il riconoscimento ufficiale di un sindacato autonomo e anti-regime allertò il Comitato Centrale di Mosca che progettava un intervento militare per ristabilire il controllo del Partito sul paese. Tuttavia, a Mosca sapevano che il ricorso a soluzioni estreme, come un’occupazione, avrebbe creato ulteriori tensioni con la NATO, considerando anche il recente impegno dell’URSS in Afghanistan.
Il Politburo poteva contare su un organismo efficiente e fedele al regime socialista, il KGB, i cui agenti erano infiltrati in tutti i settori della burocrazia e dell’organizzazione di partito dei paesi satelliti, ricoprendo, nella maggioranza dei casi, ruoli di spicco.
Il nome individuato dal Comitato Centrale per la gestione del problema Solidarność fu quello del Generale Wojciech Jaruzelski.
Oltre al suo peso politico e alle sue capacità come ufficiale sovietico, Jaruzelski godeva anche del supporto di alcune influenti personalità dell’organizzazione sovietica, come, Jurij Andropov, dal 1967 capo del KGB e futuro Segretario Generale del PCUS, in seguito alla morte di Bréžnev.
L’epoca della dottrina Bréžnev volgeva al termine, lasciando spazio alle correnti riformiste del Partito, di cui Andropov, che di lì a poco avrebbe supportato la candidatura di Mikhail Gorbačëv, rappresentava l’esponente di spicco.
La campagna intentata dal Politburo per screditare il sindacato e i suoi leader, diffondendo accuse di violenze perpetrate dagli scioperanti, non diede i risultati auspicati.
Nel periodo di maggior tensione sociale, quando tra il 1980-81 le razioni di pane e carne furono ridotte, potevano vedersi file chilometriche di persone, intere famiglie, in attesa di ricevere la propria razione; il tutto avveniva senza alcun tipo di violenza, bensì in un clima disteso e controllato. Queste dimostrazioni di civiltà rafforzarono l’immagine del sindacato verso l’opinione pubblica, che riuscì a deviare i tentativi del Politburo di sabotare il consenso del movimento.
Il Primo Ministro Jaruzelski impose la legge marziale il 13 dicembre 1981, sospendendo le attività del Solidarność e provvedendo all’arresto di Lech Wałęsa e degli altri leader del sindacato.
La decisione del Generale fu evidentemente inaspettata, accolta con sorpresa dal Consiglio di Stato, il quale ebbe poche ore per dichiarare lo stato di guerra. Tuttavia, colse ancor più di sorpresa i membri del Solidarność, molti dei quali vennero tratti in arresto nei loro stessi letti; sorpresi furono anche i cittadini polacchi che, al loro risveglio, trovarono carri armati e posti di blocco ad ogni angolo di strada.
La notizia, comunque, non destò lo stesso stupore in Occidente. Infatti, sia Washington che il Vaticano e molti paesi europei, erano in possesso di informazioni che confermavano la possibilità di un intervento di questo tipo, provenienti, ovviamente, dalla CIA, la quale, sin dalle prime fasi, operava clandestinamente al fine di garantire supporto al sindacato.
Nel corso del 1980-81, l’amministrazione Reagan, si era prodigata nel supportare il movimento Solidarność, attraverso un sostegno finanziario indiretto. La CIA, infatti, era riuscita a penetrare nel tessuto organizzativo comunista, avvalendosi del supporto di un alto ufficiale polacco, il Colonello Ryszard Kukliński, il quale consegnava documenti riservati ed informazioni agli americani.
Il supporto occidentale si traduceva non soltanto nel finanziamento, ma anche e soprattutto in una assistenza tecnica e logistica, che andava dalla trasmissione radio, alla organizzazione di propaganda e raccolta fondi, sino alla stampa clandestina di giornali sottoposti a censura, come il periodico franco-polacco “Kultura”.
Scioperi e manifestazioni continuarono, malgrado la dittatura militare, scatenando, in alcuni casi, la brutale repressione da parte della Milizia cittadina e causando la morte di molti manifestanti.
Il caso più sanguinoso, tra il 1981-83, riguardò gli scioperi nelle miniere di carbone di Wujek, nella regione della Slesia, dove membri della ZOMO[4], aprirono il fuoco sugli scioperanti, causandone la morte. La denuncia del sindacato non venne resa pubblica e nessun processo fu aperto.
Nel novembre 1982, il Consiglio annunciò la decisione di abolire di fatto il Solidarność, dichiarandolo fuorilegge. Il Governo, inoltre, tentò di intensificare il controllo su tutte quelle organizzazioni sociali utilizzate dagli intellettuali dissidenti per la loro propaganda ani-regime. In breve tempo fu abolita l’Associazione dei giornalisti, l’Unione dei Registi, Attori e Produttori cinematografici, ed altri movimenti cattolici progressisti come il partito animalista PAX.
Sul piano internazionale, il golpe, scatenò le reazioni dei leader occidentali, USA in particolare, che introdussero una serie di sanzioni economiche nei confronti dell’Unione Sovietica e della stessa Polonia, chiedendo il ritiro della legge marziale.
L’attenzione mediatica, rispetto al caso polacco, divenne più forte e incessante che mai. Particolarmente intensa fu la campagna sostenuta dalla stampa estera, come ad esempio “Kultura” il periodico fondato a Parigi da un emigrè polacco, emittenti radiofoniche come Radio Free Europe in Germania Ovest, BBC, Deutsche Welle o Radio Vaticana.
Come si è visto, Jaruzelski faceva parte di quel gruppo di riformatori che avevano capito che la vecchia dottrina di regime non fosse più applicabile ad un contesto sociale in rapida evoluzione. Egli comprese che per ricostituire la solidità del Partito Comunista, bisognava riconciliare la società con le autorità, cercando di sanare quella frattura che aveva dato forza alle opposizioni.

La svolta ideologica

La svolta ideologica di Jaruzelski si manifestò nell’ottobre dell’84, in occasione della morte del parroco Jerzy Popiełuszko, convinto sostenitore e attivista del Solidarność.
La Chiesa, attraverso le attività di preti e vescovi, guidava gli orientamenti politici della comunità cattolica polacca, molto sensibile a quei valori cattolici che furono l’anima ispiratrice del Solidarność.[5] Le attività clandestine continuavano, malgrado la censura, godendo dell’aperto sostegno di una figura autorevole come quella di Papa Giovanni Paolo II.
Per la prima volta dal 1956, membri del regime furono chiamati dinanzi a un tribunale speciale, istituito a Varsavia, per rispondere di crimini svolti nell’esercizio delle proprie funzioni, processati e condannati.
Il caso Popiełuszko coincise con un altro evento che avrebbe avuto importanti ripercussioni sul futuro di tutto il regime sovietico, ovvero l’affermazione politica di Mikhail Sergeyevich Gorbačëv,.
Divenuto Segretario Generale del Partito Comunista in Unione Sovietica nel 1985, Gorbačëv, avrebbe, di lì a poco, attuato quella serie di riforme che il suo predecessore e mentore Andropov aveva supportato, avviando la stagione delle teorie perestroika e glasnost.
In aggiunta, a partire dal 1987-88, la cosiddetta “Dottrina Sinatra” fu il risultato della visione di politica estera supportata da Gorbačëv,, caratterizzata da una politica di non ingerenza negli affari interni dei paesi del Patto di Varsavia.
La svolta arrivò quando Jaruzelski, quasi sul punto di sottoporre le sue dimissioni al Politburo, propose un incontro formale tra il Governo Comunista e il Solidarność, il 6 febbraio 1989, le cosiddette consultazioni della Tavola Rotonda[6].
Il Solidarność ottenne l’accesso legale ai media, vedendo riconosciuto il proprio manifesto, Gazeta Wyborcza (Gazzetta Elettorale); la registrazione legale del movimento; ma ancor più importante, ottenne la concessione di elezioni da parte del Governo, che si tennero il 4 giugno 1989.
Le elezioni sugellarono la vittoria schiacciante del Solidarność al Senato. Al Sejm la disgregazione del PZPR portò alcuni partiti satelliti di minoranza, come il Partito Contadino ZSL e Alleanza Democratica SD, a formare un’alleanza parlamentare con Solidarność, e la creazione di una “Coalizione di Responsabilità Nazionale”. Il 24 agosto un cattolico ottenne la carica di Primo Ministro, Tadeusz Mazowiecki, mentre Jaruzelski vinse la corsa alla carica di Presidente.
Il 29 dicembre 1989 la Costituzione fu modificata, stabilendo una rinnovata sovranità nazionale.
Con il governo Mazowiecki, iniziò formalmente il periodo di transizione che avrebbe avviato profondi cambiamenti strutturali, come la successiva “occidentalizzazione” del paese, portando la Polonia sul cammino verso il libero mercato, la NATO e l’Ue.
Con l’elezione del Presidente Wałęsa il 22 dicembre 1990 si conclude l’esperienza socialista della Repubblica Popolare di Polonia, aprendo il primo capitolo della storia di una nazione finalmente libera. Nasce la Repubblica di Polonia. 


Note

[1] La Camera dei deputati della Polonia (in lingua polacca: Sejm Rzeczypospolitej Polskiej) è la Camera bassa del Parlamento della Repubblica di Polonia. Maggiori informazioni al sito della Camera del Parlamento Polacco, http://sejm.gov.pl/ 
[2] N. Davies, 2005, God’s Playground A History of Poland: Volume II: 1795 to the Present. Revised Edition. OUP Oxford.413 e ss.
[3] Piotr Maciej Kaczyński, Poland in the EU: The Solidarność Generation, pubblicazione Ministry of Foreign Affairs Republic of Poland https://www.msz.gov.pl/en/foreign_policy/europe/european_union/poland_ineu/solidarnosc_generation/solidarnosc_generation
[4] Le ZOMO erano formazioni paramilitari e di polizia attive nella Repubblica Popolare di Polonia.
[5] Piotr Maciej Kaczyński, Poland in the EU: The Solidarność Generation, pubblicazione Ministry of Foreign Affairs Republic of Poland. https://www.msz.gov.pl/en/foreign_policy/europe/european_union/poland_ineu/solidarnosc_generation/solidarnosc_generation
[6] Ryszard Ziba, 2004, Transformation of Polish Foreign Policy, The Polish Foreign Affairs Digest, No.4, ss. 13–45.


Foto copertina: Reuters / Scanpix