A diciassette anni dalla sua adozione, il protocollo di Maputo rappresenta un passo avanti ma non un punto di arrivo per i diritti delle donne in Africa.


Libri consigliati:

 


L’11 luglio 2003, in occasione del secondo vertice dell’Unione Africana, gli Stati membri dell’organizzazione hanno adottato il Protocollo alla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa (Protocollo di Maputo), per salvaguardare e promuovere i diritti delle donne.
Il protocollo[1], entrato in vigore nel Novembre 2005[2], contiene 32 articoli con i quali i paesi ratificanti si impegnano ad adeguare la propria legislazione interna includendo una serie di diritti fondamentali delle donne, tra cui il diritto alla dignità, alla vita, all’integrità ed alla sicurezza fisica.
L’articolo 2 impegna gli Stati ad eliminare ogni sorta di discriminazione nei confronti delle donne, modificando “gli schemi e modelli di comportamento socioculturali della donna e dell’uomo con l’istruzione del pubblico tramite le strategie d’informazione, d’istruzione e di comunicazione, in attesa di giungere all’eliminazione di tutte le pratiche culturali e tradizionali nocive e di qualsiasi altra pratica fondata sull’idea d’inferiorità o di superiorità dell’uno o l’altro sesso, o sui ruoli stereotipati della donna e dell’uomo”.
Di notevole importanza è l’articolo 5 relativo all’eliminazione delle pratiche tradizionali nocive per la salute e la dignità delle donne tra le quali si annovera qualsiasi tipo di mutilazione genitale femminile, per la prima volta formalmente considerata una violazione dei diritti umani delle donne.
Un ampio ruolo è rivestito dalle tematiche matrimoniali e le connesse pratiche discriminatorie (matrimonio precoce, poligamia ecc.), per le quali viene sancito il principio del rispetto della libertà decisionale della donna (pieno e libero consenso), stabilendo anche l’età minima di 18 anni. Il protocollo impegna gli Stati a garantire che l’uomo e la donna usufruiscano degli stessi diritti nel matrimonio ed in caso di separazione, divorzio e annullamento (artt. 6 e 7).
Il protocollo prevede anche il diritto di partecipazione al processo politico ed alla fase decisionale (art. 9), il diritto all’istruzione (art. 12) nonché una serie di diritti economici e protezione sociale (art. 13).
L’art. 14 tratta il diritto alla salute, includendo la salute sessuale e riproduttiva e dunque la libera scelta dei metodi di contraccezione.

Nonostante i governi africani abbiano compiuto dei passi avanti nel garantire e promuovere i diritti delle donne negli ultimi 17 anni, il progresso è stato lieve e lento.
Studi hanno dimostrato che numerosi fattori, tra cui mancanza di responsabilità e assenza o accesso limitato ai dati hanno ostacolato una soddisfacente attuazione del Protocollo.
Non è sufficiente adottare politiche di genere se queste politiche non sono supportate da quadri giuridici che assicurino la loro attuazione.

Negli ultimi mesi, lo scoppio della pandemia di COVID-19 ha esacerbato una situazione già molto delicata, inasprendo diseguaglianze preesistenti e provocando una serie di violazione di diritti umani. Gli Stati non sono stati in grado di proteggere le donne dai problemi socio-economici che inevitabilmente emergono durante crisi del genere.
Un aumento di casi di violenza sessuale e domestica, di matrimoni precoci e di mutilazione genitale è stato registrato in diversi paesi africani.
In Nigeria si è assistito ad un picco di violenze di genere[3] e abusi sui minori da quando è stato imposto un lockdown parziale. I casi di violenza riportati hanno subito un aumento del 149% in soli due mesi (da Marzo ad Aprile)[4].
La violenza di genere è un fenomeno dilagante in Nigeria da molti anni; la mancanza di coordinamento tra i principali soggetti interessati e la scarsa attuazione dei quadri giuridici, in combinazione con radicate norme discriminatorie, ha ostacolato gli sforzi del governo e della società civile di affrontare la violenza di genere. Questi sforzi sono stati ulteriormente compromessi dalla pandemia.

Numerosi casi di violenza di genere si sono verificati anche in Kenya, Liberia e Sudafrica. In Liberia vi è stato anche un aumento del tasso di mortalità materna in seguito al fatto che alcuni operatori sanitari, con il timore di contrarre la malattia, si sono rifiutati di prendersi cura delle donne in travaglio poiché sprovvisti dei dispositivi di protezione individuale.
In Uganda, l’accesso alle cure materne è stato limitato dalle restrizioni di viaggio imposte dal governo e diverse donne incinte hanno perso la vita[5].
In Camerun, il lockdown e le misure di distanziamento sociale hanno reso difficile per le donne, che costituiscono quasi l’80% dei lavoratori del settore informale, prendersi cura delle loro famiglie[6]. Molte donne lavorano in agricoltura o come piccole commercianti; con la chiusura dei mercati all’aperto e il rallentamento del commercio a causa della pandemia, queste donne si sono trovate senza alcun reddito.
In Zimbabwe, tre donne attiviste, tra cui un membro parlamentare, sono state arrestate per aver partecipato ad una protesta pacifica in merito all’incapacità del governo di gestire le comunità lasciate in preda alla fame a causa della pandemia. Sono state trattenute per 36 ore durante le quali sono state torturate, violentate e malmenate[7].
Il 10 luglio scorso, a Kigali in Ruanda, durante un evento in occasione dell’anniversario del Protocollo di Maputo volto a celebrare i risultati raggiunti e riflettere sulle aree di miglioramento, sono state sollevate preoccupazioni circa l’attuazione delle politiche e l’accessibilità dei servizi di salute riproduttiva quali ostacoli principali al rispetto dei diritti delle donne[8].
L’attuazione delle politiche di genere dipende molto dalla mentalità e dalla cultura e pertanto richiede molto tempo. Ancora oggi, i servizi sanitari sono forniti alle ragazze solo in caso di consenso dei genitori. La sessualità è ancora un tabù, non solo nel rapporto tra genitori e figlie ma anche da parte dei decisori politici e professionisti sanitari. Questo alimenta lo stigma sociale e la mancanza di informazioni che portano le ragazze a prendere decisioni sbagliate, inconsapevoli delle loro opportunità e dei loro diritti.

Tutte queste violazioni o limitazioni dei diritti delle donne si traducono in una mancata attuazione degli impegni presi dagli Stati membri dell’UA diciassette anni fa con il Protocollo di Maputo.
La pandemia di COVID-19 ha reso evidente in tutto il mondo che il peso maggiore della crisi grava sulle donne. Se da un lato il virus non conosce differenza di genere, dall’altro lato le misure di prevenzione e contenimento messe in atto dagli Stati sono discriminatorie di per sé ovvero non tengono conto dei bisogni particolari e della vulnerabilità delle donne in situazioni di crisi.
Le donne sono colpite in modo sproporzionato dalla pandemia e misure che escludono la parità di genere e gli interessi delle donne potrebbero avere un impatto negativo a lungo termine sulle stesse.

La strada verso l’uguaglianza di genere ed il pieno rispetto dei diritti delle donne è ancora lunga. Gli Stati membri dell’Unione Africana dovrebbero onorare gli impegni presi con la ratifica del Protocollo di Maputo adottando misure appropriate ed effettive per la salvaguardia dei diritti delle donne.
In questa ottica, si rivela molto utile lo Scorecard and Index al Protocollo di Maputo.
Lo scorso giugno, la Direzione Donne, Genere e Sviluppo (WGDD) della Commissione dell’Unione Africana (AUC) ha introdotto lo Scorecard and Index (MPSI), contenente una serie di impegni sulla convalida del Protocollo[9]. Si tratta di un contributo innovativo che include strumenti volti a rafforzare la responsabilità e a valutare i progressi in materia di parità di genere e empowerment delle donne (GEWE) nonché verificare come gli Stati membri stiano attuando il Protocollo che si sono impegnati a rispettare.

L’Indice MPSI è stato sviluppato anche per sostenere una risposta alla pandemia efficace ed equa in termini di genere e sottolinea la necessità di rispettare gli obblighi in materia di diritti delle donne sanciti dal Protocollo durante la crisi del COVID-19, per mitigare il grave impatto della pandemia sulle donne. È stata messa a punto una piattaforma di segnalazione online per consentire agli Stati membri di valutare facilmente i loro progressi nella realizzazione di una crescita equa e dello sviluppo per le donne e le ragazze in Africa.
Inoltre, l’Indice sarà utile per identificare buone pratiche in tutto il continente affinché siano adottate da parte dei paesi meno performanti.
L’importanza dell’Indice, infine, risiede nell’assicurare che i progressi realizzati in termini di eguaglianza e diritti delle donne non siano compromessi.
Questo strumento di monitoraggio e valutazione sarà utilizzato non solo come misura di sicurezza contro le violazioni dei diritti delle donne durante le emergenze, quali l’attuale pandemia, ma anche per proteggere i diritti delle donne nel lungo periodo.


Note

[1]https://www.maputoprotocol.up.ac.za/images/files/instruments/achpr_instr_proto_women_eng.pdf

[2] Tredici paesi non hanno ancora ratificato il Protocollo.

[3] https://pulitzercenter.org/reporting/amidst-covid-19-lockdown-nigeria-sees-increased-sexual-and-gender-violence

[4] https://nigeria.un.org/sites/default/files/2020-05/Gender%20Based%20Violence%20in%20Nigeria%20During%20COVID%2019%20Crisis_The%20Shadow%20Pandemic.pdf

[5] https://www.aljazeera.com/indepth/features/children-women-casualties-uganda-coronavirus-transport-ban-200421093822669.html

[6] https://cameroon.un.org/en/44413-un-women-cameroon-rolls-out-its-gendered-response-plan-covid-19-session-women-market-sellers; https://unsdg.un.org/latest/stories/why-women-are-centre-cameroons-fight-against-covid-19

[7] https://www.theguardian.com/world/2020/jun/10/zimbabwe-charges-activists-with-lying-about-police-torture

[8] https://www.newtimes.co.rw/news/renewed-call-ease-women-access-reproductive-health-services

[9] https://au.int/en/pressreleases/20200623/maputo-protocol-scorecard-and-index-introduced-monitor-implementation-womens


Foto copertina: Logo protocollo Maputo.


[trx_button type=”square” style=”default” size=”large” icon=”icon-file-pdf” align=”center” link=”https://www.opiniojuris.it/wp-content/uploads/2020/08/I-diritti-delle-donne-in-Africa-17-anni-dopo-il-Protocollo-di-Maputo-Teresa-De-vivo.docx.pdf” popup=”no” top=”inherit” bottom=”inherit” left=”inherit” right=”inherit” animation=”bounceIn”]Scarica Pdf[/trx_button]