La Relazioni tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese hanno inizio con la politica di avvicinamento di Nixon nel 1972 previa una richiesta della Cina: riconoscere il principio per cui esiste solo una Cina mentre la Repubblica di Cina (Taiwan) è da considerarsi una provincia cinese. La cosiddetta “One China Policy”.  Qui di seguito i punti salienti delle relazioni tra i due Stati.


Inizio delle relazioni tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese

Fin dall’inizio del suo mandato, nel 1969, Richard Nixon dovette affrontare le relazioni con la Repubblica Popolare Cinese. Da lì in poi si intensificò l’attività diplomatica con Pechino fino alla visita del Presidente Nixon in Cina nel febbraio 1972, resa possibile anche da due viaggi nella Repubblica Popolare Cinese, dal Consigliere di Sicurezza nazionale Kissinger nel 1971. Da questo incontro, gli Stati Uniti e la Cina siglarono il comunicato di Shangai. Questo documento identificava comuni interessi tra i due Paesi come ad esempio l’opporsi all’espansionismo sovietico in Asia, ridurre le prospettive di un confronto militare ed espandere le proprie relazioni economiche e culturali. Questi punti obbligarono i due Paesi a basarsi sui cinque principi della coesistenza pacifica, incluso il rispetto della sovranità e l’integrità territoriale senza alcuna interferenza reciproca negli affari interni. In merito a Taiwan, l’isola reclamata dalla Cina e considerata da quest’ultima come propria provincia, gli Stati Uniti accettarono il principio “One China Policy” , in base al quale gli USA pur non entrando nei dettagli, ma si limitarono a riconoscere un’unica Cina e l’appartenenza di Taiwan ad essa, senza legittimare alla guida del paese, né il governo di Pechino né quello di Taipei. Nonostante ciò, il Comunicato di Shangai rappresenta un punto fondamentale nelle relazioni tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese in quanto le parti decisero di subordinare i punti di contrasto per una cooperazione strategica. Secondo molti studiosi questo Comunicato sancisce la divergenza tra i due Paesi, in quanto da una parte Pechino afferma il principio dell’unica Cina considerando Taiwan come propria provincia su cui nessun altro Stato possa interferire, dall’altro gli Stati Uniti riconoscono l’esistenza di una sola Cina per cui la soluzione pacifica della questione di Taiwan spettava solo alla Cina[1].
Le relazioni sino-statunitensi continuarono dal 1979 al 1989. Il Presidente Carter riconobbe ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese a discapito della Repubblica di Cina (Taiwan) la quale dovette lasciare il suo seggio alle Nazioni Unite nel 1971.
Al riconoscimento da parte delle Nazioni Unite della Cina le relazioni tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese proseguirono intensamente. È in questo frangente che la Cina con la leadership di Deng Xiaoping decise di aprirsi al mondo; da economia chiusa diventa un’economia aperta seguendo, secondo lo stesso Deng, quattro punti fondamentali per la modernizzazione: agricoltura, scienza e tecnologia, industria e difesa nazionale.
Intanto, nonostante il riconoscimento della Cina da parte degli Stati Uniti, quest’ultimi nel 1979 vararono il Taiwan Relation Act, legge attraverso la quale manifestarono la volontà a proseguire le relazioni commerciali e culturali con Taiwan. La legge inoltre, ribadiva che gli Stati Uniti si sarebbero fatti carico di fornire armi a Taiwan e che questo non voleva mettere in discussione la politica di una sola Cina[2].

Relazioni sino-statunitensi tra il 1989 e  gli anni ‘90

Le relazioni tra Stati Uniti e Cina iniziarono a rimodellarsi nel 1989, anno di svolta nelle relazioni internazionali in quanto cade il Muro di Berlino e, proprio a Pechino nasce la rivolta di Piazza Tian’anmen. Dall’esterno molti avevano l’impressione che il Partito Comunista Cinese non fosse capace di governare la situazione, ma la leadership di Deng Xiao Ping riuscì ad affrontarla reprimendo la rivolta in modo cruento.
Il 1989 è l’inizio di un cambiamento importante anche per l’URSS, che stava affrontando diverse crisi al suo interno; quest’ultime ne sanciranno la propria dissoluzione nel 1991.
Intanto negli Stati Uniti il Presidente George H.W. Bush, l’anno precedente, discusse della costruzione un “Nuovo Ordine Mondiale”. Ciò significava che la politica estera statunitense doveva rafforzare la cooperazione su questioni geostrategiche cruciali come la sicurezza internazionale e gli scambi commerciali-finanziarie piuttosto che su questioni dei diritti umani. Questo cambio di strategia vedeva profilarsi la perdita del clima instaurato precedentemente con Pechino. Al riguardo lo stesso Kissinger dichiarò che “le relazioni sino-statunitensi erano ritornate praticamente al punto di partenza”[3].
Il successore di G.H.W. Bush, Clinton, criticò il predecessore in quanto non si concentrò sulla questione dei diritti umani nei confronti di Pechino. Secondo il nuovo Presidente era necessario adoperarsi per coinvolgere la Cina in impegni internazionali (la cosiddetta politica di engagement).
A conferma della nuova visione americana il valore del commercio bilaterale era quintuplicato nel corso degli anni ’90 e l’indice di apertura economica statunitense verso la Cina decuplicato.
Intanto anche la Cina continuò a crescere; il suo PIL raggiunse in media l’8-10% annuo trasformando da quel momento non solo se stessa ma anche le relazioni col mondo esterno[4].
Negli anni 2000, l’atteggiamento statunitense cambia nei confronti di Pechino. Il Presidente, G. W. Bush Jr. definì la Cina come “competitor strategico”, per via della crescita economica esponenziale. Secondo Bush. bisognava implementare i rapporti bilaterali anche nel campo militare con gli alleati storici nell’area cioè Giappone, Corea del Sud, Taiwan e con l’Australia.
Nel 2001 la Cina entra ufficialmente nel WTO e da subito riesce a compiere importanti progressi nel settore della tecnologia, l’intelligenza artificiale, la robotica, lo spazio imponendosi al mondo grazie anche ai vantaggi garantiti dagli Stati Uniti al momento dell’ingresso di Pechino nel WTO. L’accesso all’Organizzazione le ha consentito l’apertura agli altri mercati senza nessun vincolo mentre l’accesso al mercato interno rimane vincolato al rispetto di particolari requisiti da parte delle compagnie internazionali.

Relazioni Stati Uniti e Repubblica Popolare nell’era Obama

Il 2008 è un anno importante nelle relazioni tra i due Paesi. Da una parte negli Stati Uniti vinse le elezioni Barack Obama. Quest’ultimo dovette affrontare la crisi finanziare dei titoli subprime che rallentò l’economia statunitense e che presto si diffuse in tutto il mondo. Dall’altra, la Cina, aveva un’economia stabile e non fu intaccata più di tanto, in quegli anni infatti la quota cinese del PIL mondiale è aumentata del 6%, quota imponente se si pensa che nel 1980 era dell’1%[5]. L’amministrazione Obama in carica dal 2009, proseguì le relazioni con la Cina visto oramai che rappresentava l’attore con cui negoziare in campo di politica economica e monetaria ed anche nel campo economico-finanziario. Le relazioni si basavano sulla cooperazione sul campo economico, commerciale, scientifico, tecnologico, dell’istruzione, della cultura e della salute nonché l’impegno ad una lotta serrata al terrorismo, instaurando in poco tempo forte interdipendenza tra i due Paesi.
Le Parti nell’aprile 2009 discutono sui temi quali ridurre i conflitti e l’instabilità, la denuclearizzazione della penisola coreana, approfondire diverse problematiche internazionali come il processo di denuclearizzazione in Iran, quello sui diritti umani in Sudan e la situazione nel Sudest asiatico[6].
Le relazioni proseguirono e, nella vista a Pechino del Presidente Obama, nel novembre 2009, vennero ribadite le relazioni economiche e la necessità di instaurare una comunicazione diretta fra gli alti dirigenti sul tema dell’antiterrorismo. Inoltre nel comunicato congiunto la delegazione cinese si dimostrò inflessibile nella richiesta di un’espressione precisa “respecting each other’s core interest” indicando così la volontà dei cinesi al dialogo ma al contempo la necessità di perseguire i propri interessi nazionali[7] quali la sovranità sul Mar Cinese Meridionale e su Taiwan.
Nel 2010 l’amministrazione statunitense, mostrava interesse a rafforzare le relazioni con i Paesi dell’Asia Pacifico. Questo interesse è dovuto alla strategia “pivot to Asia”, che come spiegato in seguito, dal Segretario di Stato Hilary Clinton, si concentrava su un massiccio spostamento di risorse americane nel continente asiatico al fine di rafforzare la presenza navale a difesa degli interessi americani e degli alleati storici nella regione dall’avanzata cinese[8].
Diversi studiosi interpretarono questa strategia verso l’Asia come risposta alla crescente assertività della Cina. Esempi di comportamenti assertivi riguardavano la cancellazione multilaterale di Pechino all’ XI Summit-Europa Cina nel 2008 oppure l’imposizione di sanzioni contro imprese statunitensi e la sospensione del dialogo con gli Stati Uniti dopo la vendita di armi a Taiwan[9].
Attraverso il “pivot to Asia” gli Stati Uniti rafforzarono il loro ruolo nell’Asia Pacifico, concludendo accordi difensivi e compiendo esercitazioni militari con i Paesi della regione.
La strategia “pivot to Asia” fu ampiamente criticata da alleati europei in quanto erano conviti che Washington stesse concentrandosi solamente sull’area dell’Asia Pacifico e non più verso l’Europa o il Medio Oriente.
Così gli Stati Uniti modificarono in parte la loro strategia verso l’Asia definendola “rebalace”, un riequilibrio, rassicurando i propri alleati[10].

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Nuova leadership nella RPC e guerra commerciale e fino ai giorni nostri

Con la nuova leadership cinese di Xi Jinping, nel 2013, i rapporti di forza cambiarono tra Stati Uniti e la stessa Repubblica Popolare Cinese. Nel proprio discorso inaugurale Xi metteva in evidenza due obiettivi da una parte la creazione di una nazione prospera entro il 2021 anno il quale è ricorso il centenario dalla nascita del Partito Comunista Cinese, dall’altra la creazione di un paese socialista ricco e forte entro il 2049 data in cui ricorre la nascita della Repubblica Popolare Cinese.

Accanto a questi obiettivi Xi annunciò il progetto della Nuova Via della Seta. che comprendeva:

  • una via terrestre che colleghi la Cina all’Europa passando attraverso l’Asia centrale;
  • una via marittima per il XXI° secolo che colleghi la Cina con il Medio Oriente attraverso il Sudest asiatico e passando per il continente africano la ricongiunga all’Europa.

Questo progetto ha l’obiettivo di collegare i vari Paesi alla Cina. Circa 120 Paesi sono stati coinvolti con un investimento della Cina pari a 900 miliardi di dollari secondo una stima del 2018 dell’Asia Infrastructure Investment Bank[11]. Attualmente, 147 Paesi che rappresentano i 2/3 della popolazione mondiale e il 40% del PIL globale hanno aderito a progetti o hanno manifestato il proprio interesse alla Nuova Via della Seta[12].
La Nuova Via della Seta è stata criticata da molti studiosi che hanno messo in luce il meccanismo della trappola del debito ovvero la Cina eroga prestiti ai Paesi mutuatari, il più delle volte, con una clausola di riservatezza cioè mantenere riservati i termini, violando il principio per cui il debito pubblico dovrebbe essere pubblico e non nascosto ai contribuenti.
Le relazioni tra Stati Uniti e Cina peggiorarono quando salì alla Casa Bianca Donald Trump che annunciò nel marzo 2017 la guerra dei dazi verso i prodotti provenienti dalla la Cina[13].
Negli ultimi anni i rapporti tra sino-statunitensi sono stati influenzati dall’attuale epidemia Sars-Cov-2 dilagata nella Cina nel dicembre 2019 e successivamente diffusasi in tutto il mondo. Nel corso del suo mandato il Presidente Trump ha affermato che il virus sia stato creato in un laboratorio[14], nonostante l’assenza di prove al riguardo, arrivando ad accusare l’Organizzazione Mondiale della Sanità di essere un “fantoccio della Cina” e aver ignorato “rapporti credibili” sulla diffusione del virus a inizio dicembre o anche prima[15].
In conclusione, si può affermare che i rapporti tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese dominano e domineranno in futuro le relazioni internazionali. Molti studiosi analizzano i loro rapporti riferendosi alla trappola di Tucidide che si manifesta quando una potenza in ascesa (la Repubblica Popolare Cinese) rivaleggia con un’altra che domina già il mondo (gli Stati Uniti), così come avvenne tra la città di Atene e Sparta nella guerra del Peloponneso (431-404 a.C).
Inoltre, come sostiene lo studioso Graham Allison se si confermasse l’attuale traiettoria “una guerra tra Stati Uniti e Cina negli anni a venire non è solo possibile ma è molto più probabile di quanto si immagini”[16].


Note

[1] The Joint United States and PRC (Shanghai Communique), February 27, 1972, file:///C:/Users/Utente/Downloads/1972_02_27_Shanghai_Communique.pdf
[2]Taiwan Relation Act, https://www.congress.gov/96/statute/STATUTE-93/STATUTE-93-Pg14.pdf
[3] H. Kissinger Cina, Mondadori, Milano, 2011, p. 204. 
[4] Cfr. M. Annati, “L’Inarrestabile avanzata della tecnologia cinese” pp. 34-41, Aprile 2020, Rivista Marittima Mensile della Marina Militare dal 1868.  
[5] Cfr. A. Harrison, C. Sepúlveda Learning from Developing Country Experience Growth and Economic Thought Before and After the 2008–09 Crisis, The World Bank Development Economics Vice Presidency August 2011 p.9, http://documents1.worldbank.org/curated/en/455501468040571807/pdf/WPS5752.pdf. 
[6] Statement On Bilateral Meeting With President Hu of China, The White House, April 01, 2009- https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/statement-bilateral-meeting-with-president-hu-china. 
[7] U.S.-China Joint Statement by Bryan Montopoli, November 17, 2009, Cbs News https://www.cbsnews.com/news/in-full-us-china-joint-statement/ e https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/us-china-joint-statement. 
[8] Hilary Clinton, American’s Pacific Century, October 11, 2011, Foreign Policy-https://foreignpolicy.com/2011/10/11/americas-pacific-century/. 
[9] H. Cooper, U.S Approval of Taiwan Arms Sales Anger China, The New York Times, January 29, 2010, https://www.nytimes.com/2010/01/30/world/asia/30arms.html. 
[10] Congressional Research Service Pivot to the Pacific? The Obama Administration’s “Rebalancing” Toward Asia- https://fas.org/sgp/crs/natsec/R42448.pdf
[11] Asian Infrastructure Bank creata da Pechino nel 2014 con l’obiettivo di finanziarie progetti infrastrutturali nella regione dell’Asia-Pacifico e promuovere lo sviluppo economico e sociale della stessa.
[12] Per approfondimento si veda: https://www.cfr.org/backgrounder/chinas-massive-belt-and-road-initiative
[13] Per approfondimento si veda Us- China trade war: timeline of key dates and events since July 2018 by Andrew Muller- South China Morning Post.
[14] Z. Cohen, A. Marquardt, K. Atwood et. al., Trump contradicts US intel community by claiming he’s seen evidence coronavirus originated in Chinese lab, May 1, 2020, https://edition.cnn.com/2020/04/30/politics/trump-intelligence-community-china-coronavirus-origins/index.html. 
[15] Coronavirus: Trump gives WHO ultimatum over Covid-19 handling, 19 May 2020, https://www.bbc.com/news/world-us-canada-52718309. 
[16] {G. Allison, Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? FaziEditore, 25 ottobre 2018, pp. 60-63}.


Foto copertina: President Nixon shaking hands with Chou EnLai standing at the foot of the Air Force One stair ramp, while Pat Nixon and Chinese officials stand nearby, February 21, 1972, symbolically ending 17 years of Sino-American tension. Wikimedia