Attivisti, esperti e forze politiche al lavoro su un disegno di legge che possa arginare il fenomeno della diffusione online non consensuale di materiale intimo e colmare l’attuale vuoto normativo dell’ordinamento italiano.


 

Un disegno di legge volto ad arginare il preoccupante fenomeno del Revenge porn, inerente la condivisione non consensuale di materiale intimo (foto, video, dati personali) tramite il web e canali social: è questo l’obiettivo perseguito dalle associazioni “Insieme in Rete”, “i Sentiinelli” e “Bossy[1]” attraverso una petizione nell’ambito della campagna #intimitàviolata[2] e successivamente ripreso dalla senatrice Elvira Lucia Evangelista del Movimento 5 Stelle con un testo già depositato in parlamento[3].

Sebbene i più recenti sviluppi suggeriscano possibili attriti tra le varie forze politiche che si sono esposte in materia ( il 28 marzo, infatti, l’emendamento di Laura Boldrini per introdurre il reato di Revenge porn alla legge sul Codice Rosso è stato bocciato), da più parti emerge forte la volontà di arrivare a un disegno di legge che possa disciplinare efficacemente il fenomeno.
Cercheremo, in questa sede, di ripercorrere le varie tappe che hanno portato all’attuale scenario politico-normativo italiano in tema di Revenge porn.

Tutto è partito dall’iniziativa di Silvia Semenzin, giovane sociologa e attivista digitale che ha contribuito alla creazione dell’associazione “Insieme in Rete, nata appunto per contrastare gli abusi online e promuovere i diritti digitali. “In questo Paese si sta sviluppando un clima di odio online che è abbastanza preoccupante”, racconta Silvia nel corso di un’intervista ad Open Online[4]. “La legge è necessaria per reprimere il reato quando avviene, ma per prevenirlo serve educazione civica e di genere. La nostra associazione nasce per portare i valori civici dell’offline anche in rete”.

Se il progetto andrà in porto, l’Italia sarà il terzo Paese europeo dopo Germania e Regno Unito ad avere una normativa in materia, così come già avviene nel resto del mondo in diversi Stati degli USA, in Israele, Canada e Australia.

Le gravi conseguenze ed i danni subiti dalle vittime di Revenge porn, nonché le dimensioni sempre più estese del fenomeno, hanno fatto sì che diversi ordinamenti stranieri introducessero infatti specifiche norme incriminatrici: nel Regno Unito, ad esempio, da aprile 2015 è stata aggiunta al Criminal Justice and Courts Act 2015 (CJCA 2015) la section 33 in tema di disclosure of private sexual photographs and films[5];  in Canada, l’Act sul crimine online del 2014 finalizzato a combattere il cyberbullismo è stato integrato dalla normativa che disciplina la diffusione in rete di immagini intime; negli Stati Uniti si sta studiando la possibilità di elevare al rango di reato federale la diffusione non consensuale di materiale personale dopo che più di quaranta Stati hanno introdotto norme ad hoc a livello statale, tra cui l’ultimo in ordine temporale è lo Stato di New York[6]; in Australia, due delle sei giurisdizioni (South Australia e Victoria) prevedono già norme penali contro il Revenge porn ed è in fase di approvazione  una specifica normativa da parte del Parlamento del Commonwealth.[7]

Un primo passo verso la concretizzazione del testo di legge italiano si è avuto a Montecitorio lo scorso 25 gennaio, su iniziativa delle citate associazioni che tramite una petizione online hanno raccolto più di 100.000 firme mirate ad ottenere una normativa ad hoc in materia[8].

Il Revenge porn, letteralmente “vendetta porno”, è un fenomeno figlio dei nostri tempi che si riferisce alla vendetta, il più delle volte da parte di un ex partner, consistente nella diffusione online di foto, video intimi o dati personali di inconsapevoli ex fidanzate che vedono così leso il proprio diritto alla tutela della privacy. Più in generale, il significato dell’espressione nel linguaggio comune e giornalistico è ormai esteso fino a ricomprendere nel fenomeno anche altri comportamenti inerenti la condivisione di materiale intimo senza il consenso della persona interessata, la quale può addirittura essere inconsapevole della stessa esistenza di tale materiale perché realizzato di nascosto.

La principale fonte di materiale che può costituire oggetto di Revenge porn, paventato o realizzato, è da attribuirsi ad un altro fenomeno strettamente connesso al mondo della tecnologia, il cosiddetto Sexting, che consiste nell’invio per messaggio di immagini di nudo, anche tra minorenni; sembra infatti che circa l’80% dei casi di “Revenge porn” avvenga su materiale realizzato personalmente dalla vittima[9].

Tra i canali più utilizzati per la diffusione di materiale riservato si segnala soprattutto Telegram, che consente di inviare messaggi criptati e aggrega utenti protetti da nickname in gruppi che arrivano a contare più di 20.000 iscritti[10].

Gli utenti condividono all’interno di tali gruppi foto, video e dati personali di donne e ragazze (anche minorenni) del tutto ignare, non di rado “catalogate” proprio n base all’età o alla provenienza geografica.  Tra gli altri strumenti utilizzati per gli stessi scopi figurano anche Whatsapp, Facebook e Instagram. I reati che si consumano in questi canali e all’interno delle chat includono fattispecie come lo stalking, la detenzione di materiale pedopornografico, il bullismo e la diffamazione.

Stando a quanto riporta una ricerca condotta da Amnesty International e Ipsos, basata su testimonianze e segnalazioni della polizia Postale, in Italia a essere colpita da questo fenomeno accompagnato da molestie e minacce online è almeno 1 donna su 5[11], a riprova di quanto sia grave e diffuso il problema.

L’attuale sistema normativo italiano non contempla una legge che sanzioni questo tipo di reato nel suo complesso (che secondo la polizia postale travalica i confini del Revenge porn fino a configurare veri e propri stupri virtuali), limitandosi invece a disciplinare con singole norme le varie condotte e la tipologia di diritto leso di volta in volta, con il risultato di inevitabili vuoti normativi che contribuiscono all’impunità del fenomeno.

Tra le fattispecie disciplinate dalla legge ritroviamo la tutela dei dati personali (art. 167, Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196) , i reati di diffamazione (art. 595 c.p.) , stalking e violenza privata (artt. 612-bis c.p., 610 c.p.), diffusione di riprese e registrazioni fraudolente (art. 617-septies c.p.), interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.); la frammentaria copertura offerta dal sistema giuridico è però insufficiente a regolamentare casi in cui, ad esempio, sia la stessa vittima ad aver realizzato il materiale poi messo in circolazione contro la sua volontà da chi lo aveva originariamente ricevuto (cosa che avviene nella maggior parte dei casi in esame, come già evidenziato).

Manca una disciplina efficace anche nel caso in cui tutte le parti coinvolte siano minorenni, in quanto al di sotto dei 18 anni la condotta dei responsabili è difficilmente riconducibile ai reati di stampo pedopornografico e ciò si traduce in un’ulteriore assenza di effettiva tutela per le vittime.

Il già deprecabile fenomeno del Revenge porn ha l’ulteriore colpa di rimarcare, se mai fosse stato necessario, quanto sia fortemente radicata nel nostro tessuto sociale la visione patriarcale e misogina che è all’origine di ogni disparità di genere e che è esasperata nella sfera sessuale: circa il 90% delle vittime è infatti di sesso femminile[12], categoria a cui non viene perdonata la “disinvoltura” in ambito privato; nei restanti casi, quando è un uomo a veder diffuso materiale intimo contro la sua volontà, lo stigma sociale si rivela molto meno accentuato e l’intera vicenda tende ad essere dimenticata in breve tempo. Non è un caso se buona parte della dottrina americana, con tesi sostenute anche da quella inglese e australiana, abbiano suggerito che la diffusione non consensuale di materiale intimo vada considerata una vera e propria forma di violenza di genere e di abuso sessuale, sebbene non di natura fisica[13].

Il dibattito sul Revenge porn in Italia si è acceso dopo il suicidio di Tiziana Cantone[14], la ragazza che non aveva retto alla pressione psicologica e alla vergogna dovute alla pubblicazione sul web di un video pornografico che la ritraeva. A due anni dal suicidio, il suo ex ragazzo che ha messo in circolazione il video è stato rinviato a giudizio per falso, calunnia e accesso abusivo a dati informatici[15], le fattispecie di reato disciplinate dal codice penale italiano che più si avvicinano alla dinamica in oggetto, e tuttavia ancora insufficienti a sanzionare adeguatamente il dilagante fenomeno. Nasce in questo contesto l’iniziativa popolare che chiede una norma ad hoc. Alla bozza di legge volta a contrastare il Revenge porn hanno lavorato diverse associazioni ed esperti: lo scorso 25 gennaio, come già accennato, le delegazioni delle associazioni Insieme in rete, i Sentinelli e Bossy, forti delle oltre centomila firme raccolte con la loro petizione tramite la piattaforma Change.org, hanno incontrato a Montecitorio l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, anch’essa vittima di violenze verbali online e sostenitrice della causa, per redigere unitamente a un gruppo di avvocati e psicologi la proposta da presentare al parlamento.

Il Revenge porn”, si legge sulla pagina web dedicata alla petizione, è “una pratica sempre più diffusa su internet, che consiste nella diffusione o nella minaccia di diffusione, anche a scopo di estorsione, di immagini private senza il permesso della persona ritratta, spesso in risposta alla chiusura di una relazione. Un fenomeno umiliante e lesivo della dignità, che può condizionare la vita delle vittime anche nella ricerca di un impiego e nei rapporti sociali, ma non solo.  In Italia non esiste una legge specifica per il Revenge porn. Per questo ne chiediamo l’introduzione.  Occorrono azioni di prevenzione della violenza di genere – prosegue l’appello dei promotori – e di educazione civica digitale rivolte alla popolazione generale. Bisogna responsabilizzare i gestori delle piattaforme e delle applicazioni attraverso le quali si effettua il Revenge porn. Si devono punire gli autori di reato, occorre dotarsi degli strumenti per fermarli. Occorre infine tutelare e sostenere adeguatamente le vittime[16].

Sulla scia di tale mobilitazione, il Movimento 5 Stelle ha presentato a fine febbraio un disegno di legge di tre articoli che mira allo stesso obiettivo[17] e al cui perseguimento lavoreranno di concerto sia le associazioni che le varie rappresentanze politiche aderenti all’iniziativa[18].

La proposta di legge, dal titolo “Introduzione dell’articolo 612-ter del codice penale in materia di pubblicazione e diffusione di immagini o video privati sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate” è stata pubblicata sulla piattaforma Rousseau, dove gli iscritti potranno condividerla e suggerire modifiche fino al prossimo 21 aprile[19]. Il disegno di legge include misure finalizzate ad ottenere la cancellazione delle immagini dalla rete e la pena detentiva da sei mesi a tre anni a chiunque pubblichi tramite strumenti informatici o telematici immagini o video di natura privata e dal contenuto sessuale senza l’espresso consenso delle persone rappresentate. E’ prevista inoltre una multa da 75 a 250 euro per chi contribuisce alla diffusione del materiale.

La proposta contempla la reclusione da uno a quattro anni qualora il fatto venga commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, da chi abbia contratto un’unione civile con la vittima o da chi è legato o è stato legato da una relazione affettiva alla persona offesa.

Con l’articolo 612-ter del codice penale verrebbe regolamentata anche l’ipotesi in cui alla pubblicazione di immagini o video privati sessualmente espliciti segua la morte della persona offesa: in tal caso, la pena della reclusione andrebbe da cinque a dieci anni e nel bilanciamento delle circostanze del reato “non vi è prevalenza delle attenuanti -ad eccezione di quelle previste agli articoli 94 e 114 del codice penale – e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi della predetta circostanza aggravante[20].

La condizione di procedibilità dell’azione penale è la querela irrevocabile della persona offesa entro il termine di sei mesi, mentre si procederà d’ufficio per le ipotesi più gravi.

Nel documento viene infine riconosciuta la facoltà “in capo al soggetto offeso o, nell’ipotesi questo sia un minore, a ciascun genitore o alla persona esercente la responsabilità genitoriale, di inoltrare al titolare del sito internet o del social media la richiesta di oscurare, rimuovere o bloccare le immagini o i video privati sessualmente espliciti pubblicati e diffusi in rete senza il consenso dei soggetti coinvolti, previa conservazione dei dati originali. Se la richiesta non dovesse essere accolta, entro le 24 ore dal ricevimento dell’istanza si potrà proporre reclamo al Garante della privacy o invocare la tutela giurisdizionale, presentando ricorso dinanzi all’Autorità giudiziaria”.

La bocciatura dell’emendamento presentato dalla Boldrini per introdurre il reato di Revenge porn alla legge sul Codice Rosso, pur rappresentando una notevole battuta d’arresto al procedimento che porterà ad avere un testo di normativo in materia, non dovrebbe tuttavia essere idoneo a vanificare tutti i risultati fin qui raggiunti.

I progressi fatti fin qui rappresentano per noi una grandissima soddisfazione”, ha dichiarato Silvia Semenzin[21]. “Per tante persone si trattava di un argomento di nicchia, una questione poco conosciuta. Invece abbiamo dimostrato che è molto più sentito di quello che si poteva pensare. La nostra è una battaglia di civiltà e prescinde dall’orientamento politico”.


[1] https://www.bossy.it/

[2] cfr. Change.org – Petizione #intimitàviolata – Chiediamo una legge contro il revenge porn – https://www.change.org/p/intimitaviolata-chiediamo-una-legge-contro-il-revenge-porn-roberto-fico-pres-casellati-montecitorio-senatostampa?fbclid=IwAR3wEgwKhIUJQ4dyD0O0FpHe0hzFUBkxRV-JdwMyMHP4yjE30rXQxsKForg

[3] cfr.piattaforma Rousseau – Sistema operativo del MoVimento 5 Stelle – https://rousseau.movimento5stelle.it/lex_detail.php?id=5185&lex_id=0

[4] cfr. Open Online, Silvia Semenzin: ‘Così combatto la violenza contro le donne sui social’, Giada Ferraglioni – 11/02/2019

https://www.open.online/inchieste/2019/02/11/news/revenge_porn_silvia_cosi_si_combatte_la_violenza_contro_le_donne_sui_social-137956/

[5] cfr. Gian Marco Caletti , Diritto Penale Contemporaneo – Rivista Trimestrale 3/2018, pag. 67 e ss.  http://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC_Riv_Trim_3_2018_Caletti.pdf?fbclid=IwAR2YvlChW2esP2dGFacIyTiOia0ss7ZgMEv-9eBV_DG4VnV02yZU-j_N72c

[6] cfr. The New York TimesRevenge Porn’ Law Finally Passes in New York, 28 febbraio 2019 -https://www.nytimes.com/2019/02/28/nyregion/revenge-porn-law.html?fbclid=IwAR0bjKQmK9bsWRhU_KV__5EKocqmPjfUZ_Vpgl5XVhpRK07VU6lX0nf3ijo

[7] cfr. Gian Marco Caletti, Diritto Penale Contemporaneo – Rivista Trimestrale 3/2018, pag. 67 e ss.  http://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC_Riv_Trim_3_2018_Caletti.pdf?fbclid=IwAR2YvlChW2esP2dGFacIyTiOia0ss7ZgMEv-9eBV_DG4VnV02yZU-j_N72c}.

[8] cfr. Change.org – Petizione #intimitàviolata – Chiediamo una legge contro il revenge porn – https://www.change.org/p/intimitaviolata-chiediamo-una-legge-contro-il-revenge-porn-roberto-fico-pres-casellati-montecitorio-senatostampa?fbclid=IwAR3wEgwKhIUJQ4dyD0O0FpHe0hzFUBkxRV-JdwMyMHP4yjE30rXQxsKForg

[9] cfr. Gian Marco Caletti, Diritto Penale Contemporaneo – Rivista Trimestrale 3/2018, pag. 71 e ss – http://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC_Riv_Trim_3_2018_Caletti.pdf?fbclid=IwAR2YvlChW2esP2dGFacIyTiOia0ss7ZgMEv-9eBV_DG4VnV02yZU-j_N72c

[10] cfr. Wired.it ‘Uscite le minorenni’ – Il viaggio di Wired nelle chat segrete di Telegram. Dove migliaia di uomini si scambiano foto, video e dati personali di donne senza il permesso. Dandole in pasto alla violenza di gruppo – Luca Zorloni, 23 gennaio 2019 – https://www.wired.it/internet/web/2019/01/23/telegram-chat-stupro-virtuale-minori-stalking-revenge-porn/

[11] cfr. AmnestyInternatonal.it Molestia online contro le donne: una ricerca comprende anche l’Italia, 22 novembre 2017 – ://www.amnesty.it/molestia-online-le-donne-ricerca-comprende-anche-litalia/

[12] cfr. letteradonna.it, Silvia Semenzin spiega perché è necessaria una legge sul Revenge porn, Matteo Innocenti, 14 dicembre 2018

https://www.letteradonna.it/it/articoli/conversazioni/2018/12/14/revenge-porn-silvia-semenzin/27336/

[13] cfr. Gian Marco Caletti, Diritto Penale Contemporaneo – Rivista Trimestrale 3/2018, pag. 81 e ss – http://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC_Riv_Trim_3_2018_Caletti.pdf?fbclid=IwAR2YvlChW2esP2dGFacIyTiOia0ss7ZgMEv-9eBV_DG4VnV02yZU-j_N72c

[14] cfr. TPI.it, La storia di Tiziana Cantone, suicida a 31 anni per i video hot diffusi sul web, Cristiana Mastronicola, 16 settembre 2018 https://www.tpi.it/2018/09/16/tiziana-cantone-storia

[15] cfr. Il Mattino, Tiziana suicida per video hot: rinviato a giudizio l’ex fidanzato per calunnia, accesso abusivo a dati informatici e falso – 19 luglio 2018 https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/tiziana_cantone_video_hot_bullismo_morta_napoli-3865494.html

[16] https://www.change.org/p/intimitaviolata-chiediamo-una-legge-contro-il-revenge-porn-roberto-fico-pres-casellati-montecitorio-senatostampa

[17] cfr. ilsole24ore.com, Revenge porn, proposta M5S: reclusione per chi diffonde video senza il consenso della persona coinvolta, 22 febbraio 2019

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-02-22/revenge-porn-proposta-m5s-reclusione-chi-diffonde-video-senza-consenso-persona-coinvolta–180303.shtml?uuid=ABfmmKXB

[18] cfr. fanpage.it, Revenge porn, M5S agli attivisti: “Nostra legge è per tutti, pronti a lavorare con Boldrini”, Annalisa Cangem, 27 febbraio 2019 – https://www.fanpage.it/revenge-porn-m5s-agli-attivisti-nostra-legge-e-per-tutti-pronta-a-lavorare-con-boldrini/}.

[19] cfr. piattaforma Rousseau – Sistema operativo del MoVimento 5 Stelle – https://rousseau.movimento5stelle.it/lex_detail.php?id=5185&lex_id=0

[20] cfr. ilsole24ore.com, Revenge porn, proposta M5S: reclusione per chi diffonde video senza il consenso della persona coinvolta, 22 febbraio 2019

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-02-22/revenge-porn-proposta-m5s-reclusione-chi-diffonde-video-senza-consenso-persona-coinvolta–180303.shtml?uuid=ABfmmKXB

[21] cfr. FoxLife.it, Una legge contro il revenge porn: ne parliamo con Insieme In Rete, Laura Castellani, 16 gennaio 2019 – https://www.foxlife.it/2019/01/16/legge-revenge-porn-insieme-rete/


Copertina: dailydot.com


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