La Francia punta ad un ritorno da protagonista sulla scena mondiale, ma queste aspettative cozzano con le ultime vicende in Africa, in Medio Oriente e nel Pacifico dove Parigi non si dimostrata all’altezza del rango di potenza mondiale. Per Macron è tempo di scelte: accontentarsi di essere una potenza regionale o puntare ad un ritorno alla Grandeur?
“Entre la peste et le choléra”, tra la peste e il colera. E’ questo lo stato d’animo di tantissimi francesi chiamati alle urne per il secondo turno delle presidenziali lo scorso 24 aprile. Indice di un malcontento generale in tanti strati della popolazione francese che non vede né in Emmanuel Macron né nella signora Le Pen la soluzione dei loro problemi.
Del resto il 28% di astensione al secondo turno è un dato che fa riflettere, e se ci aggiungiamo l’esito del primo turno riscopriamo una Francia fratturata su tre dimensioni: quella territoriale, quella generazionale e quella “di classe”. Quella territoriale si è manifestata in particolare al secondo turno dove per Macron hanno votato i grandi centri, mentre per Marine Le Pen la fascia periurbana e a sorpresa anche i territori d’oltremare. Quella di classe perché di fatto per Macron ha votato evidentemente la classe più agiata del paese, gli operai hanno votato per la Le Pen.
Ma soprattutto la frattura è generazionale. La maggior parte delle classi più giovani al primo turno ha votato per Jean-Luc Mélenchon leader de La France Insoumise, il principale gruppo politico di sinistra capace di sfiorare il 22% dei consensi ed arrivare ad un passo dal ballottaggio. Mélenchon ha raccolto i frutti di una campagna elettorale dettata dai temi ambientalisti e sociali, ma anche di un “voto utile” nei suoi confronti. L’attesa è tutta per le legislative di giugno quando si voterà per Assemblée nationale. Il quadro politico francese sembra inevitabilmente fratturato, dove la destra di Le Pen e Zemmour arriva al 30% così come la gauche del già citato Mélenchon, al centro il Presidente Macron sa che dovrà sudare per raggiungere la maggioranza assoluta o relativa dell’assemblea. La cohabitation tra il Presidente Macron e il futuro Primo Ministro potrebbe non essere semplice alla luce delle importanti riforme promesse da Roi Emmanuel sul piano sociale come ad esempio l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 65 anni o l’obbligo per i per i beneficiari del reddito di solidarietà attiva (Rsa) di lavorare più di 15h alla settimana. Misure che segnano una virata importante verso destra e che certamente risulteranno poco popolari specie per gli elettori di Mélenchon.
Nel 1954 il Generale de Gaulle scriveva nelle sue “Memorie di Guerra” che “La France ne peut être la France sans la grandeur.[1]”, ma solo due anni dopo la “Crisi di Suez” del 1956 rappresenta la data chiave di un cambio di paradigma nella politica estera francese. La Francia non sarà più dominatrice del mondo, non più grande potenza capace di indirizzare e condizionare la politica estera mondiale, Parigi deve fare i conti con una realtà diversa, un mondo dove Stati Uniti e URSS la fanno da padroni e saranno loro e tirare i fili. Seguirà un periodo turbolento in cui Parigi perderà man mano tutte le sue ex colonie e la sua Grandeur.
Oggi la situazione se vogliamo è peggiorata, sono lontani i tempi quando con uno sprazzo di lucidità e realismo, l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing definiva la Francia come “potenza media di importanza mondiale”.
Oggi la Francia arretra nei teatri di sua storica competenza, lo fa in Mali dopo che il 17 febbraio la Francia ha annunciato di lasciare il paese, dopo anni di presenza stabile senza però raccogliere frutti se non quelli “avvelenati” della nuova giunta maliana che hanno fatto intendere di non gradire più la presenza dei militari francesi, ma al contrario gradire la presenza dei russi della Wagner Group.
Stessa situazione in Ciad, dopo la morte di Idriss Déby Itno, Macron è volato a N’Djamena ad incontrare il nuovo leader Mahamat Idriss Déby figlio adottivo del vecchio presidente. Questo sostegno alla soluzione “familiare” ha di fatto aggirato la costituzione del Paese provocando non pochi risentimenti. Chiaramente la Francia comprende che il mondo è cambiato e la pressione diplomatica/strategica russa, cinese e turca nei “suoi territori” è sempre maggiore.
Per comprendere il “peso” della Francia nel mondo non possiamo non partire dai dati demografici, con 67.4 milioni il confronto con Cina, Stati Uniti, India, Germania non regge. Anche se guardiamo i dati relativi al PIL, Parigi nel 2022 scenderà al 7° dietro anche alla Germania e superata dall’India[2], e con un debito pubblico fermo al 115%, tanto se paragonato a quello tedesco (69%)[3].
Non si può parlare di Grandeur, ma Francia resta comunque una grande potenza industriale in settori chiave come quello delle come automobile, agroalimentare, energia. Ma l’aspetto che più di tutti è da non sottovalutare, è che Parigi dal canto suo mantiene ancora il seggio all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e dispone sia di un armamento nucleare sia 56 reattori di produzione nucleare civile e questo permette alla Francia sicuramente di mantenere uno status di potenza almeno regionale. La Francia è oggi il Paese al mondo con la più alta percentuale di elettricità di origine nucleare, che nel 2021 rappresentava il 68% della sua produzione totale di elettricità. A livello globale, la quota del nucleare nella produzione di elettricità è stata del 9,8% e per tutti i Paesi dell’Unione Europea, ad eccezione della Francia, questa quota è stata del 14%[4].
Dal punto di vista militare, l’Eliseo ha la seconda più grande rete di basi militari nel mondo, dietro gli Stati Uniti, ha uno spiegamento di circa 10mila soldati in diverse parti del globo che vanno dalla Guyana al Canale del Mozambico, alla Polinesia e agli Emirati Arabi Uniti, e possiede una vastissima zona economica esclusiva (Zee). E dal punto di vista della marina di guerra, la Marine royale si piazza al 7° posto come tonnellaggio ed è una delle 5 flotte mondiali ad avere un dissuasore nucleare, in totale secondo la classifica stilata dal Global Firepower 2022 che tiene conto di diversi fattori, quale ad esempio gli armamenti, la posizione geografica strategica, la popolazione complessiva e le risorse naturali, la Francia è al 7° posto tra gli eserciti più forti al mondo, il 1° in Europa. L’attuale guerra in Ucraina ci prospetta un ritorno a dinamiche che si credevano superate, la dicotomia Occidente-Oriente sembra ritornare con forza, dove diverse potenze vogliono non più essere considerate solo regionali ma puntano ad un riconoscimento mondiale. E la Francia, alla ricerca di una Grandeur perduta, può ancora svolgere un ruolo di primissimo piano nel mondo solo se riesce ad ergersi come pilastro di una Europa unita.
Note
[1] https://enseigner.charles-de-gaulle.org/memoires-de-guerre-du-general-de-gaulle/#:~:text=Bref%2C%20%C3%A0%20mon%20sens%2C%20la,la%20France%20sans%20la%20grandeur.&text=Source%20%3A%20Charles%20de%20Gaulle%2C%20M%C3%A9moires,1954%2C%20pp.
[2] https://cebr.com/wp-content/uploads/2021/12/WELT-2022.pdf
[3] https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/02/17/la-classifica-dei-paesi-piu-indebitati-nel-2021-le-conseguenze-della-pandemia/#:~:text=Il%20Paese%20pi%C3%B9%20indebitato%20al,%2C%20la%20Grecia%20(207%25).
[4] https://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/Francia_nucleare.html