Russia: alla ricerca della Potenza perduta, a cura di Alessandro Fanetti, edito da Edizioni Eiffel (2021). Un testo utile per analizzare la Federazione Russa del nuovo millennio.


 

Con “Russia: alla ricerca della Potenza perduta”, Alessandro Fanetti[1] analizza gli aspetti più interessanti della politica interna ed estera di Mosca.
Un libro utile a che vuole approcciarsi per la prima volta ad un mondo, quello russo, complicato e troppo spesso vittima di una narrazione occidentale che ne sottolinea gli aspetti negativi senza provare a comprendere le sfaccettature, le difficoltà, le peculiarità di una nazione sconfinata e multiforme.

Dal ritratto dello “zar” Putin, proveniente dalle fila del Kgb e capace di ridare prestigio a Mosca a partire dalla guerra in Cecenia dopo un decennio di piena crisi, alle sfide geopolitiche, i rapporti con i “vicini” cinesi e con gli eterni rivali americani, fino a quelli con l’Unione Europea e anche con la nostra Italia.

Fanetti analizza poi quelle che saranno le prossime sfide geopolitiche. Sconfiggere il Covid ed avere, con il vaccino Sputnik e con le forme di assistenza sanitaria, una nuova arma di soft power potrebbe essere per Mosca un obiettivo a breve termine

E poi lo spazio. Se Mosca vuole essere considerata tra le potenze mondiali del millennio che stiamo vivendo, sa bene che questo ruolo potrà essere garantito dalla sua “capacità spaziale”: una grande sfida quella della conquista dello spazio che impegnerà le varie potenze mondiali e regionali nei prossimi decenni.

Ma c’è anche un nuovo terreno di scontro: l’Artico. La regione più al nord del mondo, ricopre un’importanza geopolitica e geo-economica strategicamente fondamentale. I cambiamenti climatici stanno portando all’apertura di “rotte artiche” impensabili fino a poco tempo fa. Rotte utilizzabili sia dai privati che dalle nazioni per garantirsi vantaggi economici, commerciali, militari e politici.

“Russia: alla ricerca della Potenza perduta”, è un testo, ricco di riferimenti e citazioni, utile per la comprensione della Russia di oggi. Dal potere all’intelligence, dal rapporto con la religione alla riforma costituzionale, dalle opposizioni al tentativo della Russia di mettere in discussione un mondo unipolare a trazione americana.

Dialogo con l’autore.

Le ultime elezioni hanno confermato Russia Unita come primo partito della Federazione, ma non sono mancate le polemiche. Ci fa una panoramica della situazione politica interna della Federazione Russa?
“La Federazione Russa è ancora in piena fase di transizione, nonostante i 21 anni di Putin al timone di essa. Dopo la caduta dell’URSS e i turbolenti anni ’90 del ‘900, infatti, oggi Mosca sta cercando da un lato di rafforzare la propria economia e creare “collanti” per la società (ortodossia, vittoria nella Grande Guerra Patriottica, etc.), mentre dall’altro di far nascere un mondo multipolare a scapito di quello unipolare a guida USA (sorto dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica).
Se Russia Unita (il partito del Presidente) è totalmente focalizzata su questi obiettivi e, almeno ufficialmente, gode ancora di un appoggio maggioritario alle elezioni, le altre forze politiche hanno visioni più o meno diverse (tant’è vero che dedico un capitolo del libro proprio alle “opposte opposizioni russe”).
Tra gli “esperti” occidentali si sente spesso la suddivisione delle opposizioni fra quelle sistemiche e quelle non sistemiche, lasciando intendere che le prime siano sostanzialmente una facciata per rendere credibili le elezioni. Io non sono d’accordo. Se fosse vero, allora in molti Paesi (incluso il nostro) praticamente tutto l’arco costituzionale sarebbe una facciata, in quanto nessuno mette in dubbio la legittimità delle Istituzioni. Io credo che in Russia l’opposizione esista eccome, anche se con proposte diverse e che contemplano modifiche più o meno radicali (senza per forza distruggere tutto l’esistente). Senza andare a toccarle tutte, mi limito a parlare delle due forze a mio avviso più significative, più la terza molto famosa almeno dalle “nostre parti”: il Partito Comunista guidato dal sempreverde Zjuganov, gli astenuti e il “gruppo Naval’nyj”. I primi vorrebbero una “rivoluzione” dal punto di vista socio-economico interno ma sostanzialmente vedono di buon occhio la politica estera del Cremlino (anzi in alcuni casi, come nell’ “affaire Ucraina”, chiedono più decisione). I secondi sono circa la metà della popolazione in “età di voto” e non hanno idee omogenee. Questi ultimi sono spesso usati dalla propaganda “anti-Putin” sia come dimostrazione dell’insoddisfazione della popolazione che per tacciare il Cremlino di essere antidemocratico (alcuni leader dell’opposizione non possono partecipare alle elezioni e dunque senza di loro si parla di ovvia affluenza più bassa).
Infine, il terzo condanna risolutamente la corruzione nel Paese e chiede a gran voce un cambio dell’élite politica. Attenzione però: nonostante venga “venduto” in occidente come il paladino della liberaldemocrazia, in realtà Naval’nyj è un fervente nazionalista e, come spiego approfonditamente nel libro, una sua (improbabilissima) eventuale presidenza non porterebbe certamente la Russia nella “comunità internazionale occidentalocentrica”.
Dunque, una delle sfide più urgenti della classe dirigente russa è quella di far riavvicinare la maggioranza della popolazione alla politica, creare sempre maggiore fiducia e formare piattaforme di dialogo per trovare soluzioni comuni. La disaffezione e il distacco dagli organi decisori minano la stabilità delle Istituzioni e danno fiato a chi lavora per disarticolare un Paese che sta provando faticosamente a ritrovare una sua stabilità interna e una certa potenza all’estero.”


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Quali sono le proiezioni geopolitiche della Russia nel Caucaso?
“Il Caucaso è, per Mosca, il cosiddetto “Estero Vicino”. Un posto fondamentale per la sicurezza e la stabilità interna, nonché decisivo per l’economia e il benessere dell’intero Paese. Dalla Cecenia al Daghestan, dalla relazione con la Georgia alla recente guerra Azerbaigian – Armenia, il Cremlino ha un ruolo attivo in tutte le questioni più rilevanti di quest’area.
Ciò si evince chiaramente anche nell’ultimo “Concetto di Politica Estera” della Russia, ad esempio quando viene scritto che “tra le priorità della Russia rimane la promozione dell’istituzione della Repubblica di Abkhazia e della Repubblica dell’Ossezia meridionale come democrazie moderne, il rafforzamento delle loro posizioni internazionali, la garanzia di una sicurezza affidabile e la ripresa socioeconomica”.
Due repubbliche non riconosciute dalla comunità internazionale perché ufficialmente facenti parte della Georgia ma fortemente sostenute dal Cremlino come “zone cuscinetto” e d’influenza nella regione.
La stessa guerra in Cecenia che ha proiettato Putin alla Presidenza del Paese, ha dimostrato l’importanza che tale area ha per le autorità russe. Un impegno enorme e una ricerca della vittoria a tutti i costi (cosa tentata ma non riuscita anche da El’cin) che non ha mai lasciato spazio a dubbi circa la strategicità di questi posti per Mosca.”
E quali quelle nell’Asia centrale?
“L’Asia centrale è un’altra zona definibile come “Estero Vicino” per Mosca. Un’area che ha vissuto momenti delicatissimi e di grande confusione dopo la dissoluzione dell’URSS e che sta faticosamente riuscendo a garantirsi una certa stabilità (anche se il fondamentalismo islamico minaccia continuamente gli –stan della regione).
Interessi economici giganteschi legano la Russia a quest’area, oltre a forti relazioni politiche, diplomatiche e militari. Basti pensare che in Kazakistan e in Tajikistan sono presenti delle basi militari russe enormi.
Due sono le sfide più grandi che le autorità russe devono e dovranno affrontare per non perdere tale “relazione speciale”: la Cina e l’espansione del fondamentalismo islamico “post-Afghanistan”. Nel primo caso, la relazione strategica Mosca-Pechino nei più svariati campi e in moltissime aree del pianeta è una garanzia di “non belligeranza” almeno nel breve-medio periodo. L’obiettivo principale per entrambe le potenze è quello di ridimensionare il ruolo di Washington nel mondo e “farsi la guerra” sull’Asia centrale non è all’ordine del giorno. Competizione si, ma entro un certo limite. Come ben riassunto dallo studioso Dmitri Trenin del Carnegie Moscow Center: “Mai l’uno contro l’altro, non sempre l’uno con l’altro”.
Nel secondo caso l’obiettivo chiaro del Cremlino, concordato con i Paesi ex-URSS dell’area, è quello di confinare l’influenza talebana (e dei loro alleati) all’Afghanistan. Il rafforzamento delle frontiere del Tajikistan (con il forte sostegno russo) e la “cooptazione” di miliziani uiguri per farli combattere contro i talebani in caso di fallimenti nelle trattative con il nuovo regime di Kabul ne sono l’esempio lampante. Il dialogo per ora prosegue ma il “contagio fondamentalista” è la preoccupazione più grande per le autorità russe e dunque il Cremlino si muove in più direzioni.”

L’Europa dovrebbe rivedere i suoi rapporti con la Federazione Russa?
“L’Europa dovrebbe innanzitutto iniziare a pensare a cosa vorrebbe fare da grande. La politica estera sostanzialmente nazionale, insieme al potere di veto di ogni singolo Stato, pone l’incompiuto gigante geopolitico europeo in una posizione troppo debole rispetto agli altri forti poli globali (USA, Russia e Cina su tutti). In più, la mancanza di una propria autonomia strategica e la sostanziale subordinazione alle decisioni prese in sede NATO (associazione “diretta” dagli USA e dentro la quale ci sono la stragrande maggioranza dei Paesi UE) non permettono di prevedere grandi miglioramenti nelle relazioni Bruxelles – Mosca, almeno nel breve – medio periodo. Anche se essi sarebbero fondamentali almeno per i seguenti punti: condivisione dei confini, approvvigionamenti energetici, vantaggi economici per entrambi, stabilità e sicurezza, condivisione e crescita culturale”


Note

[1] Alessandro Fanetti studioso di geopolitica e di relazioni internazionali. Collabora con Opinio Juris, IsAG e Mondo Internazionale


Foto copertina: Vladimir Putin di fronte a una mappa murale della Russia