La profondità di una storia nazionale antica e complessa, il peso di una cocente sconfitta, le avversità di un futuro incerto.
Introduzione
Il 25 dicembre (Gorbačëv) fece un breve discorso alla televisione. Parlò con autentica dignità: “Lascio il mio incarico con trepidazione. Ma anche con la speranza, confidando in voi, nella vostra saggezza e forza d’animo. Noi siamo gli eredi di una grande civiltà, e oggi il compito di riportarla a nuova, moderna e degna vita ricade sulle spalle di ciascuno di voi”. L’Urss cessava di esistere alla mezzanotte del 31 dicembre 1991.[1]
Siamo giunti oramai al trentennio dalla caduta dell’Unione Sovietica e sebbene la Federazione Russa sia “nata” dall’indipendenza ottenuta proprio il 25 dicembre 1991, la Russia ha una storia lunghissima e, come nazione, non nasce quel giorno. Un’affermazione che sembra ovvia ma che in realtà nasconde dinamiche ben più profonde e complesse. Dinamiche di un popolo che sin dalla sua “vera” nascita ha visto i suoi imperi distrutti e ricostruiti, un popolo che ha sempre giocato il ruolo di “ago della bilancia” tra l’Europa cristiana e il mondo musulmano, tra Occidente politico e Oriente politico, e che per gran parte del Novecento è diventato una terza parte tra i due mondi classici, “unica” e imponente.
Since the seventeenth century, Russian colonizers have tried to subdue congeries of proud peoples: Chechens, Ingush, Ossetes, Daghestanis, Abkhaz, Kartvelians, Kakhetians, Armenians, Azeris, and others. Here, the Russians encountered Islam in both its moderation and implacability. The complex emotional reaction of the Russians to the very fact of the Caucasus, which both tantalize and threaten them, opens a window onto the entire Russian story.[2]
Il periodo sovietico poi, ha ampiamente oscurato parte della storia dell’Impero Russo poiché troppo vicina all’immagine dell’Impero zarista (altra faccia della stessa medaglia che analizzeremo in seguito), tagliandone parti ed eroi e conservandone altri. Ma la sovrapposizione delle due immagini non fu evitata. La dimostrazione di questo la troviamo nella proiezione “esterna” dell’Unione Sovietica, le cui azioni venivano spesso comunemente definite come le azioni “dei russi” e meno spesso “dei sovietici” (che sarebbe stata la definizione politicamente più corretta). Da non dimenticare anche il rapporto ondivago con le dinamiche di “russizzazione” e “derussizzazione” interne all’Urss da parte del partito comunista che hanno contribuito all’immagine sopracitata. Un esempio in particolare fu il tentativo da parte di Stalin di amalgamare le due cose e permettere all’idea di “nazione sovietica” di svilupparsi senza l’ingombrante nazionalismo russo.
(Stalin) mirava a tenere sotto controllo le espressioni del nazionalismo russo. Il suo peculiare stratagemma consisteva nel tentativo di amalgamare le nazionalità “russa” e “sovietica”. Così i russi erano indotti a essere orgogliosi della Russia ma ancor di più dell’Urss[3].
Oggi, la Federazione Russa sta tentando disperatamente di riscoprirsi, in un perpetuo taglio e cucito della sua storia nazionale e nel disperato tentativo di amalgamare il tutto con il lungo periodo sovietico, fonte di tante problematiche odierne ma anche di tanta e malcelata nostalgia.
Russia, the nation state, has officially only existed since the end of the Soviet Union, however, Russian ancestry can be traced back for centuries to the Russian Tsardom and later Empire. The contestation around the topic is, moreover, linked to the fact that Russia has traditionally always had a strong state but a weak society with a badly developed sense of national belonging[4].
Tra mille contrasti, contraddizioni, affannosi tentativi di raggiungere il “rispetto” internazionale perduto e antichissime radici riuscirà la Russia di Putin e di chi dopo di lui a ritrovare sé stessa?
Nostalgia di sé
La Russia, oggi, può essere considerata a tutti gli effetti uno dei maggiori protagonisti del panorama internazionale. Dopo aver ereditato gran parte dell’arsenale nucleare sovietico e il seggio permanente in seno al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è assicurata un ruolo fondamentale nelle dinamiche internazionali. Eppure, la ricerca e l’aspirazione a quello che era il “ruolo” ricoperto dalla scomparsa Urss non ha mai avuto fine da parte del Cremlino e questo si riflette anche nel tessuto sociale stesso della Federazione. Tanto “rimpianto” è, da parte di una fetta non piccola della popolazione, il grande e glorioso periodo sovietico! Popolazione che da anni è oramai colpita dagli effetti nefasti di un’economia stagnante e in crisi.
Regret for the demise of the USSR amongst Russians, consequently, peaked at 85% in 1999 and stayed as high as 57% nine years later. Soviet values such as order, social equality, its welfare state, with provisions such as guaranteed employment, and the previous status as a superpower were being cited among the reasons for this regret. In 2011, moreover, 56% said that if they voted today they would have voted in favour of the preservation of the USSR. The Brezhnev era, between 1964 and 1982, especially has been prone to nostalgic feelings[5].
La Federazione Russa è una nazione giovane, come già accennato ma sebbene trent’anni possano sembrare un tempo lunghissimo per le dinamiche internazionali e sociali non sono altro che un battito di ciglia. Lo scotto della caduta dell’impero sovietico è ancora molto vicino, avallato dall’esito positivo e poi “ignorato” del famoso Referendum di tutta l’Unione sulla conservazione dell’URSS.
Sulla base dei risultati Gorbačëv affermò che i popoli dell’URSS desideravano continuare l’unione e dispose che il 20 agosto a Mosca, le nove repubbliche che avevano sostanzialmente accettato lo svolgimento del referendum avrebbero firmato un atto di costituzione di una nuova entità statuale associativa che sarebbe stata chiamata “Unione delle Sovrane Repubbliche Sovietiche”.[6]
Ma non è tutto, l’Urss (o il suo “spirito”, che dir si voglia) è ancora una presenza troppo forte nel mondo russo, l’Urss è nel modo di pensare, nei valori preservati o perduti della società, nella militarizzazione[7], nelle parate e anche nei desideri di questa “nuova nazione”. Tutto questo però gioca un ruolo importantissimo per le autorità e in particolare Putin e il suo entourage ha saputo sapientemente sfruttare tutti i punti di forza del nazionalismo russo e del nazionalismo sovietico per rinforzare le fondamenta stesse della società Russa che ha vissuto anni di grandi sconvolgimenti dopo il 1991 e in particolare a causa della guida di Yeltsin.
From the very start of his presidency Putin prioritised restoring Russia’s greatness, its national unity and leaving the chaotic transitional years behind. Whereas his predecessor, Yeltsin, sought for a break from the past through anti-communist rhetoric, exacerbating Russia’s national identity crisis, Putin began to praise USSR’s achievements. Putin’s government started to actively use Russia’s past, its traditions and values, to unify Russian citizens (ethnic and non-ethnic Russians) under a common civic national identity, building a consensus with both imperial and Soviet traditions.[8]
Impero Russo-Impero Sovietico, testa e croce non sono mai stati così simili.
Abbiamo accennato alla tattica sociale di Putin atta a prendere “il meglio di due mondi” per rinforzare la coesione societaria della Russia stessa. Questo è oramai evidente, e a partire dal sistema scolastico i giovani russi apprendono le loro origini gloriose ma anche ad ammirare i successi dell’Unione Sovietica in un mix dove russi e sovietici sono perfettamente amalgamati e dove una storia nazionale frankensteinizzata funge da fondamentale collante per un popolo che nonostante abbia radici nazionali profonde, millenarie, ancora fatica a capirsi e a riconoscersi.
Nostalgic sentiments are being invoked through the projection of a selective and glorified past through popular culture, public celebrations and museums. A recently opened museum “Russia – my history” in Moscow, for example, shows expositions on the Rurokovick and Romantic Dynasties as well as the Soviet period, intertwining the Russian and Soviet identities in one large-scale and impressive museum exhibition. A practice that according to Nikolayenko (2008) has been very successful as “even a new generation of citizens finds it difficult to divorce Russia’s identification from the alleged greatness of the Soviet Union”[9]
Uno dei punti, però, dove quest’opera di restauro della propria storia nazionale è più evidente è l’istruzione. Abbiamo già accennato come anche questo sia funzionale ma merita un approfondimento ulteriore. È piena eredità sovietica quella di plasmare le menti dei giovani offrendo loro una preparazione storica non sempre completa o atta ad approfondire alcune tematiche a scapito di altre e il tutto in funzione di un nazionalismo da costruire e rafforzare. In questo contesto a fare particolarmente scalpore anche in occidente fu l’adozione di un manuale di storia scritto da Filippov nel 2007 e che nello specifico offriva agli studenti una visione del periodo stalinista e di Stalin stesso estremamente incentrata sulle sole conquiste economiche e sulla trasformazione industriale sovietica, trascurando altri aspetti ben più oscuri del personaggio.
[…] in 2007, the authors of the most important government-sponsored textbook of Soviet history (the “Filippov textbook”) gave a positive assessment of Stalin’s role in Soviet history. Without denying the dictator’s responsibility for the repressions, they presented him at least as an “efficient manager.” This formula immediately became subject of passionate debates between Stalin’s admirers and his critics.[10]
Non è solo il periodo sovietico ad essere sapientemente strumentalizzato in questa disperata ricerca di una gloriosa e comune storia nazionale. Anche alcuni eroi e grandi leader (come Aleksandr Nevskij)[11]del periodo zarista sono tornati in auge e in particolare con la funzione di fornire nuovo slancio alle radici storiche più profonde della Russia odierna. Un taglio netto con l’europeizzazione della Russia che da anni vive un profondo senso di accerchiamento[12] e che con Putin e la sua ideologia vuole disperatamente mantenere e conservare quelle caratteristiche uniche che la contraddistinguono e che le sono forse fondamentali per mantenere la propria integrità, sociale ma anche territoriale. In questo senso, l’Idea Russa post-sovietica – il “putinismo” come ideologia – si presenta soprattutto come un contenitore di proposte conservatrici funzionali a un disegno patriottico di sovranità politica, di autocoscienza nazionale e di riaffermazione di un ruolo di grande potenza sullo scenario globale. Un progetto fondato – come messo in evidenza dallo stesso Putin sin dal suo “Millennium message” del 1999 – su una visione tradizionalista della storia, della cultura e degli interessi della Russia. Qualcosa di più di un cinico gioco di potere o di una semplice politica nazionalista. Il momento in cui, dopo lo smarrimento del 1991, Mosca ha compiuto una mossa di “difesa avanzata” della sua indipendenza e della sua civiltà, percepite entrambe sotto assedio da parte dell’Occidente, provando a dare una risposta organica alle domande inevase sulla sua identità nazionale post-sovietica[13].
Una continua lotta, dunque, tra preservazione dell’immagine di sé all’interno e ricreazione dell’immagine all’esterno. Due similissime facce della stessa medaglia “al valore” che la Russia di Putin deve indossare per sé stessa e per il giudizio del resto del mondo.
Conclusioni
La Federazione Russa è innegabilmente una nazione di nuovissima formazione e ne dimostra tutte le caratteristiche. Come abbiamo avuto modo di approfondire, il peso del suo passato che ha visto nascere e crollare imperi grava sulle sue spalle e forse sul suo stesso sviluppo rallentandolo. Ci si aspetta molto da questa nazione e ancor di più quest’ultima si aspetta da sé stessa ma forse i tempi non sono ancora maturi per vedere una sua nuova forma. Le contaminazioni del passato sono ancora troppo vicine e forse ancora necessarie per un popolo che durante il 900 ha attraversato innumerevoli tumulti e sconvolgimenti. La fine dell’impero zarista, la Rivoluzione d’Ottobre, il Terrore rosso, uno stato glorioso e totalitario nonché il crollo di quest’ultimo che ha spinto alla “creazione” di questa nazione che è la Russia. Una nazione complessa, che solo con il giusto tempo riuscirà a scoprirsi e a farsi scoprire, magari in una veste nuova e che, seppur mai dimentica del proprio passato, potrà iniziare a “camminare” con le proprie gambe.
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Note
[1] R. Service, Storia della Russia nel XX secolo, Editori Riuniti, Roma 1999, cit. p. 532
[2] R. D. Kaplan, The revenge of geography, Random House, New York 2012, cit. p. 99
[3] R. Service, Storia della Russia nel XX secolo, cit. p. 269
[4] https://www.e-ir.info/2020/07/14/the-political-use-of-soviet-nostalgia-to-develop-a-russian-national-identity/
[5] Ivi.
[6] P. Kenez, Union of Soviet Sovereign Republics, cit. p. 275.
[7]https://www.nytimes.com/2021/12/21/world/europe/russia-military-putin-kremlin.html
[8] https://www.e-ir.info/2020/07/14/the-political-use-of-soviet-nostalgia-to-develop-a-russian-national-identity/ cit. p. 5
[9] Ibidem
[10] Koposov, Memory claws, cit. p. 242
[11]https://www.osservatoriorussia.com/2021/05/18/aleksandr-nevskij-e-la-formazione-dellidentita-russa/
[12] https://www.limesonline.com/carta-il-senso-di-accerchiamento-della-russia-3/114887#:~:text=Una%20carta%20a%20colori%20dal,di%20Limes%20Il%20fattore%20umano.&text=L%27assenza%20di%20catene%20montuose,partire%20da%20Mosca%2C%20San%20Pietroburgo.
[13] https://luissuniversitypress.it/russia-eterna-identita-nazionalismo-estratto/
Foto copertina: Immagine web