La pandemia ha sancito in maniera definitiva la trasformazione dei rapporti di potere. Una sfera pubblica svuotata di contenuti in cui esperti e competenti svolgono funzioni affidate prima alla politica. Lorenzo Castellani ha analizzato queste dinamiche nel suo recente volume, Sotto scacco.


Lorenzo Castellani è assegnista di ricerca e docente di Storia delle Istituzioni politiche presso la LUISS Guido Carli.

Da alcuni anni si discute sulle problematiche che affliggono le democrazie europee ed occidentali in generale, facendo emergere un quadro in cui i rapporti fra popolo e governo diventano sempre più critici. In concomitanza con queste difficoltà, ha osservato opportunamente Sabino Cassese, l’ulteriore slittamento dei meccanismi decisionali verso poteri sovranazionali, acuisce la tensione nelle nostre società oltre ad un’influenza profonda sugli ordinamenti statuali.
A tale situazione fa da corollario anche la crisi della politica e della rappresentanza, emerse chiaramente in occasione dello scoppio della pandemia. Su questi ed altri aspetti ci siamo soffermati con Lorenzo Castellani, autore di “Sotto scacco” per le edizioni LiberiLibri, in cui vengono ripresi alcuni ragionamenti del suo precedente volume dedicato ai rapporti fra potere e tecnocrazia e sviluppate delle analisi in cui emergono chiaramente i segni di un sostanziale svuotamento dei sistemi democratici.

Sotto scacco” rappresenta la naturale continuazione de “L’ingranaggio del potere”, il suo primo volume dedicato ai rapporti fra potere e tecnica. Quali sono gli elementi nuovi che vengono messi a fuoco in questo saggio?

“C’è senz’altro una continuità nell’analisi del ruolo degli esperti nel nostro sistema di governo. L’ingranaggio del potere, scritto prima della pandemia, preconizzava alcuni fenomeni che poi si sono concretizzati: la creazione di task force e comitati di esperti a supporto del Governo. Il punto di contatto con quel testo è l’impotenza della politica, ad esempio rispetto ad una struttura come l’Unione Europea che centralizza le politiche pubbliche come nel caso del PNRR. Il meccanismo con cui viene gestito il piano è un esempio concreto di tecnocrazia. Gli elementi di novità in Sotto scacco, sono quelli legati allo Stato d’emergenza, al nuovo dirigismo delle politiche ambientali e alla divisione fra scientisti e complottisti. L’idea che ci debba essere uno stato di emergenza prolungato in cui la tecnologia viene utilizzata per fronteggiare l’emergenza e disciplinare i cittadini. Inoltre analizzo il rapporto tra il mondo occidentale e la Cina, cui si guarda con una certa benevola ossessione in taluni angoli dell’establishment euro-americano poiché il regime di Pechino viene percepito come un sistema che risponde efficacemente al virus grazie alla sua disciplina e alla ferrea organizzazione. In questo modo si celebra il paradosso per cui il modo occidentale si avvicina alla Cina nei meccanismi delle proprie strutture istituzionali, basti pensare alle somiglianze nella risposta alla pandemia.”

Lei citando Habermas in un capitolo del libro, sostiene che la tecnocrazia rende esangue la sfera pubblica svuotandola di contenuti. Può approfondire questo passaggio?

“Il potere della politica riducendosi progressivamente cede al passo alla tecnica ed alla competenza, escludendo il dialogo e quindi la possibilità di confutare le decisioni prese in nome di presupposti scientifici. Nel nostro paese si avverte maggiormente che questo complesso meccanismo renda difficile la creazione di un’arena politica in cui si sviluppi un vero dibattito. Anche i cittadini che non credono più in un’ideologia, che non hanno più fede nelle religioni e che oramai hanno capito che esistono una serie di ragioni economiche, finanziarie ed amministrative che non consentono un esercizio concreto delle maggioranze politiche. Gran parte dei cittadini si sono rassegnati all’esclusione e ritengono inutile discutere allorquando a decidere ci sono tecnici ed esperti. Viviamo in democrazie in cui il popolo e i suoi rappresentanti al massimo ratificano.”

Fiducia ed autorevolezza della politica sono venute meno. In un capitolo lei parla di politica come regolazione dei rischi. Cosa intende con questo concetto?

“Non essendoci più dibattito politico o grandi idee da realizzare, dei modelli di società da promuovere e difendere, tutto è estemporaneo, empirico e quindi dinanzi ai rischi, di qualsiasi genere siano, si risponde risolvendo l’emergenza immediata. Una politica impostata in questo modo mostra quanto difficile sia regolare i rischi e soprattutto come la risoluzione di un rischio (es. sanitario) generi inevitabilmente delle crisi in altri ambiti (es. socio-economico). In questo modo, trionfa una burocratica razionalità tesa a risolvere un determinato problema ed i cittadini si trovano a dover subire soluzioni momentanee e al tempo stesso molto vincolanti. Smarrita all’interno di questo meccanismo, la politica è ridotta a mera gestione. La dialettica e il conflitto ordinato diventano impossibili, stritolati dalla tenaglia della tecnica e della burocrazia, il senso della rappresentanza si svuota. Le nostre società da questo punto di vista sono progressivamente diventate più aride, più stanche e sfiduciate. In un clima simile, anche la politica si trasforma in operazione manageriale. Infatti, a gestire la cosa pubblica si chiamano per l’appunto dei tecnici, dei manager, che non devono gestire idee e valori, ma solamente avere delle notevoli capacità di problem solving.”

La diagnosi in Sotto Scacco appare impietosa. Però tra le pieghe del testo lei accenna ad alcune soluzioni, quali il federalismo e la sussidiarietà. Ce ne può parlare?

“Il federalismo come idea di decentralizzazione della politica, di riduzione del potere regolatorio delle strutture burocratiche, potrebbe permettere ai cittadini di resistere al dirigismo ed al centralismo tecnocratico. Ciò vale anche per le nazioni rispetto a certi eccessi centralistici dell’Unione Europea. In secondo luogo, il federalismo può essere letto come un modo di pensare la politica. Noi siamo abituati a guardarla in termini rappresentativi, dal basso verso l’alto. La società odierna, in piena fase postdemocratica, potrebbe invece essere pensata come una serie di rapporti fra gruppi e comunità, a dei meccanismi negoziali che potrebbero valere non soltanto fra paesi, ma anche tra associazioni, ordini e corporazioni. Iniziare a disegnare rapporti orizzontali, che possano evitare eccessi demagogici e burocratici. Nella storia abbiamo avuto esempi come gli imperi molto decentralizzati, in cui venivano sviluppati rapporti fra comunità in cui si sceglievano anche i sistemi di rappresentanza più confacenti alle esigenze di queste. In un certo senso si potrebbe parlare di un’ipotesi neomedioevale.”

A proposito di emergenze, nel volume si sofferma sull’emergenza climatica sostenendo che, dopo la pandemia da Covid-19, sarà il nuovo banco di prova per i prossimi anni. Cosa accadrà secondo lei?

“L’emergenza climatica sta diventando un tema dominante, anche se meno percepita a differenza della pandemia. Tuttavia, la situazione si sta complicando poiché molti iniziano a comprendere come ci siano dei problemi di sostenibilità economica e sociale nel seguire un certo integralismo. L’aumento dei prezzi delle materie prime così come la dismissione dei combustibili fossili, stanno creando notevoli problemi in termini di transizione. Il passaggio dal motore a combustione a quello elettrico provocherà inevitabilmente delle profonde trasformazioni nel mondo del lavoro. L’idea della pianificazione sovranazionale, adottata dall’Unione Europea, potrebbe rivelarsi azzardata per i problemi sociali che si verranno a creare e, soprattutto, perché altri paesi, basti pensare alla Cina se non ad un continente come l’Africa, continueranno ad utilizzare i combustibili fossili, vanificando di fatto i duri sacrifici cui saranno sottoposti i cittadini europei. Quello che dobbiamo evitare è di cadere in quello che io chiamo il buco verde, cioè un sistema dirigista e tecnocratico che produce disoccupazione e malcontento sociale per perseguire un eccesso ideologico.”


Foto copertina: Scacchi