L’attesa uscita di Oppenheimer al cinema ha portato milioni di spettatori a interessarsi per tre ore a questioni di alta sicurezza nazionale come le armi nucleari, l’accesso a informazioni sensibili e il difficile rapporto tra scienza e industria bellica. Nolan ci costringe a riflettere sul “nuovo mondo” inaugurato dalle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki, il mondo fatto di deterrenza nucleare e della distruzione mutua assicurata (MAD).
A cura di Simone Orbitello
Apparati e diversità
Alla base della travagliata storia di J. Robert Oppenheimer vi è il fatto che gli apparati governativi statunitensi si fidavano poco di un uomo con un passato da “pensatore libero” e con amicizie comuniste, e che dopo aver portato a termine il progetto Manhattan cerca di bloccare lo sviluppo delle bombe a idrogeno e sostiene la causa della non-proliferazione. In un periodo, quello fine anni ‘40 e inizio anni ‘50, in piena corsa alle armi nucleari tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e con un forte clima di sospetto verso i comunisti interni (Maccartismo), Oppenheimer rappresenta una voce fuori dal coro, che viene isolata e silenziata. Nel film questo appare chiaro dalla procedura con la quale gli viene negato il nulla osta di sicurezza, viziata dalle spinte di Lewis Strauss, che rappresenta lo Stato profondo. A dicembre 2022, la Ministra dell’Energia americana Jennifer Granholm ha annunciato l’annullamento della decisione di revocare il nulla osta di sicurezza a Oppenheimer, presa nel 1954 al termine di un procedimento viziato da evidenti “faziosità e ingiustizie”[1].
Il procedimento che conferisce il nulla osta di sicurezza è particolarmente rilevante, perché stabilisce chi può ottenere informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale e chi può accedere a importanti cariche governative. Di questo procedimento si sa poco, e spesso è difficile capire le ragioni di una negazione dell’autorizzazione. Oppenheimer era per molti versi avvantaggiato dalla sua posizione di fisico di alto livello, ricco e ben connesso, sebbene le sue relazioni con ambienti comunisti e persino il suo essere ebreo non abbiano giocato a suo favore. Come detto da Ward Evans, uno dei membri della commissione che decise sul suo nulla osta, “quasi tutti quelli che si presentano davanti al consiglio di sicurezza con background eversivi sono ebrei”. La storia di Oppenheimer non è unica, e i dati a disposizione mostrano che persone provenienti da gruppi sociali marginalizzati hanno più difficoltà a ottenere il nulla osta. Questo ha un impatto sulla diversità e sulla rappresentanza delle varie comunità all’interno degli apparati governativi.
La mancanza di diversità è un grosso problema per la sicurezza nazionale, per varie ragioni. Anzitutto è stato dimostrato come gruppi maggiormente diversificati prendano decisioni migliori e siano più competitivi di gruppi omogenei. Inoltre, se il procedimento di autorizzazione è discriminatorio, questo può portare a errori che hanno conseguenze importanti. Il recente caso di Jack Teixeira[2], giovane ragazzo bianco che avrebbe passato documenti classificati ai suoi amici, dimostra i rischi di un procedimento poco trasparente e discriminatorio, che ignora le red flags di alcuni gruppi e accentua quelle di altri. Ancora, le agenzie di intelligence, per il lavoro che svolgono, necessitano di diversità, come testimoniato da un ufficiale della CIA, che nel 2020 ha detto che una buona parte degli agenti bianchi ha difficoltà a relazionarsi con persone prevenienti da gruppi sociali e background diversi[3]. Nonostante già 60 anni fa la CIA notasse la mancanza di diversità negli apparati securitari, tuttora donne e persone non bianche sono sottorappresentate.
I documenti storici mostrano come per decenni le pratiche discriminatorie abbiano portato a una comunità di sicurezza estremamente omogenea. Come ha notato l’ex diplomatico Chris Richardson, la reputazione americana all’estero veniva danneggiata negli anni ’50 a causa di questa discriminazione razziale, ma questo non fermò il Dipartimento di Stato dall’impedire agli applicanti neri di ottenere il nulla osta, perché sospettati di far parte di organizzazioni sovversive. Nel 1953 il Segretario di Stato John Foster Dulles ammise che vi era un “problema a far autorizzare persone di colore dall’FBI”[4].
L’era atomica
Uno dei momenti più intensi del film è quando la commissione chiede a Oppenheimer di spiegare quando si sono sviluppati i suoi scrupoli morali, e perché è passato dal costruire le bombe atomiche sganciate sul Giappone all’ostacolare lo sviluppo delle bombe a idrogeno. Il momento cruciale, che segna il cambiamento interiore in Oppenheimer, è il 6 agosto 1945, quando Little Boy rade al suolo Hiroshima. Oppenheimer si rende conto della potenza distruttiva di ciò che ha contribuito a creare e, ancora peggio, si rende conto che quella non sarà la fine di tutte le guerre, che le persone non capiranno la bomba dopo averla usata, che non vi sarà collaborazione con l’Unione Sovietica bensì una corsa agli armamenti. Questo lo porta ad opporsi alla bomba a idrogeno. Quello inaugurato dal progetto Manhattan è, come definito dal fisico Niels Bohr nel film, un “mondo nuovo”, non più sicuro di prima ma anzi molto più pericoloso. Oppenheimer ha ottenuto ciò che voleva, avere un impatto sulla vita delle persone, ma si rende conto che questo impatto è tutt’altro che positivo. Ha dato all’uomo “la capacità di distruggere se stesso”.
Oppenheimer sperava che una regolamentazione internazionale delle armi nucleari potesse impedire la corsa agli armamenti. Non fu ascoltato e nell’agosto 1949 l’Unione Sovietica testò la sua prima bomba atomica, costringendo gli Stati Uniti a sviluppare un’arma ancora più potente, la bomba a idrogeno, nonostante il parere contrario di Oppenheimer e della Commissione per l‘Energia Atomica (AEC). Il test atomico sovietico fu uno shock per gli apparati americani, che credevano i sovietici fossero molto indietro. Lo stesso Truman nel film dichiara che i sovietici non avranno mai l’arma atomica. Fu grazie a spie come Klaus Fuchs, presente a Los Alamos, che i sovietici riuscirono ad accelerare il loro programma nucleare e a costruire il loro primo ordigno, uguale a quello progettato da Oppenheimer e il suo team.
Gli anni ’50 furono caratterizzati dai tentativi delle due superpotenze di accumulare armi atomiche, al fine di costruire un deterrente credibile. Nel 1954 l’amministrazione Eisenhower sviluppò la dottrina di rappresaglia massiccia (massive retaliation), che prevedeva l’uso di armi nucleari anche in risposta ad attacchi convenzionali, al fine di infliggere danni insopportabili a un eventuale aggressore. Questa dottrina aveva il vantaggio di evitare eccessivi aumenti del budget di difesa e un impiego minore delle armi convenzionali. Tuttavia, essa dipendeva dalla percezione americana di superiorità nei confronti di Mosca. Questo concetto smise di essere credibile quando fu chiaro che l’Unione Sovietica possedeva un ampio arsenale nucleare. La realizzazione fu completa nel 1957, quando i sovietici testarono il primo missile balistico intercontinentale (ICBM) della storia, capace di trasportare a lungo raggio ordigni nucleari. Così, negli anni ’60 l’amministrazione Kennedy abbandonò la rappresaglia massiccia per la “risposta flessibile” (flexible response), che prevedeva l’uso di armi proporzionale all’attacco subito, aumentando così l’impiego di forze convenzionali. Nonostante le diverse teorie strategiche, e persino dopo la crisi di Cuba nel 1962, Stati Uniti e Unione Sovietica continuarono il loro accumulo di armi nucleari. Il termine MAD (Mutually Assured Destruction) riassume il concetto alla base della rivalità atomica: nel caso in cui uno dei due nemici venisse attaccato, avrebbe avuto comunque la capacità di attaccare l’altro. Le armi nucleari divennero quindi paradossalmente una condizione per la pace: dato che entrambe le superpotenze sapevano che l’altra aveva la capacità di causare gravi devastazioni anche dopo un attacco, ognuna aveva un incentivo a evitare l’escalation. Se all’inizio i decisori americani guardavano con timore alle armi nucleari sovietiche, a partire dagli anni ’60 realizzano che proprio la condizione di parità atomica poteva fornire stabilità. Nel 1963 Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito firmarono a Mosca il “Trattato per il bando degli esperimenti di armi nucleari nell’atmosfera, nello spazio cosmico e negli spazi subacquei” (Limited Test Ban Treaty), che limitava la possibilità di condurre test nucleari a sottoterra. Tuttavia, il diritto internazionale non impedì negli anni ‘60 a Francia e Cina di aggiungersi al club atomico, che oggi vede la partecipazione anche di Corea del Nord, India, Pakistan, Israele e in futuro forse Iran. Sebbene le armi nucleari servano a poco in contesti di guerra convenzionale, il solo possesso è un potente deterrente e un’assicurazione sulla vita, come dimostrato dal regime di Kim Jong-un e da Putin.
La non-proliferazione divenne uno dei temi più importanti su cui Usa e Urss riuscivano a collaborare. Nel 1972 la détente fu inaugurata dalla firma a Mosca del primo accordo SALT (Strategic Arms Limitation Talks). Da un lato venne posto un limite al numero di ICBM e di SLBM (Submarine-Launched Ballistic Missiles), e dall’altro si limitò i sistemi di difesa missilistici ABM (Anti-Ballistic Missiles). La fine della détente segnò l’impossibilità di continuare su questa strada, e nel 1980 il presidente americano Carter ritirò dal Congresso l’accordo SALT II, dopo che l’anno prima l’Urss aveva invaso l’Afghanistan. Nel 1987 Reagan e Gorbachev firmarono a Reykjavik il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), che pose fine alla crisi degli Euromissili iniziata nel 1979. Il trattato fu di grande importanza perché, per la prima volta, i sistemi d’arma non venivano ridotti o ritirati, ma effettivamente eliminati. Inoltre, l’Urss accettò una serie di regole e clausole che non aveva mai precedentemente accettato, tra cui un rigido sistema di ispezioni internazionali sul proprio territorio. Tuttavia, Washington ha spesso accusato la Russia di violare il trattato e nel 2019 si è ritirata, date le evidenti violazioni russe e lo svantaggio che esso creava nella competizione con la Cina, che non lo ha firmato.
Oggi l’unico accordo bilaterale che limita le armi nucleari russe e americane è il New START (Strategic Arms Reduction Treaty), siglato nel 2010 da Obama e Medvedev, quinto di una serie di accordi START iniziati nel 1991 tra Bush e Gorbachev. Il New Start sostituiva tutti gli accordi precedenti e prevedeva un massimo di 1.550 tra testate e bombe nucleari, 800 vettori nucleari (ovvero missili ICBM, sottomarini lanciamissili e bombardieri pesanti), di cui un massimo di 700 operativi contemporaneamente (il che equivale a permettere una riserva di 100 vettori). Questi limiti sono stati tutti raggiunti, e nel 2021 l’accordo è stato rinnovato fino al 2026. L’accordo prevede anche un regime di ispezione, che consente a entrambe le parti di verificare l’adempimento delle clausole, permettendo fino a 18 ispezioni annue. Quest’anno però, Putin ha deciso di smettere di permettere l’ispezione americana dell’arsenale russo, e ha sospeso la partecipazione all’accordo, chiedendo che anche Francia e Regno Unito vi aderissero. Pechino, d’altra parte, si rifiuta di partecipare all’accordo perché il suo arsenale nucleare è molto inferiore a quello di Stati Uniti e Russia.
Nel 1996 la Corte Internazionale di Giustizia si pronunciò sulla legalità delle armi nucleari[5]. La Corte decise che, sebbene la minaccia o l’uso delle armi nucleari confligga con il diritto umanitario, non si può concludere che le armi nucleari e il loro utilizzo siano illegali in un contesto di autodifesa in cui la sopravvivenza stessa dello Stato sia a rischio. La sentenza riflette l’assenza di consenso a livello internazionale: dichiarare le armi nucleari legali sarebbe stato molto difficile da digerire, ma dichiararle illegali avrebbe avuto uguale opposizione e poco effetto.
Oppenheimer ha ormai sorpassato i 720 milioni di dollari al botteghino. In un momento storico in cui la Russia minaccia l’uso di armi nucleari se la sua sopravvivenza fosse a rischio, la Cina aumenta il proprio arsenale atomico[6] e l’Iran continua con il suo programma nucleare[7], il film di Nolan aiuta a capire l’inizio del difficile mondo in cui viviamo. Sperando di non dover mai vivere la catastrofe che Oppenheimer ha contribuito a rendere possibile.
Note
[1] How Secrecy Limits Diversity, Matthew Connelly and Patricia Irvin, foreignaffairs.com
[2] When ‘Top Secret’ Is Not So Secret, Helene Cooper, Julian E. Barnes and Eric Schmitt, nytimes.com
[3] How Secrecy Limits Diversity, Matthew Connelly and Patricia Irvin, foreignaffairs.com
[4] Ibidem
[5] Legality of the threat or use of nuclear weapons, ICJ, 1996,
[6] Pentagon: China to more than triple its nuclear arsenal by 2035, Lara Seligman, politico.com
[7] Iran Says High-Level Uranium Enrichment Going Steady, iranintl.com
Foto copertina: