La principale minaccia per la sicurezza nazionale a Singapore deriva dall’organizzazione terroristica Jemaah Islamiyah, un rischio che esiste e persiste anche nelle province meridionali della Thailandia, della Malesia, dell’Indonesia, del Brunei e delle Filippine.
La Jemaah Islamiyah (nel prosieguo, in sigla, JI) fu fondata nel 1994 da Abu Bakar Bashir ed Abdullah Sungkar, due religiosi indonesiani, con lo scopo di diffondere l’interpretazione radicale dell’islam e reclutare militanti impegnati nel Jihād. Il nome dell’organizzazione potrebbe tuttavia risalire alla fine degli anni ’70.

Sembra, infatti, che le origini del gruppo discendano dal Darul Islam, un violento movimento radicale che sostenne l’istituzione della legge islamica in Indonesia, il paese musulmano più popoloso del mondo. Il Darul Islam nacque dopo il governo coloniale olandese, alla fine degli anni ’40, in lotta contro la Repubblica indonesiana post-coloniale, ritenuta troppo secolare.
Abu Bakar Bashir, di origine yemenita, si unì al Darul Islam negli anni ’70 e fu imprigionato in Indonesia con l’accusa di attivismo islamista[1]. Nel 1985 fu nuovamente condannato, ma riuscì a fuggire in Malesia, dove cominciò a reclutare volontari per combattere nelle brigate musulmane anti-sovietiche in Afghanistan, cercando finanziamenti dall’Arabia Saudita.
Dopo la destituzione del Governo Suharto, Bashir rientrò in Indonesia prendendo la direzione del Consiglio indonesiano Mujahadeen[2]. Il primo leader del ramo della JI a Singapore, Haji Ibrahim bin Haji Maidin, fu reclutato nella rete da Abu Bakar, alla fine degli anni ’80[3].
Nel complesso, la JI è strutturata in differenti shura, suddivisi in cinque sotto-gruppi, ognuno dei quali ha un leader ed un obiettivo operativo. Il compito della prima shura è quello di gestire le operazioni quotidiane, tra cui la formazione tattica dei combattenti.
La seconda si occupa di comunicazioni e gestisce il “profilo” online dell’organizzazione. Il problema della sicurezza di rete è affidato alla terza shura, che si concentra sulle operazioni di intelligence/counter-intelligence. La terza shura si occupa altresì di supervisionare le operazioni della JI.
Il benessere finanziario della JI è gestito dalla quarta shura, che istituisce e gestisce istituti di carità e raccolta fondi, conti bancari e società frontaliere per finanziare il gruppo e, fino a pochi anni fa, anche Al-Qaeda[4].
La componente missionaria della JI (dakwah) è incaricata di gestire la quinta shura, che prevede il reclutamento e l’assunzione di potenziali jihadisti. Al fine di reclutare i membri, il gruppo promuove la nascita di madrassas, scuole di apprendimento superiore religiose, dove gli studenti studiano il Corano secondo interpretazioni estreme tipiche del wahhabismo.
Le organizzazioni terroristiche islamiche tendono a reclutare gran parte dei loro militanti tramite le madrassas, poiché molti studenti sono già esposti alla logica estremista e, dunque, più facilmente disposti a partecipare al movimento jihadista. La struttura della JI non è solo suddivisa in base agli obiettivi operativi. Infatti, esistono diversi comandi regionali dislocati in tutto il Sud-Est asiatico. Questi comandi regionali sono conosciuti come mantiqis:
- Malesia, Singapore, Tailandia meridionale;
- Indonesia;
- Filippine, Malesia orientale e le isole più piccole dell’Indonesia;
- Australia e Papua[5].
A Singapore, in particolare, la JI è organizzata in cinque unità funzionali, conosciute come fiah: operazioni, sicurezza, lavoro missionario, raccolta di fondi e comunicazioni. Nell’ambito delle operazioni, le fiah operano frammentati in cellule più piccole. Ogni hub regionale ha una funzione diversa e questo tipo di struttura rende relativamente complicate le attività di monitoraggio da parte delle autorità.

In ragione della complessità della rete, i mantiqis hanno stretto legami con i movimenti separatisti regionali islamici. Ad esempio, mantiqis 1 ha stabilito legami con Kampulan Majahidin Mayalsia che svolge attività terroristiche in Malesia e nelle province meridionali della Thailandia, con l’obiettivo di rovesciare il governo malese e di stabilire uno Stato islamico.
Mantiqis 2 è il centro di reclutamento con collegamenti con il Majelis Mujahidin Indonesia (in sigla MMI), un altro gruppo regionale che può essere identificato come un’associazione politica.
Mantiqis 3 è la base logistica responsabile dell’acquisto di materiali esplosivi e di armamenti militari ed è collegato al Moro Islamic Liberation Front, basato a Mindanao.
Mantiqis 4 è una piccola area di reclutamento per gli esuli dall’Indonesia e non è molto ben sviluppata. La JI è molto presente nella società e fornisce servizi di assistenza sociale e sanitaria. Attività queste che favoriscono l’avvicinamento della popolazione al gruppo.
La struttura creata protegge la JI dalle operazioni di counter-terrorism attivate dalle autorità centrali e complica notevolmente gli sforzi delle agenzie governative e delle forze di polizia tesi alla prevenzione ed al contrasto delle operazioni terroristiche del movimento. Ciononostante le autorità del sudest-asiatico hanno arrestato più di 300 militanti del JI dopo l’attentato a Bali del 2002[6] e proprio Singapore ha avuto un approccio più determinato in ordine al lotta al fenomeno JI. Il suo un forte governo centrale ha bandito il gruppo e arrestato i membri sospetti, riuscendo a smantellare la fiah musa, che pianificava attentati alle sedi diplomatiche[7] (potenziali obiettivi erano l’ambasciata americana e israeliana, quella australiana e britannica, Sembawang Wharf e la Base Navale di Changi utilizzate dalle forze armate statunitensi, nonché gli edifici commerciali che ospitavano società americane.
Dopo un momentaneo declino, a partire dal 2010 si è assistito ad una rivitalizzazione del gruppo. I punti di forza della JI sono la sua eredità storica e le sue reti familiari, che le conferiscono una resilienza che nessuna altra organizzazione estremista possiede. Dal carcere, il leader Abu Bakr Bashir ha recentemente giurato fedeltà allo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi[8], un allineamento con il Daesh, che rinnova la minaccia a Singapore, così come alla Malesia ed all’Indonesia.
[1] Cfr. https://csis-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/legacy_files/files/publication/111101_Gordon_JemaahIslamiyah_WEB.pdf;
[2] Cfr. https://www.cfr.org/backgrounder/jemaah-islamiyah-aka-jemaah-islamiah;
[3] Cfr. Parliament of Singapore. (2003). The Jemaah Islamiyah arrests and the threat of terrorism: White paper. Singapore: Ministry of Home Affairs, p. 10.; Abuza, Z. (2003). Militant Islam in Southeast Asia: Crucible of terror Boulder, CO: Lynne Rienner Publishers, p. 138;
[4] Cfr. http://globalsecuritystudies.com/Weir%20JI.pdf;
[5] Cfr. Z. Abuza, Funding Terrorism in Southeast Asia: The Financial Network of Al Qaeda and Jemaah Islamiyah, NBR Analysis, Dicembre 2003, pp. 3 – 68;
[6] L’attentato di Bali del 2002 si è verificato il 12 ottobre 2002 nella zona turistica di Kuta, a Bali. Si attuò con l’esplosione di tre bombe: un dispositivo montato in uno zaino indossato da un attentatore suicida, una bomba fatta esplodere in un’auto di grossa cilindrata nella zona dei famosi locali notturni di Kuta ed un terzo dispositivo, molto più piccolo, che è stato fatto esplodere al di fuori del consolato americano a Denpasar e che ha causato solo danni di lieve entità.
[7] Cfr. Z. Abuza, Militant Islam in Southeast Asia: Crucible of terror, Boulder, CO: Lynne Rienner Publishers, p. 139.
[8] Cfr. https://www.counterextremism.com/threat/jemaah-islamiyah-ji;
Fonte della foto in evidenza: https://terrortrendsbulletin.com/category/jemaah-islamiyah/