Lo scorso 31 marzo il capitano Walter Biot è stato arrestato dagli uomini del Ros dopo essere stato sorpreso a vendere documenti classificati ad un membro dell’Ambasciata russa. Una spy story italiana.
Nell’ “Arte della guerra”, Sun Tzu afferma che la conoscenza delle disposizioni del nemico può essere ottenuta solo attraverso altri uomini. Da qui deriva l’uso delle spie, di cui esistono cinque classi: le spie native, le spie infiltrate interne, spie doppiogiochiste, le spie votate alla morte e le spie destinate a vivere.
Non sappiamo in quale di queste categorie può essere classificato il capitano di Fregata Walter Biot[1] che lo scorso 31 marzo è stato arrestato dagli uomini del Ros dopo essere stato sorpreso a vendere documenti classificati ad un membro dell’Ambasciata russa.
L’accusa è grave: spionaggio politico e militare, procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato e diffusione di materiale di cui è vietata la divulgazione.
L’Italia ha immediatamente convocato l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, ed espulso due funzionari della Federazione ritenuti coinvolti nella vicenda, definita dal capo della Farnesina, Luigi Di Maio, “una questione estremamente grave”, sicuramente la più grave della fine della guerra fredda.
Cosa ha spinto il capitano Biot a tradire il proprio paese? Soldi ovviamente. Ma ciò non deve destare scandalo, insomma la spia forse è il secondo lavoro più vecchio del mondo e di casi (anche eclatanti) ce ne sono tantissimi.
Le spy story piacciono tantissimo, esiste un vero e proprio filone letterario, cinematografico e televisivo che racconta le vicende di spie e servizi di intelligence che si danno battaglia a colpi di trappole, omicidi, congegni e avventure.
Spesso la fantasia di maestri come John le Carré[2] o Frederick Forsyth[3] hanno tratto spunto da storie reali, dai dettagli della vita di uomini e donne che hanno compiuto operazioni di spionaggio.
Abbiamo imparato a conoscere le sigle delle agenzie di spionaggio e controspionaggio: dalla CIA al KBG[4], dal Mossad o lo Shin Bet ai Mukhābarāt, dalla Stasi alla DGSE al MI6. Ne abbiamo immaginato le ambientazioni della guerra fredda, forse il periodo d’oro dello spionaggio, in citta come Vienna, Istanbul, Roma, così come i metodi e le tattiche.
La storia più o meno recente, ci ha fatto conoscere le vite e le gesta di Mata Hari, la danzatrice olandese, condannata alla pena capitale per la sua attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale, o quelle di agente segreto serbo, arruolato dai servizi della Germania nazista, che, durante la seconda guerra mondiale, sotto lo pseudonimo Tricycle faceva il doppio gioco per l’Intelligence inglese MI5. La sua mitica figura avrebbe ispirato Ian Fleming nella creazione del personaggio di James Bond. Come Kim Philby, doppiogiochista inglese al servizio del Kgb, o come Eli Cohen che da agente sotto copertura del Mossad in Siria, riuscì a divenire membro del governo in quel paese. L’elenco sarebbe lunghissimo. In virtù di tutto ciò, la vicenda del capitano Biot più che sconvolgere e indignare dovrebbe far riflettere se si tratti davvero di un “pesce grosso” o di un diversivo.
La cifra pattuita per il passaggio dei documenti è di 5.000€, non sappiamo quanti ne siano stati fatti[5], ma sappiamo che gli incontri avvenivano nel parcheggio del Carrefour di Spinaceto (sigh!).
Sarà compito della magistratura indagare, andare a fondo a questa storia e dare delle risposte. Si è trattato di un caso isolato? Da quanto tempo andava avanti la collaborazione con i russi? Esiste una rete di spie? La segnalazione e il clamore mediatico è solo un diversivo? Gli errori da dilettanti, la sensazione che abbiano fatto di tutto per farsi scoprire, fa sorgere qualche perplessità. Insomma Walter Biot è stata una trappola, un’esca?
Note
[1] Da alcuni anni in servizio all’ufficio Politica Militare dello Stato maggiore della Difesa, Biot godeva del grado di capitano di fregata. In passato, da ufficiale di ruolo speciale si era qualificato come “guida caccia”, con il compito di indirizzare i jet dell’Aeronautica militare italiana verso determinati obiettivi. Per molti anni è stato imbarcato, prima su cacciatorpedinieri poi sulla portaerei Garibaldi. Nel 2010, è passato allo Stato maggiore della Marina militare, presso l’ufficio stampa, rimanendo lì per circa due anni. A quel punto, è transitato al Gabinetto del ministro della Difesa, occupandosi di cerimoniale, comunicazione e relazioni esterne. Il suo nome e la sua foto compaiono nel libro dei contatti per la presidenza italiana dell’Unione europea del 2014.
[2] Recentemente scomparso, autore di capolavori come “La talpa” o “La spia che venne dal freddo”
[3] È noto come autore di spy-story come Il giorno dello sciacallo, I mastini della guerra, Dossier Odessa, Il pugno di Dio e Il quarto protocollo.
[4] Oggi FSB
[5] Per la procura ha passato 181 documenti riservati, di cui 9 segretissimi.