I recenti scontri di confine tra Tajikistan e Kirghizistan evidenziano tutte le problematiche dello spazio ex sovietico orientale unitamente a nuove sfide per la sopravvivenza.


 

L’ennesima scintilla in prossimità di una polveriera

È del 28 aprile 2021 la notizia secondo la quale tra Tajikistan e Kirghizistan vi sono stati degli scontri di confine[1]. Gli scontri, partiti da quella che sembrerebbe essere stata una “semplice sassaiola”, sono degenerati rapidamente coinvolgendo militari e forze di polizia dei due paesi.

Il pomo della discordia sembrerebbe una telecamera installata dai tagiki, vista come una provocazione dai vicini kirghisi, ed in uno scambio di accuse fra i due governi, quella che era una scaramuccia fra due gruppi civili, vede l’intervento dei militari dei due paesi.[2]

Sappiamo, inoltre, che ad alimentare l’escalation sino all’intervento dei militari sia stata la degenerazione della disputa in una lotta per il controllo di un serbatoio idrico e di una pompa, fondamentali in quella regione.[3] Solo in data 29 aprile i ministri degli esteri dei rispettivi paesi si sono incontrati per negoziare un “cessate il fuoco”. Fortunatamente con successo ma non senza che altri piccoli scontri a fuoco continuassero sino al 30.[4] Di seguito verranno riportate le dichiarazioni ufficiali dei due Ministri degli esteri dopo l’incontro:

“Oggi, dopo la discussione, abbiamo raggiunto un accordo per risolvere le questioni, per garantire la pace e stabilità in Kirghizistan e Tagikistan”, dice Saimumin Yatimov, capo del Comitato di Stato per la sicurezza nazionale del Tagikistan. “Sono sicuro che possiamo raggiungere questo obiettivo”.

“Spero che ci sarà il pieno silenzio, la pace nei nostri Paesi. In particolare, nei territori di confine. Speriamo davvero che le decisioni raggiunte, che abbiamo scritto nel protocollo, siano eseguite” spiega Kamchybek Tashiev, capo del comitato statale di sicurezza nazionale del Kirghizistan.[5]

L’evento in sé, però, non è sufficiente o quantomeno bastante a spiegare le motivazioni ben più profonde celate dietro la questione. Questione che affonda le sue radici nel periodo sovietico e nei “danni ambientali” operati nella zona.

Le motivazioni di questa breve ma sanguinosa escalation delle tensioni fra le due popolazioni, ha una doppia identità, legata al passato ma suscettibile ai problemi del presente. Infatti, la regione dove si sono svolti gli eventi non è nuova ad episodi del genere, dovuti essenzialmente alla mancanza di una chiara delimitazione del confine che resta per metà incerto.[6]

Le radici del conflitto

Durante il periodo sovietico, la volontà del governo centrale per questa particolare zona del mondo era di renderla fertile per aumentare le porzioni di territorio coltivabili e sfruttare al massimo la produzione di energia idroelettrica. Grandi opere di ingegneria vennero realizzate con l’intento di ottimizzare la ripartizione delle acque nell’intera zona. Il “risultato” di lungo periodo (anche se i primi effetti erano già visibili durante il governo di Gorbačëv[7]) è stato, però, un inaridimento del mare di Aral il più grande bacino idrico della zona.

The two major rivers of Amu Darya and Syr Darya, together with their tributaries, were heavily exploited by discharging continuously less water to the Aral Sea into which they were emptying and leading to the salinization and creation of the Aralkum Desert with insurmountable costs to the entire Aral Sea basin.[8]

Le repubbliche più colpite da questi cambiamenti furono proprio la Tajika e la Kirghiza che avevano il compito di regolare i flussi acquiferi verso le vicine repubbliche e riuscirono a compensare la mancanza d’acqua per sé stessi grazie a rifornimenti di quest’ultima e risorse energetiche da parte delle altre repubbliche sovietiche.
Purtroppo, con il disfacimento dell’impero sovietico questo fragilissimo sistema venne meno e la situazione si è aggravata rapidamente sino ad oggi.

La retorica dell’ex Presidente uzbeko Islam Karimov circa 10 anni fa sui potenziali conflitti idrici in caso di espansione dell’energia idroelettrica nei paesi a monte era fonte di grande preoccupazione per l’intera regione. Anche in quei tempi difficili, si era capito che, sebbene le priorità nazionali prevalessero sulla regionalizzazione, la complessità intrinseca dell’acqua attraverso le acque e l’eredità sovietica di sistemi comunemente condivisi non potevano essere trascurate. Il regime di Mirziyoyev in Uzbekistan ha inviato chiari messaggi di riconciliazione con i paesi a monte incoraggiando iniziative di regionalizzazione sui sistemi energetici.[9]

Ad oggi nonostante le tante iniziative di riconciliazione e ottimizzazione delle risorse idriche, operate da altre ex repubbliche sovietiche della zona, la questione tra Tajikistan e Kirghizistan resta irrisolta e gli scontri dello scorso aprile ne sono solo l’ultima prova. Altre provocazioni, infatti, erano state registrate solo quest’anno prima degli avvenimenti di aprile.

È importante ricordare che, in precedenza, il 7 aprile, a seguito delle minacce del Tagikistan, il Kirghizistan ha iniziato le esercitazioni militari sulla linea di frontiera contesa tra i due Paesi. Analogamente, dal primo al tre aprile, il Kirghizistan ha organizzato esercitazioni militari di sicurezza lungo la linea di confine con il Tagikistan. Le operazioni hanno coinvolto 2000 militari, 100 carri armati e mezzi corazzati. Durante le esercitazioni, è stata emessa l’ordinanza di coprifuoco nella regione di Batken, in Kirghizistan.[10]

Possibili scenari

La questione tra Tajikistan e Kirghizistan è estremamente complessa e trova le sue radici in problematiche, per così dire, “comuni” dello spazio ex sovietico orientale. Un punto, da non sottovalutare, è sicuramente la questione del cambiamento climatico e del surriscaldamento terrestre. Questi fenomeni hanno fortemente impattato su zone come quella da noi analizzata accelerando il processo di desertificazione e salificazione del “mare” Aral e aggravando la scarsità di acqua. Altra questione, correlata alle lotte di confine, è il controllo delle “rotte” commerciali del mercato della droga, estremamente lucroso e che da quelle zone giunge sino in Russia.

La caratteristica “moderna” degli scontri ha in parte a che fare con i cambiamenti climatici, i quali creano non pochi problemi relativi all’approvvigionamento dell’acqua.  Dall’altra parte, la regione è luogo di una delle rotte di esportazione della droga che dall’Afghanistan attraversa il Batken, la valle di Fergana in Kirghizistan da dove poi viene spedita in Russia.[11]

La situazione odierna è dunque un “braccio di ferro” che dura circa dal 1991 e che ad oggi sembra destinato ad aggravarsi (anche se alcuni dubbi sull’effettiva volontà delle due parti di “scendere in guerra” vi sono).

[…] nonostante le tensioni e gli interessi, nessuna delle due parti sembra veramente intenzionata ad iniziare un conflitto che non porterebbe nulla di utile neanche in caso di vittoria, sarà anche per questo, che gli scontri nell’area hanno catturato poca attenzione degli attori internazionali.[12]

Lo stesso disengagement statunitense ed occidentale dalla zona mediorientale[13], culminato solo recentemente con il ritiro delle forze Nato dall’Afghanistan sarà elemento di ulteriore instabilità nella regione e soprattutto per le mire economiche cinesi e russe.[14]
L’unica strada per la risoluzione pacifica sembrerebbe essere quella della collaborazione tra tutti gli attori regionali dell’Asia centrale ex sovietica (come già accennato) per organizzare una equa redistribuzione delle risorse idriche tramite processi regionalizzazione e non nazionalizzazione: un recente studio ha indicato l’importanza della sicurezza idrica e delle priorità per ciascun paese della CA suggerendo come potrebbero conciliare i loro interessi nazionali attraverso un quadro comunemente approvato sull’acqua e le sue pertinenti implicazioni in materia di energia, cibo e clima. Le fonti d’acqua dolce sono la componente principale per la regionalizzazione.[15]


Note

[1] https://www.youtube.com/watch?v=oPuRMil-ZZM
[2] https://iari.site/2021/05/06/gli-scontri-fra-kirghizistan-e-tagikistan/
[3] https://it.euronews.com/2021/05/02/si-placano-le-tensioni-al-confine-tra-kirghizistan-e-tagikistan
[4] https://iari.site/2021/05/06/gli-scontri-fra-kirghizistan-e-tagikistan/
[5] https://it.euronews.com/2021/05/02/si-placano-le-tensioni-al-confine-tra-kirghizistan-e-tagikistan
[6] https://iari.site/2021/05/06/gli-scontri-fra-kirghizistan-e-tagikistan/
[7] https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/aral-sea-disaster-and-implications-regionalism-central-asia-29957
[8] Ivi.
[9] Ivi.
[10]https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/04/30/kirghizistan-tagikistan-scontri-ad-arma-fuoco-lungo-confine/
[11] https://iari.site/2021/05/06/gli-scontri-fra-kirghizistan-e-tagikistan/
[12] https://iari.site/2021/05/06/gli-scontri-fra-kirghizistan-e-tagikistan/
[13] https://www.opiniojuris.it/le-conseguenze-della-politica-di-disengagement-statunitense-in-siria/
[14] http://www.iai.it/sites/default/files/pi_a_c_084.pdf
[15] https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/aral-sea-disaster-and-implications-regionalism-central-asia-29957


Foto copertina: Immagine di archivio di soldati kirghisi che pattugliano un’area al confine con il Tagikistan. (Foto: David Trilling)