Il generale Abdulfettah al-Burhan, presidente del Sudan Sovereignty Council e comandante dell’esercito, ha affermato che i militari sono determinati a ritirarsi dall’arena politica e lasciare spazio all’autorità civile che deriva dalle elezioni.


Nella Sala dei Congressi dell’Amicizia della capitale Khartoum, le parti militare e civile si sono nuovamente incontrate per dirimere le divergenze sull’accordo politico che darà inizio al nuovo periodo di transizione. Dopo la lunga crisi politica, i gruppi militari e civili hanno deciso di avviare la seconda fase negoziale che dovrebbe portare il Paese a un accordo definitivo, dopo che le forze politiche e militari lo scorso 5 dicembre, hanno firmato un accordo quadro per porre fine al colpo di stato militare in cui hanno concordato che le questioni spinose – giustizia, riforme della sicurezza, revisione dell’accordo di pace di Juba, questione del Sudan orientale e smantellamento del precedente regime – dovrebbero essere approfonditamente discussa con la partecipazione delle parti interessate.
Secondo quanto riportato dal Sudan Tribune, il generale Abdel Fattah al-Burhan capo del Sovrano Consiglio ha dichiarato di sperare di istituire un governo civile e democratico che soddisfi i desideri e le aspirazioni del popolo sudanese per la libertà, la pace e la giustizia, e ha detto: «Assicuriamo a tutti e al popolo sudanese che non li deluderemo e non ci ritireremo dal percorso che abbiamo intrapreso per condurre a una vera transizione democratica». Dopo la seconda fase avviata dalle parti, la firma dell’accordo definitivo e la determinazione del presidente del Consiglio, inizierà un nuovo periodo di transizione che durerà 2 anni.

L’instabilità continua dal 2019

L’11 aprile 2019, a seguito di violente proteste scoppiate per il caro-vita nel Paese, termina il trentennale governo di Omar al-Bashir. La rivoluzione però non ha portato alla stabilità sperata e i governi temporanei congiunti militari-civili istituiti successivamente non sono durati a lungo a causa di profondi disaccordi. Il 25 ottobre 2021, l’esercito sudanese ha preso in pugno la situazione e ha dichiarato lo stato di emergenza, arrestato dozzine di politici, incluso il primo ministro.
Nel Paese, privo di un parlamento, di un governo funzionante e di un primo ministro, il 10 settembre è stata presentata la “bozza di costituzione transitoria del 2022”. La UN Integrated Transition Assistance Mission in Sudan (UNITAMS), l’Unione Africana (UA), e l’organizzazione regionale IGAD e il quartetto composto da Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, hanno lanciato a giugno un meccanismo trilaterale per facilitare le negoziazioni tra la componente civile e quella militare. Il meccanismo si basava su questo progetto nella soluzione tra soldati e civili, e il 10 novembre ha annunciato che era stato raggiunto un “accordo di base” tra militari e civili per risolvere la crisi in Sudan.
A seguito di lunghi negoziati tra i gruppi militari e civili sotto gli auspici delle parti regionali e internazionali, le due parti hanno concordato di firmare un accordo quadro politico.


Foto copertina: Il generale Abdel Fattah al-Burhan capo del Sovrano Consiglio