Nella notte del 24 febbraio ha inizio l’attacco russo all’Ucraina. Cambia il quadro geopolitico mondiale? Lo abbiamo chiesto a Matteo Meloni, giornalista e analista della rivista di geopolitica EastWest


24 febbraio 2022 il Presidente Putin, in un messaggio alla nazione russa, annuncia di aver autorizzato l’avvio di una operazione “speciale” in Ucraina, volta a “demilitarizzare e denazistizzare” il paese e proteggere i cittadini filorussi del Donbass, sottoposti ad anni di genocidio. Questo è quanto ha dichiarato il Presidente della Federazione Russa, mentre era in atto l’assemblea del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Erano le 03.45 e l’offensiva russa in Ucraina aveva avuto inizio. Questo, è il quadro degli eventi che sono tuttora in corso nel cuore dell’Europa. Ma quali spunti di analisi potremmo trarre? Lo abbiamo chiesto a Matteo Meloni, giornalista e analista della rivista di geopolitica EastWest, precedentemente addetto stampa presso il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Zelenskyy ha affermato che gli ucraini combatteranno da soli, se necessario, sostenendo che la NATO non ha mostrato coraggio. Quanta credibilità può avere l’Occidente, penso anche riguardo agli alleati del Pacifico, se volta le spalle all’Ucraina?
“La credibilità dell’Occidente nell’Asia-Pacifico è di difficile interpretazione perché, oltre ad inquadrare la Cina come nemico, non esiste una vera strategia comune con gli Alleati. Basti pensare al “tradimento” dell’Australia alla Francia, la nascita dell’Aukus e la crisi diplomatica tra Parigi e Canberra, che ha trascinato nella discussione anche l’Ue, giustamente in appoggio ai francesi. Non vedo un Occidente unito su come procedere in Asia. La complessità esistente nelle relazioni internazionali odierne nasce, paradossalmente, dalla fine di un periodo di confronto a sé stante come la Guerra Fredda che — guerre di procura a parte — ha visto Stati Uniti, Alleati e URSS sostanzialmente mai fronteggiarsi militarmente sul campo di battaglia. In tal senso, la cortina di ferro ha funzionato, dividendo il mondo in due sistemi ed evitando un conflitto che rischiava di diventare nucleare. Devo riconoscere che la credibilità occidentale si è erosa pochi anni dopo la deflagrazione dell’URSS: Washington, come ricorda Ahmed Rashid, ha abbandonato la regione cruciale del Centro Asia nel decisivo decennio degli anni ’90, si avvia la lotta al terrore portata avanti dal Presidente George W. Bush dopo l’11 settembre, inizia il periodo degli interventi militari non avvallati dalla comunità internazionale, si giunge alle posizioni rigide sul multilateralismo nel periodo trumpiano. Oggi constatiamo che gli Usa non sono più in grado di svolgere la funzione di capoclasse, ruolo che hanno avuto per lungo tempo come affermato dal mio Professore Paolo Magri.”

La NATO e gli Stati Uniti si sono mostrati, certamente, più attivi rispetto alle istituzioni europee. L’invasione russa potrebbe aver ridato vita alla NATO e affossato le aspirazioni europee a diventare una potenza globale?
“La Russia, con l’azione illegale in Ucraina, ha incredibilmente rivitalizzato la Nato che, però, è guidata da un Segretario Generale che è stato incapace di affrontare due grossi scenari come quello in Afghanistan e, per ultimo, quello in Ucraina. Non dimentichiamoci, d’altro canto, che i problemi interni al Patto Atlantico esistono e sono ben visibili da tempo. Pensiamo alla Turchia, che rimane una pedina spesso interscambiabile: talvolta fedele a Bruxelles, talvolta a Mosca. Per quanto si sia espressa con veemenza contro l’intervento militare della Federazione in Ucraina, negli ambienti militari non c’è certezza sul fatto che, realmente, bloccherà il passaggio alle navi da guerra russe negli Stretti. Se Ankara sarà utile attore nel riuscire a mediare tra Occidente e Russia, ne beneficerebbe l’intera comunità internazionale e lo stesso Erdoğan, che si appresta ad affrontare elezioni decisive nel 2023, anno del centenario della Repubblica. L’Unione Europea è già potenza globale: basta leggere i dati dell’interscambio commerciale tra il blocco dei 27 e i singoli Paesi. Ma per fare il salto di qualità, serve un’ulteriore cessione di sovranità da parte degli Stati Membri a favore della Commissione Europea sul piano della politica estera. Non è pensabile continuare a ragionare per capitali, evitando così pellegrinaggi disarmanti come quelli visti, ad esempio, verso il Cremlino da parte dei leader europei.

La Russia attacca l’Ucraina. Ci sarebbero evidenze secondo le quali l’invasione sia stata pianificata e messa a punto giorni se non settimane prima. Tutto ciò farebbe pensare che gli sforzi diplomatici si siano rivelati come un tentativo di prendere tempo. Qual è stato l’errore della diplomazia euroatlantica?
“Non esiste nessun’altra figura più capace di un diplomatico nell’affrontare una crisi. Grazie alla diplomazia, nella maggior parte dei casi, i cittadini vengono tutelati e possono giovare, ad esempio, del lavoro svolto nelle trattative commerciali, portando benefici all’intera collettività. Stavolta la comunità euroatlantica è stata letteralmente presa in giro, non solo la diplomazia. Senza troppi giri di parole l’ha affermato anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi. Lo stesso ex Capo di Stato Maggiore Vincenzo Camporini ha ammesso di non aver pensato che l’intervento militare russo in territorio ucraino si sarebbe verificato. Sì, Vladimir Putin ha preso tempo, ma ha perso totalmente di credibilità.”

Il Presidente Joe Biden ha annunciato sanzioni devastanti. Molti paesi europei, soprattutto Polonia e paesi baltici chiedono l’esclusione della Russia dal SWIFT e richiamano la NATO a valutare l’applicazione dell’articolo 4. Altri, come la Germania, stemperano i toni. La domanda è: l’Occidente rischia di disunirsi col passare del tempo?
“L’unità Occidentale, lo ribadisco, è ahimè un’illusione. E la questione dell’esclusione russa dal sistema dei pagamenti SWIFT ne è un esempio lampante. Se con l’Iran può essere stato semplice, con la Russia non si potrà prendere una decisione a cuor leggero visto che Italia e Germania sono legati profondamente al tessuto economico della Federazione. La disunità occidentale è il male della nostra contemporaneità: è necessaria un’azione univoca europea, che possa superare i dettami statunitensi, capace di parlare con Washington da pari e non da subalterni.”

Secondo alcune testate e video apparsi sui social, ci sono state manifestazioni di numerosi protestanti a Mosca e San Pietroburgo, che si sono schierati contro la guerra. Ci sarebbero state centinaia di arresti. Qual è la situazione interna in Russia? Siamo sicuri che Putin sia così saldamente al potere?
“Quella di Putin sembra una mossa disperata. Giocandosi il tutto per tutto sull’Ucraina non dimostra forza ma debolezza. Si iniziano a registrare manifestazioni e proteste contro l’intervento, alcuni personaggi noti del mondo dello sport e dello spettacolo si sono esposti in tal senso. Il messaggio che cerca di mandare internamente è: “Comando ancora io”. L’esempio plastico l’abbiamo notato in tv, quando il Presidente ha letteralmente zittito Sergej Naryshkin, capo del controspionaggio, che timidamente ha tentato di suggerire un approccio ancora dialogante con l’Occidente. A questo punto possiamo aspettarci qualunque scenario. Uno interessante si è già verificato, se non sarà smentito nel corso delle prossime ore: il Kazakistan, storico alleato di Mosca, ha rifiutato la richiesta di invio di truppe in Ucraina, e dichiarato di non riconoscere le due repubbliche del Donbass.”

Le potenze revisioniste, Cina e Russia, hanno sempre palesato l’intenzione di sovvertire l’ordine internazionale preesistente e creare una struttura tripolare o multipolare. Potremmo essere vicini ad una palese attività diretta in questo senso? La Cina potrebbe approfittare del fronte ucraino per allungare le mani su Taiwan?
“Se la Cina invadesse militarmente Taiwan, a mio modesto avviso, non sarebbe in funzione di quanto sta avvenendo in Ucraina. Sarebbe il compimento di una politica, quella dell’unitarietà del Paese, che va predicando dalla nascita della Repubblica Popolare. Faccio notare che la comunità internazionale riconosce solo Pechino, tranne una sparuta minoranza. Vedo delle contraddizioni in termini, se non addirittura storiche, nell’incentivare le speranze indipendentiste e sovraniste di Taipei rimanendo legati diplomaticamente alla Cina continentale. Per quanto riguarda le alleanze sui generis opposte al blocco occidentale, credo che non abbiano strutturalmente la forza di ritenersi tali finché ci sarà la singola volontà di quelle nazioni a voler ergersi a guida.”

In tutto questo alcuni attori regionali sembrano stranamente silenti, Iran per esempio. Cosa succede a Teheran in questo momento? Che effetti potrà avere questo evento?
“L’Iran è in una spiacevole, se non drammatica, situazione nella quale si è ritrovato a causa della ottusa politica estera Repubblicana, sospinta dalle pressioni dello Stato di Israele. Era evidente il positivo funzionamento del JCPoA ma, si sa, in politica estera non è vero che pacta sunt servanda, anzi: basta un cambio al potere per modificare precedenti accordi sottoscritti da un Paese. E il caso dell’accordo sul nucleare e la retromarcia di Trump rispetto alla precedente amministrazione in carica è alla luce di tutti. Tra l’altro, ero fisicamente a Teheran il giorno che l’ex inquilino della Casa Bianca annunciò il suo ritiro dal JCPoA e l’intenzione di ripristinare le sanzioni sulla Repubblica Islamica. Fu una giornata assurda, una nube cupa si abbatté sulla città, il nervosismo era palese. Fu l’inizio di un incubo, dal quale la Repubblica Islamica e soprattutto i suoi cittadini non sono ancora usciti.”

Anche l’India è stata abbastanza timida a condannare l’aggressione russa nonostante la partecipazione al quad, mentre nel continente africano il solo Kenya lo ha fatto pubblicamente nel corso del consiglio di sicurezza ONU. Cosa potrebbe significare?
“Ciò significa che, da osservatori neutri, dobbiamo notare che non tutti la pensano allo stesso modo su quanto sta avvenendo in Ucraina. È un wishful thinking pensare che partner strategici in quadranti lontani siano necessariamente coinvolti allo stesso modo in altre crisi. Le strategie di ogni singolo Paese non si incontrano necessariamente: se ciò non avviene a livello di membri Unione Europea, figuriamoci tra chi non fa parte di framework sovranazionali ma, nella migliore delle ipotesi, di organizzazioni inter-governamentali o accordi di facciata.”


Foto copertina: Kiev, Ucraina, 25 febbraio 2022. Un edificio colpito dall’esercito russo. (Emilio Morenatti, Ap/LaPresse)