Emanuela Droghei, consigliera regionale del Lazio del PD, indica alcune priorità per arrivare preparati all’appuntamento con le elezioni europee del prossimo anno, una sfida in cui si confronteranno due concezioni opposte di Europa.


L’elezione di Elly Schlein alla guida del Partito Democratico ha rappresentato indubbiamente un segnale di rinnovamento, quantomeno dell’esigenza percepita dall’elettorato che si riconosce nel centrosinistra, di parlare un linguaggio chiaro sui temi sociali e ambientali. Durante questi primi mesi della nuova segreteria, il partito ha vissuto e sta vivendo inevitabili scosse di assestamento accompagnate ad alcuni insuccessi elettorali che impongono delle riflessioni, necessarie soprattutto ad affrontare i prossimi anni di opposizione in maniera consapevole per prepararsi ad affrontare le sfide che contrapporranno il PD al centrodestra. Insieme ad Emanuela Droghei, consigliera regionale del Lazio del PD, con una solida esperienza da amministratrice locale e sostenitrice nell’ultimo congresso della mozione Schlein, abbiamo approfondito alcuni temi in vista dell’appuntamento con le elezioni europee del 2024.

Le ultime sconfitte elettorali, nelle elezioni regionali ed amministrative, hanno innescato all’interno del Partito Democratico diversi malumori che rischiano di ripercuotersi anche su un elettorato che appare distante rispetto al passato. Ci può descrivere cosa sta avvenendo oggi nel suo partito?
Francamente l’elemento di cui dobbiamo occuparci nei prossimi mesi, piuttosto che inseguire i singoli malumori o la dichiarazione di singoli esponenti politici, è come riconquistare la fiducia degli italiani. Per farlo non ci sono scorciatoie. Bisogna avviare una profonda trasformazione del PD sia sotto il profilo delle idee che delle proposte, per tornare in sintonia con gli elettori che ci hanno voltato le spalle. Il senso dell’elezione e del lavoro dei primi mesi di Elly Schlein è essenzialmente questo. Tornare tra la gente, ascoltare, discutere dei problemi che attanagliano la vita delle persone. Non è una sfida facile, è in gioco la tenuta sociale e democratica dell’Italia. Senza un’opposizione in piedi che prepari un’alternativa, il Paese tutto è più debole.

Dopo un decennio di partecipazione al governo del Paese non crede che ci sia una certa difficoltà nel concepire e soprattutto rendere incisiva l’opposizione ad una maggioranza che, al di là di alcune battute d’arresto, come quelle sulla ratifica del MES e l’ottenimento della terza rata di fondi del PNRR, appare al momento solida?
Meloni è al governo del Paese da meno di un anno. Certo, forse la luna di miele non è ancora finita, tuttavia i primi segnali confermano le preoccupazioni che avevamo al momento del voto e ancor più oggi. Le prime scelte del governo sono inadeguate rispetto alle sfide che sta attraversando il Paese: l’inflazione galoppante, i salari dei lavoratori al palo, la precarietà dei giovani che si diffonde, le crescenti difficoltà delle famiglie ad arrivare alla fine del mese, la sofferenza delle imprese. Certo, non sono problemi nuovi. Tuttavia, Meloni non è più all’opposizione e quindi sta a lei provare a fronteggiare tali problemi. Sinceramente i primi provvedimenti sono molto deludenti anche per gli elettori del centrodestra: aveva promesso un taglio fiscale di cui non si vede traccia; la verità è che le scelte fin ora effettuate, colpiscono la povera gente e non toccano i privilegi. I condoni e la recente Social Card ne sono la prova lampante.

La segretaria Schlein punta moltissimo sull’appuntamento del 2024 con le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Crede che per il Partito Democratico sia l’occasione propizia per recuperare il terreno perduto?
Nel 2024 saremo chiamati al voto per rinnovare il Parlamento Europeo, il futuro dell’Europa. Non è una cosa banale da poter leggere solamente in chiave nazionale di rivalsa elettorale. La sfida sarà ancora una volta tra concezioni opposte di Europa: quella di Meloni, Orban e dei nazionalisti che vogliono una Europa minima, dove ciascuno risolve i problemi all’interno dei propri confini: l’immigrazione, il cambiamento climatico, le pandemie; e un’altra, che scommette su una Europa unita ma rinnovata. L’Europa che dopo il Covid ha saputo abbandonare l’austerità e si è ritrovata su un grande progetto (il PNRR) di ripresa economica e di innovazione dei Paesi più colpiti dalla pandemia. Questa è l’Europa che vogliamo. Su questa prospettiva, nel 2024, chiederemo il consenso degli italiani. Sono certa che già in quell’appuntamento il PD registrerà una crescita dei consensi.

Sempre in tema di Unione Europea pensa che all’indomani della prossima consultazione elettorale possa esserci un riassetto degli equilibri che sino ad oggi hanno caratterizzato l’assemblea di Bruxelles con uno spostamento a destra del baricentro?
Come accennavo le elezioni europee saranno una sfida tra visioni opposte. Per parte nostra, dobbiamo scongiurare una vittoria delle destre. Sarebbe un segnale molto pericoloso. Ricordiamoci che nel 2024 si voterà anche negli USA. Queste competizioni elettorali determineranno il mondo in cui vivremo nei prossimi anni. Dunque, non si scherza. Per questa ragione e con parole comprensibili dovremo far capire quale è la posta in gioco, riportando al voto i milioni di italiani che hanno abbandonato le urne.

Riguardo al rapporto del Partito Democratico con le altre forze di opposizione al Governo Meloni, come crede possa evolvere la situazione rispetto al Movimento 5 Stelle e al Terzo Polo nelle due declinazioni di Azione ed Italia Viva? C’è il rischio di un’emorragia verso altri lidi politici?
Il PD da solo non basta, è necessario ricostruire un sistema di alleanze politiche, sociali e civiche nel Paese. Bisogna costruire una credibile alternativa di governo. Ora siamo all’opposizione. C’è un grande lavoro da fare, d’innovazione e credibilità. Come quello che, ad esempio, stiamo facendo sulla proposta di introduzione del salario minimo a 9 euro l’ora, riguardante oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori in Italia. È possibile costruire convergenze superando anche le furbizie di chi ha giocato allo sfascio del centrosinistra. Bisogna continuare così.

Un passaggio della mozione Schlein, che lei ha sostenuto, recita: «Non si può essere tutto e il contrario di tutto, altrimenti si finisce per non rappresentare più nessuno. È tempo di avere più coraggio. Nelle scelte, nelle proposte, nella visione, scegliendo chi vogliamo rappresentare». Il Partito Democratico chi intende rappresentare?
Nel corso di questi anni, anche quando siamo stati impegnati al governo in un momento drammatico, penso alla pandemia, siamo apparsi annacquati nelle nostre proposte, talvolta incerti e incoerenti nella risoluzione dei problemi degli italiani. La delusione degli elettori del centrosinistra, i tassi crescenti di astensionismo nelle periferie e nelle aree interne del Paese, sono il sintomo che sotto la pelle dell’Italia scorre una profonda inquietudine, la paura della propria condizione di vita che si trasforma in rabbia, e alimenta egoismi e marginalità. Bisogna ripartire da qui, sapendo che quello che vive l’Italia, non è lontano da quanto avviene in altri importanti paesi europei, dove la sinistra mostra evidenti difficoltà nel radicamento sociale e nelle leadership. Noi con Schlein abbiamo invertito la rotta, abbiamo introdotto un’innovazione.  Un Partito Democratico rinnovato, in grado di intercettare il consenso delle nuove generazioni, dei lavoratori e delle fasce più in difficoltà del Paese. Un Partito che sappia misurarsi con le sfide delle diseguaglianze sociali e del cambiamento climatico, che serva all’Italia e all’Europa per ricostruire fiducia in un futuro possibile.


Foto copertina: la consigliera regionale del Lazio del Partito Democratico, Emanuela Droghei