Come il recesso ha spaccato il Regno Unito: il caso della Scozia e dell’Irlanda del Nord.
Se con la BREXIT Londra ha festeggiato un’apparente ripresa di controllo sulla propria sovranità, l’illusione ha quasi immediatamente lasciato il posto ad una realtà molto più complessa e decisamente meno ottimistica. Sebbene né Londra né Bruxelles siano uscite vincitrici da questa dolorosa separazione, a tre mesi dal recesso, il Regno Unito sembrerebbe star pagando il prezzo più caro.
È soprattutto il fronte interno a far tremare l’Union britannica.
Quella sovranità che avrebbe dovuto rafforzarsi dall’allontanamento rispetto al vicino europeo ne è uscita fortemente indebolita, come dimostrano le difficoltà di Westminster nel gestire le preoccupanti tensioni che stanno riemergendo su due fronti interni “caldi”: quello scozzese e quello nordirlandese. È proprio dall’analisi di questi due contesti che emerge tutto il paradosso della BREXIT. In un impeto di irrazionale nazional-populismo, il Regno Unito ha negato la propria identità europea facendo venir meno il principale fattore calmierante sulle spinte centrifughe di Scozia e Nord Irlanda: l’appartenenza all’UE. Non è un caso che al referendum del 2016 in Scozia e in NI abbia trionfato il fronte del “Remain” per il 62% ed il 55,8% rispettivamente[1].
Allo stesso modo, l’irrinunciabilità dei vantaggi derivanti dalla membership europea spinse gli elettori scozzesi a votare per il 55% contro il referendum sull’indipendenza della Scozia del 2014[2]. E ancora, fu il ruolo simbolico e politico svolto dall’UE a rendere realizzabile il compromesso alla base degli Accordi del Venerdì Santo del 1998 che sancirono la fine del conflitto fratricida in NI[3].
Lungi dall’essere implicita, la centralità dell’UE per talune centrali questioni di politica interna è stata categoricamente sottostimata e discorsivamente taciuta dai brexiteers, dimostrando scarsa lungimiranza e spessore politico a tutto svantaggio della stabilità interna dell’Union. Da buon antieuropeista, il PM Boris Johnson ha fatto proprio tale approccio ottenendo come risultato una pericolosa riapertura dei fronti interni “caldi”. E come se non bastasse, la fantasiosa proposta di costruire un tunnel tra la Scozia e il NI per arginare il rischio di una vera e propria implosione del Regno Unito[4] ha confermato come il PM britannico abbia una visione politica di breve periodo e troppo focalizzata sulla “bigger picture” per poter affrontare opportunamente le criticità legate alle spinte centrifughe che la sua versione della BREXIT ha generato e che rischiano di compromettere la coesione nazionale.
Il ritorno di “Braveheart”
Il primo fronte ad essersi riacceso è proprio quello scozzese. Rinvigorito da una leadership carismatica e capace incarnata da Nicola Sturgeon[5], lo Scottish National Party (SNP) è determinato a chiedere l’indizione di un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese per poter ritornare nella UE come Stato indipendente, possibilità attualmente negata da Westminster. I sondaggi sembrerebbero premiare l’ala indipendentista scozzese che ha sfondato la quota del 50% rispetto agli avversari in lizza per le elezioni locali del prossimo maggio[6]. A rafforzare le istanze di indipendenza sono stati diversi fattori: la brillante gestione della pandemia da parte dell’SNP che ha rafforzato la credibilità di Nicola Sturgeon come possibile leader a capo di una Scozia indipendente; il forte malcontento per i contraccolpi economici della BREXIT su comparti centrali dell’economia della regione strettamente legati al mercato europeo, come il settore della pesca[7]; infine, questioni squisitamente politiche legate alla sensazione che il Governo centrale abbia categoricamente ignorato la volontà degli scozzesi di voler restare nell’UE. Allo stesso tempo, l’SNP agirebbe in una posizione di maggiore forza rispetto al passato sia grazie ai 43 seggi guadagnati alle elezioni nazionali del 2019[8] che alla luce delle modifiche costituzionali indotte dalla BREXIT che costituiscono un precedente legittimo per poter richiedere un secondo referendum, legittimità che la Sturgeon ritiene presupposto irrinunciabile per procedere all’indipendenza[9].
I tempi sembrerebbero maturi per la Scozia per realizzare il suo sogno indipendentista, ma quanto l’indipendenza è una strada realmente percorribile?
La capitalizzazione del vantaggio accumulato dall’SNP dipenderà, anzitutto, dalla capacità del Partito di lasciarsi alle spalle la faida recentemente conclusasi tra gli indipendentisti[10].
Originata dalle accuse mosse alla sua leader di falsa testimonianza dinanzi al Parlamento scozzese nel contesto del processo ad Alex Salmond[11] e di violazione del codice di condotta ministeriale, la faida si è conclusa con la dichiarazione di innocenza della leader dell’SNP per tutti i capi d’accusa ed il superamento di un voto di sfiducia richiesto a gran voce dai Conservatori in seno al Parlamento di Holyrood il 23 marzo scorso[12]. Malgrado l’esito complessivamente positivo, l’SNP e la Sturgeon dovranno essere abili, nel quadro della campagna elettore per le elezioni locali di maggio, a dissipare ogni critica mossa dal Comitato di inchiesta indipendente al Governo nella gestione delle accuse contro Salmond di molestie sessuali, tema “caldo” che potrebbe ridimensionare parzialmente il dilagante consenso accumulato dall’SNP[13] compromettendo la realizzazione della mission del Partito: un secondo referendum[14]. Un ulteriore ostacolo interno è dato dalla resistenza di Westminster nel concedere un referendum dagli esiti temuti, resistenza che solo momentaneamente può essere giustificata dall’emergenza pandemica. Nel lungo periodo, l’ostruzionismo del Governo centrale potrebbe generare una vera e propria crisi costituzionale, oltre a palesare una latente ipocrisia che vedrebbe il Regno Unito negare alla Scozia quel diritto ad una maggiore sovranità per il quale esso stesso ha combattuto per quattro lunghi anni[15].
Anche laddove la Scozia riuscisse a diventare indipendente, però, quanto sarebbe conveniente? In primo luogo, per tornare nell’UE, la Scozia dovrebbe attivare la procedura di adesione ex art. 49 TUE, il cui esito non è da considerarsi scontato. Inoltre, rientrare nel mercato unico europeo significherebbe per la Scozia rinunciare ai cospicui vantaggi dell’appartenenza al mercato britannico ed alla stessa sterlina, valuta che l’SNP vorrebbe difendere anche in uno scenario post-indipendenza.
Come se non bastasse, una Scozia indipendente ed europea assisterebbe alla creazione di un confine tangibile alla sua più lunga frontiera terrestre, quella col Regno Unito[16].
Indubbio è il pericolo posto all’unità nazionale dal fronte scozzese. Malgrado ciò, l’esito delle tensioni tra Westminster ed il Parlamento di Holyrood è tutt’altro che scontato[17]. L’indipendenza è, allo stato attuale delle cose, un’opzione ma non è l’unica e la sua effettiva realizzazione dipenderà sia dall’approccio che sarà adottato da Londra che a fattori di contesto[18]. Al netto di tutte queste variabili, però, cruciale sarà il fattore identitario: se nella scelta tra le due “Unioni”, quella britannica e quella europea, gli scozzesi dovessero privilegiare la seconda riconfermando il sostegno all’SNP alle prossime elezioni locali di maggio, per Londra il pericolo di smembramento sarà più che mai pressante.
L’incubo che riaffiora: le tensioni in NI
Se la Scozia è un fronte infuocato, quello nordirlandese rischia di insanguinarsi a 23 anni dalla fine dei “Troubles” proprio a causa della BREXIT. L’incubo che tutti volevano evitare e sul quale le trattative di recesso si sono più volte arenate sta diventando nuovamente realtà.
La creazione di un confine doganale nel Mare d’Irlanda ha immediatamente suscitato la preoccupante reazione degli Unionisti nordirlandesi, i quali temono che la “backstop solution” spinga sempre più il NI tra le braccia della Repubblica d’Irlanda. E così, nelle settimane successive il recesso sono emersi graffiti minatori contro gli agenti doganieri del Mare d’Irlanda a Belfast, Larne e Carrickfergus. La leader del partito unionista Dup, Arlene Foster ha lanciato una petizione di 150mila firme per rinnegare il Protocollo sul Nord Irlanda. Tuttavia, i segnali più preoccupanti arrivano dalle milizie paramilitari unioniste[19] che, con una lettera al PM Johnson, hanno iniziato una campagna di “dissenso pacifico” non riconoscendo, momentaneamente, gli Accordi del Venerdì Santo[20]. E mentre gli unionisti “da giardino”[21] lasciano il posto ai radicali, i repubblicani, ora rappresentati da un Sinn Féin[22] in ascesa, rafforzano nuovamente i legami transatlantici con le comunità irlandesi degli USA, sulle cui principali testate sono apparse inserzioni pubblicitarie reclamanti l’indizione di un referendum in NI proprio durante il St. Patrick’s Day, a riprova di una perdurante volontà di vedere le “due Irlande” finalmente unite[23].
Appare evidente come le sopite tensioni si stiano nuovamente polarizzando in NI.
E mentre l’opinione pubblica britannica è spaccata sulla convenienza in questo momento storico di un referendum in NI[24], il PM Johnson, che di referendum proprio non ne vuole sapere, ha dato nuovamente prova del suo criticabile spessore politico disattendendo unilateralmente l’accordo concluso soltanto pochi mesi prima con l’UE, attraverso la proroga del “periodo di grazia” sui controlli alla dogana nel Mare d’Irlanda fissato fino al 1 aprile 2021[25]. Lungi dall’attenuare le tensioni emergenti, la scelta del PM britannico ha causato l’ira e la sfiducia dell’UE circa la volontà effettiva del Regno Unito di rispettare gli accordi, oltre a sostenere indirettamente l’atteggiamento di rigetto del Dup nei confronti del Protocollo[26].
Alla luce delle recenti tensioni e dell’opinabile gestione della questione da parte di Londra, quale sarà il futuro del NI?
Bertie Ahern, uno dei fautori degli Accordi del Venerdì Santo, fornisce molteplici spunti di riflessione sul tema in un’intervista rilasciata a “La Repubblica” il 13 marzo scorso. Oltre a criticare apertamente la gestione di Boris Johnson della fase finale del recesso accusandolo di aver condannato il Regno Unito alla “sua versione della BREXIT” a svantaggio di tutti, Ahern sostiene che le tensioni in atto non sfoceranno nuovamente nella inaudita violenza dei “Troubles” e che nel breve periodo, la tenuta degli Accordi e del Protocollo siano l’unica soluzione possibile ed auspicabile. Malgrado ciò, ritiene plausibile che, nel lungo periodo, il principale effetto della BREXIT sarà di incentivare un processo di riunificazione sull’isola d’Irlanda a tutto svantaggio del Regno Unito.
Così come per la Scozia, anche in NI la BREXIT ha sortito effetti diametralmente opposti a quelli sperati, seppur in questo caso fossero più prevedibili. L’ironia della sorte ha voluto infatti che fosse il cieco nazional-populismo britannico a rendere realizzabile quel risultato che, molti anni addietro, l’IRA non era riuscito ad ottenere con il sangue: un’isola d’Irlanda riunificata ed indipendente da Londra[27].
Quale futuro per il Regno (dis)Unito?
Se con la BREXIT Londra sperava di liberarsi dalla morsa asfittica di Bruxelles per tornare a ricoprire un ruolo di protagonismo a livello globale riaffermando con forza la propria sovranità, simili speranze ad oggi andrebbero ridimensionate alla luce di un più obiettivo esame dei fatti.
Sul piano internazionale, il Regno Unito continuerà a ricoprire un ruolo di rilievo e, forse, riuscirà anche a divenire più “globale” sul piano economico, nonostante i recenti dati sul commercio internazionale sembrino registrare una flessione degli scambi in entrata ed in uscita, soprattutto con l’UE[28].
Malgrado ciò, la capacità di Londra di esprimere un ruolo forte sulla scena internazionale dipenderà in modo cruciale dalla sua capacità di risolvere e gestire i conflitti interni che attualmente la tormentano e di compensare quanto la BREXIT ha tolto al Regno Unito sul piano culturale, economico e politico[29].
Note
[1] https://www.bbc.co.uk/news/politics/eu_referendum/results
[2] Il referendum fu indetto dall’allora leader dello Scottish National Party (SNP), Alex Salmond. https://www.bbc.com/news/uk-scotland-29270441
[3]Per maggiori dettagli sul conflitto vedi: https://www.opiniojuris.it/the-troubles/
[4]https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2021/02/16/news/il_tunnel_di_johnson_per_tenere_unito_il_regno-287864963/
[5] Primo ministro scozzese dal 2014.[6]www.repubblica.it/esteri/2021/01/01/news/scozia_contro_tutti_dopo_lo_strappo_brexit_ma_l_indipendenza_e_una_corsa_a_ostacoli-280763418/
[7]https://www.theguardian.com/politics/2021/jan/10/snp-demand-billions-in-brexit-compensation-for-scotland?CMP=Share
[8]www.theguardian.com/politics/ng-interactive/2019/dec/12/uk-general-election-2019-full-results-live-labour-conservatives-tories
[9]https://www.aljazeera.com/program/inside-story/2020/12/26/can-scotland-become-independent
[10]https://www.bbc.com/news/live/uk-scotland-56480968
[11]Alex Salmond è stato leader storico dell’SNP per 20 anni circa ed ha ricoperto la carica di Primo Ministro scozzese dal 2007 al 2014. Nel contesto del processo per accuse di 13 tentativi di molestie sessuali ed uno di stupro a suo carico, l’ex leader dell’SNP è stato assolto da tutti i capi d’accusa nel marzo 2020.
[12] Nei confronti del voto di sfiducia, i voti contrari sono stati 65 (grazie al sostegno alla Sturgeon dei verdi), 31 favorevoli e 27 astenuti tra i LibDem ed i Laburisti. https://www.bbc.com/news/live/uk-scotland-56480968
[13]https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/mar/24/nicola-sturgeon-union-scottish-independence
[14] https://www.bbc.com/news/uk-scotland-56503158
[15] https://www.aljazeera.com/program/inside-story/2020/12/26/can-scotland-become-independent
[16]Idem.
[17]https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/mar/24/nicola-sturgeon-union-scottish-independence
[18] Idem.
[19]Ulster Volunteer Force (Uvf) e Ulster Defence Association (Uda).
[20]www.repubblica.it/esteri/2021/03/04/news/brexit_le_milizie_unioniste_dell_irlanda_del_nord_non_riconosciamo_piu_gli_accordi_del_venerdi_santo_-290271962/
[21]Così venivano definiti gli unionisti moderati in NI, il cui ruolo fu centrale per la conclusione degli Accordi. L’espressione deriva dalla loro abitudine di non scendere in piazza contro i cattolici, bensì restare a casa a curare il proprio giardino.
[22]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/irlanda-chi-ha-paura-di-sinn-fein-25033?fbclid=IwAR3YL_IBBvhtEUK7lyc6x9Zx29vM3SnKXmUXSeM2oGQ5pRSfg4W87u_UPLM
[23]https://www.theguardian.com/world/2021/mar/10/irish-unification-us-based-group-places-ads-calling-for-referendum
[24]Per conoscere alcune posizioni in merito vedi: www.repubblica.it/esteri/2021/03/13/news/l_architetto_della_pace_a_belfast_cosi_johnson_viola_l_accordo_brexit_ma_l_irlanda_potrebbe_ritornare_unita_nel_2028_-292038181/ e https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/mar/08/boris-johnsons-brexit-northern-ireland-customs-union-border
[25]Accordato da entrambe le parti in sede negoziale, tale “periodo di grazia” avrebbe permesso al Regno Unito di attenuare gli effetti devastanti che immediati controlli alla dogana nel Mare d’Irlanda avrebbero prodotto in termini di continuità nella catena di distribuzione di beni di prima necessità in negozi e supermercati nordirlandesi.
[26]https://www.theguardian.com/politics/2021/mar/15/eu-launch-legal-action-uk-plan-extend-brexit-grace-period
[27]www.theguardian.com/uk-news/2021/mar/15/ira-brighton-bomber-patrick-magee-scouted-labour-conference-seven-years-earlier
[28] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/trade-regno-unito-isolato-colpa-di-brexit-29658?fbclid=IwAR3-wejudH48ZWqeTGUf0vsyCQt86eDh3tGbIBK_WRSmmVkBLf4sAuc2fSo
[29]rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/12/30/news/robert_harris_molti_inglesi_si_sentono_superiori_ma_saremo_solo_piu_poveri_-280511825/
Foto copertina: Immagine web. Financial Times