L’Iran rappresenta l’epicentro delle vicende mediorientali, tra vecchi contrasti e nuove sfide. Dialogo con il Prof. Raffaele Mauriello


 

Raffaele Mauriello è Assistant Professor presso la Facoltà di Letteratura Persiana e Lingue Straniere, Università Allameh Tabataba’i, Teheran (Iran), e docente invitato al Master in Geopolitica e Sicurezza Globale presso la Sapienza, Università di Roma. In precedenza, è stato Postdoctoral Research Fellow presso la Faculty of World Studies, University of Tehran (2015-2017).

Le nuove elezioni fissate per il 18 giugno 2021, il rapporto con gli Usa, e di conseguenza con la comunità internazionale, dopo l’arrivo di Biden, la questione del nucleare e l’omicidio dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh, l’esecuzione del giornalista, considerato una spia dall’Iran Ruhollah Zam, il rapporto con il nostro paese.
Per avere un quadro più chiaro di tutte queste vicende, ne parliamo con il Prof. Raffaele Mauriello Assistant Professor presso la Facoltà di Lettere Persiane e Lingue Straniere, Università Allameh Tabataba’i, Teheran, e docente invitato al Master in Geopolitica e Sicurezza Globale presso la Sapienza, Università di Roma.

Covid, crisi economica, tensioni internazionali: che aria tira in Iran?

“In Iran perlomeno nell’ultimo anno fra la popolazione si è diffusa una certa “stanchezza” mista a scoramento rispetto alla situazione del paese, soprattutto dal punto di visita internazionale ed economico. Le tensioni fra il paese e diversi attori del sistema internazionale non sono nuove, per cui a quarant’anni dalla rivoluzione e dalle prime sanzioni gli iraniani sono abituati a vivere sotto tensione. Quello che molti non si aspettavano era quello che alcuni percepiscono come un tradimento da parte degli USA ma anche e forse ancor più dell’Europa —e qui vale anche il caso di specifici paesi come il nostro ma anche la Germania, la Francia e l’Inghilterra. Questo è il caso soprattutto di coloro che hanno sempre difeso l’idea di cercare un compromesso con gli USA e più in generale bilanciare anche verso “occidente” la politica di un paese asiatico (vicinanza geografica a paesi come Russia e Cina, ma anche India, Pakistan, Malesia ed altri), vicinorientale (qui la situazione è forse anche più complessa ma va ricordato che l’Iran ha sempre affermato la sua vocazione “regionale”), a maggioranza musulmana (a parte la questione centrale del sunnismo e dello shi‘ismo, va ricordato che l’Iran è una Repubblica Islamica e che ha sempre cercato, invano, un ruolo come leader del mondo musulmano) e in via di sviluppo (penso soprattutto ai rapporti con l’America Latina ma anche l’Africa). Va anche ricordato che siamo a fine legislatura, nel senso che fra pochi mesi saremo in campagna elettorale per l’elezione del nuovo Presidente del Paese, che va ricordato in Iran non è tuttavia anche capo di stato ma piuttosto un primo ministro.”

Lo scorso 27 novembre, Mohsen Fakhrizadeh, considerato il “padre dell’atomica” iraniana è stato ucciso da un commando presumibilmente legato ad Israele. Rouhani ha promesso vendetta. Quali sono le conseguenze di questo attacco anche nell’opinione pubblica iraniana?

“In realtà tanto Rouhani come forse ancora di più Khamenei, quest’ultimo sì capo di stato, hanno parlato di qesās, un termine del diritto islamico previsto dal Codice Penale del paese, una “sanzione”, essenzialmente e originariamente privata e peraltro prevista dal Corano, che in epoca moderna è stata ricompresa anche nei poteri pubblici e quindi pur riguardando soprattutto la famiglia del funzionario ucciso viene eseguita dallo Stato e può arrivare fino alla pena di morte (o paradossalmente risolversi con il semplice pagamento del famoso “prezzo del sangue”,  che contrariamento a ciò che molti pensano può anche concretizzarsi con il pagamento di una somma di denaro). Come immagino saprà, so di cosa parlo essendomi occupato come studioso anche di diritto musulmano e avendo nel concreto tradotto in italiano il Codice Civile della Repubblica Islamica dell’Iran. Faccio notare che non ho utilizzato il termine “funzionario” per caso, l’assassinio di Fakhrizadeh, come quello del generale Soleimani, è un crimine contro un funzionario di un altro paese, crimine peraltro condannato proprio in questi termini dall’ex capo della CIA durante la presidenza Obama e dal portavoce dell’Unione Europea. L’opinione pubblica iraniana è rimasta colpita dall’assassinio dell’ennesimo scienziato iraniano, una persona visita soprattutto in questa veste. Va sempre ricordato che gli iraniani in maggioranza appoggiano (e sono orgogliosi de) gli sviluppi scientifici del paese. Va anche detto che in parte c’è stata anche sorpresa per l’operazione portata avanti sul territorio iraniano e si solo sollevate non poche critiche rispetto a quella che si è dimostrata un’insufficiente protezione offerta allo scienziato. Mi faccia dire che non è affatto opportuno parlare di Fakhrizadeh come “padre dell’atomica” perché da una parte questa affermazione riflette solo la propaganda degli indiziati dell’assassinio, lo stato di Israele, e dall’altro da la falsa immagine che il programma nucleare iraniano, ripeto “nucleare” (non necessariamente “atomico”), sia legato a una specifica e singola persona, nulla più lontano dalla realtà, trattandosi di un programma condiviso e a cui partecipano numerosi scienziati tutti iraniani, e che quindi non viene messo in nessun modo in discussione o compromesso dall’assassinio di Fakhrizadeh.”

Non è la prima volta che scienziati o comunque persone impegnate nella ricerca sul nucleare vengono uccise o spariscono. L’elenco è lunghissimo[1]

“È così, la lista degli scienziati iraniani la cui uccisione è attribuibile a diverso titolo a Israele e agli USA, e possibilmente anche ad altri attori internazionali, è piuttosto lunga e in tal senso le autorità iraniane hanno diverse volte fatto notare che si tratta sempre di persone note a livello internazionale perché i loro nomi compaiono sulle liste di scienziati forniti dagli iraniane all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica; non ci sono dubbi sulle responsabilità di diverse istituzioni internazionali. Qui forse vale la pena ricordare che il programma nucleare iraniano fu voluto dallo Scià, e non è affatto un’idea della Repubblica Islamica. Peraltro, nella regione ci sono non pochi stati ad avere tanto il programma nucleare quanto l’arma atomica: Israele, Russia, Cina, Pakistan, India; vista dall’Iran non si tratta affatto di una eccezione.”

L’evoluzione dei rapporti tra Iran e la comunità internazionale segue inevitabilmente le azioni e l’umore degli Stati Uniti. Quali sono le aspettative di Teheran con l’avvicendamento alla Casa Bianca tra Trump e Biden?

“Direi che visto l’anno che hanno passato gli iraniani, le aspettative sono piuttosto realiste e limitate. Gli iraniani si aspettano un alleggerimento delle sanzioni unilaterali degli USA e un miglioramento del prezzo del petrolio e della possibilità di venderlo in modo “legale” sui mercati internazionali, senza dover ricorrere a scappatoie che aggirano le sanzioni ma rendono la vendita più difficile e mano remunerativa. In generale e vista anche la gravità della crisi legata al Covid, si aspettano anche di poter utilizzare le riserve monetarie del paese bloccate in diversi paesi sempre a causa delle sanzioni unilaterali degli USA per accedere al vaccino e più in generale all’acquisto di medicinali e dispositivi medici non prodotti nel paese. Direi che questo è il minimo. Tutto il resto, comprese le ricadute in campo economico all’interno dell’Iran basterebbe a rendere la vita degli iraniani meno difficile. Mi permetta di ricordare che le sanzioni colpiscono principalmente le classi più deboli e la borghesia, non certo le autorità o le classi dirigenti. Il loro scopo e fomentare la rivolta popolare, che praticamente raramente si materializza.”

Veniamo alla vicenda Ruhollah Zam[2]. In una nota la Farnesina ha condannato senza riserve l’esecuzione del giornalista[3]. Teheran afferma invece che si trattava di un cospiratore, e che non è possibile utilizzare un “double standard” sul tema dei diritti umani

“Si tratta di una storia complessa con diversi chiaroscuri. Diciamo che, dalla prospettiva dello stato iraniano, le accuse rivolte a Zam non erano infondate e che quello molti definiscono un giornalista nei suoi diversi canali Telegram oltre a fomentare la rivolta nell’inverno del 2017-2018 aveva fornito informazioni su come preparare ordigni esplosivi o per esempio denunciato senza fondamento, e postando informazioni private e foto, diversi esperti, attivisti o giornalisti che si occupano di Iran come “venduti” alla Repubblica Islamica solo per aver espresso opinioni contro le sanzioni  o la possibilità di una guerra. Insomma, non proprio un giornalista né proprio una persona impeccabile. In tal senso, ricordo che fu lo stesso Telegram a chiudere uno dei canali in seguito alle dovute verifiche. Resta il fatto che probabilmente la cattura di Zam fuori dal paese e la sua rapida condanna e uccisione sembrano riflettere piuttosto lotte intestine all’interno dei diversi poteri e organi del paese, e in tal senso va ricordato che la condanna di Zam è stata eseguita qualche giorno prima di un importante Forum economico fra l’Iran e l’Europa, sospeso proprio a causa dell’esecuzione. Inoltre, non va sottovalutata la “vergona” di vedere l’ennesimo figlio di quella che viene percepita come parte dell’élite, nel nostro caso il figlio di un ruhānī, cioè di un esperto di diritto musulmano “tradizionale” che porta il famoso turbante e che aveva peraltro ricoperto cariche importanti nell’amministrazione del paese negli anni 80 e 90, prendere un atteggiamento e una strada in aperta rivolta contro le autorità del paese facendolo con la credibilità di un insider. Una cosa piuttosto rischiosa. Mi faccia anche dire che purtroppo questo tipo di eventi non è del tutto eccezionale e riguarda numerosi paesi della regione, ma le denunce internazionali, comprese quella a cui fa riferimento, si vedono solo quando succede in Iran. Ahimè, soprattutto posizioni politiche piuttosto che specchio di un disinteressato interesse per la tragica sorte di un iraniano.”

Guardiamo al futuro. Il Consiglio dei guardiani dell’Iran ha fissato il 18 giugno 2021 come la data per le prossime elezioni presidenziali del Paese, un voto che sceglierà il successore del presidente Hassan Rouhani che ha scontato due mandati quadriennali. E’ possibile fare previsioni? Chi sono i principali candidati?

“È impossibile fare previsioni serie sulle elezioni in Iran, soprattutto quelle presidenziali, se non massimo due mesi prima che abbiamo luogo. Qualsiasi speculazione legga in questo momento, soprattutto sui nomi, è in gran parte fantasia. Quello che le posso dire è che finora praticamente tutti i presidenti iraniani hanno scontato due mandati (com’è del resto il caso in diversi paesi con un sistema simile; anche se quello iraniano è piuttosto eccentrico). Quello che sì posso dire è che come sempre saranno elezioni importanti, con un alto grado di incertezza e “democraticità” —fatte le sempre doverose precisazioni sulla situazione della democrazia nella regione, una regione nella quale l’Iran comunque ha fatto non pochi passi avanti rispetto ai suoi vicini. 
Quello che sappiamo è che proprio quest’anno è stato eletto un parlamento a gran maggioranza conservatore ma con una scarsa partecipazione dei votanti e quindi una limitata legittimità popolare anche perché frutto di decisioni piuttosto discutibili da parte del Consiglio dei guardiani.
La Repubblica Islamica dell’Iran si fonda tanto costituzionalmente che come “regime” anche sulla legittimità popolare ed elettorale e la presenza alle urne degli iraniani è sempre stata importante. Aggiungo che l’attuale capo di Stato, Khamenei, è al potere da tre decadi, sta invecchiando e quindi si avvicina la possibilità dell’elezioni di un altro leader —anche se non sappiamo quando, visto che la sua carica è a vita anche se in principio sottoposta alla supervisione di un organo conosciuto come Assemblea degli Esperti— e più in generale in Iran si assiste a un cambio generazionale, dove a prendere il potere sono non coloro che hanno fatto la rivoluzione ma piuttosto la guerra e in parte persino figure più giovani che non hanno conosciuto se non in maniera indiretta solo il secondo evento —nel primo non erano nemmeno nati. Insomma, c’è da aspettarsi alcuni importanti cambiamenti nel prossimo futuro del paese.”

Crede che in “Occidente” ci sia una visione distorta della società e della politica iraniana, rappresentata dai media quasi sempre come arretrata e retrograda?

“Senza dubbio, negli USA c’è una visione dell’Iran distorta e ben  lontana dalla realtà, peraltro frutto di una storia molto chiara, in cui spiccano il rapporto privilegiato dell’Iran con gli USA all’epoca dello scià, la caduta di uno dei due “pilastri” della politica statunitense nella regione con la rivoluzione in Iran, l’assalto all’ex Ambasciata degli USA a Teheran e la crisi degli ostaggi (e in tal senso ricordo che a tutt’oggi non c’è rappresentanza diplomatica diretta fra i due paesi) il ruolo della diaspora iraniana negli USA (e soprattutto dell’alta borghesia letteralmente scappata insieme allo scià) e, prima, la nascita dello stato di Israele (e la relazione “privilegiata” fra questo paese e gli USA) in una regione dove questo si vede come un gigante ma in realtà sulla carta e rispetto a paesi come Turchia o Iran ha tutt’altra dimensione. Tutto ciò si riflette sull’immagine dell’Iran in Europa, un’immagine filtrata attraverso un caleidoscopio che spesso sembra rendere estrano e incomprensibile un paese con il quale, invece, in casi come quello dell’Italia ci sono eccellenti rapporti e non pochi potenziali interessi in comune. Più in generale, mi lasci dire che se un italiano vuole sapere qualcosa di Iran la prima cosa che deve fare è spegnere la televisione, o per lo meno evitare i telegiornali. Più utile andare al cinema o leggere la letteratura persiana tradotta in italiano (e quindi non mi riferisco in nessun modo a Leggere lolita a Teheran).”

Il nostro Ambasciatore in Iran Giuseppe Perrone, è molto attivo per lo sviluppo della diplomazia tra i due paesi. Può fare un bilancio dei rapporti tra Roma e Teheran?

“Poche volte ho avuto occasione di avere il piacere di conoscere un ambasciatore del livello di Giuseppe Perrone, anche se l’Italia ha avuto in passato altri buoni ambasciatori nel paese. In effetti l’Ambasciatore è molto attivo e ha avuto la capacità di mettersi in contatto con diverse delle numerose istituzioni e correnti del paese, senza limitarsi all’ovvio. Peraltro ha imparato rapidamente il persiano, molto importante per lavorare in maniera efficace in Iran.
I rapporti fra Rome e Teheran sono eccellenti, soprattutto quando paragonati a quelli di altri paesi europei. Abbiamo importanti rapporti culturali, commerciali ma anche personali che hanno radici profonde. Non è un caso che lei stia intervistando il primo straniero membro titolare dell’Università Allameh Tabataba’i, probabilmente la più importante nel campo delle scienze umanistiche e sociali nel paese. La mia esperienza è frutto certo delle mie capacità, ma anche dell’immagine di un paese che conosce e rispetta le altre culture, senza atteggiamenti di superiorità quanto piuttosto la consapevolezza che l’Italia deve fare soprattutto da ponte –oltre che elaborare in modo autonomo una propria scala di interessi nazionali ed europei–, anche perché, come ammesso di recente dall’attuale presidente del Consiglio, Conte, noi italiani non abbiamo la volontà –o forse vanità– di farci carico di altri tipi di ruoli.”


Note 

[1] – Alireza Asgari, ex viceministro della difesa molto vicino ad Ahmadinejad, scomparve dal suo albergo nel 2006 durante una visita in Turchia. Voci non confermate dissero che avesse disertato e che fosse in contatto con agenzie dei servizi segreti stranieri;

– Ardeshir Hossein-Pour, scienziato che lavorava in un altro dei principali impianti di trattamento dell’uranio del paese (quello di Isfahan), morì nel 2007, a 44 anni, e le autorità annunciarono che la morte era stata causata da “soffocamento da gas”;

– Massud Ali Mohammadi, professore di fisica e di energia nucleare in un’università di Teheran, venne ucciso da una bomba fuori da casa sua nel gennaio del 2010;

– Shahram Amiri, un fisico dell’impianto di Natanz, scomparve a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, mentre partecipava a un pellegrinaggio alla Mecca, nel maggio 2009. Fu al centro di una vicenda mai chiarita del tutto che lo vide ricomparire negli Stati Uniti e ritornare in Iran nel luglio 2010. Venne accolto come un eroe e raccontò di non aver ceduto alle offerte per rivelare i dettagli del programma nucleare del paese, ma da allora scomparve di nuovo;

– Majid Shahriari, della facoltà di ingegneria nucleare all’università Shahid Beheshti di Teheran, venne ucciso il 29 novembre 2010 in circostanze molto simili a quelle di Roshan, lo scienziato ucciso oggi;

– Fereydun Abbasi, professore dell’università Shahid Besheshti di Teheran, venne ferito in un attentato lo stesso giorno di Shahriari, tre mesi prima di diventare capo dell’Organizzazione Iraniana per l’Energia Atomica, carica che mantiene tuttora;

– Dariush Rezaei-Nejad, uno studente di elettronica che in seguito venne sospettato di essere coinvolto nel programma nucleare iraniano, venne ucciso a Teheran nel luglio 2011;

– il generale Hassan Tehrani Moghaddam, capo del programma missilistico iraniano, venne ucciso in un’esplosione in una base militare fuori da Teheran, il 12 novembre 2011. https://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/iran/9007304/Iran-nuclear-scientist-dead-mysterious-recent-deaths-and-disappearances.html

[2] Il giornalista, amministratore del sito web “Amad News” che aveva fomentato violenze e rivolte antigovernative in Iran, è stato impiccato il 12 dicembre. Secondo la corte suprema iraniana, Ruhollah Zam era in realtà un cospiratore ed un terrorista.

[3]https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2020/12/esecuzione-del-giornalista-iraniano-ruhollah-zam.html


Foto copertina:Il presidente iraniano Hassan Rohani

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Domenico Nocerino
Domenico Nocerino, esperto di geopolitica e dottore in Relazioni Internazionali e Studi Diplomatici. Si è laureato con tesi in geopolitica economica presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Fondatore e direttore della rivista di informazione politica e giuridica Opinio Juris – law and politics review. Autore di diversi articoli accademici, ha all'attivo numerose partecipazioni a Convegni, Corsi di formazione e Seminari tecnici come relatore e ospite in diverse trasmissioni televisive e radiofoniche principalmente occupandosi di geopolitica ed in particolare di Medio Oriente. Coordinatore del comitato “Europa e Politiche internazionali” dell’associazione Omnia. Di recente è stato in Russia per seguire da vicino le elezioni alla Duma.