L’Unione Europea discute del pacchetto di sanzioni contro la Russia in occasione della riunione straordinaria del Consiglio Europeo, ma emergono le prime divisioni fra i Paesi dell’Unione. Decisa la risposta di Biden, annunciata nel discorso alla Nazione.
Il Consiglio Europeo si riunisce
Nella giornata del 24 febbraio, il presidente del Consiglio Europeo ha convocato con urgenza una riunione straordinaria per discutere della situazione in Ucraina in seguito alle azioni militari “non provocate ed ingiustificate” della Russia, a fronte di ciò che l’Occidente ha considerato una grave violazione del diritto internazionale che compromette la sicurezza e la stabilità europea e mondiale.[1] All’ordine del giorno, la richiesta dell’elaborazione e dell’urgente adozione di un ulteriore pacchetto di sanzioni individuali ed economiche in aggiunta alle misure restrittive Russia convenute il giorno precedente in risposta alla decisione del Presidente Vladimir Putin di procedere al riconoscimento come entità indipendenti delle repubbliche separatiste filorusse di Donetsk e Luhansk nel Donbass, e alla conseguente decisione di inviare truppe russe in tali zone. Inoltre, nel corso della riunione straordinaria il Consiglio Europeo ha ribadito l’esigenza che la Russia cessi in maniera immediata le proprie azioni militari sul territorio ucraino, e ha condannato fermamente il coinvolgimento della Bielorussia nell’aggressione dell’Ucraina, affermando la volontà di applicare le nuove misure sanzionatorie anche a Minsk.[2] Attualmente, il pacchetto concordato comprende sanzioni contro 351 membri della Duma di Stato russa, che il 15 febbraio hanno votato a favore dell’appello del Cremlino di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste, e altre 27 individui ed entità che hanno contribuito a compromettere l’integrità, la sovranità territoriale e l’indipendenza Ucraina. In aggiunta, si applicheranno restrizioni alle relazioni economiche con le repubbliche di Donetsk e Luhansk, come pure limitazioni della capacità dello Stato e del governo russo di accedere a servizi e ai mercati finanziari e dei capitali dell’Unione Europea.[3] Tali misure complementeranno le sanzioni già attive dal marzo 2014 adottate dall’UE in risposta all’annessione della Crimea, imposte gradualmente a livello diplomatico, economico e individuale, con il congelamento dei beni e restrizioni di viaggio per 555 persone e 52 entità.[4]
L’Europa resterà unita?
A fronte di un’opzione militare che al momento si conferma essere totalmente fuori dalle intenzioni e possibilità dell’Unione, lo strumento sanzionatorio risulta essere il solo strumento a disposizione dell’UE nei confronti di Mosca. Tuttavia, sebbene nelle dichiarazioni di condanna all’invasione del Cremlino il fronte europeo si sia presentato compatto – inclusa l’Ungheria che, nonostante la vicinanza del Presidente Orbàn a Putin ha visto nell’UE una maggiore garanzia di stabilità, sovranità ed integrità territoriale del paese – un simile atteggiamento non appare così scontato in merito all’entità e alla portata delle sanzioni da applicare in occasione della crisi politico-militare corrente. Di fatto, rispetto al 2014, un consistente mutamento degli equilibri internazionali ha portato ad una maggiore instabilità della scena internazionale, così come ad una crescente assertività di attori come Cina, Turchia e – in maniera evidente – Russia. A ciò si aggiunge un rapporto con gli Stati Uniti di Joe Biden che, al di là dell’attuale momento di vigoroso riavvicinamento, attraversa nel complesso una fase di crescente distanza tra le due rive dell’Atlantico; non da ultimo, la pandemia da Covid-19 ha contribuito indubbiamente ad accrescere, per molti versi, questo sentimento di incertezza nei confronti del resto del mondo. In tale contesto, nelle ultime ore lo strumento sanzionatorio sembra già sgretolare la forte compattezza dei Paesi europei, che risulterebbero colpiti dalle sanzioni europee e dalle eventuali contro-sanzioni di Mosca in maniera disomogenea. Non è chiaro quanti siano disposti a colpire con decisione la Russia nel settore energetico, dal quale l’Europa dipende per il 40% delle forniture; una strategia che non sembra convincere soprattutto l’Italia, diffidente dalle affermazioni della Commissione Europea che sostiene di aver individuato alternative nel caso in cui Gazprom decidesse di “chiudere i rubinetti”. Di diversa opinione i Paesi Baltici, che privilegiano un’azione decisa nei confronti del gasdotto Nordstream 2, che collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico; Berlino, tra i maggiori investitori del progetto, cerca ancora alternative. Divisivo anche il sistema Swift, fortemente voluto dagli Stati Uniti, che sì taglierebbe fuori la Russia dal circuito dei pagamenti internazionali, ma comporterebbe anche l’impossibilità di trattare con Mosca ad esempio per l’acquisto di gas.[5]
Joe Biden parla alla Nazione
Poco prima della riunione straordinaria dei Ventisette, il Presidente statunitense Joe Biden ha illustrato in diretta tv con un discorso alla Nazione la dura risposta americana all’invasione russa dell’Ucraina. Tra le sanzioni, Washington è pronta a colpire numerose banche statali russe (tra cui Vtb) per un valore di mille miliardi di dollari, e a dimezzare l’export di materiale tecnologico al Cremlino. A tredici imprese ed entità russe che comprendono banche e società energetiche e dei trasporti è stata poi imposta una restrizione ai prestiti sul mercato americano, mentre sanzioni individuali verranno imposte nei confronti alcuni esponenti di primo piano del mondo governativo ed imprenditoriale russo, inclusi l’ex Ministro della Difesa Serghiei Ivanov, il segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale Nikolai Patrushev insieme al figlio Andrei, dirigente di Gazprom Neft, e i dirigenti della Vtb Bank Andrei Puchkov e Yuri Soloviev.[6] Sanzioni personali contro lo stesso Putin restano ancora sul tavolo, mentre il dialogo con Mosca resta interrotto a seguito dell’annuncio della “completa rottura delle relazioni fra Stati Uniti e Russia”.[7]
Il pacchetto sanzionatorio americano sembra emergere dalla fallita strategia di deterrenza e dalla successiva necessità di chiedere conto alla Russia delle proprie responsabilità a prezzo della propria economia nazionale: dopo che una serie di provvedimenti graduali contro attività economiche nel Donbass e sanzioni nei confronti di esponenti dell’élite russa non sono serviti ad impedire lo scenario peggiore, gli Stati Uniti sembrano pronti a mettere in campo misure pesanti.
Le sanzioni sono efficaci?
Resta infine da chiedersi in che misura lo strumento sanzionatorio rappresenti un’alternativa valida ed efficace in risposta alla crisi in corso. Gary Hufbauer e Jeffrey Schott fanno risalire le sanzioni economiche al 432 a.C., quando lo statista greco Pericle ordinò l’emanazione del Decreto contro Megara in risposta al rapimento di tre etere di Aspasia.[8] Più recentemente, restrizioni economiche sono state impiegate dagli Stati Uniti per ottenere obiettivi di politica estera e destabilizzare governi ostili in particolar modo in America Latina, senza tuttavia impedire i cambi di regime che si sono susseguiti durante l’era del bipolarismo nelle relazioni internazionali. Similmente, le sanzioni economiche che nei primi anni ’90 hanno colpito la Serbia non hanno tuttavia impedito l’invasione della Bosnia, e di scaso successo sembrano rivelarsi le sanzioni imposte alla Russia nel 2014 in seguito all’invasione della Crimea. Di fatto, nonostante le immense ripercussioni delle restrizioni europee per il Cremlino, l’annuncio di Putin di “sanzioni mai viste prima nella storia” sembra confermare la capacità di Mosca di proteggersi dalla risposta sanzionatoria dell’Occidente, complici anche le riserve della Russia non denominate in dollari, che attualmente hanno raggiunto gli stelli livelli del periodo precedente alla crisi finanziaria del 2008. Putin appare inoltre in grado di portare sul tavolo contro-sanzioni essenzialmente win-win per il Paese, ed in particolare di mettere con le spalle al muro gli alleati europei utilizzando lo strumento del gas, da cui l’Europa è fortemente indipendente: possibilmente, piuttosto che una chiusura totale del flusso di energia, il mantenimento dello status quo potrebbe avere la capacità di condizionare le scelte strategiche dell’UE, facendo segnare allo stesso tempo ricavi da record per Gazprom a fronte di un aumento dei prezzi.
La partita è ancora aperta.
Note
[1] https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/european-council/2022/02/24/ (ultimo accesso 25.02.22).
[2] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2022/02/24/european-council-conclusions-24-february-2022/ (ultimo accesso 25.02.22).
[3] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/ukraine-crisis/ (ultimo accesso 25.02.22).
[4] EU sanctions against Russia over Ukraine. Disponibile al link: https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/eu-sanctions-against-russia-over-ukraine/ (ultimo accesso 25.02.22).
[5] https://www.agi.it/estero/news/2022-02-21/sanzioni-ue-contro-russia-restano-divisioni-15720104/ (ultimo accesso 25.02.22).
[6] https://www.ilsole24ore.com/art/von-der-leyen-bloccheremo-banche-e-asset-russi-europa-AEiYfsFB (ultimo accesso 25.02.22).
[7] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/02/24/biden-completa-rottura-ora-nelle-relazioni-usa-russia_5c61f0d5-d693-4725-8c95-bbe7556bef89.html (ultimo accesso 25.02.22).
[8] G.Hufbauer, J. Schott, Economic Sanctions Reconsidered. Disponibile al link: https://www.piie.com/bookstore/economic-sanctions-reconsidered-3rd-edition-plus-cd-rom (ultimo accesso 25.02.22).
Foto copertina: Mario Draghi con il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel