Il 28 ottobre 2021, il Consiglio dei Ministri, facendo seguito alla deliberazione del 18 ottobre 2021, aveva approvato il disegno di legge per il Bilancio di previsione statale per l’anno finanziario 2021 e per il piano triennale 2021-2023.


Nel più ampio testo approvato con la Legge n. 234 del 30 dicembre 2021 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021, troviamo specifiche misure di sostegno alla costituzione di cooperative di lavoro. Nella fattispecie, la Legge di Bilancio prevede in caso di costituzione di cooperativi da parte di lavoratori, l’esonero del versamento del 100% dei contributi previdenziali complessivi a carico del datore di lavoro.
Tale esonero è riconosciuto, a determinate condizioni, alle società cooperative che, si costituiscono a decorrere dal 1° gennaio 2022 per iniziativa dei lavoratori dipendenti che rilevano l’azienda o un ramo della stessa, così mantenendo l’attività produttiva e salvaguardando i livelli occupazionali.
La norma richiama espressamente il co. 3-quater dell’art. 23 del D.L. n. 83/2012, inserito dalla Legge di bilancio 2021, con cui è stato introdotto, quale ulteriore finalità del “Fondo per la crescita sostenibile” destinato a programmi sulla competitività dell’apparato produttivo nazionale, il finanziamento di interventi diretti a salvaguardare l’occupazione e a dare continuità all’esercizio delle attività imprenditoriali.

Rigenerazione   

Questa spinta normativa volta a salvaguardare i livelli occupazionali non è certamente una novità ed è inserita in un contesto di profonda crisi economica e finanziaria che ha colpito la generalità dei Paesi, fra cui l’Italia. Il fenomeno in parola può essere chiamato “rigenerazione” ma per gli amanti della lingua anglofona sarà sicuramente più familiarmente conosciuto come workers buyout (WBO). “Le esperienze di WBO, rappresentano storie positive che fanno da contraltare ai numerosi casi di crisi e chiusure aziendali sempre più ricorrenti in Italia”, così recita l’accordo d’intesa fra i sindacati maggiormente rappresentativi in Italia, i quali hanno reso pubblico un vero e proprio vedemecum per approcciare a queste operazioni[1].
All’estero, la rigenerazione nasce negli Stati Uniti nei lontani anni Ottanta a causa della recessione che colpì la nazione. Un esempio fra tutti, fu l’acquisizione della Great Atlantic & Pacific Tea Company, per i quali vi fu una compartecipazione economica non solo dei lavoratori che decisero di decurtarsi di 200 dollari la busta paga, ma fu richiesto anche un contributo al sindacato pari a 5 mila dollari dell’epoca[2].
Negli anni più recenti, fenomeno assimilabili al WBO è sicuramente ritrovabile in Argentina con le empresas recuperadas por sus Trabajadores[3], nonostante quest’ultimo preveda un’occupazione fisica e prolungata da parte dei lavoratori dell’azienda interessata.

E’ bene sottolineare che il WBO non è una forma di misura assistenzialistica, così come quelle che abbiamo visto varare negli ultimi anni.
La rigenerazione pone le sue fondamenta su principi diversi, dove i lavoratori interessati si assumono il rischio d’impresa in prima persona in veste di imprenditori, attraverso l’utilizzo del know-how dei singoli interessati coinvolti. L’input del processo parte sicuramente dalla cessione o dalla liquidazione dell’intera azienda o parte di essa.
Questa misura è volta ad affrontare non solo i casi di crisi aziendali o processi di ristrutturazione ma anche il ricambio generazionale nelle imprese familiari, oltre che il riavvio di imprese confiscate alla criminalità organizzata. Nella praticità, essa viene messa in atto attraverso le contrattazioni con sindacati, organismi di rappresentanza delle cooperative, consulenti e prevede la sottoscrizione del capitale sociale attraverso l’anticipazione della mobilità o della NASpI o il conferimento del TFR, (con riferimento al contesto italiano) da parte dei lavoratori[4].
Come anticipato, il fenomeno non è del tutto nuovo all’interno del quadro normativo italiano. Già nel 1985, attraverso la così conosciuta Legge Marcora I[5], si è cercato di promuovere la costituzione di cooperative da parte di lavoratori licenziati, cassaintegrati o dipendenti di aziende in crisi. Con essa è stato istituito un vero e proprio fondo ad hoc, attualmente esistente e gestito da CFI (Cooperazione Finanza Impresa), il quale ha lo scopo di promuovere l’impresa cooperativa, che, in qualità di investitore istituzionale, utilizza le risorse messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo economico per finanziare la crescita di imprese cooperative attraverso una combinazione di linee di intervento in capitale sociali e in capitale di debito[6].
Con il testo normativo in parola, si è tentato di favorire la nascita di nuovi strumenti di finanziamento per le imprese cooperative, prevedendo erogazioni da parte dello Stato in misura maggiore rispetto a quanto versato dai lavoratori[7].
Il testo iniziale è stato poi modificato nel corso del tempo con la Legge n. 57 del 2001, conosciuta per i più come la Legge Marcora II e con la quale era stato previsto una riduzione delle erogazioni statali, la restituzione dei finanziamenti da parte dei lavoratori entro un periodo massimo di dieci anni e la presenza all’interno della neo nascente cooperativa di un socio finanziatore che avesse individuata in una entità o persona giuridica. Il fondo CFI istituito in prima battuta, quindi, aveva la possibilità di assumere partecipazioni temporanee di minoranza nelle cooperative, concedendo finanziamenti per la realizzazione dei progetti d’impresa.
Cona la Legge n. 178 del 2020 (Legge di Bilancio 2021) e il Decreto ministeriale del 4 gennaio 2021[8], dedicato al nuovo regime di aiuto alla nascita e alla sviluppo di società cooperative e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 febbraio 2021 n. 44, è stato istituito un nuovo regime di aiuto volto a rafforzare il sostegno alla nascita, allo sviluppo e al consolidamento delle società cooperative. Il nuovo intervento agevolativo prevedeva che la procedura di concessione del finanziamento agevolato a favore delle società cooperative continui ad essere gestita dalle società finanziarie partecipate dal Ministero a cui è affidata l’attuazione degli interventi ai sensi della citata legge n. 49/1985, al fine di assicurare al “piano d’impresa” delle società cooperative un’adeguata ed equilibrata copertura finanziaria, sia in termini di mezzi propri sia di indebitamento a medio lungo termine.
Nei casi in cui la procedura fosse attuata per motivazioni diverse dalla crisi aziendale, la Legge di Bilancio 2021 aveva previsto ulteriori agevolazioni specifiche come di seguito indicate: l’esenzione fiscale per i lavoratori degli importi di TFR che vengono da loro destinati alla sottoscrizione del capitale sociale delle cooperative in questione; l’esenzione dall’imposta di successione e donazione per i trasferimenti di aziende, di quote sociali e di azioni (ex art. 3, c. 4-ter del TU sulle successioni e donazioni, D.Lgs. n. 346 del 1990) nonché dalla tassazione delle plusvalenze relative alle medesime operazioni, come prevista dall’articolo 58 del TUIR; la condizione di prevalenza di cui all’art. 2513 c.c. che come noto qualifica la cooperativa come “a mutualità prevalente” da rispettarsi soltanto a decorrere dal quinto anno successivo alla sua costituzione.
Con la legge di Bilancio 2022, si è cercato di dare ulteriore vigore a questo tipo di iniziative prevedendo, nell’ambito delle misure per le politiche attive del lavoro e della promozione dell’occupazione, alcune disposizioni volte a sostenere la costituzione di cooperative di lavoratori.
Nello specifico, viene riconosciuto alle società cooperative costituite dal 1° gennaio 2022, ai sensi dell’art. 23, comma 3-quater, del D.L. n. 83/2012, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
E’ bene ricordare, che oltre la legge Marcora, altro intervento normativo volto a sostenere i lavoratori nelle iniziative di work buyout riguarda l’utilizzo della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, meglio conosciuta come NASpI o indennità di disoccupazione. L’art. 8 del Decreto Legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, prevede la possibilità per il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI di richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell’importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all’avvio di un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.
In questo caso, i lavoratori che decidano di partecipare ad un’azione di WBO possono richiedere l’indennità di disoccupazione in maniera “anticipata”, ricevendo per intero l’importo al fine di reinvestirle nella neo nascente cooperativa.
I casi di crisi in Italia sono tantissimi. Quelli che hanno ottenuto maggior risalto anche grazie alle lotte dei lavoratori, sono stati la Whirpool di Napoli e la GKN di Firenze, ma anche Speedline e Caterpillar versano in situazioni simili[9]. I numeri delle crisi industriali sono pesantissimi.
L’Istat ha pubblicato nel novembre del 2021 un report dal titolo “Struttura e competitività delle imprese multinazionali”[10] con riferimento al 2019. Le multinazionali estere sono attive in Italia con 15.779 controllate. Rispetto al 2018, il numero di addetti cresce di oltre 64mila unità (+4,4%) ed il fatturato è aumentato del 5%, mentre la spesa in ricerca e sviluppo è cresciuta del 14,7%. Questo evidenzia l’importanza della presenza di investimenti stranieri nel nostro paese, proprio per questo non possiamo permettere che con estrema facilità possano lasciare i nostri territori desertificandoli.
In questo scenario, il fenomeno delle acquisizione delle aziende in crisi da parte dei propri lavoratori sembra avere raggiunto un notevole livello di diffusione e può essere sicuramento ricondotto al più generale interesse costituzionale volto a garantire il diritto dei lavoratori a collaborare nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi alla gestione delle aziende, così come sancito dall’art. 46 della nostra amata carta costituzionale.
Il workers buyout può essere interpretato come una vera e propria azione di salvataggio, ristrutturazione o conversione dell’azienda da parte dei propri dipendenti. Essa si distingue dal leveraged buyout, operazione attraverso la quale l’azienda interessata è acquisita da un fondo di venture capital. In questo caso, l’obiettivo non è assolutamente mantenere né i livelli occupazionali né i livelli reddituali dei lavorati stessi, a beneficio della società e del tessuto economico nazionale poiché essa ha lo scopo di ristrutturare l’azienda per poi rivenderla al miglior offerente lucrando sul margine di profitto. Similare differenza, sempre per gli scopi, la si ritrova raffrontando il WBO con il management buyout; quest’ultimo prevede che siano gli stessi manager dell’azienda ad acquisirne la proprietà[11].
Nel periodo 2011-2019 CFI ha deliberato 110 interventi a supporto di 71 progetti di WBO che sviluppano un valore della produzione superiore a 285 milioni di euro ed impiegano 1.820 addetti[12].  In base ai dati del CFI, gli interventi maggiori si riscontrano al nord e al centro, in minore misura al sud.
In Campania, tra gli esempi più conosciuti di intervento WBO ritroviamo quello della Italcables Società Cooperativa, nata nel 2015 attraverso la costituzione a carico di 51 soci ex dipendenti della precedente società.
Pioniere in tal senso, è sicuramente la regione Veneto. Nel 2012, la regione Veneto ha reso operativa una vera Unità di Crisi aziendali, settoriali e territoriali. Attraverso l’aiuto dell’istituzione regionale sono stati diversi gli interventi di WBO posti in atto, non lontano è il caso della Ferroli, azienda del settore termomeccanico di San Bonificio, che può essere considerato a livello nazionale un fra i casi più rilevanti dal punto di vista numerico con 63 soci fondatori.[13]
Le diverse esperienze regionali mostrano come l’Italia agisca sempre a velocità diverse, non riuscendo mai a mettere in atto misure comuni che possano portare beneficio in egual misura senza più ricadere nello stereotipo ormai cliché del divario fra nord e sud, che sembra sempre incolmabile.
Attraverso le misure del Workers Buyout si evidenzia come il tessuto economico sociale può essere sostenuto con misure che non sono fini a sé stesse, volte ad incentivare l’individualismo e il lassismo già dilagante ai nostri giorni.
Il Workers Buyout è un esempio concreto e pregnante di come la forza lavoro, le risorse umane come molti amano chiamarle oggi, sostiene il reticolo economico nazionale e l’imprenditoria tutta, non solo materialmente ma impiegando sacrificio per il proprio benessere e per il benessere della società tutta, a dispetto dei fenomeni di delocalizzazione sempre più pregnanti e che restano incontrasti dalle attuali istituzioni e di quella parte di popolazione che resta in carico al nostro welfare statale in maniera incontrastata e ingiustificata.


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Note

[1] cfr. Accordo per lapropmozione e lo sviluppo dei workers tra Agci Confcooperative Legacoop e CGIL CISL UIL, Roma 21 gennaio 2021
[2] “Using Worker Participation and Buyouts to Save Jobs”, Temple University, 1988

[3] http://www.empresasrecuperadas.org/index.php e Legacoop 
[4] cfr. Workers buyout: un fenomeno in crescita, Staff Studi e Analisi Statistica, Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
[5] Legge 27 febbraio 1985, n. 49
[6] C. Armuzzi, “Cooperative di lavarotri e workers buyoyt: in arrivo l’esonero contributivo”, IPSOA Quotidiano, 16 dicembre 2021
[7] Vademecum sviluppo workers buyout cooperativi: rilancio imprese in crisi e salvarguardia occupazionale
[8] https://www.mise.gov.it/index.php/it/normativa/decreti-ministeriali/2042019-decreto-ministeriale-4-gennaio-2021-nuovo-regime-di-aiuto-sostegno-pubblico-alla-nascita-e-allo-sviluppo-di-societa-cooperative
[9] F. Guarente, CRISI INDUSTRIALI E DELOCALIZZAZIONI, IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI, Istituto Stato e Partecipazione, 28 dicembre 2021
[10] https://www.istat.it/it/files//2021/11/Report-Multinazionali-2019.pdf
[11] A. C. Scacco, Le operazioni di workers buyout (WBO), Guida al Lavoro n. 4 del 28 gennaio 2022
[12] https://www.cfi.it/workers-buyout.php
[13] b. Ganz, La via veneta per battere le crisi: <<Abbiamo salvato 200 aziende>>, Il Sole24ore, 19 gennaio 2019


Foto copertina: Fonderie Dante