Le più importanti notizie dal mondo riprese dai maggiori quotidiani, per essere sempre aggiornati. Notizie dal 20 al 26 maggio 2018.
Africa
Libia: La missione dell’Onu in Libia, prendendo spunto da un’autobomba che ha ucciso 2 miliziani del generale Khalifa Haftar, ha lanciato un allarme sulla gravità della “minaccia” rappresentata da attentati dell’Isis nell’instabile Paese nordafricano.
“L’Unsmil condanna l’attentato rivendicato dall’Isis” nell’est della Libia nei pressi di Ajdabiya, che ha causato morti tra le fila dell’Esercito nazionale libico (Lna), si afferma in un tweet della Missione delle Nazioni Unite, con implicito riferimento alla forza armate di cui Haftar è comandante generale. L’aumento degli attacchi rivendicati dall’Isis è una seria minaccia che non dovrebbe passare inosservata dai libici e dalla comunità internazionale”, avverte l’Unsmil. L’attentato, compiuto ieri mattina vicino a un posto di blocco a 60 km da Agedabia, aveva causato almeno due morti, come riferiscono i siti Libyan Express e Alwasat, con quest’ultimo che parla anche di due feriti.
Burkina Faso: I quattro sospetti jihadisti – tre sono stati uccisi durante un’operazione delle forze di sicurezza a Ouagadougou – “stavano pianificando un attacco” nella capitale, secondo il procuratore del Burkina Faso. “E ‘stabilito che stavano progettando un attentato nella capitale nel mese di giugno contro attuali obiettivi importanti”, ha detto il procuratore Maïza Sérémé nel corso di una conferenza stampa, senza rivelare i target. Quest’ultimo ha anche sottolineato un “collegamento tra gli occupanti della villa e gli aggressori degli attacchi terroristici del 2 marzo 2018”. Questi avevano preso di mira il personale degli eserciti e l’ambasciata francese a Ouagadougou, uccidendo otto persone e ferendone altre 85.
La notte di lunedì 21 maggio, le forze di sicurezza del Burkinabè hanno preso d’assalto una villa a Ouagadougou, uccidendo tre sospetti jihadisti. Un quarto è stato arrestato. L’assalto è costato la vita a un poliziotto e sei persone sono rimaste ferite durante l’operazione. L’indagine ha rilevato un “link” tra i presunti jihadisti uccisi o arrestati e l’attacco del 2 marzo: “le targhe trovate in casa sono quelle delle moto usate per l’attacco alla sede Generale”, ha detto il pubblico ministero. “Un arsenale guerra comprensivi di tipo fucili AK47 (Kalashnikov), una mitragliatrice PKM, due pistole automatiche, un revolver, 1097 cartucce di 7,62 e 28 caricatori per fucili AK47, rotoli di plastica, chiodi, cordoncini detonanti, detonatori, bombe a mano, uniformi militari dell’esercito Burkinabe e l’esercito francese sono stati scoperti in casa “.
Angola: Manuel Domingos Augusto, ministro degli Affari esteri angolano, ha annunciato il licenziamento di João Diogo Fortunato, consigliere del ministro presso l’ambasciata angolana a Tel Aviv. La sua colpa? Partecipando all’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme (precedentemente a Tel Aviv) il 14 maggio, che ha scatenato scontri in cui decine di palestinesi sono stati uccisi nella striscia di Gaza e l’indignazione di parte della comunità internazionale. Per averlo autorizzato ad andare lì, Joaquim do Espírito Santo, direttore del dipartimento per l’Africa, il Medio Oriente e le organizzazioni regionali del Ministero degli Affari Esteri di Luanda, ha subito lo stesso destino.
Ruanda/Francia: Emmanuel Macron ha confermato di essere favorevole alla candidatura di Louise Mushikiwabo, il ministro degli affari esteri ruandese, a capo dell’Organizzazione internazionale della Francofonia. Le elezioni si svolgeranno l’11 e il 12 ottobre ad Erevan. “Se c’è una candidatura africana per la carica di segretario generale di La Francophonie, sarebbe molto sensata. Se fosse africana e femminile, avrebbe ancora più senso.

E così, credo che in questo senso il ministro degli Esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, abbia tutte le capacità per svolgere questa funzione (…). Penso che avere un candidato africano sia un’ottima notizia e, come tale, lo sosterrò “, ha detto Emmanuel Macron dopo il suo incontro all’Eliseo il 23 maggio, con la sua controparte ruandese Paul Kagame.
Americhe
Usa: “A causa della tremenda ostilità mostrata da Kim Jong Un nelle sue precedenti dichiarazioni” (questa una piccola parte della lettera del Presidente Trump indirizzata all’omologo nordcoreano), salta l’accordo previsto per il 12 giugno prossimo tra Stati Uniti e Corea Del Nord a Singapore. La dichiarazione contestata sembrerebbe proprio quella fatta da Kim Jong Un sul vicepresidente Mike Pence definito “ignorante e stupido”.
Usa/2: Stando a quanto riporta la Bbc, Michael Cohen, l’avvocato personale di Donald Trump, per favorire un incontro segreto fra lui e il presidente ucraino Petro Poroshenko, avrebbe incassato segretamente da Kiev 400.000 dollari. La Bbc cita fonti ucraine, dalle quali si evince che Cohen non sembra assolutamente registrato come lobbista e quindi non potrebbe percepire alcun tipo di onorario. Tra le fonti della Bbc un alto funzionario dell’intelligence di Kiev, dell’entourage di Poroshenko, e dalle quali si vede che non ci sono elementi per poter sostenere che Mr Trump sapesse di questo interessamento. Infatti, il ricorso a Cohen ci sarebbe stato a causa della difficoltà del presidente ucraino di incontrare l’omologo inquilino della Casa Bianca. Poroshenko, all’epoca dei fatti, stando sempre alle fonti ucraine, era alla ricerca di questo incontro in quanto temeva di perdere la protezione americana a causa del suo atteggiamento filorusso durante la campagna elettorale.
Brasile: Lo sciopero dei camionisti, arrivato al suo quinto giorno, è diventato un’emergenza nazionale in Brasile, dove il presidente Michel Temer ha mobilizzato le forze armate e i servizi di sicurezza per riaprire il traffico nel paese, dove cominciavano a registrarsi seri problemi di approvvigionamento di cibo e carburante. La giornata era iniziata su una nota positiva, dopo che il governo ha annunciato un accordo con 9 delle 11 organizzazioni di camionisti, chiuso nella notte precedente per garantire almeno una tregua di 15 giorni nella protesta, lanciata per esigere una riduzione del prezzo del carburante. Ben presto, però, è cambiata la situazione: secondo stime dei media locali, circa un milione di camion mantenevano oltre 900 blocchi stradali in 22 dei 27 stati del paese, e sono cominciate a moltiplicarsi le situazioni di emergenza. Undici aeroporti hanno informato di avere problemi di approvvigionamento di combustibile per gli aerei, e decine di voli sono stati cancellati. Il porto di Santos, principale terminale navale dell’America Latina, è rimasto virtualmente isolato dal resto del paese, e a Brasilia, San Paolo ed altre città le autorità hanno sospeso le classi nelle scuole pubbliche.
Gli automobilisti si lamentavano mentre facevano lunghe file per fare il pieno a prezzi gonfiati, gli ospedali denunciavano i primi problemi di disponibilità di medicine e i produttori di carne hanno avvertito che un miliardo di polli e due milioni di maiali sono in rischio di vita per la mancanza di alimenti. E così Temer ha annunciato nel pomeriggio che aveva “mobilitato le forze federali di sicurezza perché sblocchino le strade”, avvertendo che “non permetteremo che la società non abbia accesso ai beni di prima necessità”. La dura reazione di Temer è stata respinta dall’Associazione brasiliana di camionisti (Abcam), che non ha firmato l’intesa con l’esecutivo e ha avvertito che “se i militari vogliono togliere i blocchi, allora correrà sangue”. Con il passare delle ore, però, non si sono segnalati scontri o episodi di violenza, e il governo ha annunciato la ripresa del traffico in punti nevralgici del paese: la raffineria della Petrobras a Rio, per esempio, ha ripreso a distribuire carburante. Poco dopo le 18.00 (le 23.00 in Italia) il governo ha informato che il numero di posti di blocco è passato da 933 a 519, aggiungendo che in molti punti alcune corsie sono lasciate libere per il traffico. Resta da vedere quanto ci vorrà perché la situazione torni ad essere normale. In sei città dello stato di Rondonia, sulla frontiera con al Bolivia, per esempio, la mancanza di carburante ha già provocato estesi blackout.
Venezuela. Nicolas Maduro, con sei milioni di voti, tra le elezioni più contestate di sempre, viene eletto per il 2019-2025 Presidente del Venezuela. Tra le sue prime mosse subito l’espulsione di Todd Robinson, diplomatico statunitense, accusato di “cospirazione” contro il suo governo, e di Brian Naranjo, vice dell’incaricato di affari americano. Tutto questo non ha fatto altro che alimentare maggiormente la tensione tra Venezuela e Stati Uniti, dato che l’espulsione di Robinson ha de facto lasciato il Venezuela senza rappresentanza diplomatica Usa, che manca dal 2010. Alla luce del voto del paese sudamericano, il G7 ne ha contestato la legittimità e credibilità, e dal suo vertice invita il presidente neoeletto il ripristino della democrazia programmando elezioni libere che possano riflettere la volontà democratica della popolazione.
Cile. Il governo di Sebastian Pinera ha annunciato una proposta di riforma costituzionale per garantire la parità di genere. “Io stesso ho commesso errori in precedenza”, questo il mea culpa del Presidente, che ha dunque annunciato grandi riforme, dopo le contestazioni ricevute dai movimenti femministi nel paese, in ambito universitario, nei mezzi di comunicazione e nelle istituzioni, ma anche nell’ambito sanitario.
Argentina. Insegnanti e maestri argentini sono scesi in massa a protestare contro la politica economica del governo Macri, le politiche del Fondo Monetario Internazionale e soprattutto per il problema salariale. I parlamentari dell’opposizione hanno dichiarato che il “brutale” aumento dei prezzi dei servizi pubblici e l’esser ricorsi al Fondo Monetario Internazionale per ottenere assistenza finanziaria provocheranno notevoli agitazioni sociali, soprattutto a causa degli innumerevoli licenziamenti dovuti al ricorso a queste misure.
Cuba. Morto in Florida Luis Posadas Carriles, 90enne, ex agente cubano della Cia, ritenuto uno dei principali responsabili degli attacchi terroristici anti Castro, tra cui quello contro un volo della Cubana de Aviacion del 1976, che provocò la morte di 73 passeggeri. Nel curriculum di Carriles, arrestato per l’attentato contro l’aereo della Cubana de Aviacion, ricordiamo anche l’evasione e la fuga in Salvador, dove organizzò e coordinò l’assistenza ai contras.
Messico. Le attività di Global Air, compagnia aerea proprietaria del Boeing 737 schiantatosi venerdi scorso a Cuba provocando la morte di 111 dei 113 passeggeri a bordo, sono state temporaneamente sospese dalle autorità messicane. Così la Bbc, che ricorda che alla società viene notificata la sospensione temporanea delle attività nel periodo delle verifiche.
Europa
Irlanda: Il “sì” all’aborto in Irlanda vince con il 66,4%, mentre il “no” si attesta al 33,6%. Lo riferiscono i media irlandesi annunciando i risultati definitivi della consultazione.
Il movimento anti-abortista irlandese ha ammesso la sconfitta al referendum. Lo ha reso noto il portavoce della campagna ‘Save The 8th’, John McGuirk.
Un giorno “storico”, agli occhi di molti. Di sicuro un passaggio destinato a segnare un’epoca tanto per i vincitori quanto per gli sconfitti, e soprattutto per le donne. L’Irlanda, terra di secolari radici cattoliche incamminata sulla scia del resto d’Europa verso la secolarizzazione, ha deciso oggi a larghissima maggioranza in favore dell’aborto libero in un referendum che ha diviso la sua gente, ma certo non a metà.
Un voto per voltare pagina insomma, che suggella il trionfo del fronte favorevole all’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione, sulla tutela della vita del nascituro, introdotto nel 1983 per cementare il divieto di fatto dell’interruzione della gravidanza, salvo casi eccezionali di pericolo diretto per la vita della madre. Un divieto che per anni aveva significato viaggi all’estero a migliaia per chi voleva abortire.
La giornata di bel tempo, almeno per gli standard irlandesi, ha favorito, come speravano i sostenitori del sì, l’affluenza attestatasi alla fine attorno al 70%. In uno scenario per certi versi simile a quello di un altro referendum contrastato e assai simbolico, sfociato giusto tre anni fa nel via libera ai matrimoni gay.
Un dibattito che, secondo gli usi locali, è proseguito anche a seggi aperti, a colpi di tweet libero. In rete si sono così riproposti gli schieramenti: a favore della liberalizzazione d’un progetto di legge già pronto tutti i leader istituzionali, i maggiori partiti (pur con la clausola della libertà di coscienza per deputati e militanti obiettori), i media che contano, le star irlandesi del jet set internazionale; contrari i movimenti per la vita (oscurati peraltro pubblicitariamente dai colossi del web per timore di presunte “interferenze straniere”), singoli dissidenti di partito e gruppi cattolici. Ma con la gerarchia spesso defilata, oltre che azzoppata nella sua autorità morale da anni di scandali e insabbiamenti su pedofilia e non solo.

“No all’aborto on demand”, aveva twittato fino all’ultimo Peadar Toibin, deputato pro-life dello Sinn Fein, evocando lo spettro di una deregulation totale. “Cmon Ireland! Facciamo la cosa giusta per le grandi donne della nostra nazione”, gli aveva replicato la celebrity del pop Niall Horan, ex One Direction. Un appello, quello di Horan, condiviso apertamente dal premier liberale di Dublino, Leo Varadkar, gay dichiarato e promotore di un referendum visto come “opportunità di una sola generazione” per mettere “fine ai viaggi della disperazione di troppe donne”.
In queste ore uno dei vincitori è certamente lui. “La notizia che la maggioranza degli irlandesi ha votato per cambiare lo status quo sull’aborto sarà un enorme sollievo per le donne di tutto il mondo”. Così i co-presidenti del Partito dei Verdi europei Monica Frassoni e Reinhard Butikofer, in una nota. “Crediamo che tutti in Europa debbano avere il diritto di decidere quando, come, e se, vogliono iniziare una famiglia, e speriamo che altri Paesi con leggi proibitive sull’aborto seguano ora l’esempio dell’Irlanda”.
Russia: il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro giapponese Shinzo Abe si vedranno a Mosca, dopo aver condiviso ieri la plenaria del Forum Economico di San Pietroburgo, e discuteranno dello sviluppo della cooperazione tra i due paesi e delle prospettive per la conclusione del trattato di pace. I leader si collegheranno anche con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dove l’astronauta giapponese Norishige Kanai lavora come parte dell’equipaggio. Putin e Abe apriranno inoltre l’anno di scambio culturale russo-giapponese al Teatro Bolshoi. Secondo il Cremlino sono pronti per la firma diversi “documenti” di cooperazione.
Spagna. Brutto colpo per il Partido Popular di Mariano Rajoy, condannato nel processo di corruzione “Gurtel” di Madrid dal 1999 al 2005 dalla Adencia Nacional. Il Tribunale ha condannato Luis Barcenas, ex tesoriere del Partito, a 33 anni, la moglie Rosalia Iglesias, la mente della Gurtel a 15 anni, e Francisco Correa, faccendiere del partito, a 51 anni. Inoltre, il Partido Popular è stato condannato al pagamento di 240mila euro per la partecipazione “a titolo lucrativo” alla corruzione. La rete di corruzione messa su da Correa, principale responsabile di questa vicenda, sembra aver distribuito favori e tangenti in cambio di commesse ottenute da pubbliche amministrazioni guidate dallo stesso partito, dirottate verso conti svizzeri. La condanna del partito sembra sia stata comminata a causa della sua partecipazione a titolo lucrativo ai fatti di corruzione, in quanto avrebbe beneficiato dei reati senza sapere nulla della loro commissione. Chiamato a testimoniare in aula anche il Premier Rajoy.
Medio Oriente
Palestina: Il ministro degli Esteri palestinese Riad Malki è alla Corte penale internazionale all’Aja per chiedere ai magistrati di aprire un’indagine immediata sugli insediamenti di Israele nei territori palestinesi. Lo riportano i media internazionali. Secondo i palestinesi, “ci sono sufficienti prove convincenti che si stanno commettendo gravi crimini, tali da giustificare un’investigazione immediata”. Il ‘deferimento’ “è legalmente invalido: la Cpi non ha giurisdizione sulla questione israelo-palestinese, in quanto Israele non è un Paese membro di quella Corte e la Autorità palestinese non è uno Stato”, ribatte il ministero degli esteri israeliano. “Israele si aspetta dalla Cpi che non ceda alle pressioni palestinesi”.

Israele: Il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha temporaneamente bloccato oggi l’ordine di espulsione nei confronti del rappresentante in Israele di Human Rights Watch (Hrw), Omar Shakir. Lo riferisce Haaretz. Due settimane fa il ministro degli interni Arye Deri aveva deciso di revocare immediatamente il suo permesso di soggiorno dopo aver attribuito a Shakir una ”attivita’ anti-israeliana”.
La giudice Tamar Bezeq-Rapaport, scrive Haaretz, ha precisato di aver ricevuto nel marzo 2017 dal ministero degli esteri israeliano un parere positivo nei suoi confronti, mentre nel dicembre 2017 il ministero per le questioni strategiche ha sostenuto che Shakir e’ un fiancheggiatore del Bds, il movimento filo-palestinese di boicottaggio di Israele. Il tribunale dovrebbe tornare ad esaminare il caso entro il 21 giugno. L’espulsione resta dunque bloccata almeno fino a quella data.
Iran: Germania e Cina si schierano per mantenere in vigore l’attuale accordo del 2015 con l’Iran sul nucleare, malgrado gli Usa abbiano annunciato il ritiro. La cancelliera Angela Merkel, nella conferenza stampa col premier Li Keqiang nella Grande sala del popolo subito dopo il bilaterale, ha rilevato che “quanto all’accordo con l’Iran, è lontano dall’essere l’ideale, ma altre opzioni sono ancora meno stabili. Questo è il perché continueremo a rispettarlo”.
Asia
Afghanistan: Un’autobomba è esplosa a Kandahar City, capoluogo dell’omonima provincia meridionale afghana, causando la morte di 16 persone ed il ferimento di altre 36. Lo riferisce la tv statale Ariana News di Kabul. Il portavoce del governo provinciale, Daud Ahmadi, ha reso noto che il veicolo è stato intercettato dagli agenti dell’intelligence (Nds), ma è esploso prima che la carica che aveva a bordo potesse essere disinnescata. Il bilancio dei morti – ha aggiunto – potrebbe aggravarsi a causa delle condizioni critiche di molti feriti.
Corea del Nord: La Corea del Nord ha accettato la lista di otto giornalisti sudcoreani, 4 di agenzia di stampa e quattro di tv, indicati per assistere alla cerimonia di chiusura del sito dei test nucleari di Punggye-ri possibile da oggi a venerdì. La svolta è maturata all’ultimo tentativo del ministero dell’Unificazione che ha ricevuto il via libera dal canale di comunicazione di Panmunjom alle 9:00 locali (2:00 in Italia). Il governo di Seul “farà i passi necessari dopo il permesso del Nord al viaggio, provvedendo al trasporto”, ha riferito la Yonhap.Gli otto giornalisti voleranno a Wonsan, sulla costa orientale, seguendo una rotta intercoreana, in base a quanto affermato dal ministero dell’Unificazione. I reporter partiranno a breve con un volo di Stato per ritornare in patria via Pechino con il gruppo di giornalisti stranieri già a Wonsan.
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