Lo Yemen come la Siria: insurrezioni tramutatesi in guerre civili per procura in cui si scontrano le collidenti ambizioni di Iran e Arabia Saudita di egemonizzare il Medio Oriente

Il risveglio islamico avvenuto sullo sfondo della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica ha trasformato il Nord Africa ed il Medio Oriente, la cosiddetta regione MENA, nel panorama geopolitico più conflittuale delle relazioni internazionali.

In principio ci fu lo scontro tra il nazionalismo arabo secolare e socialisteggiante maturato nel contesto della rivoluzione nasseriana e del fermento intellettuale siriano-libanese galvanizzato da pensatori come Michel Aflaq, Constantin Zureyq, Amin al-Rihani e Zaki al-Arsuzi, e il panislamismo elaborato da figure come Sayyd Qutb e Muhammad Asad ampiamente promosso dall’Arabia Saudita dall’insediamento al trono di Faysal.

A partire dal 1979 la guerra culturale per l’egemonia sul Medio Oriente e, in esteso, sul mondo islamico si spostò ancora più a Est, con la trasformazione del regno d’Iran in una repubblica islamica incardinata sullo sciismo duodecimano e sul khomeinismo. Con il proposito di esportare la rivoluzione oltreconfine per riportare la umma sotto un’unica entità statuale, l’Iran iniziò ad utilizzare le comunità sciite presenti negli altri paesi della regione come delle quinte colonne funzionali al raggiungimento degli obiettivi rivoluzionari [1] [2] [3] [4].

Libano, Bahrein, Qatar, Iraq, Siria, Yemen, sono alcuni dei paesi in cui su impulso e dietro regia iraniana le comunità sciite hanno fondato partiti politici, o hanno incrementato l’attivismo sociale e le attività di proselitismo, diventando nel tempo dei blocchi di potere dal potenziale destabilizzante, capaci di muovere percentuali consistenti di suffragi, di mobilitare la società civile o di inscenare insurrezioni.

Dal 2011 ad oggi l’attenzione mediatica e delle grandi potenze è stata essenzialmente dedicata all’avanzamento del Daesh, alla guerra siriana e al fallimento della Libia post-gheddafiana, mentre sono stati trascurati gli eventi bellici in Yemen [5].

Lo Yemen è una piccola repubblica situata nel sud-ovest della penisola arabica, caratterizzata da sottosviluppo e instabilità politica, contrariamente ai propri vicini. Lo Yemen, infatti, non dispone di rilevanti giacimenti petroliferi e minerari, e l’economia è incardinata sui settori agricolo ed ittico.

Sin dall’unificazione, avvenuta nel 1990, le dinamiche economiche e politiche della repubblica yemenita sono state pesantemente influenzate dalle tensioni a livello sociale causate dalla polarizzazione religiosa tra la maggioranza sunnita e la minoranza, crescente, sciita.

Nell’immediato post-unificazione i fratelli al-Houthi costituirono Ansar Allah, un movimento politico e confessionale con sede a Sa’dah, fondato su valori zayditi, una variante dello sciismo presente soltanto in Yemen, e caratterizzato da velleità antigovernative.

Sin dalle origini Ansar Allah denunciò la presidenza autoritaria di Ali Abdullah Saleh, avanzando l’accusa di voler trasformare lo Yemen in uno stato-satellite saudita attraverso un processo graduale di wahhabizzazione, rendendosi protagonista di periodiche insurrezioni antigovernative dai connotati violenti, come nel 2004.

Nel 2011 il paese fu scosso da un primo ciclo di proteste generali contro la corruzione, la malapolitica, la povertà e la disoccupazione, che nel giro di pochi mesi – complice l’entrata in scena di Ansar Allah, le si trasformarono in un moto rivoltoso contro il presidente Abdrabbuh Mansur Hadi, infine sfociando nella guerra civile.

Mappa della guerra civile nello Yemen. Fonte Political geography now.

L’aumento delle tensioni è seguito di pari passo all’aumento delle accuse lanciate nei confronti dell’Iran di ingerire negli affari interni yemeniti attraverso il finanziamento e l’armamento di Ansar Allah, da parte di Hadi in persona, dell’Arabia Saudita e degli alleati occidentali.

Nel 2015 la crisi giunge ad un punto di svolta: Mohammad bin Salman viene nominato al ministero della difesa da re Salman, la questione yemenita assume rilevanza di sicurezza nazionale e un celere lavoro di diplomazia segreta ha come risultato la formazione di una coalizione militare multinazionale capeggiata da Riyadh e composta da Bahrain, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Kuwait, Marocco, Qatar e Sudan, che entra in Yemen nel marzo dello stesso anno su richiesta del presidente Hadi [6].

Dall’inizio delle operazioni ad oggi, la coalizione a guida saudita ha impiegato oltre 100 aerei da guerra e 150mila truppe di terra, ricevendo supporto esterno sotto forma di addestramento, vendita di armi, mercenari, aiuto in intelligence, o permesso di utilizzare basi militari, spazio aereo o acque territoriali, da Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Australia, Turchia, Canada, Pakistan, Corea del Sud, Malesia, Gibuti, Senegal, Eritrea e Somalia [7] [8] [9] [10] [11] [12].

In questo triennio l’Arabia Saudita avrebbe speso circa 200 milioni di dollari al giorno, sostenendo la maggioranza dei costi della coalizione, secondo fonti come il Wilson Center, senza però aver raggiunto alcun traguardo importante [13] [14].

L’intervento saudita in Yemen sta inoltre avendo luogo in un periodo di particolare turbolenza economica per le casse del regno, soprattutto a causa della recente fluttuazione dei prezzi del petrolio, la prima fonte di entrate per Riyadh, e questo potrebbe avere ripercussioni negative sulla realizzazione di alcuni punti programmatici di Vision 2030 [15].

Lo Yemen non sta costando all’Arabia Saudita soltanto in termini materiali, ma anche di immagine e prestigio. La credibilità della dinastia che custodisce e protegge le due sacre moschee di Medina e La Mecca è minata dalla perdita di consenso tra l’opinione pubblica islamica mondiale, essenzialmente ancoratasi su posizioni filoyemenite, in maniera importante per via della vasta copertura mediatica della guerra fornita da Al Jazeera, in particolar modo a partire dalla crisi diplomatica saudita-qatariota iniziata lo scorso anno [16].

È Al Jazeera, infatti, che ha contribuito a pubblicizzare e denunciare internazionalmente i presunti crimini di guerra e violazioni dei diritti umani perpetrati dalla coalizione saudita.

Secondo una stima delle Nazioni Unite la distruzione delle infrastrutture essenziali e l’embargo avrebbero ridotto in stato di insicurezza alimentare e malnutrizione circa 17 milioni e 800mila dei 27 milioni e 500mila abitanti del paese ed alimentato la diffusione del colera, che ha assunto negli ultimi due anni caratteri endemici, toccando circa un milione di persone [17].

Numeri che oltre a screditare internazionalmente l’operato di casa Saud hanno avuto l’effetto di consolidare e rinvigorire Ansar Allah, passato dall’essere un movimento seguito da un bacino compreso fra le 3mila e 5mila persone nel 2005 ad essere un gruppo armato composto da oltre 100mila combattenti nel 2017 [18].

Inoltre, nonostante gli sforzi della coalizione saudita di isolare lo Yemen via mare e via aerea, attraverso continui ed importanti blocchi navali e aerei, onde evitare la possibilità che mezzi iraniani possano rifornire di aiuti gli insorti, Ansar Allah è riuscita ugualmente a dotarsi di armi sofisticate, come missili balistici a corto e medio raggio capaci di raggiungere Riyadh, elevando la pericolosità del conflitto, come dimostrato dalle decine di attacchi missilistici compiuti negli ultimi mesi [19].

Sino ad oggi, quindi, la strategia iraniana per lo Yemen sembra aver avuto più successo di quella saudita,  sia in termini di costi che di lungimiranza: devolvendo alla causa di Ansar Allah pochi milioni di dollari l’Iran, a fronte dei circa 6 miliardi di dollari mensili della controparte saudita, è riuscito a costruire una minaccia concreta lungo i confini sauditi, costringendo Riyadh a ridurre il sostegno al fronte d’opposizione anti-Assad in Siria, sfruttando i vantaggi della guerra asimmetrica contro un esercito, quello saudita, per la prima volta impiegato direttamente in un teatro ostile [20].

Nonostante le accuse, l’Iran ha sempre negato di aver finanziato o armato l’insurrezione yemenita, pur giustificando l’utilizzo della violenza, o gli attacchi missilistici, come atti legittimi in un contesto conflittuale, trovando l’appoggio diplomatico della Russia in un clima internazionale sostanzialmente simpatizzante verso le posizioni saudite [21].

Anche nel mondo islamico, al di là delle convinzioni dell’opinione pubblica, i governi di Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Egitto e Marocco, hanno supportato e supportano gli interessi sauditi, sia per il timore di eventuali ripercussioni economiche, come nel caso delle petromonarchie della penisola arabica, che per la comune ostilità alle ambizioni espansionistiche di Teheran sul Medio Oriente.

Con la vittoria elettorale di Hezbollah in Libano, la fine territoriale dell’autoproclamato Stato Islamico, l’inizio di una timida costruzione di rapporti amichevoli con la Turchia grazie all’intercessione russa, il mantenimento di Bashar al-Assad e del potere alauita in Siria, e il graduale, ma incerto, scivolamento dell’Iraq nella sfera d’influenza iraniana, come dimostrato dai recenti risultati elettorali che hanno premiato il filosaudita Moqtada al-Sadr, l’avvicinamento del Qatar seguito alla crisi diplomatica con l’Arabia Saudita, e l’impantanamento in Yemen costato a Riyadh dozzine di miliardi di dollari, l’espansionismo militare e l’egemonia culturale dell’Iran hanno raggiunto un apogeo storico..

La strategia iraniana ha conseguito dei risultati considerevoli dal punto di vista militare, contribuendo a bloccare l’avanzata del Daesh in Siria ed Iraq, ma non ha contemplato, o ha sottovalutato, la possibilità di contraccolpi diplomatici legati alla percezione del suo espansionismo, come ad esempio la formazione dell’asse Riyadh-Tel Aviv, appoggiato da Washington e sostenuto tacitamente anche dai paesi membri della Lega Araba.

È in questo contesto di incremento di sentimenti anti-iraniani che dovrebbero leggersi eventi come l’aumento degli attacchi israeliani alle postazioni iraniane e filoiraniane in Siria, l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare, e l’assordante campagna antisciita e filoisraeliana messa in atto dall’influente clero saudita su regia di casa Saud.

Al di là della natura ideologica dello scontro tra Arabia Saudita e Iran, resta il fatto che la scarsa visibilità mediatica e la scarsa attenzione della comunità internazionale date allo Yemen potrebbero indurre l’opinione pubblica a considerarlo un conflitto a bassa intensità, ma il bilancio delle vittime è molto elevato ed è destinato a salire ulteriormente: oltre 20mila morti e 50mila feriti tra i civili yemeniti, più di 3 milioni di sfollati, oltre 2mila decessi causati dal colera e 5mila nuove infezioni al giorno, più di 50mila bambini morti per inedia e malnutrizione nel 2017 e oltre 2 milioni e 200mila quelli a rischio, numeri che stanno spingendo alcuni osservatori e analisti internazionali a parlare di genocidio in corso, facendo paragoni con l’Holodomor [22] [23] [24] [25] [26].


Fonti

[1]    Marcus, J. Why Saudi Arabia and Iran are bitter rivals, BBC News, 18/11/2017

[2]    Blasina, N. Saudi Arabia and Iran: Four Proxy Conflicts Explained, The Wall Street Journal, 8/12/2017

[3]    Newton, C. Saudi-Iran proxy wars: In pursuit of regional hegemony, Al Jazeera, 14/11/2017

[4]    The ‘Cold War’ between Iran and Saudi Arabia is heating up. Here are 5 things you should know about it., PRI, 12/11/2017

[5]    Per un approfondimento delle origini storiche del conflitto tra Saleh e Ansar Allah e delle origini della guerra civile: https://www.opiniojuris.it/yemen-la-bomba-ad-orologeria/

[6]    Saudis’ Operation Decisive Storm in Yemen a ‘dangerous step,’ Iran warns, Associated Press, 26/03/2015

[7]    Ibidem

[8]    Somalia finally pledges support to Suadi-led coalition in Yemen, Raxanreeb Online, 07/04/2015

[9]    Ramani, S. North Korea’s Balancing Act in the Persian Gulf, The Huffington Post, 17/08/2015

[10]  Senegal to support Yemen campaign, BBC News, 05/05/2015

[11]  Saudi-led coalition probably used cluster bombs in Yemen: HRW, Reuters, 03/05/2015

[12]    McNeil, S. Yemen: Calls for Australia to disclose defence deals with Saudi Arabia, ABC News, 21/11/2017

[13]  Carey, G. The Saudi Town on the Frontline of Yemen’s War, Bloomberg, 21/12/2015

[14]  Ottaway, D. Saudi Arabia’s Yemeni Quagmire, The Wilson Center, 15/12/2015

[15]  Hussain, M. Saudi Intervention in Yemen and its impact on Saudi’s economy, Foreign Policy News, 11/12/2016

[16]  Najjar, F.; Al-Karimi, K. Saudi Arabia’s war in Yemen ‘a strategic failure’, Al Jazeera, 23/08/2017

[17]  Scheda sullo Yemen del World Food Programme: http://www1.wfp.org/countries/yemen

[18]  Thousands Expected to die in 2010 in Fight against Al-Qaeda, YemenPost

[19]  Sanders, L. How did Yemen’s Houthis obtain ballistic missiles?, DW, 20/12/2017

[20]  Riedel, B. In Yemen, Iran outsmarts Saudi Arabia again, Brookings.edu, 06/12/2017

[21]  Gladstone, R. Russia Vetoes U.N. Resolution to Pressure Iran Over Yemen Missiles, The New York Times, 26/02/2018

[22]  Yemen war: Saudi-led air strike ‘kills 26 at Saada market’, BBC News, 1/11/2017

[23]  Scheda sullo Yemen dello United Nations for Refugees and Migrants: https://refugeesmigrants.un.org/more-3-million-displaced-yemen-%E2%80%93-joint-un-agency-report

[24]  Edroos, F. Saudi siege on Yemen: ‘Hundreds will die within a week’, Al Jazeera, 9/11/2017

[25]  50,000 children in Yemen have died of starvation and disease so far this year, monitoring group says , Chicago Tribune, 16/11/2017

[26]  Tarar, U. Is Yemen Saudi Arabia’s Ukraine? Daily Pakistan, 10/11/2017

Copertina: Avaaz

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