La proposta del Ministro Zangrillo per la P.A.


È veramente ciò che serve alla Pubblica Amministrazione Italiana?


A cura di Riccardo Renzi*

Negli ultimi mesi, la proposta del Ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha suscitato ampio dibattito sulle principali testate italiane. Al centro della riforma, c’è l’intenzione di rivedere il tradizionale sistema di selezione per l’accesso ai ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione. Sebbene il concorso pubblico sia stato storicamente considerato un pilastro della trasparenza e imparzialità nell’amministrazione, la proposta di Zangrillo introduce un’alternativa: una valutazione basata sulle performance effettive dei dipendenti pubblici, piuttosto che solo sul superamento di concorsi teorici[1]. Questo approccio mira a premiare il “saper fare” anziché il “sapere”, valorizzando l’esperienza sul campo e la capacità di gestione concreta. Spiegando la cosa ai più digiuni nel settore pubblico, vuol dire che sino ad oggi si è potuto accedere alle Dirigenze pubbliche solo dopo il superamento di un concorso e a tale concorso ci si può accedere solo dopo almeno cinque anni nella Pubblica Amministrazione come funzionario (ex. Cat. D), ovvero dopo almeno due anni da funzionario e il possesso di un Master di II° livello in materie inerenti alla P.A.[2]; con tale proposta, invece, si può divenire Dirigenti con una progressione verticale, cioè passando da funzionari a dirigenti, previo esame titoli da parte di una commissione. Dunque la dirigenza diventerebbe uno “status” come le altre categorie, accessibile attraverso progressioni verticali. Naturalmente, bisogna sempre essere già dei pubblici dipendenti. L’idea, tuttavia, non è esente da critiche[3]. Alcuni temono che l’introduzione di un sistema alternativo possa finire per favorire le ingerenze politiche, dando più spazio alla discrezionalità dei dirigenti nella selezione del personale. La questione della costituzionalità della proposta, inoltre, solleva non pochi dubbi. L’articolo 97 della Costituzione stabilisce infatti che l’accesso agli impieghi pubblici debba avvenire tramite concorso, a meno di specifiche eccezioni. In tale contesto, la proposta potrebbe dover affrontare un esame più approfondito in Parlamento per garantire il rispetto dei principi costituzionali di imparzialità ed efficienza[4].

La critica al sistema concorsuale tradizionale e la ricerca di maggiore efficienza

Il concorso pubblico, pur essendo da sempre considerato il metodo migliore per garantire imparzialità nelle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, ha mostrato nel tempo alcuni limiti evidenti. Da un lato, non sempre riesce a valutare le competenze pratiche e l’esperienza sul campo dei candidati, privilegiando un approccio puramente teorico[5]. Dall’altro, i tempi lunghi e la burocrazia che caratterizzano le procedure concorsuali spesso non sono in grado di rispondere con tempestività alle necessità di un’amministrazione moderna, soprattutto in un contesto di rapidi cambiamenti come quello attuale. In questo quadro, la proposta di Zangrillo si inserisce come un tentativo di superare queste rigidità[6]. L’idea di affiancare il concorso pubblico a un sistema parallelo che premi le performance effettive e le competenze pratiche rappresenta, secondo il Ministro, un passo verso una PA più flessibile e in grado di premiare davvero il merito. Inoltre, questo approccio potrebbe stimolare una maggiore responsabilizzazione da parte dei dirigenti, i quali non solo dovrebbero gestire persone, ma anche promuovere il talento e incentivare la crescita dei dipendenti sulla base dei risultati concreti ottenuti.

I rischi di ingerenza politica e il rischio di cooptazione

Nonostante i potenziali benefici di un sistema che valorizzi maggiormente le competenze pratiche, la proposta di Zangrillo solleva preoccupazioni riguardo al rischio di ingerenze politiche e alla possibilità di cooptazione all’interno delle nomine dirigenziali[7]. La critica principale è che, con una selezione basata su valutazioni personali da parte dei dirigenti, si possa aprire la strada a nomine politicamente orientate, piuttosto che meritocratiche. Tuttavia, Zangrillo ha cercato di dissipare queste preoccupazioni proponendo una serie di garanzie procedurali per evitare conflitti di interesse. In particolare, la selezione dei candidati sarebbe affidata a commissioni esterne, composte da dirigenti estratti a sorte e professionisti del settore, che avrebbero il compito di garantire l’imparzialità. Inoltre, la valutazione delle performance sarebbe effettuata su un arco di cinque anni, cercando di creare una base oggettiva per giudicare la capacità effettiva dei candidati[8]. Nonostante queste precauzioni, rimane da vedere se queste misure saranno sufficienti per convincere i critici sulla bontà del progetto.

Il futuro della Pubblica Amministrazione tra innovazione e meritocrazia

Il tema centrale della riforma proposta da Zangrillo è la creazione di una PA più moderna, meritevole di attrarre giovani talenti e in grado di rispondere alle sfide dell’innovazione tecnologica. Oltre alla riforma del sistema di selezione dei dirigenti, il Ministro ha sottolineato l’importanza di una formazione continua per i dipendenti pubblici, con un focus particolare sull’uso delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale. A tal fine, sono stati potenziati i programmi di aggiornamento, con l’obiettivo di aumentare il numero di ore di formazione annuali per i dipendenti pubblici. Nel contesto di questa trasformazione, il reclutamento dei giovani diventa cruciale. La riforma introduce anche misure per facilitare l’ingresso dei diplomati degli ITS Academy nella PA[9], dando loro opportunità di carriera anche in assenza di laurea, una novità significativa che potrebbe contribuire a rendere la PA più attraente per le nuove generazioni. Allo stesso tempo, la digitalizzazione dei concorsi pubblici e la semplificazione delle procedure amministrative sono passi fondamentali per ridurre la burocrazia e migliorare l’efficienza. La sfida, tuttavia, rimane quella di bilanciare l’innovazione con il rispetto dei principi costituzionali e delle esigenze di imparzialità e trasparenza.

Le reali necessità delle P.A.

Negli ultimi anni, i Comuni, le Province e le Città Metropolitane italiane stanno affrontando una grave crisi del personale che minaccia la capacità di gestione e l’efficienza dei servizi pubblici locali. I segnali di questa crisi sono evidenti e, se non affrontati tempestivamente, potrebbero compromettere gravemente il buon funzionamento delle amministrazioni locali e la qualità dei servizi erogati ai cittadini[10]. La problematica si manifesta in diversi modi, tra cui una drastica riduzione del numero di candidati ai concorsi pubblici, un crescente numero di rinunce da parte dei vincitori e un esodo continuo del personale di ruolo verso altre amministrazioni. Una delle cause principali alla base di questa crisi è la ridotta capacità di attrarre risorse umane da parte dei Comuni, delle Province e delle Città Metropolitane, rispetto ad altre amministrazioni pubbliche, come i Ministeri. Tale difficoltà è attribuibile, in primis, a un livello retributivo complessivo inferiore rispetto a quello delle amministrazioni centrali, nonostante le maggiori responsabilità e gli oneri che gravano sugli enti locali[11]. Questo divario salariale viene ulteriormente aggravato dalla normativa che consente il superamento dei limiti ai trattamenti economici accessori esclusivamente per dirigenti e dipendenti ministeriali, creando un ulteriore gap competitivo. La disparità economica rende il settore pubblico locale meno attraente per i professionisti del settore, che preferiscono altre opportunità con condizioni economiche più vantaggiose. A complicare ulteriormente la situazione, vi è la difficoltà di attivare adeguati strumenti di welfare aziendale che possano migliorare le condizioni di lavoro e attrarre risorse umane qualificate. Le amministrazioni locali, infatti, spesso non dispongono delle risorse necessarie per finanziare politiche di welfare, che potrebbero includere programmi di formazione professionale, piani di conciliazione vita-lavoro o polizze sanitarie. La carenza di risorse finanziarie limita la capacità degli enti locali di competere con le offerte più allettanti provenienti dalle amministrazioni centrali o da altri settori del pubblico impiego. Un altro aspetto preoccupante della crisi riguarda l’esodo del personale di ruolo. La mobilità tra enti locali e tra enti locali e amministrazioni centrali è diventata sempre più frequente, portando a una perdita di personale qualificato e di esperienza che risulta difficile da sostituire in tempi brevi. La riduzione della forza lavoro e la perdita di competenze specializzate non solo indeboliscono la capacità operativa degli enti locali, ma rischiano anche di rallentare la risposta alle esigenze dei cittadini e la capacità di attuare politiche pubbliche efficaci. La competizione tra i vari settori della pubblica amministrazione per attrarre risorse umane qualificate è destinata a diventare sempre più acuta, e le amministrazioni locali rischiano di non riuscire a mantenere il passo.

Le proposte di Anci e Upi per risolvere la crisi

Di fronte a questa emergenza, i presidenti di Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Upi (Unione Province d’Italia), Gaetano Manfredi e Pasquale Gandolfi, hanno sollecitato il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, a intraprendere una riflessione congiunta per individuare soluzioni concrete[12]. Una delle proposte più rilevanti riguarda l’estensione agli enti locali della norma che consente il superamento dei limiti ai trattamenti economici accessori. L’adozione di una misura simile, già prevista per i Ministeri, potrebbe contribuire a ridurre il gap retributivo tra gli enti locali e le amministrazioni centrali, rendendo più competitivo il settore pubblico locale. Inoltre, è stato suggerito di destinare risorse statali specifiche per finanziare politiche salariali e di welfare aziendale a favore degli enti locali. Queste risorse potrebbero essere utilizzate per migliorare le condizioni di lavoro, aumentare la competitività delle offerte professionali e, di conseguenza, attrarre nuovi talenti nel settore pubblico locale. L’introduzione di misure di welfare aziendale come polizze sanitarie, piani di formazione e programmi di conciliazione vita-lavoro potrebbe migliorare significativamente l’ambiente lavorativo negli enti locali e favorire una maggiore fidelizzazione del personale qualificato[13].

Le sfide future per il settore pubblico locale

La crisi del personale che affligge i Comuni, le Province e le Città Metropolitane non è un fenomeno transitorio, ma un sintomo di difficoltà strutturali che minacciano la governance territoriale. Se non affrontato con misure adeguate, il divario tra gli enti locali e le amministrazioni centrali in termini di retribuzioni e condizioni di lavoro rischia di avere conseguenze devastanti sulla qualità dei servizi pubblici locali e sull’efficacia delle politiche pubbliche. In questo contesto, è essenziale che il Governo prenda in considerazione interventi normativi e finanziari finalizzati a migliorare le condizioni di lavoro nel settore pubblico locale. La revisione dei trattamenti economici e l’introduzione di strumenti di welfare aziendale specifici per gli enti locali potrebbero rappresentare passi decisivi per rafforzare l’attrattività del settore pubblico locale e garantirne la sostenibilità. Il futuro degli enti locali dipende dalla capacità di attrarre e mantenere personale qualificato. Le proposte avanzate da Anci e Upi sono un primo passo importante per affrontare le difficoltà che i Comuni, le Province e le Città Metropolitane stanno vivendo. Tuttavia, sarà necessario un impegno concreto da parte delle istituzioni centrali per garantire una risposta efficace a questa crisi. Se non affrontata con tempestività, questa situazione rischia di compromettere irrimediabilmente la qualità dei servizi pubblici e la capacità di gestione delle amministrazioni pubbliche locali, minando la fiducia dei cittadini nella capacità del sistema pubblico di rispondere alle sfide del presente e del futuro.

Conclusioni

Insomma, la proposta di Zangrillo sulle dirigenze sembrerebbe agevolare ancora di più le ingerenze politiche sulla P.A., mentre, invece, sembra essere ottima la proposta su una valutazione più veritiera della performance individuale dei dipendenti. C’è però da chiedersi cosa vogliono realmente i dipendenti della P.A. e una chiara risposta ci giunge dalla lettera congiunta tra i Presidenti ANCI e UPI proprio al Ministro Zangrillo[14]. Quello che si cerca è una parificazione giuridica ed economica tra funzioni centrali e funzioni locali, la disparità è ormai divenuta enorme, anche 300 euro mensili netti a parità di categoria. Qui sarebbe dovuto intervenire Zangrillo, avrebbe dovuto fermare l’esodo dei dipendenti di enti locali.


Note

[1] R. RENZI, «La rivoluzione nella P.A., dirigenti senza concorso», Nuovo Giornale Nazionale, 16/03/2025.
[2] R. RENZI, «La rivoluzione nella P.A., dirigenti senza concorso», Nuovo Giornale Nazionale, 16/03/2025.
[3] «Sulla riforma della Pubblica Amministrazione. Le bugie hanno le gambe corte. A proposito di riforma della Pubblica amministrazione», CUB.it, 26/03/2025.
[4] «Carriere nella PA: la riforma prende il via, l’ok in Cdm», Il Personale, 14/03/2025.
[5] E. MARRO, «Dirigenti senza concorso, Zangrillo: Saper studiare non significa saper fare. Cosa c’è dietro la riforma del pubblico impiego», Corriere Della Sera, 18/03/2025.
[6] L. LEANZA, «Dirigenti pubblici senza concorso: cosa cambia col DDL Merito. Analizziamo tutte le novità introdotte dal DDL merito in riferimento ai ruoli dirigenziali», Simone Concorsi, 14/03/2025.
[7] R. RENZI, «La rivoluzione nella P.A., dirigenti senza concorso», Nuovo Giornale Nazionale, 16/03/2025.
[8] G. TROVATI, «Carriere Pa, triplo esame per i dirigenti senza concorso», Il Sole 24 Ore, 13/03/2025.
[9] «Carriere nella PA: la riforma prende il via, l’ok in Cdm», Il Personale, 14/03/2025.
[10] R. RENZI, «La rivoluzione nella P.A., dirigenti senza concorso», Nuovo Giornale Nazionale, 16/03/2025.
[11] R. RENZI, «Il divario nel Pubblico Impiego: la lettera dei presidenti ANCI e UPI al Ministro Zangrillo», Nuovo Giornale Nazionale, 3/03/2025.
[12] R. RENZI, «Il divario nel Pubblico Impiego: la lettera dei presidenti ANCI e UPI al Ministro Zangrillo», Nuovo Giornale Nazionale, 3/03/2025.
[13] «Pubblica amministrazione: I Presidenti di ANCI e UPI scrivono al Ministro Zangrillo», ANCI, 28/03/2025.
[14] R. RENZI, «Il divario nel Pubblico Impiego: la lettera dei presidenti ANCI e UPI al Ministro Zangrillo», Nuovo Giornale Nazionale, 3/03/2025.


Foto copertina:  Ministro Zangrillo del 21 novembre 2024 presa dal sito dell’ANCI

*Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Notizie Geopolitiche, Scholia e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.