La geopolitica alla Simpson


L’irriverente satira dei Simpson, la famiglia più gialla del mondo, tra risate e battute taglienti, ha portato nelle nostre case ben più dei problemi della quotidianità statunitense con l’efficacia che solo la cultura pop può avere.


Di Andrea Minervini

La storia (in tutti i sensi)

Era il 1987 quando dall’immaginifica mente del disegnatore statunitense Matt Groening prese vita per la Fox Broadcasting Company quella famiglia composta da gialli e per certi versi grotteschi individui che rispondono tutt’oggi al nome di Simpson. Emblema della famiglia statunitense “media” con tutti i suoi pregi ma soprattutto sottolineandone i difetti i Simpson portarono una satira tagliente e viscerale nelle case americane. Nella “città mondo” di Springfield videro proiettati i problemi di tutti i giorni e anche qualcosa di più; dallo stile di vita all’economia, dalla religione alla politica interna sino a quella estera e alle relazioni internazionali. Arriveranno in Italia solo nel 1991, “esplodendo” definitivamente nel 1997 con l’approdo su Italia 1.

Era la fine della Guerra fredda, l’inizio di un nuovo mondo, il quale però non sempre riusciva a lasciare facilmente i legami con il lungo e politico ‘900. Questi legami così forti e radicati divennero parte integrante dell’irriverente serie animata di Groening, soprattutto temi come la politica internazionale e i suoi “errori”, le sue goffaggini, i cliché e le nuove prospettive. Queste tematiche entrarono nelle nostre case, tra una risata e un ragionamento, forse anche involontario ma soprattutto alla portata di tutti. I Simpson ruppero così le “barriere” di una satira nazionale e valicando le frontiere politiche e temporali con l’ingenuità che solo un cartone animato può avere divennero (e sono tutt’oggi) una critica, forse, all’umanità tutta.

Alcuni esempi

La politica estera, mai priva di critiche e da sempre soggetta a satire non aveva mai affrontato un “avversario” così influente e diffuso come quello rappresentato dalla famiglia Simpson e gli eterogenei abitanti della ridente Springfield. Un “centro del mondo” immaginario e bidimensionale dove tutto è possibile e tutto può accadere, compresa (paradossalmente) la realtà nuda e cruda di ciò che ci circonda. Questa realtà iper-semplificata sino a spogliarla di artefici, maschere e travestimenti, quando applicata dalla matita di Groening al mondo della politica estera USA e delle relazioni internazionali raramente ha lasciato, si passi il termine, scampo. Ripercorrere rigorosamente la carriera delle gag politiche dei Simpson è impresa quanto mai ardua se non impossibile da racchiudere in questo singolo articolo ma come per tutte le cose, alcuni esempi sono più esplicativi e simbolici di altri. Probabilmente una delle prime e più iconiche scene attinenti a questo tema la troviamo nella famosa rissa tra Homer J. Simpson e l’ex Presidente statunitense Bush Sr. In meno di trenta minuti la figura di uno degli uomini politici più influenti della fine del ‘900 viene umanizzata e messa a nudo, sino a concludersi in una scazzottata tra “vicini di casa” non priva di riferimenti taglienti come quello al “banchetto giapponese rovinato” citato proprio da Bush mentre strangola Homer. Nella realtà dei fatti creò grande scalpore e imbarazzo nel 1992 il fatto che il Presidente degli Stati Uniti durante una cena di stato in Giappone vomitò sul Primo Ministro giapponese1. La vera “bomba politica” arriverà dopo pochi minuti, in un’iconica scena in cui, dopo aver fatto a pugni con Homer il Presidente si vedrà costretto da sua moglie a scusarsi con il vicino. Si potrebbe pensare alla civile e normale risoluzione di una lite, peccato che in quel di Springfield, per congratularsi della nuova casa, si trovasse a passare l’ex segretario sovietico Gorbačëv2. Dopo un imbarazzante tentativo di Bush di giustificare le sue azioni dinnanzi all’ex avversario politico (non senza una chiara provocazione di Homer riguardo al “chiedere aiuto agli amici comunisti”) cercherà di persuadere la moglie di non potersi scusare dinnanzi “ai russi” per non mostrare debolezza, invano. La battuta conclusiva di Gorbačëv in russo verso il suo autista incarnerà l’emblema delle RI nella serie animata: “Neanche i telegiornali sono così divertenti”. Ancora, attingendo al pozzo inesauribile di battute e allusioni che è stato la Guerra fredda per Groening, come non dimenticare l’iconica sequenza in cui “il mio Homer che non è un comunista” perde la rotta del sottomarino nucleare del quale è stato incautamente messo al comando giungendo in acque russe. Una rapida e tagliente critica alle Nazioni Unite, il cui palazzo di vetro viene erroneamente confuso dalla “telecamera” con uno sgangherato baracchino dove un contadino vende pannocchie è seguita da un primo piano dell’Ambasciatore russo. Quest’ultimo affermerà placidamente che: “Unione Sovietica avrebbe amnistiato il sottomarino indisciplinato”, qui l’errore sembra essere chiaro, come fatto notare dall’Ambasciatore statunitense, l’Unione Sovietica era già disciolta da diversi anni. L’iconica risata malvagia dell’Ambasciatore russo dà il via ad una sequenza di piccoli spezzoni (dalla trasformazione di una parata di carnevale in parata militare sovietica a Mosca sino alla re-divisione di Berlino). Questi lasciano intendere che in realtà la caduta sovietica era solo un inganno e che, spingendo un fantomatico bottone, tutto sarebbe tornato alla Guerra fredda, compreso un non-morto Lenin che affermerà di: “dover distruggere capitalismo tovarish!!!”. Questa sequenza che potrebbe sembrare una mera ilarità, in realtà non è che il riflesso di sentimenti insiti nella società statunitense, paure di un passato ancora troppo recente per essere dimenticato e i cui riflessi ancora attanagliavano le amministrazioni USA, desiderose di eliminare o veder crollare ciò che restava del nemico sovietico, incarnato dalla Federazione Russa3. Altri esempi giungono dalle puntate dedicate ai viaggi della famiglia Simpson, tra cui Giappone, Inghilterra, Italia, Francia, Brasile, Cina, Cuba, Tanzania (o Nuovo Zanzibar o “Coca Cola presenta Nuovo Zanzibar” del resto il cambio nome del paese è insito nella satira politica di quel viaggio) ecc. ecc. In ognuna di queste avventure i riferimenti a politici dell’epoca, alle loro relazioni con gli USA, luoghi comuni e cliché abbondano tra le battute le risate e le nozioni storiche. Troviamo Fidel Castro che pronto ad abbandonare il comunismo sull’isola a causa della bancarotta ruba con nonchalance una banconota da un trilione di dollari ad Homer e al Signor Burns che cercavano proprio asilo politico a Cuba. La “supremazia” della società USA viene rimarcata in Inghilterra e ferocemente derisa in Giappone, con particolare riferimento alle differenze tra sistema d’istruzione e progresso tecnologico. In Cina troviamo una puntata estremamente politicizzata con forti riferimenti ai fatti di piazza Tienanmen e alla figura di Mao, la cui salma imbalsamata viene paragonata ironicamente a quella di: “un angioletto che ha ucciso solo 50 milioni di persone”. Di questo passo delle avventure politiche de i Simpson si potrebbe riempirne un libro, però anche solo questi pochi esempi riescono a farci capire la sottigliezza di Groening nel portare nelle case “comuni” temi importanti. Si è così anticipato, forse di molto, la necessità di portare le RI alla portata di tutti in un mondo che già dopo la Guerra fredda si avviava ad una globalizzazione e interconnessione tali da rendere tangibile anche l’intangibile, come gli effetti degli eventi e delle decisioni politiche globali.

I Simpson sono pop!

Abbiamo parlato dei Simpson come di un efficace strumento satirico per portare all’attenzione del grande pubblico temi importanti come le Relazioni Internazionali o anche la storia ma che un prodotto “popolare” sia veicolo di ciò non è una novità. Certo nessun frammento della cultura pop, reduce dalla lunga Guerra fredda è probabilmente riuscito ad avere una diffusione capillare e globale come i Simpson ma questi si agganciano sapientemente ad una strategia comunicativa e narrativa che ancora oggi, non può essere ignorata. Il ruolo svolto dalla U.S. Information Agency4 durante la Guerra Fredda (e in parte anche dalla C.I.A.5), ad esempio, è stato fondamentale nel tentare di contrastare le influenze sovietiche sullo stesso campo in molti stati del mondo, compresa l’Italia. La cultura pop6 è uno strumento che spesso è stato utilizzato per veicolare messaggi e creare sistemi valoriali7, soprattutto nel periodo della Guerra fredda, tanto da poter parlare di una cultural cold war8, di una “battaglia per i cuori e le menti”9 ma è anche uno “strumento” che non sempre risponde a comandi precisi10. I Simpson ne sono un chiaro esempio, sparando ad alzo zero sulla politica globale senza apparenti differenze di nazionalità o colore politico. Una mina vagante da cui pochi si sono salvati e che ancora oggi riesce a parlare alle nuove e vecchie generazioni, aprendo la mente su tematiche più che rilevanti, senza mai negare un sorriso e un: “però è vero!”.


Note

1 Da redazione, Quando George H. W. Bush vomitò addosso al primo ministro giapponese, Il Post, SABATO 8 GENNAIO 2022. In: https://www.ilpost.it/2022/01/08/george-hw-bush-vomito-primo-ministro-giapponese/
2 A. Minervini, Addio all’ultimo leader dell’URSS, Opinio Juris, 31 agosto 2022. In: https://www.opiniojuris.it/addio-allultimo-leader-dellurss/
3 E. Brighi, F. Petito, Il Mediterraneo nelle relazioni internazionali, cit. p. 95
4 N. J. Cull, B. Gregory, The Cold War and the United States Information Agency: American Propaganda and Public Diplomacy, 1945–1989, Naval War College Review, Volume 62, Number 2 Spring, Article 14, 2009
5 M. Warner, Cultural cold war, Origins of the Congress for Cultural Freedom, 1949-50, CIA official website
6 A. M. Banti, Wonderland La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd, Ed. Laterza, Roma 2017.
7 N. Wang, The Currency of Fantasy: Popular Culture’s Discourse in International Relations, International Studies, Interdisciplinary Political and Cultural Journal, 2013, Vol. 15
8 F. S. Saunders, The Cultural Cold War, The CIA and the World of Arts and Letters, New Press, New York 2013
9 K. A. Osgood, Hearts and Minds: The Unconventional Cold War, Journal of Cold War Studies, Vol. 4, No. 2, Spring 2002
10A. Ciulla, Ripensare la diplomazia culturale degli Stati Uniti in Italia, in “Contemporanea, Rivista di storia dell’800 e del ‘900” 4/2021, pp. 733-743, Roma 2021


Foto copertina: La famiglia Simpson