La storia di Raphael Lemkin, il giurista polacco che coniò il termine genocidio
Il diritto internazionale deve a Raphael Lemkin il merito di avere reso conoscibile il genocidio, qualificandolo come un processo di distruzione dei gruppi nazionali ed etnici, individuandolo come figura unitaria di crimine e segnando indelebilmente l’evoluzione del diritto penale internazionale del XX secolo.
Le origini di Raphael Lemkin
Raphael Lemkin nasce in una famiglia polacca con origini e religione ebraica il 24 giugno del 1900 a Bezwodne, in territorio russo. Egli dedica la sua giovinezza agli studi di linguistica e filologia all’Università di Lwow (attuale Ucraina), iniziando a manifestare interesse verso gli studi giuridici. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, all’inizio degli anni trenta si dedica allo studio del diritto penale, dal 1929 è Deputy Prosecutor a Varsavia e successivamente partecipa ad alcuni dei principali eventi europei riguardanti il diritto penale internazionale[1].
Nel settembre del 1939, a seguito dell’invasione della Polonia da parte delle truppe prima tedesche e poi sovietiche, Raphael Lemkin è costretto a trasferirsi in Svezia dove inizia studiare, per conto dell’Università di Stoccolma, la comparazione sistematica dei provvedimenti assunti dal Terzo Reich nei confronti dei gruppi etnici e nazionali presenti nei territori occupati sostituiti dal regime con popolazioni di origine tedesca. Nel 1941 giunge negli Stati Uniti dove assume l’incarico di Special Lecturer in diritto comparato e diritto romano presso la Duke University School of Law nel North Carolina e contestualmente inizia a lavorare al suo saggio Axis Rule. Nel 1942 lascia la Duke University per divenire Chief Consultant nell’U.S. Board of Economic Warfare and Foreign Economic Administration collaborando con il War Department; nel 1945 assume il ruolo di Legal Advisor di Robert Jackson, Chief Prosecutor per gli Stati Uniti nel processo di Norimberga [2].
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Il contributo del giurista polacco alla definizione del crimine di genocidio
Un primo contributo fornito dal giurista polacco alla definizione del crimine di genocidio risale al documento proposto in occasione della V Conferenza per l’unificazione del Diritto Penale svoltasi a Madrid dal 14 al 20 ottobre 1933. In tale occasione lo studioso presenta una relazione intitolata “Les actes constituant un danger général (interétatique) considérés comme délits de droit des gens” tramite la quale propone una diversa e più ampia classificazione dei delicta juris gentium. Lemkin, infatti, si distacca parzialmente dalla classificazione dei crimini precedentemente elencati in occasione della I Conferenza per l’unificazione del Diritto Penale tenutasi a Varsavia nel 1927 che qualificava come delicta juris gentium i seguenti crimini: a) pirateria; b) contraffazione di monete e banconote; c) tratta degli schiavi; d) tratta di donne o bambini; e) uso intenzionale di ogni mezzo atto a creare un pericolo pubblico; f) traffico di stupefacenti; g) commercio di pubblicazioni oscene. Egli infatti propone una nuova classificazione che prevede cinque tipi di crimini così suddivisi: a) atti di barbarie; b) atti di vandalismo; c) provocazione di catastrofi nelle comunicazioni internazionali; d) interruzione intenzionale di comunicazioni internazionali postali, telefoniche, e telegrafiche; e) diffusione volontaria di contagi tra persone, animali o piante. Ad influenzare maggiormente la successiva evoluzione della definizione di genocidio[3] sono senz’altro gli “atti di barbarie” poiché, secondo la definizione che ne dà Lemkin, sono da intendersi come “qualsiasi aggressione contro la vita, l’integrità fisica, la libertà, la proprietà, commessa a danno di una persona appartenente a un gruppo razzale, religioso o sociale, a causa dell’odio nei confronti di tale collettività o con il fine di causarne la distruzione”. Tale definizione, in effetti, rappresenta un primo impulso per la successiva evoluzione del crimine di genocidio poiché pone enfasi sulla commissione di atti criminosi perpetrati nei confronti di individui in qualità di appartenenti ad un determinato gruppo.
Axis Rule in Occupied Europe: il saggio in cui compare per la prima volta il termine genocidio
Al 1944, quando Raphael Lemkin si trovava negli Stati Uniti, risale la pubblicazione di “Axis Rule in Occupied Europe”. Il saggio si compone di tre parti – German Techniques of Occupation; The Occupied Countries e Laws of Occupation – e racconta le politiche nazionalsocialiste messe in atto dal regime tedesco nei confronti del gruppo religioso degli ebrei e del gruppo etnico degli zingari, presenti nel territorio dello Stato e nei territori occupati.
Al crimine di genocidio è dedicata la I sezione del Capitolo IX intitolata “Genocide. A new Term and a New Conception for Destruction of Nations”. In questa sezione l’autore contribuisce alla progressiva nascita del concetto di genocidio prevedendo anzitutto che il crimine, per poter essere identificato come genocidio, comprenda una serie di azioni volte alla distruzione degli elementi essenziali della vita dei gruppi nazionali, adottate con l’obiettivo di disintegrare le istituzioni politiche, sociali, culturali, linguistiche di un gruppo. Secondo queste prime formulazioni, inoltre, il crimine di genocidio è composto da due fasi conseguenziali: la distruzione del national pattern del gruppo oppresso e l’imposizione del national pattern del gruppo oppressore. Nella fase di genesi del genocidio, pertanto, il fine ultimo del perpetratore del crimine non è tanto la distruzione del gruppo, quanto piuttosto l’imposizione delle caratteristiche culturali, politiche, sociali caratterizzanti il gruppo nazionale oppressore[4].
La seconda comparsa del termine genocidio: il saggio Genocide del 1946
Con la sua seconda opera sul tema, Raphael Lemkin riprende i contenuti di Axis Rule concentrandosi in particolare sulle motivazioni che, secondo lui, dovrebbero fare del crimine di genocidio un illecito internazionale. L’Autore nota che la natura sovranazionale degli interessi messi a repentaglio a seguito della commissione del crimine di genocidio genera la necessità di prevenire e reprimere il crimine a livello internazionale, ed auspica al riconoscimento del principio della giurisdizione universale per la punizione dei perpetratori del crimine. L’intuizione del giurista, in effetti, trova spazio nell’attualità poiché nel diritto penale internazionale odierno, per la repressione dei crimini internazionali e, quindi, per la punizione del genocidio, vige la responsabilità duale. Secondo questo principio, il genocidio rappresenta un illecito internazionale per lo Stato internazionalmente responsabile e, contestualmente, un crimine internazionale per gli individui che materialmente lo hanno commesso. Da ciò deriva un doppio livello di responsabilità: quella dello Stato per commissione di illecito internazionale, e quella penale dell’individuo per perpetrazione di un crimine internazionale.
Genocide as a Crime under International Law e Soviet genocide in Ukraine
Gli ultimi due contributi che precedono e accompagnano i lavori preparatori della Convenzione sul genocidio approvata nel 1948 sono due saggi: Genocide as a Crime under International Law e Soviet genocide in Ukraine, rispettivamente pubblicati nel 1947 e nel 1953. Nel primo dei due citati, in particolare, il giurista ribadisce che il crimine può essere perpetrato tramite diverse tipologie di atti quale, per esempio, l’impedimento di nuove nascite all’interno del gruppo. L’elemento caratterizzante il crimine, già in questa fase, è comunque individuato nell’intento finale del perpetratore di distruggere, in tutto o in parte, il gruppo vittima.
Da questa rapida rassegna dei contributi del giurista polacco, è facile dedurre il ruolo di primo piano che egli ha assunto nel definire il crimine e nel dargli la giusta attenzione agli occhi della Comunità internazionale. Grazie all’impulso di Lemkin, infatti, su iniziativa delle delegazioni di Cuba, India e Panama, la comunità internazionale ha adottato la Risoluzione n. 96 (I) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha avviato l’iter di negoziazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, approvata nella sua ultima versione nel 1948[5].
Note
[1] D.C. Leotta, Il Genocidio nel diritto penale internazionale. Dagli scritti di Raphael Lemkin allo Statuto di Roma, Torino, 2013, p. 47.
[2] Cfr. ivi, p. 48.
[3] Cfr. Stillone A., Genocidio o crimine contro l’umanità?, disponibile al seguente link:
https://www.opiniojuris.it/opinio/genocidio-o-crimine-contro-lumanita/
[4] Cfr. R. Lemkin, Axis Rule in Occupied Europe. Laws of Occupation, Analysis of Government, Proposals for Redress, Washington, 1944, p. 79.
[5] Per maggiori approfondimenti riguardo all’evoluzione delle diverse bozze di Convenzione che hanno portato all’adozione dell’ultima versione del 1948 vedi Stillone A., L’accertamento giudiziale del genocidio, 2021, Cap. I, pp. 22-30. Disponibile al seguente link: https://thesis.unipd.it/handle/20.500.12608/10156
Foto copertina: Raphael Lemkin