Von der Leyen atto secondo

epa11485439 Ursula von der Leyen speaks during a press conference after being re-elected as European Commission President during a plenary session of the European Parliament in Strasbourg, France, 18 July 2024. MEPs re-elected Von der Leyen as European Commission President for the next five years. EPA/RONALD WITTEK

Con il voto finale del Parlamento Europeo prende vita ufficialmente la nuova Commissione Europea targata Von der Leyen II, tra maggioranze risicate e un contesto internazionale complesso.


Sei vice presidenze esecutive, venti Commissari e una Presidente in cerca di rilancio. Con una quota di 11 donne e 16 uomini, sono questi i numeri della nuova Commissione Europea targata Von der Leyen bis.
Le sei posizioni chiave, composte da quattro donne e due uomini, sono state assegnate ad alcuni Stati fondatori dell’Unione, ma anche ad alcune sorprese: Finlandia, Romania, Spagna, Italia, Francia ed Estonia. Si è stabilito infatti un criterio del tutto particolare come illustrato da Von der Leyen: “tre da Stati membri che hanno aderito all’UE prima della caduta della cortina di ferro e tre da Stati membri che hanno aderito dopo la riunificazione dell’Europa”[1].
Di certo la scelta dei 26 commissari è stata a dir poco complessa per la leader popolare tedesca. Per il suo partito, il Partito Popolare Europeo (PPE), vincitore delle recenti elezioni di giungo 2024 e che vanta ben 188 Deputati eletti a Strasburgo, sono 14 i commissari europei designati, con una vice presidenza esecutiva: la finlandese Henna Virkkunen, delegata alla Sovranità Tecnologica, la Sicurezza e la Democrazia.
Il gruppo di area progressista S&D, Socialisti e Democratici che nelle recenti elezioni si era classificato secondo, schiera invece cinque commissari designati, con due vicepresidenti esecutivi: la spagnola Teresa Ribera per una Transizione Pulita, Giusta e Competitiva e la rumena Roxana Minzatu per le Persone, le Competenze e la Preparazione.
Cinque invece i commissari nominati in quota liberale, dall’ALDE, Partito dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, e da Renew Europe, i quali vantano due vice presidenze esecutive: il francese Stéphane Séjourné per la Prosperità e la Strategia Industriale e la estone Kaja Kallas, nominata Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. 
A completare la squadra l’italiano Raffaele Fitto dei Conservatori e Riformisti (Ecr), di cui la Premier italiana Giorgia Meloni è ad oggi Presidente.
Tra i 20 ulteriori commissari spicca una vecchia conoscenza della politica europea, Valdis Dombrovskis. A lungo primo Ministro Lettone, aderente al PPE e in passato già Vice Presidente della Commissione europea, è considerato da alcuni analisti politici tra i più rigidi e austeri riguardo alle finanze dell’Unione. La delega nel Von der Leyen II è difatti all’Economia e la Produttività, Attuazione e Semplificazione. 
Per le new entry invece c’è l’ungherese Oliver Varhelyi, membro dei Patrioti per l’Europa, la creatura politica del Premier ungherese Viktor Orbán e di cui è attuale Presidente Jordan Bardella, l’astro nascente del Rassemblement National di Marine Le Pen.

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Ma come vengono eletti i Commissari?

La procedura per l’elezione dei 26 commissari segue un percorso preciso. I singoli componenti della futura Commissione sono indicati dai governi degli Stati aderenti all’Unione, in accordo con il Presidente della Commissione europea. I commissari vengono dunque individuati in primis dai rispettivi paesi d’origine, forti di precedenti incarichi nazionali e internazionali di alta responsabilità, talvolta a livello ministeriale, prima di essere formalmente nominati dalla Presidente della Commissione europea. A seguito di tale nomina, il collegio è sottoposto all’approvazione definitiva del Parlamento europeo, tramite votazione, insieme al Presidente eletto e all’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza prima di entrare ufficialmente in carica.
I 26 commissari devono quindi comparire dinanzi alla commissione parlamentare competente per il loro portafoglio, la quale valuta la loro idoneità tra il profilo istituzionale e l’incarico da ricoprire.
Da sottolineare come per lo svolgimento di tale incarico i commissari debbano rispettare i principi di indipendenza e imparzialità; ciò significa che i quest’ultimi svolgono le loro funzioni per esclusivo interesse della Commissione e nel bene dell’intera Unione Europea, svincolati quindi dal volere dei propri governi nazionali di origine.
La Commissione rimane in carica per cinque anni e tale mandato corrisponde, seppur con uno sfasamento di alcuni, con la legislatura del Parlamento europeo. Similmente a molti sistemi costituzionali europei, all’organo legislativo è affidato il ruolo di controllo democratico sull’operato della Commissione. L’esecutivo comunitario è infatti responsabile collegialmente di fronte al Parlamento europeo del proprio operato.
A tal proposito, il programma politico della Commissione è sottoposto infine all’approvazione dell’Assemblea di Strasburgo prima dell’investitura ufficiale; ed così che mercoledì 27 novembre scorso, seppur con una debole maggioranza, e con alcune tensioni interne, il Von der Leyen bis ha ottenuto la fiducia del Parlamento e si appresta dunque a entrare ufficialmente in carica.

Quale ruolo per l’Italia?

Von der Leyen ha definito il nuovo collegio come dotato di una struttura “più snella” e “più interattiva e interconnessa”[2], basata sui principi fondamentali di “prosperità, sicurezza e democrazia”[3]. Come pronosticato da molti analisti, il commissario designato dall’Italia, Raffaele Fitto, ha ottenuto le deleghe per la Coesione e le Riforme e una delle sei vicepresidenze esecutive. “L’incarico affidato a Raffaele Fitto riflette l’importanza di un Paese fondatore come l’Italia ma ho guardato anche alla composizione del Parlamento europeo, dove Ecr ha due vicepresidenti”[4], ha dichiarato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Tanti i temi su cui la Commissione è chiamata a dar risposta e tanti sono anche i punti su cui l’Italia non può agire da sola; forte di una Vice Presidenza, ora Roma spera in una maggior collaborazione con l’Unione, ma soprattutto la possibilità di avere maggior voce in capitolo su alcuni temi fondamentali: in primis quello dell’immigrazione, da sempre tema caldo tra le forze politiche e dove l’Italia si trova costantemente in primo piano.
Da non sottovalutare è l’urgente questione del green deal. La nomina di Teresa Ribera, già Ministra dell’Ambiente spagnola e paladina dell’uscita dai combustibili fossili, conferma la forte intenzione del Von der Leyen bis di proseguire verso una transizione verde, tema su cui alcuni alleati di Governo pongono questioni non sempre allineate alle volontà europee.
Di fondamentale importanza è il recente intervento di Mario Draghi, già Presidente della Banca Centrale Europea nonché Presidente del Consiglio italiano, il quale ha presentato alla Commissione l’atteso rapporto sul futuro della competitività europea. Tra i punti fondamentali vi è la necessità di “incrementare gli investimenti in Ue per circa il 5% del PIL complessivo perseguendo gli obiettivi di digitalizzazione, decarbonizzazione e rafforzamento della capacità di difesa. Facendo il paragone con gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 che ammontavano a circa l’1-2% del Pil all’anno, Draghi evidenzia che ciò rappresenta uno sforzo senza precedenti”[5].
Altra spinosa questione è sicuramente la politica estera. Divisa tra la guerra in Ucraina, il conflitto tra Israele e Palestina e il rischio di una escalation, già in atto con Libano e Iran, pone l’Europa dinanzi a scelte e decisioni non facili, a cui spesso l’Unione non è stata in grado di fornire adeguate risposte. La speranza di Von der Leyen, ma soprattutto dell’Italia che pur da Paese fondatore approda ora al più nobile tavolo delle sei Vice Presidenze, è quella di avere una linea comune europea ed emergere con più decisione tra i due blocchi contrapposti, quello americano da un lato e quello russo-cinese dall’altro.
Partita difficile, ma non impossibile.


Note

[1] https://www.eunews.it/2024/09/17/von-der-leyen-svela-il-nuovo-collegio-dei-commissari-sei-vicepresidenze-esecutive-a-fitto-riforme-e-coesione/
[2] ANSA, Ursula chiude a Ecr, patto di non belligeranza con Meloni, 15 luglio 2024.
[3] ANSA, Ursula chiude a Ecr, patto di non belligeranza con Meloni, 15 luglio 2024.
[4] Ursula von der Leyen, Conferenza stampa, 17 settembre 2024.
[5] Luigi di Marco, Rapporto Draghi: futuro della competitività sfida esistenziale per l’Ue, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, 10 settembre 2024.


Foto copertina: Von der Leyen