Summit di Londra: il motore esterno potrebbe rafforzare l’Europa?


Il Summit di Londra, dopo quello di Parigi, potrebbe costituire un passo in avanti verso una maggiore unità europea.


Di Francesco Iovine

Il Summit di Londra è giunto dopo un fine settimana tortuoso, durante il quale le cancellerie europee sono rimaste colpite e sorprese da ciò che si è verificato nella giornata di venerdì nello Studio Ovale tra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj.
Il Summit è giunto dopo che la gran parte degli Stati europei ha mostrato e dichiarato sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia, segnando una continuità che da parte statunitense sembra essersi in parte erosa. Il riorientamento del gabinetto americano verso una normalizzazione dei rapporti con la Federazione Russa, con tanto di colloqui bilaterali a Riad, ha segnato un cambio di paradigma sostanziale dopo gli ultimi tre anni fatti di tagli delle relazioni occidentali con la Russia. A ciò si aggiungono le dichiarazioni del Vicepresidente J.D. Vance[1] e del Segretario della Difesa Pete Hegseth durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, i quali hanno enfatizzato la posizione americana nei confronti dell’Europa nel suo complesso in tema di difesa, sottolineando come gli Stati Uniti non possano più farsi garanti della difesa del Vecchio Continente e che la sopravvivenza dello stesso dipende dalla natura interna, adoperando una retorica ostile nei confronti dei partner e alleati.
Pertanto, il clima che si respira tra i due lati dell’Atlantico è, per usare un eufemismo, non dei più rosei. Il ritorno ad una retorica isolazionista ed imperialista pone gli Stati Uniti non come un alleato a cui fare costante riferimento, ma muta la propria natura in avversario e partner competitivo per le numerose sfide che si presentano nello scacchiere internazionale. Ciò che è accaduto venerdì 28 febbraio ha un contenuto simbolico oltremodo, tralasciando dalle considerazioni le possibili conseguenze politiche e strategiche. Difatti, il cambio di posizione perpetrato dall’amministrazione statunitense racchiude in sé l’intero nuovo corso degli Stati Uniti nel suo complesso: il mondo ha bisogno di meno Stati Uniti, i quali agiscono in ottica di pure logiche bilaterali e d’interesse. Il dividendo della pace non convince più e l’overstretching risulta un rischio da evitare.
In questo contesto, l’Europa si colloca come un attore che può avere un ruolo fondamentale. Dopo aver incassato il colpo, vi è la possibilità di una nuova ridiscussione del consesso europeo, sotto più aspetti.

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Il Summit di Londra

Si parla di riassestamento, di ribilanciamento e di grandi incertezze nell’emisfero occidentale e l’Europa – intesa come entità un po’ fumosa, in quanto bisognerebbe specificare che l’attore a cui facciamo riferimento è un insieme plurale, fatto di numerose anime – si ritrova nel mezzo di una crisi che può servire come un nuovo slancio della propria identità. A sostegno di ciò, la Storia ci aiuta. Difatti, considerando come attore fondamentale l’Unione Europea, pertanto quel processo d’integrazione che si è sviluppato sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, la vitalità stessa di questo processo sta nella sua costante progressione verso il fine ultimo attraverso un rollercoaster di cicli, i quali, adottando un gergo economicistico, sono inquadrabili come espansivi e restrittivi.
Il momento attuale è peculiare, ancora non è possibile definire in che momento della Storia l’Unione Europea è inserita, poiché numerose sono le dinamiche contingenti e difficile sarebbe discuterne in prospettiva storica – un tentativo che non proverei a fare, data l’attualità infuocata della questione in analisi.
Però degli indicatori possono aiutarci nell’orientamento in questo mare di incertezza. Innanzitutto, il Summit di Londra del 2 marzo s’inserisce in un contesto di rinnovato vigore del tema di autonomia strategica europea – allargata al Regno Unito – e al necessario coordinamento di politiche industriali orientate al riarmo del Continente e alla costruzione di uno sforzo unitario. I piani e le indiscrezioni suggeriscono, inoltre, il rinvigorimento di due assi classici delle relazioni internazionali intereuropee: quello franco-tedesco e quello franco-britannico. In primo luogo, nonostante sia ancor presto per dirlo, il nuovo corso che nell’immediato futuro verrà inaugurato in Germania, con l’altamente probabile insediamento di Friedrich Merz al governo tedesco, sta già costituendo un nuovo motore interno verso gli obiettivi sopracitati, con l’intenzione dello sblocco di fondi[2] verso il riarmo del Paese e dell’Europa nel suo complesso.
A ciò si aggiunge la ripresa francese di una visione strategica autonoma europea, con l’espressa intenzione di provare a rendere la deterrenza nucleare francese una deterrenza nucleare europea. Sebbene le prospettive politiche e le dichiarazioni sembrino costituire il cuore della visione franco-tedesca, il secondo degli assi, quello franco-britannico, sta cercando di promuovere una politica di reazione più immediata. È notizia recente, proveniente da Londra, dell’intenzione di voler sottoporre al Presidente Trump un progetto di cessate il fuoco in Ucraina. Il tentativo è quello di recuperare il terreno perso in queste settimane, cercando di portare al tavolo dei negoziati l’Europa e l’Ucraina come attori attivi e non subordinati.
Il “concerto europeo”[3] – espressione tipicamente ottocentesca ripresa dal Presidente francese Macron – risulta, però, ancora non completamente accordato, in quanto le voci dissonanti all’interno di esso sono presenti. L’Ungheria di Orban e la Slovacchia di Fico hanno remato controcorrente rispetto all’ondata di sostegno europeo nei confronti dell’Ucraina, mentre all’appello un grande attore regionale si è mostrato cauto, ossia l’Italia. Il governo di Giorgia Meloni spera ancora di poter esercitare il ruolo di ponte tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, sfruttando una vicinanza ideologica e personale già rafforzatasi all’inizio del 2025 con la liberazione della giornalista Cecilia Sala. La moderazione italiana è sotto osservazione dai partner europei, in particolare la Francia macronista, la quale spera in un’effettiva presenza e sostegno dell’Italia.

Conclusioni

Gli Stati Uniti non sono alla porta a guardare e tantomeno costituiscono il convitato di pietra al tavolo, in quanto essi fanno parte della NATO e rientrano attivamente nell’Occidente. È chiaro che il nuovo indirizzo potrebbe portare ad un riordinamento degli equilibri interni al Nord Atlantico, riassestando i rispettivi ruoli. Nonostante sia ancor prematuro dare conclusioni affrettate, la possibilità di un rafforzamento – o, per meglio dire, di un ampiamento dell’autonomia – europeo inizi a costituire nuovamente un tema ormai non più tabù. È bene precisare come molti dubbi sussistano in realtà in merito, in quanto non si sa ancora come gli sforzi dei diversi Paesi potrebbero essere coordinati in uno solo, non è chiaro quale sarà il futuro della deterrenza nucleare europea, tantomeno è definibile con anticipo la natura tangibile di questa ipotetica autonomia strategica. In merito a ciò, va segnalata l’intenzione della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen di presentare un piano completo per la difesa europea durante il Consiglio Europeo convocato dal Antonio Costa per il 6 marzo. Che se ne discuta e che vi sia un certo afflato è positivo, segno di un continente che cerca di essere il più vivo possibile, ponendo una ridiscussione di sé stesso.


Note

[1] Farrell, S. et al (2025, 15 febbraio). Munich Security Conference Updates: Vance attacks allies on immigration and free speech, Zelenskiy calls for “army of Europe”. Reuters. https://www.reuters.com/world/europe/munich-security-conference-updates-jd-vance-arrives-2025-02-14/
[2] Rinke, A. (2025, 2 marzo). Exclusive: Germany weighs special funds for defence and infrastructure, sources say. Reuters. https://www.reuters.com/world/europe/germany-weighs-special-funds-defence-infrastructure-sources-say-2025-03-02/


Foto copertina: Summit di Londra