I tre anni della riforma Cartabia: bilancio tra successi e criticità.
di Riccardo Renzi*
L’11 marzo 2024, il Consiglio dei ministri ha approvato le Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022, di attuazione della legge n. 134 del 27 settembre 2021, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del processo penale e di promuovere la giustizia riparativa[1]. Questo provvedimento si compone di 11 articoli e contiene modifiche cruciali al sistema giuridico italiano, con particolare attenzione alla semplificazione delle procedure e alla riduzione dei tempi di trattamento dei procedimenti giudiziari. L’intento principale è di allineare ulteriormente il nostro ordinamento agli obiettivi fissati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e in particolare alla sfida di ridurre del 25% la durata media del processo penale entro il 2026, nei tre gradi di giudizio[2].
Il decreto contiene modifiche sostanziali che incidono su vari ambiti del processo penale, con interventi tanto sul codice penale quanto sul codice di procedura penale. La prima parte del provvedimento riguarda la procedibilità a querela, che è stata oggetto di modifiche per cercare di favorire una maggiore snellezza nel trattamento di determinati reati, in particolare quelli contro la persona e contro il patrimonio. Tali modifiche rispondono alla volontà di diminuire il carico di lavoro del sistema giuridico, dando maggiore rilevanza alla volontà delle vittime di intraprendere azioni legali[3].
La seconda parte, invece, contiene disposizioni specifiche che riguardano la digitalizzazione del processo penale, un tema che ha preso piede con le riforme degli ultimi anni. L’introduzione del processo penale telematico è senza dubbio una delle modifiche più rilevanti, destinata a semplificare e velocizzare l’intero iter procedurale. A questa si aggiungono le disposizioni riguardanti indagini preliminari, atti e udienze a distanza, e registrazioni audio e video, strumenti che consentono una maggiore fluidità nell’amministrazione della giustizia, limitando la necessità di spostamenti fisici e riducendo i tempi di attesa per gli atti processuali[4].
Le sfide del nuovo sistema: efficienza o “efficientismo”?
L’approccio della riforma Cartabia e delle recenti modifiche al decreto n. 150/2022 si caratterizza per la forte spinta verso l’efficienza del sistema giuridico. Tuttavia, un interrogativo che sorge è se tale efficienza sia destinata a tradursi in un efficientismo che rischia di compromettere la qualità del processo, spostando l’accento dalla giustizia sostanziale alla mera velocizzazione delle pratiche. Infatti, ridurre i tempi di trattazione dei processi è fondamentale, ma non può avvenire a scapito della correttezza e della qualità dell’esito del procedimento[5].
La riduzione dei tempi processuali, seppur desiderabile, può facilmente degenerare in una forma di “scadente efficientismo”, se non accompagnata da un adeguato equilibrio tra velocità e giustizia sostanziale. Il rischio di una conclusione affrettata dei procedimenti giuridici è dietro l’angolo, soprattutto se si tiene conto della tendenza ad introdurre barriere procedurali più stringenti per le impugnazioni. Tali barriere, mirate a limitare la possibilità di rinvio e ad accelerare la definizione dei casi, potrebbero ridurre il grado di difesa degli imputati, mettendo in discussione il giusto processo e la qualità della giustizia stessa[6].
Inoltre, l’introduzione di misure sanzionatorie per l’inadempimento degli adempimenti procedurali, quasi esclusivamente a carico della difesa, solleva ulteriori interrogativi. La giurisprudenza rischia di passare in un regime dove la difesa non solo è costretta a confrontarsi con un processo sempre più accelerato, ma anche a rispondere a oneri procedurali che possono influire sulla sua stessa capacità di agire in modo efficace.
Giudizio sospeso: L’incerto futuro della riforma
Nonostante la portata delle modifiche introdotte dal governo con il decreto n. 150/2022, l’esperienza dei cambiamenti già avvenuti dal 2022, con l’entrata in vigore della riforma Cartabia, suggerisce che la strada per ottenere un’efficienza reale del sistema giuridico non sia priva di ostacoli. Se è vero che l’approvazione della riforma è in linea con gli impegni europei e con gli obiettivi del PNRR, è altrettanto vero che la semplificazione delle procedure e la riduzione dei tempi non sono sufficienti se non sono accompagnate da un controllo di qualità dell’esito del processo[7].
La scelta di orientarsi verso una giustizia più veloce può portare a delle problematiche nel merito della decisione finale, soprattutto per quanto riguarda i diritti degli imputati e la tutela della difesa. La continua introduzione di nuovi strumenti per accelerare il procedimento, come il processo in assenza o l’ampliamento del regime di procedibilità a querela, sebbene possano sembrare efficaci per snellire il sistema, pongono un rischio crescente di ingiustizie processuali. La crescente difficoltà di impugnare le decisioni potrebbe anche limitare gravemente il diritto di difesa, principio cardine della giustizia penale[8].
La Riforma Cartabia: un’Analisi del processo di modernizzazione della giustizia italiana
Nel Country Report del 2019, la Commissione Europea aveva espresso preoccupazione riguardo alla lentezza del sistema giudiziario italiano, con particolare riferimento alla giustizia civile e penale. Nello specifico, si segnalava che i procedimenti civili in Italia fossero lenti e inefficienti, mentre quelli penali risultavano scarsamente efficaci nella lotta alla corruzione[9]. La Commissione raccomandava quindi interventi sulla normativa procedurale per ridurre le tempistiche processuali, ma non suggeriva interventi specifici per una riforma complessiva del sistema giuridico[10].
In risposta a queste raccomandazioni, il Governo Draghi ha deciso di interpretare tali sollecitazioni come una spinta verso una rapida modernizzazione del sistema giudiziario, considerandolo non solo come una necessità per il buon funzionamento dello Stato, ma anche come un fattore chiave per il rafforzamento della competitività delle imprese italiane e per attrarre investimenti esteri. Si è così deciso di concentrarsi sul miglioramento dell’efficienza e sulla trasparenza dei processi, facendo della riforma un elemento cruciale per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Le Commissioni per la Riforma
Per attuare questa ambiziosa riforma, il Ministro Marta Cartabia ha istituito tre commissioni, ciascuna delle quali si è concentrata su uno degli aspetti fondamentali del sistema giuridico italiano:
- La Commissione Lattanzi: presieduta dal presidente della Corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi, ha avuto il compito di proporre emendamenti al disegno di legge sul processo penale, in elaborazione alla Camera dei deputati.
- La Commissione Lusio: presieduta dal professore Francesco Paolo Lusio, ha lavorato su modifiche alla normativa sul processo civile, che era in discussione al Senato.
- La Commissione Luciani: guidata dal professore Massimo Luciani, si è occupata delle modifiche all’ordinamento giudiziario, un tema che, purtroppo, era rimasto in sospeso per anni in Parlamento[11].
Le modifiche più urgenti sono state apportate al processo civile, che, secondo la relazione annuale del PNRR, doveva vedere una riduzione del 50% dei tempi di processo per il 2026, con l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese italiane, aumentando la dimensione media delle stesse. Tuttavia, è interessante notare che la riforma non ha riguardato in maniera significativa tutte le problematiche del sistema giuridico civile. Non è stato, infatti, preso in considerazione l’enorme carico di lavoro legato a questioni relative alla protezione internazionale, alle controversie familiari o alla tutela delle persone vulnerabili[12].
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In effetti, molti osservatori hanno notato che la riforma sembrava più orientata a soddisfare le esigenze economiche e industriali, piuttosto che garantire una vera efficienza giuridica o proteggere i diritti fondamentali degli individui. A dispetto dell’enfasi posta sull’abbattimento dei tempi dei processi, l’intervento ha puntato più su aspetti tecnici e proceduralistici che sulla valorizzazione di diritti sostanziali, come l’efficace accesso alla giustizia da parte di cittadini e piccole imprese.
La Riforma del processo penale: Il Decreto legislativo n. 150 del 2022
Un altro pilastro importante della riforma riguarda il sistema della giustizia penale, che è stato modificato con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022. Come per la giustizia civile, l’obiettivo principale era ridurre la durata dei procedimenti penali e rispettare gli impegni assunti con il PNRR. Questo ha implicato una serie di innovazioni, tra cui:
- Ampliamento della procedibilità a querela di parte: Alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio, che prima erano procedibili d’ufficio, ora sono punibili solo se la persona offesa presenta querela.
- Sospensione del procedimento con messa alla prova: Sono stati ampliati i reati per cui è possibile accedere alla messa alla prova, dando maggiore spazio per soluzioni alternative al carcere.
- Durata delle indagini preliminari: È stato fissato un limite di tempo per le indagini preliminari, con la possibilità di prorogarle una sola volta.
- Introduzione del processo telematico: È stato reso obbligatorio l’uso di sistemi telematici per il deposito di atti e documenti.
- Ragionevole previsione della condanna: Gli organi giudiziari sono chiamati a basare le loro decisioni sulla possibilità concreta di una condanna, evitando così processi inutilmente lunghi.
- Misure sostitutive della pena: Si è ampliato l’ambito di applicazione delle misure sostitutive della pena, come l’affidamento in prova, per i reati con pena inferiore a quattro anni.
I risultati
Se da un lato le riforme hanno portato a una riduzione dei tempi di giustizia in alcuni settori, i risultati non sono stati omogenei in tutto il Paese. Le statistiche trimestrali sui progressi della giustizia penale, pubblicate nel 2023, mostrano un calo del 30% nei tempi di processo rispetto al 2019, ma questo dato non è uniforme su tutto il territorio. Alcune regioni, infatti, continuano a soffrire di gravi ritardi, mentre in altre i progressi sono stati evidenti.
Un altro punto di riflessione riguarda il nuovo istituto dell’improcedibilità processuale, che entrerà in gioco quando i termini per il processo d’appello (due anni) e per la Cassazione (un anno) vengono superati senza una sentenza. Sebbene questa misura non si traduca in una “tagliola” per i processi pendenti, la sua applicazione è ancora limitata e risulta essere più un’eccezione che una norma sistematica.
Conclusioni
La riforma della giustizia promossa dal Governo Draghi e portata avanti dal Ministro Cartabia è certamente un passo importante verso la modernizzazione del sistema giudiziario italiano. Tuttavia, essa ha evidenziato alcune difficoltà legate al fatto che l’intervento si è concentrato principalmente sulla riduzione dei tempi e sulla gestione del flusso dei procedimenti, senza un’adeguata attenzione alla sostanza del diritto e alle esigenze di giustizia sociale. Mentre i dati suggeriscono una certa efficacia, è difficile affermare che l’Europa abbia realmente ottenuto tutte le risposte che si aspettava. L’intervento riformatore, purtroppo, non è stato sufficiente a garantire una giustizia completamente equa e accessibile a tutti i cittadini italiani, ma ha piuttosto risposto a logiche più economiche e competitive, che rischiano di compromettere il principio di equità che dovrebbe essere al cuore del sistema giudiziario.
Note
[1] V. GIGLIO – R. RADI, «Le integrazioni e correzioni della Riforma Cartabia approvate dal Consiglio dei Ministri», Terzultimafermata, 13/03/2024.
[2] V. GIGLIO – R. RADI, «Le integrazioni e correzioni della Riforma Cartabia approvate dal Consiglio dei Ministri», Terzultimafermata, 13/03/2024.
[3] M. DOMENEGOTTI, «Il processo civile dopo il Decreto Correttivo della Riforma Cartabia», Altalex, 21/02/2025.
[4] V. GIGLIO – R. RADI, «Le integrazioni e correzioni della Riforma Cartabia approvate dal Consiglio dei Ministri», Terzultimafermata, 13/03/2024.
[5] R. RENZI, «La riforma Cartabia tra procedimento civile e penale: alcuni dati per comprenderne l’efficacia», Terzultimafermata, 21/08/2024.
[6] M. DI TOMMASI, «Correttivo Cartabia: come cambia il processo civile», Giurdanella.it, 26/11/2024.
[7] V. GIGLIO – R. RADI, «Le integrazioni e correzioni della Riforma Cartabia approvate dal Consiglio dei Ministri», Terzultimafermata, 13/03/2024.
[8] G. GIANNINI, «Il processo penale tra innovazione e garanzie: Il ruolo delle riforme legislative», Rivista di Diritto Processuale, 2022, n. 10(2), pp. 58-74.
[9] R. RENZI, «La riforma Cartabia tra procedimento civile e penale: alcuni dati per comprenderne l’efficacia», Terzultimafermata, 21/08/2024.
[10] R. G. IEMOLI – A. SORIO, «Riforma Cartabia: le slide sul D.Lgs. 10 ottobre 2022, 149», Altalex, 3/03/2023
[11] E. DE FRANCO, «La riforma cd. “Cartabia” in tema di procedimento penale. Una pericolosa eterogenesi dei fini», Questione Giustizia.
[12] R. RENZI, «La riforma Cartabia tra procedimento civile e penale: alcuni dati per comprenderne l’efficacia», Terzultimafermata, 21/08/2024.
Foto copertina: Ministro Cartabia, foto del novembre 2021, fonte: Altalex
*Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.