Come l’invecchiamento influenzerà la Cina negli anni a venire
Se esiste un paese che oggi definiremmo lungimirante è sicuramente la Repubblica Popolare Cinese (RPC) e se esiste una materia dove questa caratteristica è di vitale importanza, in tutti i sensi, è senza dubbio la demografia. Eppure proprio in tale ambito le azioni di Pechino potrebbero essere state avventate.
La demografia di una popolazione e il suo sviluppo è un processo lento che ha effetti solo nel lungo periodo, ma le sue conseguenze possono essere disastrose e spesso rimediarvi può essere complicato. Ma chi meglio di noi italiani può saperlo? Forse – oltre ai giapponesi – soltanto i cinesi, i quali solo nel recente 2015 hanno visto cancellata la dura e traumatica Politica del Figlio Unico, entrata in vigore nel lontano 1979 con Deng Xiaoping.
Il 31 maggio il Partito Comunista Cinese (PCC), come annunciato dall’agenzia Xinhua[1], ha dato una nuova svolta alla questione demografica, come diremmo noi italiani: “non c’è due senza tre”. Il PCC ha permesso alle coppie cinesi di avere fino a tre figli, una misura che cerca di invertire l’inarrestabile invecchiamento della popolazione. Se c’è una cosa, infatti, che fa tremare il Dragone è la famosa espressione che i demografi ormai utilizzano da anni per descrivere la Cina: “vecchia prima di essere ricca”[2]. Per un paese che ha basato il proprio modello economico sull’abbondante disponibilità di forza lavoro a basso costo, l’invecchiamento della popolazione, ovvero il prodotto di bassi tassi di fecondità e l’aumento dell’aspettativa di vita, è una sfida senza precedenti.[3]
Inoltre tale distorsione demografica, senza politiche puntuali e incisive da parte del partito, potrebbe provocare lo sfogo di tensioni sociali e la destabilizzazione di quello che per noi attualmente è forse uno dei sistemi più inespugnabili[4].
La gestione negli anni a venire del processo di invecchiamento sarà essenziale, sia per quanto riguarda la politica interna, ma anche per le prospettive di politica estera che la Cina si è posta.
La Politica del Figlio Unico
Con l’ascesa al potere di Deng Xiaoping non inizia solo l’era del cosiddetto “socialismo di mercato”, ma viene varata anche la Politica del Figlio Unico. Il contenimento delle nascite era infatti considerato dal governo come l’elemento fondamentale per la riforma economica e per il miglioramento della vita della popolazione.[5] Le coppie che rispettavano la politica ottenevano benefici (integrazioni salariali, cure mediche gratuite…), al contrario coloro che davano alla luce più di un figlio subivano sanzioni e penalità (revoca privilegi, tagli salariali…).[6]

Una fecondità prolungata al di sotto del livello di rimpiazzo, come si intuisce dal nome, indica oltre che un generale invecchiamento anche un calo della popolazione.[7]
Il grafico delle Nazioni Unite – DESA (Department of Economic and Social Affairs) mostra l’impatto della Politica del Figlio Unico sul tasso di fecondità totale (TFT), ovvero il numero medio di figli per donna. I risultati come vediamo sono incredibili: fra il 1970 e il 1980 la fecondità scende da 6 a 2,5 figli per donna. Inoltre dagli anni Novanta, il TFT scende sotto il “livello di rimpiazzo”, ovvero 2,1 figli per donna (linea verde tratteggiata).
Dopo 35 anni, nell’ottobre del 2015, un comunicato del Comitato centrale del PCC ha annunciato la fine della Politica del Figlio Unico: “Al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato della popolazione, e in accordo con la fondamentale politica dello stato sulla pianificazione familiare, dobbiamo migliorare la strategia di sviluppo demografico, e adottare universalmente la politica secondo la quale una coppia può avere due figli, prendendo misure attive per affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione”.[8] Si conclude così la Politica del Figlio Unico, ma l’eredità che questa lascia sta segnando ed è destinata a segnare la Cina ancora per molti anni a venire.
L’eredità della One-Child Policy
Quando parliamo di eredità della Politica del Figlio Unico dobbiamo ricordare che oltre a quelle visibili e percepibili grazie a molteplici indicatori, ci sono anche le eredità legate alla memoria della popolazione nei confronti della traumatica misura[9]. Le distorsioni demografiche provocate dalla lunga durata della One-Child Policy definiranno le prospettive sociali, economiche e geopolitiche della Cina nel futuro. Concentriamoci su alcuni punti nevralgici di questa eredità, i quali rischiano di minare oltre che la stabilità interna anche gli obiettivi di politica estera della RPC.
Il primo fra tutti ovviamente è il basso tasso di fecondità, il quale anche dopo l’affievolimento della politica non ha subito significativi incrementi, anzi. Addirittura nel 2020, secondo i risultati del settimo censimento, si è registrato in Cina un TFT di 1,3 figli per donna, tra i più bassi al mondo[10].
Non ci stupisce quindi il recente annuncio del governo che permette alle coppie cinesi di avere un terzo figlio. Il vero problema però è che ormai il basso tasso di fecondità è “il risultato più di una scelta che di una politica di contenimento”[11]. Conseguenza da non sottovalutare del declino dei tassi di fecondità è proprio il mutamento delle famiglie, queste diventano sempre più magre e si riducono ad un ritmo accelerato. Il cambiamento della composizione familiare, infatti, potrebbe rappresentare un rischio per le ambizioni di grande potenza del paese: si ridurrà la capacità degli individui di perseguire carriere imprenditoriali rischiose perché sono sempre più limitate le reti familiari su cui fare affidamento e soprattutto diminuirà il vantaggio che la Cina ha tratto in questi anni dal cosiddetto “dividendo demografico”[12], ovvero l’aumento della popolazione in età lavorativa che offre una possibilità di crescita economica più celere[13].
Un secondo punto fondamentale, direttamente collegato al primo, è ovviamente il rapido invecchiamento, ma più nello specifico l’aumento nel futuro del tasso di dipendenza strutturale (Total dependency ratio), ovvero il rapporto tra il peso economico di giovani e anziani (0-14 e 65+) sugli individui in età lavorativa (15-64). È un indicatore che ci permette di valutare anche le implicazioni sociali ed economiche perché ci mostra il carico della popolazione passiva su quella attiva.[14] Attualmente si registra un tasso di dipendenza strutturale del 42% ma, secondo le previsioni delle Nazioni Unite, nel 2050 salirà al 67%.[15]
Si stima che entro i prossimi 20 anni saranno circa 150 milioni i nuovi anziani, diventando circa il 30% della popolazione.[16] Ma invecchiamento rapido e famiglie sempre meno numerose costringeranno ben presto Pechino a costruire un appropriato Stato sociale, coerente con le sfide demografiche che si presenteranno. Ancora oggi la famiglia è il principale appoggio degli anziani, proprio perché i risparmi e la pensione non sono sufficienti.[17] Con l’ondata di nuovi anziani la pressione sulle finanze pubbliche sarà sempre più stringente e si stima che, entro il 2050, l’esborso statale legato alle pensioni possa arrivare fino al 20% del budget statale.[18] L’ascendente del Dragone sugli eventi all’estero, tramite la cosiddetta diplomazia economica, verrà probabilmente ridimensionato, così come potrebbero ridursi le risorse destinate alla politica di difesa, sia interna che estera.[19]
Infine, terzo ed ultimo punto, l’elevata alterazione del rapporto fra i sessi. Il desiderio di avere un figlio maschio, unito alla One-Child Policy, ha favorito la diffusione dell’aborto selettivo nei confronti delle bambine.[20] Si stima un surplus compreso tra 20 e 40 milioni di uomini rispetto alle donne[21], molti di questi non potranno mai formare una famiglia.[22]
La popolazione dell’Aquila ha un vantaggio su quella del Dragone?
Ormai è chiaro, lo scontro fra Cina e USA è giocato su tutti i fronti, anche quello demografico. A primo impatto la RPC sembrerebbe in netto vantaggio con una popolazione di 1,4 miliardi contro i 331 milioni di quella degli USA.[23]
Inoltre la crescita economica cinese degli ultimi anni è stata impressionante, così come i miglioramenti nell’istruzione e nella salute. Ma come abbiamo visto le prospettive demografiche non sembrerebbero così rosee per il futuro: nel 2040 gli anziani potrebbero essere il doppio dei bambini e, rispetto alle nuove generazioni, saranno molto più poveri e meno istruiti.
Al contrario l’Aquila sembrerebbe in una posizione di vantaggio sul fronte demografico: possiede una popolazione numerosa e ben istruita, tassi di fecondità abbastanza elevati e politiche per l’immigrazione favorevoli. Gli USA quasi sicuramente nel 2040 avranno ancora il più grande bacino di lavoratori laureati al mondo, un capitale umano in grado di rinnovarsi e di perseguire il rischio imprenditoriale.[24] Ma la sfida è ancora aperta e va giocata con attenzione, imparando a non sottovalutare l’impatto che il corso della vita può avere sull’intero sistema statale e internazionale.
Note
[1]Xinhuanet, “China to support couples having third child”, 31/05/2021: http://www.xinhuanet.com/english/2021-05/31/c_139980774.htm.
[2] Internazionale, “Ora i cinesi possono avere tre bambini, ma non li vogliono”, Pierre Haski.
[3] Statista, “Aging population in China – statistics & facts”, 06/04/2021: https://www.statista.com/topics/6000/aging-population-in-china/#dossierSummary.
[4] Simone Acquaviva, “La pressante questione demografica cinese”, Centro Studi Internazionali, 09/01/2020.
[5] Junsen Zhang, “The Evolution of China’s One-Child Policy and Its Effects on Family Outcomes”, Journal of Economic Perspectives, Volume 31, Number 1, Winter 2017—Pages 141–160.
[6] Massimo Livi Bacci, “Storia minima della popolazione nel mondo”, quinta edizione, 2016.
[7] Aurora Angeli e Silvana Salvini, “Popolazione e sviluppo nelle regioni del mondo. Convergenze e divergenze nei comportamenti demografici”, 2007.
[8]Xinhua News Agency, “Communiqué of the Fifth Plenary Session of the Eighteenth Central Committee of the Communist Party of China”, Beijing, 29/10/2015.
[9] A tal proposito, per chi fosse interessato ad approfondire tale aspetto, consiglio la visione del documentario uscito nel 2019 intitolato “One Child Nation”.
[10]Global Times, “China’s fertility rate may become ‘world’s lowest’ without strong intervention policy, India may overtake China by 2023: demographers”, 11/05/2021.
[11]Cfr. Wang Feng, Baochang Gu, Yong Cai, “The End of China’s One-Child Policy, Studies in Family Planning, 2016.
[12]Nicholas Eberstadt and Ashton Verdery, “China’s Shrinking Families. The Demographic Trend That Could Curtail Beijing’s Ambitions”, Foreign Affairs, 07/04/2021.
[13]Centro Regionale di informazione delle Nazioni Unite, “UN 75 – I grandi temi: Una demografia che cambia”, https://unric.org/it/un-75-i-grandi-temi-una-demografia-che-cambia/.
[14]Simone Acquaviva, “La pressante questione demografica cinese”, Centro Studi Internazionali, 09/01/2020.
[15] https://population.un.org/wpp/DataQuery/.
[16]Simone Acquaviva, “La pressante questione demografica cinese”, Centro Studi Internazionali, 09/01/2020.
[17]Nicholas Eberstadt and Ashton Verdery, “China’s Shrinking Families. The Demographic Trend That Could Curtail Beijing’s Ambitions”, Foreign Affairs, 07/04/2021.
[18]Simone Acquaviva, “La pressante questione demografica cinese”, Centro Studi Internazionali, 09/01/2020.
[19]Nicholas Eberstadt and Ashton Verdery, “China’s Shrinking Families. The Demographic Trend That Could Curtail Beijing’s Ambitions”, Foreign Affairs, 07/04/2021.
[20]Massimo Livi Bacci, “Storia minima della popolazione nel mondo”, quinta edizione, 2016.
[21]Cai, Yong, “China’s demographic challenges. Gender imbalance”, in Jacques deLisle and Avery Goldstein, China Challenges, 2014.
[22] Nicholas Eberstadt, “With Great Demographics Comes Great Power”, Foreign Affairs, 2019.
[23] https://population.un.org/wpp/DataQuery/.
[24]Nicholas Eberstadt, “With Great Demographics Comes Great Power”, Foreign Affairs, 2019.
Foto copertina: Immagine web DailyNews