Bosforo: costi e opportunità di uno stretto


Il Bosforo è uno stretto canale naturale che mette in comunicazione il Mar Nero col Mar di Marmara, a sua volta collegato al Mar Mediterraneo a Sud, tramite lo stretto dei Dardanelli. Il nome significa “passaggio”, e la sua importanza si rinvigorisce con il passare del tempo: dalla dissoluzione dell’Impero Romano d’Oriente nel 1453 alla negoziazione per la pace dopo la II guerra mondiale, ai giorni nostri, la Turchia è stata al centro delle grandi decisioni politiche.


Il mondo è comparabile a un organismo irrorato di sangue sistematicamente, la corretta circolazione permette al corpo di mantenere in vita ogni sua parte. Le arterie svolgono quindi un ruolo primario e la loro ostruzione o rottura può significare una grave perdita per il sistema.
Le arterie globali possono essere identificate come quei luoghi, fisici o figurati, dove scorrono informazioni, flussi di denaro, decisioni politiche, merci e popoli. Fino a un secolo fa per individuare un’arteria era sufficiente notare da quale regione passassero la maggior parte dei carichi commerciali: il copioso afflusso di navi in un segmento di mare era un chiaro segnale dell’importanza strategica del luogo.
Questo vale tutt’ora, ma in maniera meno incisiva, l’aereo ha rivoluzionato il trasporto merci fino ad alleggerire notevolmente il traffico marittimo. Il commercio è solo una delle varie sostanze che scorrendo permette la sopravvivenza del mondo contemporaneo, nelle arterie infatti transitano silenziosi vari fattori che provocano pesanti squilibri geopolitici.
È interessante notare come la posizione geografica di queste arterie coincida spesso con la giuntura tra due o più continenti, come il canale di Suez cerniera tra Africa, Asia e Europa. Per comprendere le funzioni e i rischi di un’arteria globale un caso da manuale risulta essere quello dello stretto del Bosforo, il lembo di mare che attraversa Istanbul, centro pulsante della Turchia. La megalopoli turca è stata testimone e protagonista della storia umana, cambiando forma e nome tre volte; questo dato è già indice della forza strategica posseduta da una città-ponte tra Europa e Asia.

L’importanza dello stretto

L’importanza dello stretto del Bosforo si rinvigorisce con il passare del tempo: dalla dissoluzione dell’Impero Romano d’Oriente nel 1453 alla negoziazione per la pace dopo la II guerra mondiale la Turchia è stata al centro delle grandi decisioni politiche.
Con il compimento della Grande Guerra si chiudeva anche il dominio ottomano in Anatolia, spartita immediatamente dalle potenze europee; l’affermarsi di Ataturk significò la liberazione della penisola.
Il padre dei turchi riuscì nella faticosa impresa diplomatica di riaprire le negoziazioni sulla Turchia: il trattato di Sèvres[1], che sanciva il controllo internazionale degli stretti e una serie di occupazioni straniere sul territorio, venne dichiarato invalido poiché non ratificato dal parlamento turco. Questo portò alla firma del trattato di Losanna nel 1923, riaprendo la discussione sugli stretti: si proponeva la completa libertà di navigazione in tempi di pace e la smilitarizzazione del canale, in seguito venne aggiunta la possibilità per il governo turco di limitare la navigazione in caso di percezione di un pericolo imminente per il Paese. Tale regime fu rivisitato, in seguito a forti pressioni russe, nel 1936 a Montreux: Stalin, e le altre flotte del Mar Nero, ottennero il libero movimento di navi belliche nello stretto in tempi di pace.
La posizione geografica della penisola anatolica spiega efficacemente le scelte diplomatiche compiute dalla Turchia. Un chiaro esempio è la decisione misurata e ambigua presa da İsmet İnönü, primo ministro turco, durante il secondo conflitto mondiale: l’ancora neonata Repubblica Turca scelse la via della neutralità de facto. Risulta infatti improprio definire l’atteggiamento turco neutrale: come dimostrano numerosi episodi la posizione non-belligerante di Ankara tendeva pesantemente a favore degli alleati. Il conflitto di metà novecento ha significato un’inversione di marcia per molte politiche turche, soprattutto per il commercio poiché la Germania fino agli anni ’30 rappresentava il principale partner per import ed export di Ankara. İnönü lavorò duramente per guadagnarsi la fiducia di Gran Bretagna e USA, senza mai passare all’attacco militare, sono numerosi gli aneddoti storici che raccontano i tentativi di Churchill di far entrare la Turchia nel conflitto armato.

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Gli alleati curarono con attenzione le relazioni con l’Anatolia, e in cambio ottennero un grosso favoreggiamento, in particolare per la liberazione dell’Iran. Un altro consistente aiuto turco arrivò all’URSS durante l’operazione barbarossa: la Turchia tramite lo stretto del Bosforo consegnò sussidi all’esercito russo.
Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti dal governo turco per scongiurare la minaccia russa, Stalin durante la conferenza di Mosca dichiarò di non poter tollerare di “essere tenuto per la gola[2] dalla Turchia a causa delle concessioni confermate nel ’36 a Montreux. In questo episodio si racchiude la forza unica ed emblematica dello stretto, ambito e bramato da tutti, posseduto interamente dalla Turchia: uno Stato instabile economicamente e debole politicamente, poco militarizzato e industrializzato, può spaventare il regime staliniano.
Se il conflitto caldo ha messo in difficoltà la Turchia, quello freddo ha condannato Ankara a una interminabile politica di negoziazione e prevenzione del rischio. Anche durante questa porzione di storia controllare il Bosforo è oggetto di cupidigia per le due super-potenze; lo strategico collegamento è stato un elemento decisivo per l’ammissione turca nella NATO[3].
Dopo questa breve analisi risulta evidente la centralità dello stretto del Bosforo nella politica turca, non solo estera, ma anche interna. La convenzione di Montreux del 1936 è tutt’oggi in vigore, questo significa che Ankara è tenuta a garantire il libero passaggio di navi mercantili senza imporre alcun pedaggio.
Questo obbligo internazionale, stabilito all’art. 1 della convenzione, è aspramente criticato dalla classe politica e dal popolo turco, indignati per non poter trarre vantaggio economico come tutti gli altri Paesi possessori di arterie (ad esempio Panama ha imposto uno dei maggiori pedaggi marittimi); Recep Tayyip Erdoğan ha accolto queste lamentele promettendo un cambiamento epocale. Uno dei progetti più ambiziosi e sfrenati del Presidente turco è infatti “Kanal Istanbul”: un canale artificiale scavato a ovest di Istanbul che dovrebbe collegare il Mar di Marmara direttamente al Mar Nero. L’obiettivo dichiarato è quello di voler decongestionare lo stretto principale per evitare tragedie ecologiche e umanitarie; tuttavia, la principale ragione di Ankara per realizzare questa impresa è quella di poter finalmente imporre una tassa sul passaggio di navi sul Kanal Istanbul, poiché non farebbe parte del regime degli stretti siglato nel ’36. L’idea avanguardistica di Erdoğan solleva numerose questioni ambientali, urbanistiche e internazionali; non sono pochi gli ingegneri e esperti che si sono esposti pubblicamente contro questo progetto, e tra questi molti sono stati arrestati e costretti a ritrattare.
Per quanto il Kanal Istanbul[4] possa essere un’opera complicata e costosa le probabilità che il leader riesca in questa impresa sono alte. Erdoğan non ha paura di quelle che vengono denominate “mega-infrastrutture”, sotto la sua guida Istanbul ha conosciuto una modernizzazione edilizia prorompente come dimostra la realizzazione del terzo ponte sul Bosforo nel 2016. Questi progetti sono funzionali all’entourage del Presidente, rappresentano una sorta di moneta elettorale: tramite la costruzione di queste enormi opere urbane Erdoğan conquista il suo elettorato. Tra meno di un mese, il 14 maggio, il popolo turco andrà a votare per eleggere il nuovo Presidente: in molti hanno denominato queste elezioni “le grandi elezioni” proprio per la speranza e la fiducia che ripongono in questo processo, si prospetta quindi una situazione scomoda per Recep Tayyip Erdoğan. Percependo quest’aria l’AK Parti corre ai ripari, e gioca le ultime carte per consolidare il sostegno, per questo motivo il progetto del Kanal Istanbul è di nuovo riaffiorato nel dibattito pubblico.
Le arterie vanno quindi curate con un equilibrio politico e diplomatico costante, se trattate con giudizio e valore possono diventare salvagente non solo per lo Stato “proprietario” ma per l’intera comunità internazionale. È facile però che nei momenti di crisi, di paura e difficoltà siano proprio queste venature a soffrire maggiormente i colpi, trasformandosi in armi letali. Il destino dello stretto del Bosforo sarà deciso dopo il 14 maggio, la rielezione di Erdoğan porterebbe, con molte probabilità, a una rapida costruzione del Kanal Istanbul e quindi a uno sconvolgimento dell’equilibrio internazionale con ripercussioni politiche, economiche e ambientali.


Note

[1] Turkish foreign policy since 1774, William Hale, p. 48
[2] Turkish foreign policy since 1774, William Hale, p. 64
[3] Turkish foreign policy since 1774, William Hale, p.101
[4] “Kanal Istanbul, il folle progetto di Erdogan”, ISPI


Foto copertina: Istanbul, la Torre di Galata vista dal Bosforo