Dalla geopolitica alla cronopolitica: la trasformazione della guerra nell’era della Tecnologia, della deterrenza nucleare e della competizione strategica


Dalla Geopolitica alla Cronopolitica: come la velocità e la tecnologia ridefiniscono la guerra e la competizione globale.


A cura di Eleonora Strano

Il Novecento ha rappresentato un tentativo, solo parzialmente riuscito, di incanalare e disciplinare la forza attraverso le istituzioni. In questo processo, gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo da protagonisti. L’ascesa di Trump segna un ritorno a logiche imperialiste ottocentesche, un’inversione di tendenza che impone una riflessione valoriale e -anzitutto- concettuale.  La guerra, come concetto, è soggetta a un processo di continua trasformazione in relazione allo sviluppo di nuove capacità strategiche e tecnologiche. Questo fenomeno si manifesta in modo particolarmente evidente nell’era della deterrenza nucleare, profondamente ridefinita dall’evoluzione tecnologica e dall’intelligenza artificiale, le quali hanno inciso radicalmente sulla natura del conflitto, accelerandone la velocità e intensificandone il potenziale distruttivo. L’evoluzione della guerra ha determinato, a sua volta, una riconfigurazione delle strategie militari e delle politiche di difesa, imponendo un costante tentativo di contenere la violenza estrema insita nella moderna concezione della “guerra assoluta”, come teorizzata da Clausewitz (1976). L’analisi della guerra nucleare evidenzia come questa forma di conflitto rappresenti il paradigma di una guerra totale, la cui realizzazione equivarrebbe all’annientamento dell’umanità. In tal senso, la memoria di Hiroshima e Nagasaki ha sancito un mutamento strutturale nella guerra stessa, trasformandola da fenomeno bellico concreto a condizione di non-guerra, determinata dalla perenne possibilità di un conflitto nucleare e regolata dal principio della deterrenza strategica. La Guerra Fredda, in ogni caso, non era un conflitto contenibile nel senso stretto del termine, né può essere considerata un’era unipolare. Era piuttosto una competizione tra nemici che, pur essendo antagonisti, condividevano un medesimo quadro di riferimento nell’ordine internazionale.

Questa riconfigurazione della guerra evidenzia un passaggio dalla centralità della geopolitica e della politica del potere a una nuova logica basata sulla velocità e sull’istantaneità: la Cronopolitica; ‘la distribuzione del territorio diventa la distribuzione del tempo’ (Virilio, 1983 in Der Derian, 1990). In questo nuovo paradigma, il territorio cessa di essere l’elemento cardine della strategia bellica, cedendo il primato alle reti e alle infrastrutture digitali, le quali, grazie ai progressi tecnologici, ridefiniscono il modo in cui la guerra viene condotta. Di conseguenza, sebbene la triade clausewitziana – composta da governo, esercito e popolo – continui a costituire una chiave interpretativa fondamentale, l’interconnessione e l’equilibrio tra questi elementi risultano profondamente alterati, subendo un continuo processo di riconfigurazione, in larga parte determinato dalle innovazioni tecnologiche (Girard, 2010). Per l’esattezza, l’avanzamento tecnologico, in particolare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, rende evidente questa trasformazione concettuale della guerra e del modo in cui essa viene compresa. L’integrazione crescente della tecnologia nelle operazioni militari ha radicalizzato la velocità del conflitto, instaurando una correlazione diretta tra rapidità decisionale e intensificazione della violenza: all’aumento della velocità nell’elaborazione delle informazioni e nell’esecuzione delle strategie belliche corrisponde un incremento della potenziale distruttività, spesso sfuggendo al controllo umano. Questa dinamica riflette lo stato di transizione in cui si dilaga: non siamo ancora pienamente immersi nella logica della Cronopolitica, ma neppure ancorati ai principi tradizionali della geopolitica, ed ai suoi assi fondativi di potere e territorio. Come suggerisce Gramsci, viviamo in un interregno, una fase di crisi in cui ‘il vecchio muore e il nuovo non può nascere’, dando origine a quei sintomi morbosi che si manifestano nell’accelerazione incontrollata della violenza e nell’instabilità del sistema bellico globale. Questa transizione incompleta si manifesta chiaramente nei diversi approcci ai conflitti contemporanei.

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In Ucraina le dinamiche belliche rimangono fortemente ancorate alla dimensione territoriale e ai principi della geopolitica tradizionale. Tuttavia, se si considera la dimensione discorsiva del cosiddetto ‘terrorismo’, emerge un paradigma differente: la guerra non è più rigidamente legata allo spazio fisico, ma si sviluppa attraverso reti di informazione, intelligenza e forme di violenza più astratte. Il potere non è più definito unicamente dalla forza materiale e dalla capacità distruttiva, bensì dall’astrazione della velocità e dalla capacità di operare all’interno di un sistema interconnesso e diffuso.  Il conflitto tra Israele e Hamas a Gaza si colloca in una dimensione bellica che mantiene una forte componente territoriale e materiale, con operazioni militari convenzionali, bombardamenti e combattimenti urbani. Tuttavia, come nella guerra in Ucraina, anche qui si assiste a una crescente rilevanza della guerra dell’informazione e della dimensione simbolica del conflitto. Gaza è al centro di una battaglia narrativa che si gioca su più livelli: Guerra dell’informazione, Legittimità e diritto internazionale, Asimmetria e deterrenza. A differenza di una guerra tradizionale tra Stati, qui l’aspetto asimmetrico è fondamentale: la disparità di forza è compensata dall’uso di strategie non convenzionali, tra cui guerriglia urbana, attacchi missilistici e operazioni psicologiche. Il risultato è che, sebbene il controllo territoriale resti centrale, la guerra si sviluppa sempre più in un ecosistema informativo globale in cui la velocità della comunicazione e la capacità di modellare le percezioni hanno un peso cruciale.

Lungo il corso della storia, le innovazioni nell’organizzazione, nella strategia e nella tecnologia sono state strettamente correlate all’evoluzione della guerra. I progressi tecnologici, le trasformazioni nelle relazioni internazionali e le mutazioni nelle strutture sociali hanno influenzato in modo significativo l’organizzazione, l’armamento e l’impiego delle forze armate. Questa relazione dinamica impone un adeguamento costante delle forze militari alle sfide emergenti, attraverso una regolamentazione più chiara e strutturata. In questo contesto, la parlamentarizzazione del processo decisionale assume un ruolo cruciale nella ridefinizione delle politiche di difesa, specialmente in un quadro geopolitico in continua evoluzione. Come sottolinea Fabio Longo: ‘non c’è dubbio che, in materia di politica della difesa, il rapporto tra i poteri politico-parlamentari tenda a esercitare un peso maggiore rispetto alle norme e alle convenzioni costituzionali, indipendentemente dal fatto che eventuali posizioni dissenzienti possano essere formalizzate attraverso specifiche decisioni parlamentari’. Pertanto, le forze armate devono adottare un approccio integrato e multidimensionale. Il principio della congiunzione implica che i diversi rami delle forze armate operino in sinergia, favorendo un coordinamento strutturato e una risposta unificata alle sfide globali. Uno dei principali fattori alla base della trasformazione delle forze armate è il costante avanzamento tecnologico. L’introduzione di sistemi d’arma innovativi, come i velivoli senza pilota, e l’evoluzione dell’armamento, a partire dall’invenzione della polvere da sparo fino alle moderne tecnologie cibernetiche, hanno ridefinito radicalmente la natura della guerra.

Il conflitto contemporaneo si fonda sull’integrazione di capacità cibernetiche, intelligenza artificiale e reti avanzate di comunicazione, che amplificano la velocità e l’efficacia operativa delle forze militari. Secondo Lutterbeck, molto è stato scritto sulla crescente profondità e ampiezza del concetto di sicurezza nell’era post-Guerra Fredda. Al di là delle minacce rappresentate dai cosiddetti stati canaglia dotati di armi di distruzione di massa, gli analisti concordano sul fatto che i principali rischi per la sicurezza dei paesi euro-atlantici, dalla fine della bipolarità, non derivino più principalmente da attori statali o da minacce militari convenzionali, bensì da fenomeni di natura non statale e transnazionale. Questi includono attività illecite o fuori controllo che si sviluppano su scala sub-statale e transfrontaliera. L’aumento della loro rilevanza è riconducibile alla crescente interdipendenza globale e all’accelerazione tecnologica nei settori della comunicazione e dei trasporti, che hanno amplificato la portata e l’impatto di tali fenomeni. A causa del divario di superiorità generato dall’accessibilità tecnologica, le forze armate si trovano di fronte a una contraddizione pericolosa: la necessità di integrare strumenti sempre più sofisticati e la sfida di adattare strategie e dottrine per sfruttarne appieno i vantaggi.  Il confronto tra Stati Uniti e Cina non si manifesta in un conflitto aperto ma assume la forma di una competizione strategica multidimensionale. Qui, il paradigma della guerra cambia radicalmente: Competizione tecnologica e sistemica -Il confronto tra le due potenze si gioca sulla supremazia tecnologica (intelligenza artificiale, semiconduttori, cybersicurezza), sull’espansione dell’influenza economica (Via della Seta contro strategie di contenimento economico) e sulla capacità di plasmare l’ordine globale- ;Guerra economica e commerciale – Il conflitto si sposta su embargo tecnologico, sanzioni, restrizioni sulle catene di approvvigionamento e competizione per le risorse strategiche-;  Guerra cognitiva e soft power – Oltre alla deterrenza militare (Taiwan, Mar Cinese Meridionale), il confronto si gioca attraverso la cultura, i media e le istituzioni internazionali. La capacità di influenzare il discorso globale, di promuovere la propria narrazione e di costruire alleanze strategiche diventa una dimensione essenziale del conflitto.

Se non siamo ancora completamente immersi nella Cronopolitica, come sostiene Gramsci, considerare il presente come un tempo di transizione significa riconoscere che ci troviamo in una fase in cui si stanno prendendo decisioni cruciali, capaci di determinare quale tra i futuri possibili prevarrà. Se in questi periodi critici il potere più grande consiste nel tracciare la direzione futura, allora la capacità di ingegneria sociale diventa una competenza essenziale per orientare le dinamiche sociali. Tuttavia, se le principali decisioni fossero già state prese e le tendenze fossero ormai consolidate, le sfide politiche e le competenze richieste cambierebbero radicalmente.  Le operazioni congiunte emergono come una risposta essenziale alla crescente complessità delle crisi globali, poiché permettono alle forze armate di reagire con rapidità e coordinazione. La cooperazione tra diversi rami militari garantisce una maggiore flessibilità e resilienza, consentendo di affrontare scenari diversificati, dalle operazioni antiterrorismo alle missioni di peacekeeping. Questa sinergia è resa possibile dall’adozione di una prospettiva unitaria, che si fonda sull’interoperabilità: la capacità dei vari rami delle forze armate di operare senza ostacoli reciproci.  L’interoperabilità, l’integrazione tecnologica e un impegno verso sforzi collaborativi definiscono questo approccio, permettendo alle forze armate di affrontare efficacemente le sfide strategiche sulla scena globale.  Mentre a Gaza e in Ucraina il territorio e la forza bruta restano centrali, la competizione tra Stati Uniti e Cina mostra come la guerra possa non essere più rigidamente legata allo spazio fisico, ma si sviluppi attraverso reti di informazione, logiche finanziarie e forme di potere più astratte. Se il Novecento è stato caratterizzato dalla guerra industriale e dalla competizione per il controllo fisico dello spazio, il XXI secolo si distingue per la centralità della velocità, dell’intelligenza artificiale e della gestione dell’interdipendenza globale. Questa trasformazione non annulla la dimensione tradizionale del conflitto, ma la incorpora in un contesto più ampio, in cui la capacità di operare all’interno di un sistema interconnesso e diffuso diviene il vero metron della potenza. Analogamente alla strategia politica e militare delle poleis greche, in cui il confronto diretto si intrecciava con la diplomazia, le alleanze e la gestione del tempo, l’egemonia contemporanea si misura nella capacità di governare i flussi informativi, il dominio tecnologico e le dinamiche di previsione strategica.


Bibliografia

  • Clausewitz, Carl von (1976) [1832]. “What is War?”, in On War, translated by Michael Howard and Peter Paret. Oxford: Oxford University Press, pp. 13-31.
  • Der Derian, James (1990). The (S)pace of International Relations: Simulation, Surveillance, and Speed. International Studies Quarterly, 34(3), pp. 295-310.
  • Gramsci, Antonio (1975). “Quaderni del carcere”. A cura di Valentino Gerratana. Torino: Einaudi. Nella prima edizione dei “Quaderni del carcere” pubblicata da Einaudi nel 1948, la citazione si trova nel volume 1, a pagina 311.
  • Girard, René (2010). “The Escalation to extremes”, in Battling to the End. East Lansing: Michigan State University Press, pp. 1-27.
  • Longo, Fabio (2014) ‘’ When Parliaments do not wage war: military operations abroad and Constitutional Frameworks’’, Analysis No. 227, January 2014
  • Lutterbeck Derek, 2004. “Between Police and Military: The New Security Agenda and the Rise of Gendarmeries”, Cooperation and Conflict, 39(1), pp. 45-68.

Foto: Saturno divora i suoi figli, Francisco de Goya (1819-1823)