I cittadini islandesi si sono recati alle urne il 25 settembre per eleggere il nuovo governo: al centro del dibattito, il cambiamento climatico e l’assistenza sanitaria. Ma il tema veramente caldo è la tassazione sulle quote pesca. Un tema che preoccupa gli islandesi più del clima e della sanità.
Il 25 settembre l’Islanda si è recata alle urne per eleggere un nuovo governo. Tra i temi centrali all’ordine del giorno, sicuramente il cambiamento climatico, ma anche l’emergenza sanitaria. Tuttavia sembra proprio che, l’agenda politica del governo che verrà, sarà focalizzata su un tema diverso, molto caro agli islandesi: la pesca[1]. Le elezioni saranno incentrate su questo tema; il nuovo parlamento di Reykjavik dovrà affrontare le questioni sociali ed economiche che rappresentano una priorità per l’Islanda. Non bisogna dimenticare infatti, che gran parte dell’economia islandese è ricoperta dalla pesca e dal mercato ittico, un settore ancora in espansione.
Elezioni in Islanda: i candidati
In Islanda si attende la formazione del nuovo Althingi, il parlamento islandese, che attende di conoscere i nomi dei nuovi 63 membri che occuperanno le poltrone per il prossimo mandato. Attualmente l’Islanda è governata da una coalizione di tre partiti: Il Partito dell’Indipendenza Sjálfstæðisflokkurinn, (SSF), di ala conservatrice; il Movimento di Sinistra – Verdi, Vinstrihreyfingin – grænt framboð (VG) ed il Partito del Progresso Framsóknarflokkurinn, ala centrista. Alle scorse elezioni, tenutesi nel 2017[2] il Partito dell’Indipendenza ha avuto la meglio sulle altre compagini politiche, ottenendo il 25,% dei consensi. A seguire il Movimento di Sinistra-Verdi con il 16,9% e l’Alleanza Socialdemocratica con il 12% circa. Il Partito del Progesso, fermo allora al 10,7% ha guadagnato spazio entrando in coalizione con gli altri due partiti[3].
In attesa dei risultati del voto di questo 25 settembre, in Islanda si analizzano gli esiti dei sondaggi. Questi danno in netto vantaggio il Partito dell’indipendenza, che si assesta intorno al 20,1% di gradimento nei sondaggi. Segue il Partito del Progresso con il 12,2% ed infine vi è il 10,7% ottenuto dal Movimento di Sinistra. Tuttavia il sondaggio riporta l’ingresso di un partito outsider rispetto ai tre partiti di governo: il Partito Socialdemocratico, terzo partito nel 2017, e attualmente secondo, secondo i sondaggi, con il 14,7% degli intervistati a suo sostegno. Sostanzialmente il Partito dell’Indipendenza potrebbe, con ogni probabilità essere riconfermato dagli elettori, ma non si esclude la formazione di una coalizione nuova, tenendo conto anche dei socialdemocratici. Una vittoria probabile, che però non nasconde l’ombra sul momento di calo che il partito conservatore sta vivendo. Storicamente si tratta del partito dominante in Islanda, ma da qualche anno, seppur continua ad essere molto influente in parlamento, ottiene vittorie sempre più risicate. Ad ogni modo, neanche gli altri partiti di maggioranza sorridono: il Movimento di Sinistra infatti, potrebbe pagare caro, in termini di consenso, la scelta di essere entrati in coalizione con i conservatori[4].
I temi dell’agenda politica
La campagna elettorale dei tre partiti politici è stata incentrata su tre temi fondamentali: economia, clima ed assistenza sanitaria. Dibattiti, comizi ed incontri pubblici, sono stati tutti focalizzati su queste tre tematiche che, con ogni probabilità, detteranno l’agenda del nuovo governo islandese. Il leader del Partito dell’indipendenza, nonché attuale Ministro delle Finanze, Bjarni Benediktsson, ha più volte parlato d’economia e fiscalità, dichiarando che il suo partito non ha in programma grandi investimenti o aumenti delle tasse, ma preferisce anzi, tenere basso il tasso d’interesse e sostenere le imprese[5].
Di avviso praticamente opposto è l’Alleanza Socialdemocratica (Samfylking) il cui leader Logi Einarsson, propone un aumento della tassazione specifico per le quote di pesce pescato: una tassa che vada a colpire i più ricchi, con un aumento del 2% in più di pressione fiscale. Infine, il Movimento di Sinistra-Verdi, per voce della leader del partito, nonché Primo Ministro attuale, Katrin Jakobsdottir sottolinea l’importanza di dotare il paese di un sistema fiscale forte e rnnovato, in grado di esprimersi a sostegno dell’uguaglianza sociale.
Ma più di tutto, ciò che attrae davvero l’elettorato islandese riguarda lo sviluppo del settore principale dell’economia: la pesca. Sono in molti a sostenere che sarà proprio l’approccio al tema che orienterà molte fasce delle popolazione. Le questioni socioeconomiche sono molto care ai cittadini, e sullo sviluppo del settore ittico, c’è molto da discutere. Sulla tematica della tassazione delle quote di pesca si discute da molto tempo, ed è questo argomento a tenere banco. Resta da vedere come si orienterà la popolazione e dove ricadrà la scelta dei cittadini[6]. Come mai tanta attenzione per le quote pesca? È semplice. L’Islanda è retta da pochi settori economici, uno di questi è la pesca. In particolare, il sistema delle quote islandese è uno dei più efficienti in assoluto e, per chi possiede le suddette quote, ci sono ottimi ritorni in termini di valore. Queste quote vengono gestite principalmente da grandi società di pescherecci, per poi essere accumulate da proprietari di aziende di grandi dimensioni. La tassazione su questa pratica, risulta essere tassata in maniera marginale. Il paese qui si divide: c’è chi sostiene che tali quote dovrebbero subire un incremento della tassazione, mentre i grandi proprietari di quote, si battono affinchè non ci siano ulteriori tasse. Questo determina l’orientamento della popolazione: quelli contrari a nuove tasse sulle quote, si rivedono nel Partito dell’Indipendenza, storicamente contrario a questa imposta. Altri partiti invece, seppur in modalità diversa, vorrebbero andare a ritoccare lo status quo delle quote.
I dibattiti e le tensioni
Il Partito dell’Indipendenza quindi, non vorrebbe andare a toccare un discorso tanto complesso e tanto caro ad una determinata frangia della popolazione: i proprietari delle aziende. Gli altri partiti invece, sostengono che il sistema attuale della ripartizione delle quote generi disuguaglianza sociale. Secondo questo assunto, il pesce appartiene al popolo islandese, e con una tassazione maggiorata, la ripartizione dei fondi potrebbe giovare alla collettività: quei fondi potrebbero essere spalmati su altri settori, come ad esempio l’assistenza sanitaria, altro tema caldo di queste elezioni.
Dai dibattiti emerge questo: i leader politici del paese si esprimono portando in giro quelle che sono tematiche che tengono banco un po’ in tutte le tornate elettorali dell’Artico (tra agosto ed ottobre 5 paesi artici sono andati o andranno al voto): cambiamento climatico ed emergenza sanitaria. Tuttavia, questi argomenti, così importanti nel dibattito globale, assumono un ruolo marginale in termini di politica interna, finendo persino per deviare totalmente l’interesse della cittadinanza attiva. Sostanzialmente i 63 membri del nuovo parlamento dovranno interrogarsi sulle questioni socioeconomiche calde, anche perché la problematica del tassare o meno le quote pesca non è da poco. Le disuguaglianze sociali, vere o presunte che siano, generano tensioni all’interno del paese, e rendono prioritario questo tema. Chiunque vincerà le elezioni affronterà il tema secondo l’approccio visto in campagna elettorale, ma potrebbe non bastare.
Note
[1]https://www.highnorthnews.com/en/elections-iceland-climate-agenda-icelandic-politics-are-largely-about-fishery-issues-says-professor
[2] https://icelandmonitor.mbl.is/elections2017/
[3] https://www.frettabladid.is/frettir/piratar-baeta-i-en-sjalfstaedismenn-tapa-afram-fylgi/
[4] https://www.euronews.com/2021/09/25/iceland-election-covid-coalitions-and-fresh-eu-membership-talks
[5] https://www.icelandreview.com/politics/first-election-debate-covered-economy-climate-and-healthcare/
[6] https://www.aljazeera.com/news/2021/9/25/iceland-votes-as-government-hangs-by-a-thread
Foto copertina: Credito Arni Torfason/Associated Press