Nel cuore dell’America degli anni ’30, mentre nei locali suonava il charleston e impazzava il proibizionismo, tra bandiere a stelle e strisce e case a schiera ben ordinate prendeva forma una movimento che a molti, oggi, potrebbe apparire uscito da un’ucronia di Philip K. Dick: il German American Bund.
a cura di Lorenzo Paolo Riviezzo, direttore di Άτλας_Geopol
Non un semplice banco di mutuo soccorso per gli immigrati tedeschi negli States, ma una vera e propria organizzazione filonazista, che sognava un’America sotto l’influenza di Hitler. Questa formazione, che avrebbe attirato negli anni migliaia di simpatizzanti, non nacque dal nulla, ma da un conglomerato pregresso.
Le origini
Le radici del German American Bund affondano nel Friends of News Germany o Die Freunde des Neuen Deutschland (FONG)[1]. Nel 1933 il Stellvertreter des Führers[2] Rudolf Hess diede ordine al ministro luterano tedesco Heinz Spanknöbel, immigrato negli Stati Uniti, di formare una lobby nazista su suolo americano. Spanknöbel ebbe ben presto il supporto del console tedesco a New York e con ingenti finanziamenti, provenienti anche dalle élite bianche americane, iniziarono le pubblicazioni filonaziste[3] e il boicottaggio di numerosi negozi ebraici.
Il gruppo, però, ebbe vita breve. Fin da subito fu falcidiato e poi dilaniato da una feroce lotta interna per il potere. Alla fine di questa lotta Spanknöbel venne estromesso dalla guida del gruppo e deportato dagli Stati Uniti, con l’accusa di essere un agente straniero[4]. Nel dicembre 1935 Hess ordinò a tutti i leader del gruppo e ai cittadini tedeschi che avevano militato nel movimento, di abbandonarlo immediatamente.
Poteva sembrare la fine del “sogno” di veder sventolare la svastica dall’east alla west coast, ma erano solo le prove generali di qualcosa di più grande e che avrebbe messo radici più solide.
Ufficialmente il FONG fu sciolto nel marzo 1936 e come una nera fenice rinacque con il nome di Amerikadeutscher Volksbund. Il nome non fu scelto a caso, ma voleva evitare qualsiasi accusa di destabilizzazione e enfatizzare la profonda amicizia che legava il popolo tedesco a quello americano[5]. Il nuovo movimento, però, era composto esclusivamente da cittadini americani discendenti da immigrati tedeschi.
La svastica sul sole
Buffalo, vicino alla città di New York, è una città fredda, lo è sempre stata. La città è stata interessata fin dal 1820[6], da una profonda immigrazione tedesca. I primi immigrati fuggivano persecuzioni religiose in quelli che erano stati gli stati del Sacro Romano Impero[7]. Fu qui che nel marzo del 1936 sorse il German American Bund. Il gruppo elesse come suo leader Fritz Julius Kuhn, veterano della Grande Guerra. Un eroe decorato con la Croce di Ferro e guerrigliero dei Freikorps contro la marea rossa[8].
Carismatico, teneva discorsi che erano in grado di infiammare le folle. A molti sembrava un’ipostasi del Führer oltre oceano. Riuscì a rafforzare il movimento, evitando che iniziasse una lotta senza quartiere per il potere. Kuhn si affrettò a precisare che il Bund era solo “simpatizzante del governo hitleriano”, negando qualsiasi finanziamento o legame diretto con Berlino. Inoltre, assicurava che il suo scopo non fosse portare il fascismo negli Stati Uniti[9]. Ma le sue azioni raccontavano tutt’altra storia.
Sfruttando una retorica incendiaria fatta di antisemitismo, anticomunismo e orgoglio germanico, Kuhn arruolò migliaia di membri tra i tedeschi d’America. Per rafforzare il legame con la Germania, uno dei suoi primi progetti fu un viaggio a Berlino con 50 seguaci americani, per respirare l’aria del Reich e vedere il nazismo in azione. Nel 1936, mentre la Germania si preparava a ospitare le Olimpiadi di Berlino, Kuhn sperava in una calorosa accoglienza da parte di Adolf Hitler. Il Führer, però, rimase freddo.
Il Bund era motivo di forte imbarazzo per il governo tedesco, che non voleva troppo attirare l’attenzione degli Stati Uniti.
Al suo ritorno, Kuhn non si fece scrupoli a gonfiare l’incontro a fini propagandistici, raccontando ai suoi seguaci che Hitler lo aveva riconosciuto come il “Führer americano[10]. Col crescere del Bund, crebbe anche la resistenza contro di esso. Non solo gli ebrei americani, ma anche molti tedeschi d’America si schierarono contro Kuhn, rifiutando qualsiasi legame con il nazismo[11]. Le proteste, a volte violente, portarono il movimento sulle prime pagine dei giornali, attirando l’attenzione del Congresso.
Nel 1938, il crescente allarme spinse il governo a introdurre il Foreign Agents Registration Act, obbligando chiunque rappresentasse interessi stranieri a registrarsi presso il Dipartimento di Stato. Questa crescente esposizione mediatica non era affatto gradita a Berlino. Hitler voleva un movimento nazista americano potente ma discreto, poiché il suo obiettivo era mantenere gli Stati Uniti neutrali nel conflitto imminente. Kuhn, invece, amava i riflettori. Il 1° marzo 1938, il governo tedesco prese le distanze dal Bund, vietando ai cittadini del Reich di aderirvi e proibendo l’uso dei simboli nazisti nell’organizzazione[12]. Ma Kuhn non si lasciò intimidire: il 3 settembre 1938 venne rieletto leader del movimento e pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1939, organizzò il più grande evento nella storia del Bund: il raduno al Madison Square Garden di New York[13].
Davanti a 20.000 sostenitori, tra svastiche e bandiere americane, Kuhn tenne un discorso virulento: derise Roosevelt chiamandolo “Frank D. Rosenfeld”[14], ribattezzò il New Deal come il “Jew Deal” e accusò gli ebrei di essere i veri nemici dell’America, spingendosi persino a negare che Cristo fosse ebreo. Ma fuori, migliaia di manifestanti protestavano contro l’evento. Quando un giovane ebreo, Isadore Greenbaum, riuscì a irrompere sul palco interrompendo il discorso di Kuhn, le stormtrooper del Bund lo aggredirono brutalmente, picchiandolo e spogliandolo prima che la polizia lo portasse in salvo[15].
La serata al Madison Square Garden fu il culmine e, allo stesso tempo, l’inizio della fine del Bund. L’America aveva visto il suo volto più oscuro, e il conto alla rovescia per la caduta di Kuhn era ufficialmente iniziato.
Quando la locusta si trascinerà a stento[16]
L’intellighenzia del Bund, dall’intelletto più fino, di quello di un soldato come Kuhn aveva capito che il Madison Square Garden era l’inizio di una parabola discendente. I vertici del Bund cercarono di legittimarsi incontrando due deputati filo-nazisti, John C. Schafer e Fred C. Gartner[17], ma il destino dell’organizzazione era ormai segnato. Ma facciamo un passo indietro, illustrando la composizione del movimento.
Il Bund copiava in modo quasi speculare l’organizzazione del Partito Nazista. Il territorio americano era diviso in tre distretti regionali (Gaue): Gau Ost (Est), Gau West e Gau Midwest, per un totale di 69 sezioni locali (Ortsgruppen), di cui ben 17 solo a New York[18]. Ogni Gau era amministrato secondo il Führerprinzip, il principio di comando assoluto di matrice hitleriana, con un Gauleiter a dirigere le operazioni. La sede centrale dell’organizzazione si trovava al 178 East 85th Street di Manhattan, nel cuore della comunità tedesca della città[19].
Ma il vero potere del Bund si mostrava nei campi di addestramento sparsi negli Stati Uniti, dove simpatizzanti e giovani reclute venivano immersi nella propaganda nazista. Camp Nordland nel New Jersey, Camp Siegfried a Yaphank (New York) e Camp Hindenburg nel Wisconsin[20] erano solo alcuni dei centri in cui la svastica sventolava accanto alla bandiera americana. Qui si marciava, si facevano saluti romani e si celebrava Hitler.
Ma tutto questo sfarzo stava per finire. Il German American Bund non cadde sotto i colpi della politica o della guerra, ma sotto il peso della corruzione del suo stesso leader.
Nel 1939, un’indagine fiscale a New York rivelò che Fritz Julius Kuhn aveva sottratto oltre 14.000 dollari dalle casse del Bund (l’equivalente di 316.000 dollari odierni). Il movimento, fedele al Führerprinzip – il principio di obbedienza assoluta al leader – non si mosse per denunciarlo. Ma le autorità americane non furono altrettanto indulgenti. La procura distrettuale di New York colse l’occasione per infliggere un colpo mortale al Bund, portando Kuhn in tribunale con l’accusa di evasione fiscale e appropriazione indebita. Il 5 dicembre 1939, il “Führer americano” venne condannato a cinque anni di carcere[21]. Senza Kuhn, il Bund vacillò. Nuovi leader, tra cui Gerhard Kunze[22], tentarono di mantenerne in vita la struttura, ma senza successo. Il movimento era ormai in declino, e con l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, la situazione precipitò. Nel settembre 1940, il governo americano introdusse la coscrizione obbligatoria, e il Bund iniziò a esortare i suoi membri a disertare, un crimine punibile con cinque anni di carcere e una multa di 10.000 dollari. Nel novembre 1941, Kunze tentò la fuga in Messico, ma venne rapidamente estradato negli Stati Uniti e condannato a 15 anni di prigione per spionaggio[23].
Kuhn, intanto, scontava la sua pena in carcere, ma la sua caduta non era ancora completa. Il 1° giugno 1943, perse la cittadinanza americana. Dopo 43 mesi dietro le sbarre, fu rilasciato, ma non era un uomo libero: il 21 giugno 1943, venne immediatamente arrestato di nuovo come nemico straniero e internato nel campo di Crystal City, Texas. A guerra finita, il governo americano non aveva alcuna intenzione di concedergli una seconda possibilità: Kuhn fu trasferito a Ellis Island e deportato in Germania il 15 settembre 1945. Morì a Monaco di Baviera nel 1951, dimenticato e senza più alcun potere[24].
L’epurazione del Bund non si fermò a Kuhn. Molti membri dell’organizzazione pagarono un prezzo pesante per la loro fedeltà al Reich. Alcuni leader regionali del Bund, tra cui George Froboese[25], che aveva accompagnato Kuhn alle Olimpiadi di Berlino nel 1936, scelsero il suicidio piuttosto che affrontare la giustizia. Altri membri persero la cittadinanza e finirono nei campi di detenzione. Il German American Bund, un tempo pronto a trasformare l’America in una roccaforte del nazismo, si sgretolò sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.
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Conclusione
Il passato non rimane sepolto per troppo tempo. Il German American Bund è stato cancellato dalla storia ufficiale, ma le sue idee hanno continuato a circolare, travestendosi da patriottismo, da difesa della libertà di parola o da resistenza contro un supposto “governo oppressivo”. Se ieri si riunivano nelle foreste del New Jersey sventolando bandiere con la Sig-rune, oggi marciano nelle strade di Charlottesville o si organizzano in rete, diffondendo odio con pochi click. La caduta del German American Bund non segnò la fine dell’estrema destra filonazista negli Stati Uniti, ma solo l’inizio di una mutazione. Se il Bund si era infranto contro il muro dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, il suo lascito sopravvisse nell’ombra, pronto a riemergere in altre forme. Dalle sue ceneri sarebbero nati decine di movimenti neonazisti e suprematisti bianchi, adattando il messaggio originario ai tempi e alle nuove battaglie culturali e politiche.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, organizzazioni come la National States’ Rights Party, i vari gruppi legati al Ku Klux Klan, e più recentemente il Patriot Front hanno raccolto l’eredità ideologica del Bund, perpetuando il mito di un’America “bianca e cristiana” minacciata dai suoi nemici interni. Il Patriot Front, in particolare, ha guadagnato una certa notorietà come uno dei più attivi movimenti neonazisti contemporanei, supportando apertamente l’ex presidente Donald Trump e cercando di inserirsi nelle dinamiche del nazionalismo populista americano.
Capire la storia del Bund significa riconoscere i suoi eredi contemporanei. Non si tratta di un capitolo chiuso, ma di un monito: il seme piantato negli anni ‘30 ha messo radici profonde, e senza una consapevolezza storica e culturale, il rischio di vederlo rifiorire sotto altre forme rimane sempre presente.
Note
[1]https://web.archive.org/web/20110518142641/http://www.traces.org/americanbund.html
[2] Vice Führer
[3]https://mashable.com/feature/nazis-madison-square-garden
[4]Johnson, Ronald Wayne (1967). The German-American Bund, 1924-1941. Madison, Wisconsin: University of Wisconsin. pp. 6–10.
[5]Wolter, Erik V.; Masters, Robert J. (2004). Loyalty On Trial: One American’s Battle With The FBI. New York: iUniverse. p. 65.
[6]https://nyheritage.org/exhibits/buffalos-neighborhoods-exploring-our-migrant-immigrant-heritage/buffalos-east-side
[7] ibidem.
[8]https://www.historynet.com/made-in-america-americans-in-support-of-the-nazi-cause/ [9]https://news.google.com/newspapers?id=Ym0zAAAAIBAJ&sjid=P-IFAAAAIBAJ&pg=4814,2402960&dq=fritz+kuhn+hitler&hl=en
[10]Nazi America: A Secret History (2000), History Channel.
[11]https://minds.wisconsin.edu/bitstream/handle/1793/72649/Petrie_Stephen_2015.pdf?sequence=1
[12]https://www.theatlantic.com/photo/2017/06/american-nazis-in-the-1930sthe-german-american-bund/529185/ [13]https://archive.ph/20110815055225/http://www.nydailynews.com/archives/news/1998/05/31/1998-05-31_ratzis_fritz_kuhn_and_the_bu.html
[14] Un cognome ebraico.
[15]https://www.thejc.com/news/usa/eighty-years-ago-this-week-the-night-the-nazis-played-madison-square-garden-q8skqdea
[16] Qoelet 12:5
[17]https://digital.library.unt.edu/ark:/67531/metadc663312/ [18]https://books.google.it/books?id=ExcoTn8e97UC&q=%22Gau+Midwest%22&pg=PA167&redir_esc=y#v=snippet&q=%22Gau%20Midwest%22&f=false
[19]https://vault.fbi.gov/german-american-bund/German%20American%20Federation%20Bund%20Part%2011%20%28Final%29/view
[20]https://www.britannica.com/topic/German-American-Bund
[21] Nota 17.
[22]https://www.imdb.com/name/nm0474096/bio/ [23]https://www.fbi.gov/history/famous-cases/vonsiatsky-espionage [24]https://news.google.com/newspapers?id=L48LAAAAIBAJ&pg=5799,1832986&dq=fritz+kuhn&hl=en
[25]https://www.nytimes.com/1942/06/17/archives/bund-aide-ends-life-on-way-to-hearing-milwaukee-man-a-suicide-under.html
Foto copertina: German American Bund