Spesso utilizzato come sinonimo di “attualità internazionale”, la geopolitica merita di essere riscoperta e studiata.
Riscoprire la geopolitica. Partiamo dalla definizione: cosa intendiamo per geopolitica? Molti hanno provato a dare una risposta a questa domanda ma non sempre la risposte sono state esaustive.
Per il geografo svedese Rudolf Kjellén, la geopolitica era “la dottrina dello Stato come organismo geografico”, per Karl Haushofer era “la coscienza dello Stato”.
Per l’americano Saul Cohen era la “descrizione del contesto geografico in relazione al potere politico”, per Yves Lacoste “lo studio di differenti tipi di rivalità di potere sui territori”.
È chiaro che potremmo trovare tantissime altre definizioni, tutte corrette ma non esaustive. Se a questa difficoltà di classificazione aggiungiamo l’abuso del termine geopolitica, utilizzato come sinonimo di “attualità politica internazionale” o la condizione nel contesto internazionale, o ridotto all’analisi dei rapporti di forza, comprendiamo bene che si fa fatica a far riconoscere la geopolitica come scienza[1].
La geopolitica come scienza, paga un altro scotto: la sua origine. La divulgazione geopolitica infatti “nasce” in Germania con Karl Haushofer nel gennaio del 1924 con la creazione di una rivista “Zeitschrift für Geopolitik (rivista di Geopolitica).
Karl Haushofer però non aveva un approccio scientifico alla materia, non analizzava dati e contesti, ma al contrario formulava teorie che giustificassero il raggiungimento di obiettivi politici. Se consideriamo la storia di Karl Haushofer comprendiamo il perché dopo la seconda guerra mondiale, la geopolitica (soprattutto europea) fu considerata una pseudoscienza o arma ideologica (Hans Morgenthau). Durante i corsi di geopolitica che teneva a Monaco di Baveria, Karl Haushofer infatti teorizzava la necessità per la Germania di uno “spazio vitale” (Lebensraum) ad est.
Le sue teorie suscitarono l’entusiasmo del suo allievo: Rudolf Hess, futuro numero 3 del partito dopo Hitler e Göring.
Lo studio della geopolitica subì lo stesso destino anche in Italia. La scuola geopolitica italiana non era comparabile a quella tedesca proprio per l’origine dello Stato italiano, un concetto geografico abitato da interessi diversi.
A parte qualche timido tentativo nel post risorgimentale, è con il ventennio fascista che si iniziò a parlare di “spazio vitale mediterraneo” (Paolo D’Agostino Orsini di Camerota, 1940). Ci fu anche un tentativo editoriale a scopo divulgativo. Nel 1939 fu fondata dai due geografi triestini Ernesto Massi e Giorgio Roletto una rassegna mensile dal titolo “Geopolitica. Rassegna mensile di geografia politica, economica, sociale, coloniale”.
Anche in questo caso, come “Zeitschrift für Geopolitik” per la Germania, il proposito era quello di rendere la geopolitica, la base dottrinale della politica estera italiana. Il risultato fu che con il disastro della seconda guerra mondiale, anche la geopolitica (classica) fu accantonata. Considerata come la scienza che ispirato il nazismo e il fascismo, la geopolitica fu bannata in Europa, negli Stati Uniti e anche nell’Unione Sovietica.
Ma se l’oblio geopolitico è sceso per Germania e Italia, ciò non è avvenuto per la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Con la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio della “guerra fredda”, a partire dagli anni ’60 sono state rivalutate e ampliate le teorie di Spykman, Mahan, Mackinder, Kennan[2] che sono state alla base delle scelte strategiche degli Stati Uniti dal dopoguerra ad oggi. Sembrerà paradossale, ma già nel 1942, Spykman considerava la Cina e la sua proiezione marittima, come vero pericolo per l’egemonia Usa. E ciò che sta accadendo oggi, il “Pivot to Asia”, il disimpiego dall’Asia Centrale, la crescente contrapposizione con Pechino, non sono frutto dell’improvvisazione ma tasselli di una strategia, ecco geopolitica, teorizzata e applicata[3].
Non bisogna sorprendersi ad esempio dell’intraprendenza turca nel Mediterraneo ma non solo, se si analizza il concetto di Mavi Vatan (Patria blu) che ha determinato un’inversione di tendenza nella politica estera turca e nell’interpretazione e definizione che gli strateghi di Erdoğan danno dell’hinterland di Ankara in questo inizio di decennio rappresenta contemporaneamente una cesura ed un meccanismo di continuità con la dottrina della Stratejik Derinlik (Profondità strategica) teorizzata dall’ex consigliere politico, ex ministro degli Esteri ed ex primo ministro Ahmet Davutoğlu.
Per queste ragioni, bisogna puntare allo sviluppo di una scuola geopolitica italiana, un movimento serio, capace di formare una classe di geopolitici con l’obiettivo non di influenzare le scelte piuttosto di produrre analisi, suggerire al massimo gli scenari possibili, lasciando le decisioni finali sempre a carico degli esperti della politica.
Note
[1] Per approfondire “Geopolitica. Orientarsi nel grande disordine mondiale” https://www.opiniojuris.it/geopolitica-graziano/
[2] Per approfondire La politica del containment https://www.opiniojuris.it/la-politica-del-containment/
[3] Per approfondire le teorie geopolitiche Statunitensi “Talassocrazia” https://www.opiniojuris.it/talassocrazia/