Yemen, colloqui tra Sauditi e Houthi su un potenziale accordo di cessate il fuoco  


Dopo quattro giorni di colloqui con i funzionari sauditi a Riyadh, nei giorni scorsi i negoziatori Houthi hanno lasciato la capitale saudita. Come riportato dai media locali, i colloqui, incentrati sulla prospettiva di raggiungere un accordo di cessate il fuoco, potrebbero gettare le basi per una risoluzione diplomatica del conflitto in corso nello Yemen.


A cura di Martina Biral

Un conflitto interno con implicazioni regionali

L’inizio del conflitto in Yemen è comunemente ed erroneamente identificato con il 26 marzo 2015, giorno in cui la coalizione militare a guida Saudita iniziò ad attaccare militarmente i territori occupati dagli Houthi, le milizie sciite zaidite sostenute dall’Iran che avevano preso il controllo del potere a Sana’a nel gennaio 2015, arrestando il Presidente ad interim Ali Abdullah Saleh.
Il conflitto del 2015 risulta però essere l’acme di una serie di crisi che hanno attraversato lo Yemen dal 1990.
Le radici di questa guerra affondano nella fallimentare unificazione della Repubblica Araba del nord e la Repubblica democratica d’impronta socialista del sud. Tale unificazione apparente ma mai de facto venne percepita dalle regioni meridionali del Paese come un’annessione.
Le regioni meridionali, sebbene detentrici dell’80% delle riserve di gas e petrolio dello Yemen,[1] hanno sperimentato un notevole grado di emarginazione.
La sottrazione dei proventi delle risorse naturali e la progressiva estromissione degli Yemeniti del sud dalle cariche pubbliche e dall’esercito sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito allo scoppio della guerra civile del 1994 che si è conclusa con la disfatta di questi ultimi e il consolidamento del potere dell’allora Presidente Saleh.
Il malcontento ha continuato a fomentare ribellioni concentrate in particolare nell’estremo nord, dove gli Houthi e le forze filogovernative hanno dato vita ad una serie di conflitti tra il 2004 e il 2010, comunemente conosciuti come le sei guerre di Sa’da. [2]
La marginalizzazione dalle istituzioni ha coinvolto tutte le periferie geografico-politiche, alimentando le spinte secessioniste del movimento meridionale ma anche le aspirazioni autonomistiche delle milizie del nord, gli Houthi, che si sono spinti sempre più verso il confine con l’Arabia Saudita.
Il conflitto che ha radici interne ha assunto una connotazione sempre più regionale. La minaccia alla sicurezza nazionale è stata alla base della decisione di Riyadh di intervenire nel conflitto nel 2015.
Una guerra lampo con esito fallimentare soprattutto a causa dei legami politico-militari tra gli Houthi e Teheran, che sono divenuti sempre più solidi. Dal 2015 gli attacchi con droni e missili contro i territori Sauditi si sono enormemente intensificati. [3]

I primi dialoghi di pace

Il 5 settembre 2021, l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Yemen, Hans Grundberg, aveva sottolineato l’impossibilità di raggiungere un accordo di pace data l’intenzione delle parti a considerare solo “l’opzione militare”. [4]
L’aprile 2023 segna un punto di svolta. Con l’arrivo di una delegazione Saudita in territorio Yemenita – precisamente a Sana’a – si aprono i primi tentativi di dialogo tra le parti.
I colloqui bilaterali tra Houthi e Sauditi, mediati dal sultanato dell’Oman, raggiungono però esito negativo, lasciando le parti in una situazione di stallo. Nonostante ciò, la sessione negoziale ha aperto una speranza verso una possibile risoluzione diplomatica del conflitto che ad oggi ha causato più di 370.000 morti stando alle ultime stime fornite delle Nazioni Unite.[5]
Inoltre, le ambizioni dell’Arabia Saudita ridimensionate a coesistenza pacifica con lo Yemen più che orientate verso la sconfitta della milizia nordista sono un possibile segno di avvicinamento e distensione delle ostilità.
Il ripristino delle relazioni diplomatiche con l’Iran avvenuto nel mese di marzo dopo un’interruzione che durava dal 2016 rappresenta un ulteriore tassello fondamentale per ricostituire il processo di negoziazione.   

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Un possibile punto di svolta

Il 19 settembre gli Houthi hanno lasciato Riyadh dopo 5 giorni di intense discussioni svolte dalla squadra di comunicazione e coordinamento saudita guidata dall’Ambasciatore Saudita in Yemen, Mohammed bin Saeed Al Jaber, e la delegazione di Sana’a, guidata dal capo delegazione degli Houthi, Mohammed Abdul Salam. Questo rappresenta il secondo ciclo ufficiale di consultazioni tra le delegazioni di Sana’a e Riyadh.
Durante questa serie di colloqui, le parti hanno focalizzato l’attenzione su quattro questioni fondamentali: la riapertura dei porti e dell’aeroporto di Sana’a, attualmente sotto il controllo degli Houthi; il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, attualmente bloccati; la ricostruzione e la riabilitazione delle aree e delle infrastrutture che hanno subito danni o distruzioni durante il conflitto; la necessità di stabilire un termine entro il quale procedere con il ritiro delle forze militari straniere dallo Yemen.
La tv al Masirah del governo yemenita filoiraniano e i media sauditi hanno sottolineato i progressi significativi che sono stati fatti durante questi colloqui. Entrambe le parti coinvolte hanno valutato positivamente l’esito dei negoziati. Nonostante ciò, l’Arabia ha sottolineando la necessità di ulteriori discussioni, esortando la parte Yemenita ad aprire “a breve” [6] un nuovo tavolo di dialogo.


Note

[1]Debriefer, “Yemeni oil revenues see 34 percent increase in six months”, 23 Agosto 2022.
[2]BOUCEK, C., “War in Saada. From Local Insurrection to National Challenge”, Yemen: on the Brink, 2010.
[3]OSESGY, “Statement by the UN Special Envoy, Hans Grundberg, on the military escalation on Yemen, 28 December 2021 [EN/AR]”, 28 Dicembre 2021.
[4]Ibidem.
[5]United Nations Yemen, “UN Yemen Country Results Report 2021”, 31 Marzo 2022.
[6]REUTERS, “Houthis leave Riyadh after talks with Saudis, some progress reported-sources”, 19 Settembre 2023


Foto copertina: Il capo del Consiglio politico supremo Houthi, Mahdi al-Mashat, stringe la mano all’ambasciatore saudita in Yemen Mohammed Al-Jaber nel Palazzo repubblicano di Sanaa, Yemen, 9 aprile 2023. © Saba News Agency via Reuters