L’attuale offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza ha causato oltre 250 morti in meno di due giorni, secondo le autorità sanitarie locali. La nuova ondata di bombardamenti e l’annuncio di una possibile offensiva terrestre avvengono in un contesto di totale emergenza umanitaria, con la comunità internazionale che continua a lanciare appelli inascoltati per un cessate il fuoco.
Durante un viaggio in Medio Oriente conclusosi venerdì, il presidente statunitense Donald Trump ha riconosciuto pubblicamente la gravità della crisi umanitaria. “Molta gente muore di fame a Gaza. Dobbiamo aiutare anche i palestinesi”, ha dichiarato, senza tuttavia proporre misure concrete o modificare l’atteggiamento americano, rimasto sostanzialmente permissivo verso l’azione israeliana.
Obiettivi militari e calcolo strategico
Israele ha dichiarato di aver dato avvio all’“Operazione Gideon’s Wagons”, con l’obiettivo di smantellare Hamas e liberare gli ostaggi ancora detenuti. Il governo Netanyahu ha pianificato un’estensione dell’operazione che potrebbe includere la piena occupazione della Striscia e un controllo diretto sulle forniture di aiuti. La tempistica dell’operazione, avviata solo dopo la partenza di Trump, lascia intendere un coordinamento implicito, se non esplicito, tra Tel Aviv e Washington.
Secondo fonti ufficiali israeliane, oltre 150 obiettivi “militari” sono stati colpiti nei raid aerei più recenti. Le zone più colpite comprendono Beit Lahiya, Jabalia e Khan Younis, dove le evacuazioni forzate e i bombardamenti hanno causato decine di morti tra i civili. Il ministero della Sanità di Gaza riporta che molte vittime, tra cui donne e bambini, restano sotto le macerie.
Collasso umanitario e isolamento diplomatico
La situazione umanitaria si aggrava di ora in ora. Secondo l’ONU e le principali agenzie umanitarie internazionali, Gaza si trova sull’orlo della carestia, con una popolazione allo stremo priva di accesso regolare a cibo, acqua e cure mediche. Dall’inizio del conflitto, le autorità sanitarie locali stimano oltre 53.000 vittime.
Nel frattempo, Israele affronta una crescente pressione diplomatica. Nonostante la tradizionale alleanza, gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazioni per l’intensità delle operazioni. Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato che Washington è “seriamente preoccupata per la situazione umanitaria”. L’opinione pubblica internazionale si mostra sempre più critica, e anche in Israele aumentano le tensioni: le famiglie degli ostaggi temono che l’intransigenza del governo stia compromettendo le possibilità di negoziato.
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Violazioni del diritto internazionale: una crisi ignorata
La condotta della guerra nella Striscia di Gaza solleva interrogativi profondi riguardo al rispetto del diritto internazionale umanitario. Il principio di distinzione tra obiettivi militari e popolazione civile appare sistematicamente disatteso: i bombardamenti in aree densamente abitate, l’ostruzione agli aiuti umanitari e le evacuazioni forzate sono pratiche che, secondo numerosi giuristi e osservatori, potrebbero configurarsi come crimini di guerra.
L’uso sproporzionato della forza, le punizioni collettive e il blocco prolungato della popolazione civile costituiscono violazioni evidenti delle Convenzioni di Ginevra. Tuttavia, la mancanza di volontà politica da parte delle grandi potenze – inclusi gli Stati Uniti – di esercitare pressioni efficaci sta contribuendo a una graduale erosione delle norme internazionali.
La visita di Trump, anziché rappresentare un’opportunità di mediazione, ha di fatto offerto copertura politica alla prosecuzione dell’operazione militare. In un contesto in cui le regole del diritto internazionale vengono sistematicamente ignorate, il conflitto a Gaza rischia di diventare il paradigma di una nuova era di impunità geopolitica, in cui l’equilibrio tra sicurezza nazionale e diritti umani viene ridefinito unilateralmente.
Foto copertina: Gaza assedio