Israele continua la sua offensiva ai danni della Palestina e della popolazione sotto lo sguardo impotente della Comunità internazionale.
Di Laura Perna*
Il contesto
La Striscia di Gaza è un’area affacciata sul mar Mediterraneo posta a nord-est della penisola di Sinai e confinante a ovest con l’Egitto e a sud-est con Israele. Rappresenta il più piccolo territorio della Palestina, che Israele separa dalla Cisgiordania.
Ciò che viene in rilievo per comprendere le vicissitudini di questo territorio è l’occupazione egiziana avvenuta contestualmente alla nascita dello Stato di Israele nel 1948.
Il Cairo ha controllato Gaza – in cui risiedevano i profughi palestinesi della guerra arabo-israeliana – fino al 1967, quando Israele avanzò verso nuovi territori, inclusi alcuni della Cisgiordania.
Fu solo nel 2005 che, su pressione internazionale, il governo israeliano ritirò le truppe militari dal territorio. Tuttavia, sebbene l’accordo di Oslo sottoponesse la Striscia al legittimo controllo della Palestina, due anni più tardi, a seguito dell’elezione di Hamas Israele impose un embargo aereo e marittimo, nonché il controllo complessivo di persone e merci in entrata e in uscita dal territorio.
Ciò ha determinato di fatto un contesto critico rispetto alla mobilità e all’accesso ai beni e servizi primari, e dunque una violazione della IV Convenzione di Ginevra per quanto concerne la tutela dei civili[1].
Ancor prima degli ultimi avvenimenti, la situazione interna a Gaza era disastrosa.
La popolazione (e solo una porzione) aveva accesso alla corrente elettrica per sole 12 ore al giorno; i movimenti all’estero sono permessi esclusivamente a figure di spicco e “casi umanitari eccezionali”[2], ma nel concreto vengono autorizzate poco più della metà delle richieste di spostamento avanzate da persone gravemente malate.
Le imposizioni di Israele riguardano anche la fornitura di materiali per la costruzione delle abitazioni distrutte dall’esercito israeliano nelle operazioni che si sono susseguite negli anni, ne consegue che migliaia di palestinesi sono ancora sfollati[3].
Per quanto riguarda la disponibilità di acqua potabile, Israele – che fornisce un terzo delle risorse idriche che giungono in Palestina – ha bloccato i rifornimenti ormai sedici anni fa. Sebbene ciò causi ovvie problematicità, la situazione è aggravata dai bombardamenti dell’esercito israeliano che seminano distruzioni, nonché dalle misure ad hoc volte a smantellare gli acquedotti.
Per citare un esempio pratico, nel 2020 Israele ha invaso una proprietà privata per distruggere una sorgente situata nella zona di Nablus[4], e a Duma nell’estate del 2022 ha demolito le condutture d’acqua istituite nei pressi di una fonte idrica e ha abbattuto la recinzione costruitagli intorno[5].
Ne è derivato che la popolazione è stata costretta a scavare dei pozzi nei pressi delle spiagge per acquisire l’unica risorsa disponibile, o a sfruttare quelli già presenti sul territorio, le cui falde tuttavia sono criticamente inquinate dagli scarichi fognari e dall’acqua di mare a causa della poca manutenzione impedita dall’embargo di Israele: nel 2020 il 96,2%[6] delle acque derivanti dalle falde acquifere risultava non potabile.
Cosa sta succedendo sulla Striscia di Gaza
Nella mattina del 7 ottobre Hamas ha sferrato un violento attacco contro Israele dalla Striscia di Gaza, lanciando migliaia di razzi nelle aree centro e sud di Israele. Al contempo, le milizie palestinesi hanno attraversato i confini per intraprendere una missione su terra volta ad acquisire il controllo di alcune zone poste a sud di Israele.
Il governo di Netanyahu ha avviato l’operazione via aerea “Spade di ferro”[7] sulla striscia di Gaza, causando nell’immediato la morte di 2750 persone e ferendone quasi 10.000.
Al momento, milioni di persone sono bloccate nella Striscia di Gaza, dove gli attacchi aerei si ripetono senza sosta, devastando un territorio in cui i civili vivono una condizione ben peggiore di ciò che si definisce “crisi umanitaria”.
Le persone hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni ed in tutto il territorio mancano i beni essenziali, tra cui risorse idriche e materiale medico, a causa del blocco delle frontiere ed il ripetersi dei bombardamenti; e ciò nonostante i numerosi appelli delle organizzazioni internazionali e degli enti umanitari impegnati in Palestina.
Non vi è più alcun posto in cui nascondersi e le cifre relative alle perdite di vite umane stanno superando di gran lunga quelle relative ai conflitti del 2014 e del 2021: in questo contesto, il rischio reale è lo sterminio di un’intera popolazione della Palestina mentre il governo di Israele continua a sostenere l’operazione e a negare l’ingresso di beni alimentari, corrente elettrica e carburante[8], attraverso modalità ben più stringenti rispetto a quelle adottate con il blocco militare su Gaza da ben sedici anni.
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Crimini contro l’umanità
L’amministrazione israeliana ha imposto alla popolazione civile palestinese di abbandonare velocemente la parte nord di Gaza, ponendo a rischio la vita delle persone e
Secondo il diritto internazionale e umanitario[9], lo sfollamento obbligato senza alcuna forma di tutela o garanzia per i civili si configura come crimine di guerra.
Secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, l’operazione ha causato la distruzione di quasi tremila abitazioni, ne ha danneggiate più di ventimila e un centinaio di centri educativi, tra cui due impiegati come strutture di rifugio, sono stati colpiti dai bombardamenti[10].
Inoltre, le strutture ospedaliere sono al collasso e con l’aumento dei feriti, che comprendono anche il personale sanitario, diventa quasi impossibile offrire assistenza medica alla popolazione vittima della guerra.
La situazione è peggiorata dalla mancanza preoccupante di risorse idriche, aggravata dall’assenza di elettricità che impedisce il buon funzionamento degli impianti.
A deteriorare ulteriormente la crisi idrica si aggiunge la persistenza dell’embargo che non permette i rifornimenti, nemmeno di beni essenziali, e vieta ai fornitori israeliani di lavorare con i palestinesi[11].
Infine, ciò che preoccupa di più l’UNFPA[12] è la presenza di migliaia di donne incinte bloccate sulla Striscia a cui non è possibile garantire neanche l’assistenza minima necessaria[13].
Conclusioni
Il 16 ottobre sono iniziati i preparativi per procedere all’apertura del valico di Rafah al confine tra Egitto e Gaza per il rifornimento di aiuti umanitari ai rifugiati e per permettere agli stranieri e ai palestinesi con doppia nazionalità di lasciare la zona di guerra[14]. Al contempo, però, non cessano i bombardamenti sulla Striscia, e ciò nonostante fosse stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco tra Stati Uniti, Egitto e Israele[15].
La mancanza di risorse idriche continua ad essere una minaccia assillante per la sopravvivenza delle persone ed il timore del diffondersi di malattie derivanti dall’acqua è aggravato dal crollo repentino dei servizi idrici ed igienici, compresi gli impianti di desalinizzazione delle acque marine[16]. Solo nella giornata del 17 ottobre è stato concesso un accesso limitato all’acqua alla città di Khan Yunis e per sole tre ore, in quel momento solo il 14% dei civili presenti a Gaza hanno potuto beneficiare delle risorse.
In questo gravissimo contesto di crisi umanitaria, il Ministero della salute della Palestina ha dichiarato che finora sono stati uccisi circa settemila palestinesi (di cui 2.360 bambini, ossia più di 400 bambini al giorno)[17] e quasi diecimila sono rimasti feriti; un milione di persone sono state sfollate[18].
Nel frattempo, le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione per una breve tregua umanitaria per consentire l’accesso dei beni essenziali nella Striscia di Gaza, ormai completamente isolata dal resto del mondo.
Note
[1] Wired, La storia della Striscia di Gaza, 9 ottobre 2023. https://www.wired.it/article/striscia-gaza-storia-prigione-cielo-aperto/.
[2] V. SILVESTRI, Vivere nella Striscia di Gaza, da 70 anni prigione a cielo aperto, in Vociglobali, 7 novembre 2019. https://vociglobali.it/2019/11/07/vivere-nella-striscia-di-gaza-da-70-anni-prigione-a-cielo-aperto/.
[3] Ibidem.
[4] Infopal, Coloni israeliani distruggono acquedotti ed alberi palestinesi vicino a Nablus, 19 dicembre 2020. https://www.infopal.it/coloni-israeliani-distruggono-acquedotti-ed-alberi-palestinesi-vicino-a-nablus/.
[5] Infopal, Risorse idriche sotto controllo: Israele distrugge acquedotto palestinese, 6 luglio 2022. https://www.infopal.it/risorse-idriche-sotto-controllo-israele-distrugge-acquedotto-palestinese/.
[6] IlPost, A Gaza le persone stanno bevendo acqua salata, 17 ottobre 2023. https://www.ilpost.it/2023/10/17/gaza-acqua-di-mare/#:~:text=Nella%20Striscia%20di%20Gaza%20l,di%20Hamas%20del%207%20ottobre.
[7] Ibidem.
[8] Medici senza frontiere, Gaza: la situazione dopo gli attacchi di Israele, 12 ottobre 2023. https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/israele-gaza-situazione-scontri/.
[9] Plan International, APPELLO URGENTE PER EVITARE UNA CRISI UMANITARIA SENZA PRECEDENTI DI FRONTE ALL’IMMINENTE INCURSIONE DI TERRA DI ISRAELE A GAZA, 14 ottobre 2023.https://www.plan-international.it/news/appello-urgente-per-evitare-una-crisi-umanitaria-senza-precedenti-di-fronte-allimminente-incursione-di-terra-di-israele-a-gaza/
[10] Fai.informazione.it, La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza il 12 ottobre fotografata dall’ONU, 19 ottobre 2023. https://fai.informazione.it/DE6F2495-500F-44F8-995F-F5A8866BB098/La-crisi-umanitaria-nella-Striscia-di-Gaza-il-12-ottobre-fotografata-dall-ONU.
[11] Ibidem.
[12] Agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva.
[13] https://fai.informazione.it/DE6F2495-500F-44F8-995F-F5A8866BB098/La-crisi-umanitaria-nella-Striscia-di-Gaza-il-12-ottobre-fotografata-dall-ONU.
[14]Ansa.it, Aperto il valico di Rafah fra Gaza ed Egitto, 16 ottobre 2023. https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2023/10/16/aperto-il-valico-di-rafah-fra-gaza-ed-egitto_19286dbf-8507-4d74-adb4-47d1b1f70f19.html.
[15] M. MORSA, Striscia di Gaza, Israele bombarda il valico di Rafah e si oppone al passaggio di persone e aiuti, in Euronews, 16 ottobre 2023. https://it.euronews.com/2023/10/16/striscia-di-gaza-israele-bombarda-il-valico-di-rafah-e-si-oppone-al-passaggio-di-persone-e.
[16] Nazioni Unite, Rapporto UNRWA #7 sulla situazione nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, 17 ottobre 2023. https://unric.org/it/rapporto-unrwa-7-sulla-situazione-nella-striscia-di-gaza-e-in-cisgiordania-17-ottobre-2023/.
[17] UNICEF Italia, Conflitto in Medio Oriente: a Gaza 2.360 bambini morti e 5.364 feriti, 25 ottobre 2023, https://www.unicef.it/media/conflitto-in-medio-oriente-a-gaza-2-360-bambini-morti-e-5-364-feriti-piu-di-30-bambini-israeliani-hanno-perso-la-vita-decine-in-ostaggio/
[18] Nazioni Unite, Rapporto UNRWA #7 sulla situazione nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, 17 ottobre 2023.
Foto copertina: Israele e Palestina, una donna stende il bucato, tra le macerie. Gaza City, 8 agosto – Reuters