Come la Russia si sta preparando al futuro


Quali sono le intenzioni di Mosca dopo la guerra in Ucraina?


Le evoluzioni e gli sviluppi del conflitto in Ucraina, con prospettive di cessate il fuoco e incontri bilaterali di primo livello tra il Presidente ucraino Zelensky e il Presidente russo Putin[1], portano la strada della guerra su di una direzione “nuova” o, perlomeno, su di una strada calcata nei primissimi mesi di conflitto e poi abbandonata[2]. La competizione si fa sulle dichiarazioni e sulle volontà d’intenti dimostrata, in un quadruplice braccio di ferro ostico da districare. Il teatro ucraino aveva seguito un andamento mediatico ampiamente al ribasso nei mesi precedenti alla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, subendo un’impennata a seguito degli eventi noti. Ciò che ci preme è, però, considerare quanto le ipotesi di cessazione delle ostilità – che ricordiamo essere solo un primo passo, tantomeno definitivo, verso la pace – abbiano una faccia rivolta ad un futuro più o meno prossimo, in un contesto internazionale mutato in maniera brusca e con le medesime norme poste a pilastro della convivenza tra Stati messe in discussione. L’interesse che muove una tale considerazione è la legittimità di un processo di pace riconosciuto tale dalle parti, su quali basi esso debba venire a costituirsi e sulle reali intenzioni degli attori coinvolti. Che si eviti di pensare che tali affermazioni possano derivare da una presenza di ingenuità, in quanto esse muovono da assunti complessi, derivanti dalla scarsa fiducia che si è venuta a generare nel sistema internazionale, giunto nell’ultima decade ad un livello di anarchia che definirla “immatura”[3] costituirebbe un’effimera valutazione.

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L’espansione russa ai confini finlandesi

Secondo indiscrezioni[4], la Federazione Russa avrebbe cominciato un programma di espansione delle proprie strutture militari sui propri confini occidentali, in particolar modo lungo il confine con la Finlandia. Alcune immagini satellitari[5] suggeriscono l’ampliamento di basi per la costruzione di un quartier generale, la messa a punto dei tratti ferroviari e delle infrastrutture militari dell’esercito russo nei pressi della città di Petrozavodsk. Tali installazioni dovrebbero estendersi lungo il confine con l’Estonia e la Finlandia, entrambi Paesi NATO, pertanto per una distanza di circa 1680 km. Dati del genere ampliano il dibattito circa il futuro e le sorti della guerra in Ucraina, ma si muovono anche al di fuori del conflitto stesso, indicando una serie di questioni che dovrebbero essere evidenziate in maniera puntuale.
In primo luogo, la dimensione temporale costituisce un fattore primario. Il rafforzamento russo sui confini settentrionali si presenta in un momento in cui la guerra sta volgendo ancora a favore di Mosca, mentre le prospettive si pongono in modo positivo per la conclusione della guerra. La questione muove dalla considerazione che l’intenzione primaria russa in merito ad un cessate il fuoco in Ucraina possa avvenire in condizioni particolari a vantaggio russo, cercando di lasciar scorrere quanto più tempo possibile prima di poter dichiarare vittoria in maniera quasi indiscutibile sul piano interno. D’altronde, per la Russia poter presentare la guerra come vinta risulterebbe vantaggioso, in quanto la vittoria supporrebbe la conquista di ulteriori territori – ipoteticamente riconosciuti – che costituirebbero il premio “materiale” di un conflitto logorante come quello in Ucraina. Eppure, allo stesso tempo, per Mosca è logico ben guardarsi dal terminare l’impegno militare di punto in bianco, in quanto il conflitto ha causato una sorta di consensus interno attorno alla singola causa (nonostante la presenza di opposizioni per quanto deboli, un esempio è l’oppositore Boris Kagarlitsky[6]), trovando un supporto concreto alla conversione dell’economia russa, la quale è divenuta in gran parte orientata allo sforzo bellico. Il bisogno di bilanciamento di due tendenze che vanno in opposta direzione come quelle sopracitate presuppone quindi per Mosca un’attenta considerazione strategica. In un contesto simile si inserisce lo sfruttamento di una retorica “militarista” – che possiede, come giustificante operativo, il progetto di riforma dell’esercito e degli armamenti noto come GPV-2020[7], nato nel contesto del reset delle relazioni con l’Occidente e ancora non completato nella sua interezza – che possa porre l’esercito e la forza militare come al centro della società. Tale dinamica la si espleta in numerose occasioni, che si pongono dall’istruzione dei giovani russi ai più alti momenti di propaganda, come il Giorno della Vittoria del 9 maggio.
In secondo luogo, un atteggiamento di recupero o di ricostituzione o, più banalmente, di “respiro” per le forze militari russe risulta congeniale e complementare al bisogno di giustificare l’impegno profuso sino a questo momento e che si prospetta di continuare nel futuro. Il Presidente Putin è consapevole delle divisioni e delle debolezze interne allo Stato e la guerra, storicamente, è un vettore di unificazione. L’ammodernamento dell’esercito (con la volontà di giungere ad un esercito composto da circa 1,5 milioni di effettivi[8]), la ripresa di un’industria voltata al settore della Difesa, la costruzione e il potenziamento di strutture militari al confine con la Finlandia risponderebbero a quest’obiettivo. L’atteggiamento russo nell’area si somma alla postura di Mosca nella regione artica, la quale costituisce un punto direzionale della politica estera russa. Le possibilità dell’implementazione della Northern Sea Route[9] nella rete di rotte commerciali internazionali – seppur con evidenti questioni problematiche in termini infrastrutturali e di funzioni di costo[10] – e la crescente attenzione di numerosi attori verso l’Artico costituiscono una chiave con cui interpretare l’assertività russa ritrovata in una regione in cui, al momento, risulta essere la prima della classe[11]. Inoltre, la possibilità che il Cremlino sfrutti una fine delle ostilità in Ucraina, garantendo una stabilizzazione della linea del fronte, anche con dei formali riconoscimenti e delle concessioni tra le parti, per favorire un potenziamento delle proprie capacità militari in vista di un possibile scontro futuro nella regione con lo stesso attore o con altri costituisce una possibilità da prendere in considerazione. Ciò non è detto, però tantomeno può essere escluso a priori.
L’approccio della politica estera di Vladimir Putin segue una visione chiara, ossia quello di essere considerato un attore alla pari delle altre grandi potenze, possedere un’area in cui esercitare la propria influenza e garantire la sicurezza e l’integrità della Russia.


Note

[1] https://tass.com/world/1956279  
[2] https://www.foreignaffairs.com/ukraine/talks-could-have-ended-war-ukraine
[3] Buzan, B. (1983). People, States and Fear. Harvester Press
[4] https://www.wsj.com/world/russia/russia-military-nato-europe-finland-ff53b912
[5] https://www.svt.se/nyheter/utrikes/bas-for-bas-har-rustar-ryssland-upp-nara-finland
[6] https://www.globalist.it/world/2025/03/23/dal-gelo-politico-alla-speranza-di-cambiamento-repressione-resistenza-e-prospettive-future-nella-russia-di-oggi/
[7] https://ridl.io/russias-gpv-2027-state-arms-programme/
[8] http://en.kremlin.ru/acts/news/75111
[9] https://www.opiniojuris.it/opinio/la-russia-alla-ricerca-dello-sbocco-sui-mari/
[10] https://www.osservatorioartico.it/alessandro-panaro-nsr/
[11] https://united24media.com/war-in-ukraine/how-russia-is-preparing-for-war-in-the-arctic-6622


Foto copertina: Veduta notturna del Cremlino dal Ponte Bol’šoj Kamennyj