Polveri di confine: la faglia geopolitica di Hermel sulla frontiera siro-libanese


La riaccensione delle tensioni nell’area di Hermel, lungo la frontiera siro-libanese, evidenzia come i confini non siano certezze territoriali, ma dispositivi dinamici di potere. Tra assenza dello Stato, attori informali e tentativi di cooperazione, si profila la possibilità di una ridefinizione tecnico-politica del confine. Una trasformazione che sfida il modello classico di sovranità territoriale prefigurando un possibile riassetto geopolitico e nuove linee di frizione regionale.


Negli ultimi mesi, la frontiera tra Libano e Siria — in particolare il tratto montuoso tra il distretto di Hermel (governatorato di Baalbek-Hermel, nord-est del Libano) e la regione di Qusayr (provincia siriana di Homs) — ha conosciuto un’escalation di tensioni, culminata in scontri armati tra miliziani affiliati al nuovo assetto siriano — tra cui elementi di Hay’at Tahrir al-Sham, protagonista della transizione post-Assad — e clan sciiti libanesi stanziati nell’area di Hermel. Sebbene le cause del conflitto siano oggetto di interpretazioni divergenti, la riattivazione di dinamiche settarie e la fragilità del controllo statale lungo la linea di confine emergono come fattori determinanti.
L’ultimo ciclo di ostilità si è innescato il 15 marzo, a seguito dell’uccisione di tre soldati siriani nei pressi della diga di Zeita al confine tra la provincia siriana di Homs e il nord del Libano. In risposta, si è scatenato un intenso scambio di fuoco tra le forze siriane e i clan sciiti libanesi, con coinvolgimento parziale dell’esercito libanese. Il bilancio delle violenze si è dunque aggravato: sette cittadini libanesi e dieci soldati siriani hanno perso la vita, mentre oltre cinquanta libanesi risultano feriti. Le circostanze dell’accaduto restano controverse: Damasco accusa Hezbollah di aver oltrepassato il confine, rapito i militari e giustiziati in territorio libanese. Il gruppo sciita ha smentito ogni coinvolgimento, mentre fonti libanesi riportano che i soldati siriani si sarebbero introdotti oltreconfine e scontrati con membri di tribù sciite libanesi percepite come alleati del deposto regime di Bashar al-Assad, e per questo oggetto di ostilità. L’esercito libanese, ha rafforzato la propria presenza nell’area, nel tentativo di contenere la crisi e dissuadere ulteriori escalation. La decisione è maturata all’indomani di un colloquio telefonico tra il Presidente libanese Joseph Aoun e il Presidente siriano ad interim, Ahmad al-Sharaa (già noto come Abu Mohammad al-Joulani), finalizzato — secondo le dichiarazioni ufficiali — a stabilire un canale di de-escalation bilaterale. [1]
Il quadro si inserisce in un contesto geopolitico in mutamento: la caduta del regime di Assad e l’indebolimento di Hezbollah — conseguenza diretta dei bombardamenti israeliani e della perdita di una sponda strategica a Damasco — stanno modificando le dinamiche sul terreno. In tale scenario, l’instabilità al confine rischia di essere non solo il riflesso di fratture locali, ma anche il sintomo di una più profonda riconfigurazione degli equilibri regionali.
Un ulteriore elemento va considerato. La questione della frontiera tra Siria e Libano non può essere però ridotta a un conflitto superficiale di violenze sporadiche. La realtà geopolitica è più complessa e legata ad un confine fragile, uno spazio di ambiguità in cui le linee tracciate tra Stati non corrispondono alla vera natura delle dinamiche locali. La storicità dei legami socio-politici e la presenza di attori informali, come i clan di Hermel e le milizie regionali, contribuiscono a una continua ridefinizione delle alleanze e dei confini, che sfidano la stabilità dello Stato-nazione. La separazione tra le due nazioni, figlia di un assetto coloniale, non ha mai cancellato i legami culturali, economici e politici che uniscono queste terre, creando una realtà fluida che rende ogni tentativo di stabilire un confine definitivo inevitabilmente incompleto e soggetto a ridefinizione.

La regione di Hermel: un epicentro storico di marginalità, traffici e tensioni transfrontaliere

La frontiera siro-libanese, lunga circa 375 km, rimane ad oggi non demarcata ufficialmente, nonostante ripetuti tentativi da parte di autorità libanesi e attori internazionali. L’area di Hermel, luogo dei recenti scontri, situata nel Libano nord-orientale, rappresenta uno dei tratti più sensibili del confine, contraddistinto da rilievi montuosi impervi, assenza cronica dello Stato centrale e densità tribale. Tra i principali clan sciiti presenti si annoverano gli Zaiter, Jaafar, Noun, Shams, Jamal, la cui influenza si estende oltreconfine, nei villaggi siriani adiacenti, riflettendo una continuità antropologica più che statale. Storicamente marginalizzata, Hermel ha sviluppato una forma di autonomia di fatto, fondata su equilibri locali e su una rete informale di controllo del territorio. Tale configurazione ha reso l’area strategica per i traffici illeciti, in particolare quelli di stupefacenti (come il Captagon), e ha favorito l’emergere di sindacati criminali transnazionali spesso riconducibili agli stessi clan dominanti.
Nel contesto della guerra siriana, la porosità del confine è ulteriormente aumentata: Hezbollah ha esteso la propria presenza operativa in Siria, facilitando attività lecite e illecite attraverso le maglie del confine.[2] Sul versante siriano, il 4º Reggimento Corazzato di Maher al-Assad — noto per il controllo di snodi economici paralleli — ha garantito la copertura logistica per i traffici. Si è così consolidato un ecosistema ibrido, dove criminalità, milizie e tribù si intrecciano in un equilibrio instabile.
Tra il 2014 e il 2015, durante l’acme della guerra civile siriana, Jabhat al-Nusra (emanazione siriana di al-Qaeda) e successivamente l’ISIS presero il controllo di numerosi villaggi frontalieri. La controffensiva — nota in Libano come “Alba dei Giurdi” (Fajr al-Joroud) — vide una convergenza inedita tra Hezbollah, le tribù armate locali e l’esercito libanese allora comandato dal generale Joseph Aoun, culminando nella cacciata delle forze jihadiste. Oggi, la caduta del regime di Assad e il progressivo indebolimento di Hezbollah — sotto pressione per i raid israeliani e l’erosione del sostegno siriano — stanno contribuendo a ridisegnare le sfere di influenza lungo la frontiera siro-libanese.
Hermel, e più in generale l’intera fascia di confine che va dalla piana siriana di Homs all’alta valle della Bekaa, si trova così di nuovo al centro di un riassestamento strategico, dove clan, milizie e poteri residuali si contendono il controllo di un’area chiave per la proiezione territoriale e politica di molteplici attori.

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Un confine da ridisegnare?

Le tribù sciite dell’area di Hermel rivendicano una neutralità autonoma rispetto ai principali attori armati e criminali della regione, e sottolineano l’assenza di legami strutturali con Hezbollah o con le reti di traffico di droga, fenomeni da loro considerati espressione di comportamenti individuali e non rappresentativi dell’identità tribale collettiva. Inoltre affermano che la loro legittimità si fonda su una presenza storica plurisecolare nei villaggi a cavallo della frontiera, tra cui Jarmash, Wadi al-Hourani e Marah al-Badawi, insediamenti rimasti sotto giurisdizione siriana dopo la spartizione coloniale sancita dagli accordi Sykes-Picot del 1916. In questo senso, il confine moderno è percepito come una linea artificiale, che ha spezzato un tessuto sociale preesistente e che nessuno Stato può unilateralmente rivendicare senza riconoscere i diritti delle comunità locali. La nuova leadership siriana ha mostrato segnali di apertura verso una gestione istituzionale del confine, incoraggiando le tribù a interfacciarsi direttamente con le autorità statali. Una volontà formalizzata negli accordi di Gedda, siglati tra il Ministro della Difesa libanese Michel Menassa e l’omologo siriano Murhaf Abou Qasra, che prevedono la delimitazione tecnica della frontiera, la creazione di comitati bilaterali e meccanismi di coordinamento per la sicurezza.[3] Da sottolineare l’intervento dell’Arabia Saudita che forse intravede la possibilità di sostituirsi all’Iran, che per anni ha controllato ampi segmenti del poroso confine tra Beirut e Damasco.
La regione di Hermel ha rappresentato per anni una retrovia strategica per l’Iran e per il Partito di Dio, fungendo da snodo logistico chiave per la costruzione di un arsenale missilistico puntato verso Israele. L’area, scarsamente presidiata dallo Stato libanese e favorita dalla sua conformazione topografica, è risultata cruciale nel consolidamento di una rete di rifornimento transfrontaliera tra la Siria e il sud del Libano, fulcro della capacità di deterrenza di Hezbollah. In tale cornice, Hermel non è solo un corridoio geografico, ma un asset militare rilevante nell’architettura strategica dell’asse sciita. L’attuale indebolimento di Hezbollah, anche per effetto dei raid israeliani e delle difficoltà interne libanesi, ha lasciato margini di manovra che Riyadh sembra intenzionata ad occupare.
Tuttavia, la tenuta e l’effettiva implementazione degli impegni bilaterali restano fortemente incerte. Nel gennaio scorso, la storica visita a Damasco del Premier libanese Najib Mikati — la prima dal 2011 — era stata accolta come un possibile preludio a una normalizzazione delle relazioni tra Beirut e il nuovo assetto siriano. In quell’occasione, il presidente Ahmad al-Sharaa aveva espresso l’intenzione di inaugurare una nuova fase nei rapporti con il Libano, auspicando la costruzione di legami duraturi e una cooperazione economica rinnovata dopo anni di guerra e isolamento. Tuttavia, tale slancio diplomatico si è presto scontrato con le persistenti fratture storiche e politiche che minano il rapporto tra i due Paesi: dalle accuse reciproche di interferenze sovrane al peso ingombrante del sostegno di Hezbollah al precedente regime di Assad, fino al ricordo ancora vivo del ruolo siriano nel conflitto libanese (1975–1990). In questo scenario fluido, il confine siro-libanese non rappresenta solo una linea geopolitica da demarcare, ma si configura come spazio conteso e cartina di tornasole della ridefinizione delle alleanze regionali, in cui ogni passo verso la stabilizzazione si intreccia con interessi stratificati, memorie divisive e nuovi attori emergenti.


Note

[1]Anadolu Ajansı, Lebanese, Syrian leaders agree to coordinate border security https://www.aa.com.tr/en/middle-east/lebanese-syrian-leaders-agree-to-coordinate-border-security/3475437, 7 Febbraio 2025.
[2]DAHER, J., et.al., Smuggling between Syria and Lebanon, and from Syria to Jordan, Policy Briefs, 2022/32, Middle East Directions (MED), Wartime and Post-Conflict in Syria – https://hdl.handle.net/1814/74453
[3]AP News, Lebanon and Syria sign agreement on border demarcation and easing tensions, 28 Marzo 2025, https://apnews.com/article/lebanon-syria-saudi-arabia-deal-demarcate-border-c9fde4946055a889326c330abb40c6a4


Foto copertina: Confine tra Siria e Libano nella regione di Hermel

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Neolaureata in Relazioni Internazionali Comparate presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Durante il mio percorso accademico, ho avuto l'opportunità di approfondire la mia passione per il diritto internazionale attraverso un progetto di tesi incentrato sulla concettualizzazione legale del genocidio culturale. Inoltre, ho arricchito la mia formazione con un tirocinio presso il Consolato Generale di Panama, dove ho avuto modo di immergermi nell'ambiente della diplomazia.